Come nacque l'arte astratta, tra Kandinskij e Hilma af Klint


Chi fu davvero il padre dell'arte astratta? Vasilij Kandinskij? Oppure l'arte astratta ebbe... una madre? Un articolo sulla nascita dell'arte astratta alla luce delle più recenti ricerche.

Il problema dell’arte astratta, di cui si è parlato su queste pagine con l’ipotesi del ruolo del Ticino, si lega soprattutto alla questione dei suoi esordi e a quella della sua definizione che, restando in parte contraddittoria, la rende, parafrasando un concetto di Umberto Eco, vicina ad un’opera “aperta”. Ecco perché per definirne meglio i contorni, si dovrebbe decidere prima cosa si intenda per arte astratta. Ci troveremmo comunque, anche così, a calpestare un terreno scivoloso, perché tra gli studiosi non c’è corrispondenza d’intenti: per molti, l’arte astratta è un’arte che ha interrotto il legame con il passato. Per altri, quel filo di connessione lo ha mantenuto invece vivo. È ovvio che, con posizioni così antitetiche, corre l’obbligo di fare un passo indietro almeno con una domanda: l’arte è soltanto una forma espressiva? E se così, non si escludono quelle esperienze che non avvengono per mezzo di parole, forme concrete e oggetti, che pure compongono una parte essenziale della storia della visione? Facciamo il punto con l’arte astratta perché, da quel momento, si accende un dibattito che contrappone il figurativismo al realismo, l’astrazione e persino l’arte “engagée”. I dubbi sulle origini dell’arte astratta sono stati formulati anche da quando è iniziata a sgretolarsi l’idea che questa eccezionale temperie artistica, sarebbe nata con quello che Argan chiamava “scarabocchio”, ovvero, il Primo acquerello astratto di Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944), del 1910. È un caso emblematico questo, in quanto è stata la seconda moglie del pittore, Nina Andreevskaja (Mosca?, 1899 – Gstaad, 1980) a fissare quella data mentre, in realtà, l’opera fu realizzata nel 1913. Sono seguite numerose altre ipotesi per la stessa data, che è stata spostata avanti o indietro nel tempo. “Essa fu certamente retrodatata”, sosteneva Denys Riout, “non corrispondendo in alcun modo a quanto l’artista dipingeva in quel momento” 1, mentre altri teorici l’hanno spostata al 1911, cioè a quando Kandinskij stava realizzando la serie delle Improvvisazioni, e negli stessi anni in cui lavorava allo Spirituale nell’arte. Da quando “[Kandinskij] iniziò a intitolare le sue opere Impressioni, Improvvisazioni, Composizioni, egli adottò delle definizioni musicali nelle sue opere, in relazione all’importante novità della musica dodecafonica introdotta da Schönberg a Vienna, assimilando così la lezione di un’arte astratta, in grado comunque di tradurre e ispirare delle emozioni. Da quel punto in poi, molti studi vi intravedevano una variazione nel suo procedimento creativo e soprattutto un cambiamento di rotta di tutta l’arte moderna: stava scoppiando la rivoluzione dell’arte astratta.

Vasilij Kandinskij, Primo acquerello astratto (1910; Acquarello, matita e inchiostro di china su carta, 49,6 x 61,8 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Vasilij Kandinskij, Primo acquerello astratto (1910; Acquarello, matita e inchiostro di china su carta, 49,6 x 61,8 cm; Parigi, Centre Pompidou)


Vasilij Kandinskij, Impressione III (Concerto) (1911; olio su tela, 77,5 x 100 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)
Vasilij Kandinskij, Impressione III (Concerto) (1911; olio su tela, 77,5 x 100 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)


Vasilij Kandinskij, Improvvisazione 19 (1911; olio su tela, 120 x 141,5 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)
Vasilij Kandinskij, Improvvisazione 19 (1911; olio su tela, 120 x 141,5 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)

Ma è andata davvero così? L’argomento delle origini non è l’unico oggi in discussione. Non è più corretto, come ritengono in molti ormai, restituire a un insieme di fattori, e non ad un solo artista e città, le istanze e le condizioni che hanno permesso la nascita di quest’arte nel Novecento? D’altronde, c’erano stati sì Kandinskij, poi Mondrian e Malevič, ma prima di questi si erano affacciati sul cammino dell’astrazione anche artisti come Kupka, Delaunay, e alcune donne come Hilma af Klint, Marguerite Haghenbach, seconda moglie di Jean Arp, che ha permesso la diffusione dell’arte astratta in Ticino. Se non addirittura Giorgiana Houghton (Las Palmas, 1814 - Londra, 1884). Furono dunque molte e diverse, più di quanto è noto, le circostanze che hanno portato a questa rivolgimento artistico, e molte anche le personalità che hanno incominciato a sentire l’esigenza di un’arte che tendesse verso l’astrazione. Alcune pubblicazioni poco note in Italia e delle mostre recenti hanno permesso di riconsiderare non solo la datazione ma anche i luoghi d’origine dell’arte astratta. Non c’era infatti soltanto Monaco di Baviera, come primo grande centro propulsore (e città dove in certi anni ha operato Kandinskij), la nascita dell’arte astratta: “ ha simultaneamente riguardato più centri in Europa: Parigi, (Monaco), Londra, Mosca, Praga, Roma e, in seguito, gli Stati Uniti ” 2 e, secondo noi, anche la Svizzera, con le incursioni, almeno, come anticipato, di personalità come Marguerite Haghenbach (Basilea, 1902 – Locarno, 1994), forse anche di Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (Var?na, 1875 – Pustelnik, 1911) e di Hilma af Klint (Solna, 1862 – Danderyd, 1944) e l’italiano attivo in Svizzera Alberto Sartoris (Torino, 1901 – Pompaples, 1998). E poco più in là, anche Luigi Pericle (Luigi Pericle Giovannetti; Basilea, 1916 – Ascona, 2001) avrà un ruolo determinante non tanto nella nascita, quanto nella diffusione di quella dimensione artistica che si esprimeva in maniera non più figurativa. È stato più volte sottolineato quanto sia spesso distante dalla realtà sostenere che una novità artistica si verifichi senza passaggi intermedi, e all’improvviso: ogni novità culturale per maturare ha invece bisogno di un terreno fertile e di un processo di gestazione più o meno lungo. Sempre Denys Riout, parlando di Kandinskij, ne dava conferma nel suo saggio. Parlando di “astrazione per decantazione”, sottolineava come la discesa in campo dell’arte astratta fosse avvenuta per mezzo di un “passaggio progressivo”, cosa che, per altro, consente di smetterla con l’intendere una novità artistica come una necessaria rottura con l’arte immediatamente precedente o con la tradizione 3. Per ricomporre questo filo di eventi e per fissare una data più realistica per l’affaccio dell’astrazione sulla scena della storia, è quindi necessario intercettare in filigrana le avvisaglie che hanno permesso di parlare dell’arte astratta come un’avanguardia.

Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Žinia (1904; pastello su carta, 64,2 x 90,7 cm; Kaunas, Museo Nazionale Čiurlionis)
Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Žinia (1904; pastello su carta, 64,2 x 90,7 cm; Kaunas, Museo Nazionale Čiurlionis)


Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Sonata VI. Allegro (1908; tempera su carta; Kaunas, Museo Nazionale Čiurlionis)
Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Sonata VI. Allegro (1908; tempera su carta; Kaunas, Museo Nazionale Čiurlionis)


Hilma af Klint, De tio största nr 2, Barnaåldern (1907; olio su tela; Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet
Hilma af Klint, De tio största nr 2, Barnaåldern (1907; olio e tempera su tela, 328 x 240 cm; Stoccolma, Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet


Hilma af Klint, Erosserien, nr 8 (1907; olio su tela; Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet
Hilma af Klint, Erosserien, nr 8 (1907; olio su tela; Stoccolma, Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet


Hilma af Klint, Grupp X nr. 1, Altarbild (1915; olio su tela, 237,5 x 179,5 cm; Stoccolma, Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet
Hilma af Klint, Grupp X nr. 1, Altarbild (1915; olio su tela, 237,5 x 179,5 cm; Stoccolma, Stiftelsen Hilma af Klints Verk). Ph. Albin Dahlström/Moderna Museet


Georgiana Houghton, The Eye of God (1862 circa; acquerello su carta, 54 x 44 cm; Melbourne, Victorian Spiritualists' Union)
Georgiana Houghton, The Eye of God (1862 circa; acquerello su carta, 54 x 44 cm; Melbourne, Victorian Spiritualists’ Union)

E allora, quali sono state le anticipazioni che hanno consentito all’astrazione di deflagrare in più città? Riprendiamo il caso di Nina Kandinskij, quando nel 1953, sul bimestrale della Biennale di Venezia 4, intervenne per opporsi a molte posizioni sostenute dal critico Aleksis Rannit che in una precedente pubblicazione faceva corrispondere la nascita dell’astrazione alla visita dell’artista all’esposizione degli impressionisti della fine del XIX secolo e anche ai rapporti tra lui e Čiurlionis, originario della Lituania. Di quest’ultimo, la signora Kandinskij faceva menzione soltanto per smentire l’ipotesi che il marito avesse visitato la Lituania. A dire il vero nelle sue lettere, tra gli altri “precursori” dell’arte astratta, oltre a Čiurlionis, non faceva parola su Hilma af Klint, un’artista rivalutata troppo di recente 5, e che visse in maniera troppo isolata rispetto ai suoi contemporanei per poter essere considerata dalla signora Kandinskij nella sua recensione degli anni Cinquanta. Insomma, se non si vuole a tutti i costi “detronizzare” Kandinskij dal suo ruolo di pioniere dell’arte astratta, occorre però fare più chiarezza e indagare su più livelli e persino sul ruolo delle donne. Nei primi anni del Novecento, com’è noto, la civiltà occidentale vive un momento di grandi rivolgimenti culturali, politici, geografici, economici. Anche gli studi iniziano a interessarsi di materie non considerate prima, come la teosofia, con le pubblicazioni per esempio, di Rudolf Steiner (Theosophie, 1904) e quella di Annie Besant e Charles W. Leadbeater (Thought-Forms, 1905), gli studi sulla mente e sull’inconscio di Sigmund Freud e Carl G. Jung. Sono anche gli anni dell’avvento delle filosofie di Eckhart, Schopenhauer e Nietzsche, delle tradizioni mistiche orientali e occidentali, e così via. Tali istanze rispondono a una “diffusa esigenza di spiritualità” (S. Poggi), un aspetto connaturato a quella necessità di sperimentazione artistica votata alla tensione di trascendere il visibile e andare oltre la contingenza materiale, oggettuale. Nell’epoca detta “del Grande Spirituale”, l’arte astratta (intesa come linguaggio non figurativo), era il più appropriato, ed era quindi cruciale che le forme dell’oggetto materiale venissero sostituite dalle forme astratte. Ma davvero questo doveva per forza significare “dipingere gli stati psichici” 6 e dematerializzare le forme concrete? E da quando più precisamente studiosi e artisti iniziano a mettersi in quest’ordine d’idee? Saranno in molti ad abbandonare la figurazione, non solo Kandinskij, né sarà lui a farlo per primo o per ultimo. “Qualche anno più tardi infatti, nel 1914 [circa, nda] ma attraverso una strada del tutto diversa, anche Mondrian, a Parigi [e Malevič a Mosca, nda]” 7, come molti altri prima e anche altrove. Alcune opere di František Kupka, Robert Delaunay, persino Munch sono da annoverare quali precedenti illustri. In particolare, nell’economia del nostro discorso che vuole anche far luce sul ruolo di Hilma af Klint, le opere di Edvard Munch, quelle, in particolare che comprendevano le ombre nel quadro (Pubertà per esempio), sono un punto da mettere in rilievo, perché questi dipinti, secondo Sixten Ringbom, troveranno presto riverbero nella produzione di Kandinskij, come nel quadro Dama a Mosca, del 1912, perché lì si trovavano già “rappresentate” delle forme astratte roteanti intorno alla figura della donna. Ma se quest’opera era una “rappresentazione parallela di una realtà materiale con l’occasionale influsso di un’atmosfera spirituale” 8, come dovremmo definire la produzione pittorica di Hilma af Klint, a partire per esempio, da Tystnad (“Silenzio”), del 1907, dal momento che quel quadro presentava già una stilizzazione sintetica di forme organiche e di piante? E come deve essere pensata? Una “rappresentazione dei rapporti umani” o una declinazione di arte decorativa? Anche l’affinità dell’arte astratta con la decorazione deve essere ancora ben chiarita. Chi era Hilma af Klint e perché non se ne parla ancora abbastanza nell’ottica dell’astrazione? Non viene abbastanza menzionata perché era una donna?

Edvard Munch, Pubertà (1894-1895; olio su tela, 151,5 x 110 cm; Oslo, Nasjonalgalleriet)
Edvard Munch, Pubertà (1894-1895; olio su tela, 151,5 x 110 cm; Oslo, Nasjonalgalleriet)


Hilma af Klint, Tystnad (1907; olio su tela, 164 x 148 cm; Stiftelsen Hilma af Klints Verk)
Hilma af Klint, Tystnad (1907; olio su tela, 164 x 148 cm; Stoccolma, Stiftelsen Hilma af Klints Verk)


Vasilij Kandinskij, Dama a Mosca (1912; olio su tela, 108,8 x 108,8 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)
Vasilij Kandinskij, Dama a Mosca (1912; olio su tela, 108,8 x 108,8 cm; Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus)

Originaria di Stoccolma, città dove ha frequentato la Kungliga Konsthögskolan (Accademia Reale di Belle Arti) 9, Hilma af Klint ha visitato il Blanch’s Art Salon, dove, nel 1894 si è tenuta una celebre mostra dedicata a Edvard Munch. Nel 1906, quindi prima di Kandinskij, in tempi non sospetti, Af Klint “iniziò a inventare una nuova maniera di dipingere, un linguaggio visivo che non aveva connessioni con il modo di dipingere e guardare all’arte nei termini che aveva appreso (in Accademia) le sue sincretiche pitture attingono a molte fonti diverse, tra cui quelle fornite dal movimento spirituale della Teosofia” 10 (altro punto da approfondire).

E chi era Marguerite Haghenbach? E che ruolo ha assunto insieme a Marianne Werefkin nella diffusione dell’arte astratta? Sempre donne. E come si contrapponeva o affiancava la loro posizione artistica con i rispettivi mariti, Jean Arp e Alexej von Jawlensky? Le ricerche devono proseguire, se come abbiamo già documentato, il Ticino, dove gravitavano queste personalità, è stato un centro di fermento culturale molto vivace in quegli anni. Sembra comunque assodato che già prima del 1910-13, e non solo a Monaco inizia a profilarsi uno scenario inedito e innovativo, in cui fondamentale era un linguaggio che esprimesse un bisogno di spiritualizzazione del lavoro artistico. Ciò, per alcuni studiosi era spiegabile “in una società i cui modi di comportamento [erano] condizionati dal lavoro industriale” 11, e l’esigenza comune rispondeva alla capacità degli artisti di saperne prendere le distanze. Ora questo bisogno venne sentito anche da altre personalità non solo dagli artisti. Non è un caso dunque se la realtà di Monte Verità si sviluppasse proprio in questi anni, e non era secondario considerare che più tardi, negli anni Cinquanta Harald Szeeman trovasse terreno fertile per le sue idee in Ticino, come farà più tardi, arrivando da Basilea, nel 1954 Luigi Pericle.

Note

1 L’arte astratta, in D. Riout, L’arte del ventesimo secolo. Protagonisti, temi, correnti, Piccola Biblioteca Einaudi, 2000, p.23.

2 M. Mazzotta, “Musica e Spirituale nell’Arte. Un percorso” in Kandinskij - Cage. Musica e Spirituale nell’arte, … p.13.

3 Sull’argomento Salvatore Settis ha da poco pubblicato per Feltrinelli, “Incursioni. Arte contemporanea e tradizione”.

4 Numero 12 del 1953. Qui si accenna anche alla profonda emozione provata da Kandinskij di fronte ai Covoni di Claude Monet, occasione che lo portò a interrogarsi sulla questione che riportiamo in forma integrale e in lingua originale: “Le peintre pourrait-il aller plus loin encore et créer des compositions sans figuration aucune comparables aux symphonies des compositeurs?”

5 A partire dalle mostre Pioneer of Absraction tenutasi al Moderna Museet di Stoccolma e dalla mostra, a cura di Tracey Bashkoff tenutasi al Museo Guggenheim di New York nel 2018, dove si metteva il punto anche sull’importanza della Teosofia nei confronti dell’astrazione.

6 S. Ringbom, Replacing the missing object in, Transcending the visible: the generation of the abstract pioneers, ……1986, p. 131

7 D. Vallier, L’arte astratta, il cosmo dell’immagine pura. Origini e sviluppi di una nuova percezione da Kandisnky alla minimal art”, Garzanti, 1980, p.7.

8 Ibidem, p. 143.

9 J. Voss, A mediated magic. The Indian presence in modernism 1880 – 1930, Naman P. Anuja & Louise Belfrage, 2019, p. 131.

10 Ibidem, p.133.

11 C. G. Argan, L’arte moderna. 1770-1970, Sansoni editore, 2002, p.219.


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