La luna nella storia dell'arte: 14 importanti opere che hanno per protagonista il nostro satellite


20 luglio 1969, l'uomo mette per la prima volta piede sulla luna. A cinquant'anni di distanza, celebriamo l'evento con una galleria delle più belle opere della storia dell'arte a tema... lunare!

Alle 22:17, ora italiana, del 20 luglio 1969, l’astronauta statunitense Neil Armstrong, a capo della missione Apollo 11 (l’equipaggio della nave spaziale era completato da Edwin Aldrin e Michael Collins), cominciò la sua passeggiata sulla luna. Per la prima volta nella storia, l’uomo metteva piede sul nostro satellite: per celebrare, a distanza da cinquant’anni esatti, l’importante ricorrenza, abbiamo pensato a una gallery di opere che hanno per protagonista proprio la luna che dagli artisti fu... conquistata molto prima che dagli astronauti!

1. Galileo Galilei, Astronomia. Osservazioni delle fasi lunari, novembre-dicembre 1609 (1609; manoscritto cartaceo autografo, disegni in acquerello su carta, 33 x 23 x 1,7 cm; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, ms. Galileiano 48
Cominciamo la rassegna con un foglio che non è propriamente un’opera d’arte, dal momento che accoglie i disegni delle fasi lunari tracciati da Galileo Galilei (Pisa, 1564 - Arcetri, 1642) durante le sue osservazioni astronomiche dell’autunno del 1609: tuttavia si tratta della prima testimonianza grafica della luna per come oggi la conosciamo (con i suoi crateri, i suoi mari, i suoi avvallamenti). Prima che Galileo scoprisse che la luna aveva una superficie rugosa e irregolare, la credenza comune, alimentata dalla religione, voleva che la luna fosse un corpo perfetto. Inoltre, Galileo aveva anche una grande passione per l’arte, ed era amico di uno dei maggiori artisti del tempo, Ludovico Cardi detto il Cigoli, toscano come lui. E il grande scienziato pisano, nell’offrirci la prima raffigurazione realistica della luna, ha dimostrato una mano da disegnatore esperto: del resto, saper disegnare era quasi un requisito fondamentale, all’epoca, per essere ottimi scienziati.

Galileo Galilei, Astronomia. Osservazioni delle fasi lunari, novembre-dicembre 1609
Galileo Galilei, Astronomia. Osservazioni delle fasi lunari, novembre-dicembre 1609

2. Adam Elsheimer, Fuga in Egitto (1609; olio su rame, 31 x 41 cm; Monaco di Baviera, Alte Pinakothek)
In questo dipinto del pittore tedesco Adam Elsheimer (Francoforte sul Meno, 1578 - Roma, 1610) il ruolo dell’episodio, la fuga in Egitto, assume quasi un ruolo marginale: l’opera è infatti passata alla storia dell’arte non tanto per il suo contenuto religioso, quanto per quello... celeste. Vediamo infatti che, in questo mirabile notturno, Elsheimer ha raffigurato una cascata di stelle che assumono le sembianze della Via Lattea: è stato ipotizzato da alcuni studiosi (tra i quali Anna Ottani Cavina) che l’artista di Francoforte avesse in qualche modo conosciuto gli studî di Galileo Galilei sull’argomento, benché occorre ricordare che il Sidereus nuncius, il trattato astronomico in cui si parla anche della superficie della luna, fosse stato pubblicato nel 1610 (ma non si esclude che proprio in quell’anno Elsheimer abbia ritoccato l’opera). Ma il cielo di Elsheimer potrebbe anche essere frutto di osservazioni dirette degli astri, poi rielaborate in chiave “artistica”, dato che ci sono diverse incongruenze, a cominciare dalla grande protagonista, la luna: se nella realtà il cielo fosse così nuvoloso, le stelle (almeno quelle vicine) difficilmente si vedrebbero. La luna è comunque grande protagonista dell’opera, e illumina il laghetto nel quale si specchia (anche se il suo riflesso appare un poco irrealistico, per quanto suggestivo).

Adam Elsheimer, Fuga in Egitto
Adam Elsheimer, Fuga in Egitto

3. Ludovico Cardi detto il Cigoli, Assunzione della Vergine o Immacolata concezione (1610-1612; affresco; Roma, Santa Maggiore, Cappella Paolina)
Come detto sopra, Ludovico Cardi detto il Cigoli (Cigoli di San Miniato, 1559 - Roma, 1613), quasi coetaneo di Galileo, era grande amico dello scienziato, e così come quest’ultimo era appassionato d’arte, il Cigoli lo era di astronomia. E proprio grazie alla sua amicizia con Galileo, l’artista di San Miniato ci ha lasciato la prima raffigurazione realistica della luna in un’opera d’arte: si tratta dell’affresco con la Madonna (interpretato alternamente come un’Assunzione della Vergine o come un’Immacolata concezione) commissionatogli da papa Paolo V per la Cappella Paolina nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. La Chiesa, allora, pensava che la luna fosse un corpo puro, liscio, perfetto, senza asperità. Eppure Cigoli non venne censurato: le autorità ecclesiastiche preferirono rimanere prudenti. Di quest’opera e di questa vicenda abbiamo parlato nel dettaglio in un articolo che puoi trovare a questo link.

Ludovico Cardi detto il Cigoli, Assunzione della Vergine o Immacolata concezione
Ludovico Cardi detto il Cigoli, Assunzione della Vergine o Immacolata concezione

4. Guercino, Endimione (1647; olio su tela, 125 x 105 cm; Roma, Galleria Doria Pamphilj)
Secondo la mitologia greca (o almeno, secondo la versione più popolare del mito), Endimione era un giovane, bellissimo pastore del quale s’innamorò perdutamente Selene, la dea della luna. Selene era invaghita di lui al punto da aver chiesto a Zeus la possibilità di dargli giovinezza eterna e uno stato di sonno eterno, in modo che la dea potesse recarsi da lui per sempre: Selene era infatti tormentata dall’idea che la condizione di mortale di Endimione prima o poi avrebbe potuto privarla di lui. Sono molti gli artisti che si sono cimentati nella raffigurazione del mito, e una delle più belle interpretazioni è quella fornita dal Guercino (Giovanni Francesco Barbieri; Cento, 1591 - Bologna, 1666) che, come da tipica iconografia, ha raffigutato Endimione assopito, con la luna (che vediamo nel cielo) a vegliare su di lui. C’è un particolare molto interessante in quest’opera: la presenza del cannocchiale appoggiato sulle ginocchia del giovane, un cannocchiale che ha forma e dimensioni di quelli “galileiani”. Secondo una recente interpretazione dello studioso Pierluigi Carofano, l’opera potrebbe essere di committenza medicea e potrebbe configurarsi come un tentativo, da parte dei Medici, di riabilitare la memoria dello scienziato dopo la censura ecclesiastica. Curiosamente, secondo alcune versioni antiche del mito, Endimione sarebbe stato proprio un astronomo. Quale che sia il significato della presenza del cannocchiale, quella del Guercino è, ad ogni modo, un’immagine che ben ci restituisce il clima dell’epoca, dal momento che nella Firenze medicea, soprattutto dopo la scomparsa di Galileo, era forte l’interesse per i suoi studî e per le sue scoperte.

Guercino, Endimione
Guercino, Endimione

5. Maria Clara Eimmart, Fasi lunari (fine del XVII secolo; pastello su cartone azzurro, 64 x 52 cm; Bologna, Università di Bologna, Museo della Specola)
Maria Clara Eimmart (Norimberga, 1676 - 1707) è stata una delle prime astronome donne della storia e, al pari di Galileo, era un’ottima disegnatrice, anche perché figlia d’arte: il padre Georg Christoph era infatti un pittore (fu peraltro direttore dell’Accademia di Belle Arti di Norimberga all’inizio del Settecento), e si dilettava anche di astronomia. La sfortunata giovane (morì di parto a soli trentun anni, appena un anno dopo essersi sposata con il professore di matematica Johann Heinrich Müller) dimostrò il suo grande talento, sia come astronoma che come disegnatrice, in una serie di tavole realizzate a pastello, alcune delle quali oggi conservate al Museo della Specola di Bologna. Questi disegni nacquero dopo attente osservazioni al telescopio e furono da Maria Clara radunate in una serie che s’intitolata Micrographia stellarum phases lunae ultra 300 (“Più di 300 micrografie delle stelle e delle fasi lunari”). Le tavole bolognesi furono donate a Luigi Ferdinando Marsili (Bologna, 1658 - 1730), grande scienziato, amico di Georg Christoph, che le portò in Emilia. Molte altre sono invece andate perdute, soprattutto a causa di un incendio che devastò la libreria del collegio dove il manoscritto che comprendeva diverse delle sue tavole (che dopo la scomparsa furono conservate dal marito). Quelle che sopravvivono sorprendono però per la loro grande precisione e sono un’ulteriore testimonianza del grande sviluppo che l’astronomia conobbe tra Sei e Settecento.

Maria Clara Eimmart, Fasi lunari
Maria Clara Eimmart, Fasi lunari

6. Donato Creti, Osservazioni astronomiche. Luna (1711; olio su tela, 51 x 35 cm; Città del Vaticano, Musei Vaticani)
Il succitato Luigi Ferdinando Marsili, lo si sarà intuito, nonostante fosse attivo soprattutto nel campo delle scienze della natura, nutrì forti interessi nei confronti dell’astronomia. Così, nel 1711, commissionò a uno dei maggiori pittori del tempo, Donato Creti (Cremona, 1671 - Bologna, 1749) una serie di dipinti a olio su tela: ognuno di essi doveva raffigurare l’osservazione astronomica di un diverso corpo celeste. La luna, ovviamente, non poteva mancare, e Creti ne fornì una raffigurazione fedelissima: una presenza che incombe con forza sopra i due astronomi che, nel chiarore di una notte tersa, la osservano con il loro telescopio. Le dimensioni della luna forse non saranno veritiere, ma poco importa: scopo di Marsili era quello di convincere le autorità ecclesiastiche della necessità di studiare gli astri. Per questo, il nobile bolognese, ben introdotto negli ambienti romani (Bologna faceva parte dello Stato Pontificio, e poi Marsili una sorta di eroe di guerra: prima di dedicarsi alla scienza combatté contro i turchi, fu anche catturato, e ricoprì in seguito ruoli diplomatici per conto dell’Impero), ne fece dono a papa Clemente XI. Un dono che forse dovette risultare convincente, dal momento che, per volere del Senato bolognese, tra il 1712 e il 1726 fu costruita, presso Palazzo Poggi, la Torre della Specola, edificata proprio con l’intento di farne un osservatorio astronomico (fu il primo osservatorio pubblico d’Italia). Marsili vedeva dunque coronato il proprio sogno, e ci piace pensare che l’arte giocò un ruolo non secondario in questa vicenda.

Donato Creti, Osservazioni astronomiche. Luna
Donato Creti, Osservazioni astronomiche. Luna

7. Canaletto, La vigilia di Santa Marta (1760 circa; olio su tela, 119 x 187 cm; Berlino, Gemäldgalerie)
Nella produzione di Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto (Venezia, 1697 - 1768) non mancano alcuni splendidi e precisi notturni al chiaro di luna: l’artista amava dipingere la sua Venezia di notte in occasione di feste. Tra queste, la vigilia di Santa Marta, celebrazione della santa accompagnata da una festa popolare. La santa era patrona dell’omonimo quartiere della città, e il 29 luglio, nel pieno dell’estate, la si festeggiava con una frequentatissima sagra. Al chiarore della luna, i veneziani si assiepano dunque sulle rive, illuminate per l’occasione con luci artificiali, con banchi e tende allestiti per la festa, mentre alcune imbarcazioni solcano il mare. È tutto buio ma la luna piena, con i suoi bagliori, rischiara il mare e i profili delle figurine che percorrono le rive della città.

Canaletto, La vigilia di Santa Marta
Canaletto, La vigilia di Santa Marta

8. Caspar David Friedrich, Due uomini che contemplano la luna (1819-1820; olio su tela, 20,35 x 44,5 cm; Dresda, Galerie Neue Meister)
I Due uomini che contemplano la luna sono uno dei paesaggi romantici più rappresentativi dell’arte di Caspar David Friedrich (Greifswald, 1774 - Dresda, 1840), dove il satellite è spesso grande protagonista, con vedute al chiaro di luna su mari solitari, o con personaggi che, come in questo caso, s’inoltrano nel fitto della boscaglia e poi si fermano ad ammirarla. In questo dipinto conservato a Dresda, la lunce e la conformazione del cielo ci suggeriscono che in realtà la notte sta finendo e si sta approssimando l’alba. Un senso d’inquietudine e di malinconia, accresciuto dai rami spogli degli alberi e della aride rocce, avvolge l’intera composizione: tensione mistico-spirituale, consapevolezza del fatto che l’uomo è minuscolo rispetto al cosmo, lo spavento e al tempo stesso l’attrazione per la potenza della natura (tipica dell’estetica del sublime) sono alcuni degli elementi che si desumono da questo paesaggio, del quale Friedrich realizzò in seguito altre versioni (una delle quali con una coppia formata da un uomo e da una donna). Non sappiamo chi siano i due uomoni assorti nella contemplazione della luna: è però probabile che uno dei due sia lo stesso Friedrich. Dell’opera è stata data anche un’interpretazione politica, ironicamente suggerita dallo stesso Friedrich: quando il poeta Karl Förster fece visita all’artista nel 1820 e osservò l’opera, il pittore gli disse che i due personaggi “stanno tramando qualche intrigo demagogico”. La Germania viva, a quell’epoca, un’epoca molto travagliata, e nello stesso 1819 furono emanati i cosiddetti Deliberati di Karlsbad, una serie di decreti che introducevano misure di sorveglianza sull’attività di università e stampa, il tutto per reprimere eventuali dissensi liberali nella Confederazione germanica istituita a seguito del Congresso di Vienna. Misure che furono molto criticate dagli intellettuali dell’epoca (e forse anche in questo dipinto di Friedrich).

Caspar David Friedrich, Due uomini che contemplano la luna
Caspar David Friedrich, Due uomini che contemplano la luna

9. Salvatore Fergola, Notturno a Capri (1843 circa; olio su tela, 106 × 131 cm; Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte)
Uno dei più bei notturni del romanticismo italiano, il Notturno a Capri di Salvatore Fergola (Napoli, 1799 - 1874) raffigura una veduta del golfo di Napoli davanti alla Marina piccola, sullo sfondo dei faraglioni, così come la cantano le canzoni popolari napoletani, con il mare sul quale “luccica l’astro d’argento”, la luna che rischiara il cielo e le barche dei pescatori di Capri ormeggiate a poca distanza dalla riva con le vele ancora alzate ad asciugare. L’opera è oggi conservata al Museo Nazionale di Capodimonte dove arrivò nel 1967 in qualità di lascito ereditario della collezione di Nicola Santangelo, che fu ministro dell’interno del re Ferdinando II di Borbone: Santangelo nutriva una forte predilezione per i notturni di Fergola. I notturni di Fergola furono i primi prodotti dalla scuola romantica napoletana: l’artista si era ispirato agli omologhi dipinti francesi che andavano di moda all’epoca e fu il primo a diffondere il gusto per questo tipo di vedute in area partenopea.

Salvatore Fergola, Notturno a Capri
Salvatore Fergola, Notturno a Capri

10. Vincent van Gogh, Notte stellata (1889; olio su tela, 72 x 92 cm; New York, Museum of Modern Art)
La Notte stellata (De sterrennacht in olandese) è una delle opere più iconiche di Vincent van Gogh (Zundert, 1853 - Auvers-sur-Oise, 1890), nonché una delle più rappresentative dell’ultima parte della sua carriera: il dipinto risale infatti al 1889, e fu realizzato a Saint-Rémy-de-Provence, dove era al tempo ricoverato in una clinica psichiatrica. Fu in occasione di quel soggiorno che l’arte di van Gogh conobbe una svolta che lo portò a uno stile più “espressionista” che “impressionista”, e la tela divenne ben presto il luogo sul quale l’artista di Zundert raffigurava i paesaggi per come li vedeva dentro di sé, una risposta del suo immaginario alla natura. “Questa mattina”, scrisse Vincent in una lettera a suo fratello Theo il 6 giugno del 1889, “ho guardato la campagna dalla mia finestra molto prima che sorgesse il sole, con nient’altro che la stella del mattino, che sembrava davvero grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo soggetto, esprimendo tutta l’intimità, la pace e la maestà e aggiungendo un sentimento così forte e così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni. Provo ancora enormemente rimorso quando penso al mio lavoro, così poco in armonia nei confronti di come lo vorrei. Spero che sul lungo termine mi riesca di fare cose migliori, ma adesso ancora non ci siamo”. Van Gogh realizzò così il suo paesaggio con pennellate dense e pastose, raffigurando un paesaggio in parte vero, ma in parte inventato (la chiesa con l’alta guglia rievoca gli edifici di culto delle campagne olandesi dove l’artista era cresciuto). Non è dunque un vero paesaggio, piuttosto una visione interiore dell’artista, una specie di sogno che rende manifeste le emozioni del pittore a quel momento.

Vincent van Gogh, Notte stellata
Vincent van Gogh, Notte stellata

11. Osvaldo Licini, Amalassunta su fondo blu (1951; olio su tela, 25,5 x 34 cm; Collezione privata)
Il grande pittore Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado, 1894 - 1958) avvertiva forte il legame con la luna, che lui chiamava “Amalassunta”: in una lettera al critico Giuseppe Marchiori, datata 21 maggio 1950, Licini scriveva che Amalassunta è “la luna nostra bella, garantita d’argento per l’eternità, personificata in poche parole, amica di ogni cuore un poco stanco”. La luna diviene oggetto di serena contemplazione, spesso surreale, capace di dar luogo a straordinarie visioni oniriche dove il satellite assume un volto umano e di volta in volta interagisce con i personaggi a cui Licini dà vita. Non sappiamo con certezza perché Licini avesse deciso di chiamare “Amalassunta” la luna: in un’intervista rilasciata in occasione della Biennale di Venezia del 1958, il pittore affermò di essere affascinato dal nome di una principessa ravennate, Amalasunta, vissuta tra il quinto e il sesto secolo dopo Cristo, mentre di recente Lorenzo Licini, nipote dell’artista, ha associato il nome “Amalassunta” a due anagrammi (“la musa santa” e “Malus, Satana”), avvicinando le opere dell’artista alle poesie di Baudelaire, di cui fu molto appassionato.

Osvaldo Licini, Amalassunta su fondo blu
Osvaldo Licini, Amalassunta su fondo blu

12. Giulio Turcato, Superficie lunare (1968; olio e tecnica mista su gommapiuma, diametro 90 cm; collezione privata)
Tra gli artisti italiani degli anni Sessanta, uno dei più sensibili al tema dei viaggi lunari fu Giulio Turcato (Mantova, 1912 - Roma, 1995), che alla luna dedicò un intero filone della sua produzione, quello delle Superfici lunari. Intento del grande artista era quello di costruire l’immagine della luna attraverso materiale di uso comune, in particolare la gommapiuma. La conquista dello spazio e la corsa alla luna diventano dunque materia concreta nell’arte di Turcato, che guarda con ottimismo ai progressi tecnologici e scientifici di quegli anni. “Uso la gomma”, dichiarò Turcato stesso nel 1971, “perché il suo crostone scabroso è pieno di avvertimenti nuovi e di meraviglia”. E in effetti, agendo sulla gommapiuma, Turcato ricrea con sorprendente verosimiglianza la superficie della luna.

Giulio Turcato, Superficie lunare
Giulio Turcato, Superficie lunare

13. Andy Warhol, Moonwalk (anni Ottanta; serigrafia; varie collocazioni)
Da importante testimone del suo tempo, Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 - New York, 1987) non poteva non rendere omaggio a Neil Armstrong che mette per la prima volta piede sulla luna. Così, la celeberrima fotografia che ritrae l’astronauta americano vicino alla bandiera degli Stati Uniti, è diventata anche un’icona della pop art. Certo non tra le più note, ma comunque presente.

Andy Warhol, Moonwalk
Andy Warhol, Moonwalk

14. Anish Kapoor, Moon Mirror (2014; acciaio inossidabile e lacca, diametro 114 cm; Collezione privata)
Tra gli artisti contemporanei, Anish Kapoor (Bombay, 1954) è tra quelli più interessati ai temi dell’astronomia e sono diverse le sue opere sul tema. È anche un grande estimatore di Galileo: e lo scienziato parrebbe essere due volte omaggiato nei Moon Mirror, fortunato filone della produzione di Kapoor. La forma e gli inserti in lacca richiamano il corpo celeste, mentre lo specchio è un omaggio agli strumenti che gli astronomi utilizzano per osservare il satellite (e in generale gli astri).

Anish Kapoor, Moon Mirror
Anish Kapoor, Moon Mirror. Courtesy Galleria Massimo Minini


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