Il sorprendente Museo Archeologico di Zagabria, sede del testo in etrusco più lungo che esista


Il Museo Archeologico di Zagabria è forse poco noto, ma è uno dei più interessanti istituti archeologici d'Europa: vanta una collezione di 450mila pezzi tra cui reperti straordinari come il più lungo testo in etrusco conosciuto, la colomba di Vučedol e altre opere.

L’attuale Museo Archeologico di Zagabria (Arheološki muzej u Zagrebu, in croato) è il diretto erede del museo più antico della capitale della Croazia: risale infatti al 1846 l’istituzione del primo Museo Nazionale, che nel 1866 cominciò a operare sotto l’egida dello Stato (la Croazia all’epoca faceva parte dell’Impero Austro-ungarico) col nome di “Istituto Statale di Croazia, Slavonia e Dalmazia”. Il dipartimento di archeologia del museo statale iniziò a lavorare in maniera autonoma nel 1878, e nel 1940, quando lo Stato della Jugoslavia (che aveva ereditato le vecchie istituzioni austro-ungariche) decretò l’abolizione del Museo Nazionale, il Museo Archeologico di Zagabria divenne finalmente un museo indipendente, e dal 1945 ha sede nel Palazzo Vranyczany-Hafner, al centro di piazza Zrinski, nel cuore della città.

Oggi, il Museo Archeologico di Zagabria vanta un’impressionante collezione di 450.000 oggetti, raccolti da diverse fonti, specialmente negli ultimi anni, attraverso acquisti e donazioni, oltre che dagli scavi sul territorio: gli esperti del museo sono impegnati in missioni archeologiche pressoché ininterrottamente dagli anni Ottanta dell’Ottocento, e da allora hanno raccolto una mole elevatissima di materiale, che continua ancor oggi ad arricchire il museo. La maggior parte dei reperti conservati nel museo proviene dal territorio e offre una panoramica completa sulla storia antica della Croazia, ma l’istituto accoglie anche importanti opere di diversa provenienza.

Sono cinque le sezioni principali nelle quali il museo è suddiviso: la sezione preistorica, con quasi 80.000 oggetti che spaziano dal paleolitico fino alla tarda età del ferro; la sezione egizia, con una mostra permanente di 600 antichità provenienti dall’Egitto; la sezione di antichità greche e romane, con opere e reperti del territorio (acquisiti soprattutto negli scavi dei siti archeologici delle città croate sottoposte in antico al dominio romano) ma anche provenienti da fuori (si tratta soprattutto di statue, oggetti per la vita quotidiana, armi e strumenti di uso militare, mentre per quanto riguarda l’arte greca è presente una ricca collezione di vasi dipinti, di provenienza italiana ma anche greca); la sezione medievale; la sezione numismatica, che comprende una delle raccolte di monete e medaglie antiche più grandi d’Europa.

Il Museo Archeologico di Zagabria
Il Museo Archeologico di Zagabria


Il Museo Archeologico di Zagabria. Foto: Sadko/Wikipedia
Il Museo Archeologico di Zagabria. Foto: Sadko/Wikipedia


Il Liber linteus Zagrabiensis
Il Liber linteus Zagrabiensis


La colomba di Vučedol
La colomba di Vučedol


La Solinjanka
La Solinjanka

Nonostante sia poco conosciuto, il Museo Archeologico di Zagabria conserva alcuni oggetti di estrema rarità: su tutti è possibile citare il Liber Linteus Zagrabiensis, un libro in lino (l’unico conosciuto) che contiene il testo in lingua etrusca più lungo che si conosca, composto da circa 1.200 parole. E poiché risale al III secolo a.C., è anche considerato il libro più antico d’Europa. Questo grande tessuto in lino avvolgeva una mummia che fu acquistata nel 1848 da un ufficiale croato dell’esercito ungherese di stanza in Egitto, Mihajlo Barić, che ad Alessandria comperò un sarcofago con una mummia femminile in ricordo del suo viaggio. Barić teneva il sarcofago in casa, e qui rimase sino alla sua scomparsa nel 1859: ereditato da suo fratello Ilija, di professione sacerdote, fu da questi donato nel 1867 all’Istituto Statale, e da allora l’opera non ha più lasciato Zagabria (oggi, la mummia e il libro sono esposti separatamente). Le iscrizioni furono in seguito studiate dall’egittologo Jacob Krall, che si accorse che le iscrizioni erano in etrusco: non sappiamo però che cosa il Liber abbia a che fare con la mummia (che, come poi è stato appurato, è di una donna egizia). Il testo, che non può essere decifrato totalmente in quanto alcune parole sono attestate soltanto nel Liber, è una sorta di calendario rituale con liturgie, date di cerimonie, nomi di divinità, prodotto probabilmente nella regione del lago Trasimeno.

Tra gli altri pezzi notevoli del Museo, merita una menzione la colomba di Vučedol, un vassoio rituale risalente a un periodo compreso tra il 2800 e il 2500 a.C., prodotto della cultura indoeuropea di Vučedol che fiorì tra il 3000 e il 2200 a.C. nelle odierne Croazia e Ungheria: è una delle opere più interessanti di questo antico popolo (tanto che è stata a lungo riprodotta anche sulle banconote croate), noto anche per la sua produzione di ceramica, e si ritiene che fosse un simbolo di fertilità. Di certo, si tratta della più antica raffigurazione di una colomba che sia stata sinora trovata in Europa. Ancora, il museo ospita lo Psephisma di Lombarda, singolare iscrizione del IV-III secolo a.C. con istruzioni per i coloni della città greca di Issa su come fondare una colonia sull’attuale isola di Kor&carcon;ula, in Dalmazia (Lombarda è la cittadina dove l’iscrizione è stata ritrovata), lo splendido ritratto di bambina chiamato “Solinjanka” (ovvero la “Ragazza di Salona”, dal nome della città da cui proviene: si trova al museo dal 1869 e si distingue per la sua acconciatura a melone, tipica delle romane altolocate di età imperiale, tanto che si ritiene possa essere un ritratto dell’imperatrice Plautilla, moglie di Caracalla).

Il museo ospita inoltre diverse mostre di archeologia, mette a disposizione del pubblico una caffetteria e un giardino circondato dal Lapidarium romano, un bookshop dove è anche possibile acquistare oggetti di artigianato. Inoltre, il Museo Archeologico di Zagabria continua a partecipare a importanti progetti di scavo, nazionali e internazionali, continuando la sua vocazione di importante istituto di ricerca sull’archeologia.


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