Neve d'agosto e visioni mariane: l'origine leggendaria di Santa Maria Maggiore a Roma


L’estate romana del 358 d.C. è ricordata per la leggendaria nevicata miracolosa che portò alla fondazione della più antica basilica mariana d’Occidente: Santa Maria Maggiore. La leggenda ha lasciato traccia anche nell’arte antica, attraversando secoli e scuole pittoriche, da Masolino a Perugino, da Grünewald a Jacopo Zucchi.

Una nevicata in piena estate. Accadde, secondo una leggenda, nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 358 d.C., quando una coltre di neve fresca ricoprì il colle Esquilino, a Roma. All’origine del prodigio, un’apparizione onirica della Vergine, che chiese a un patrizio romano di nome Giovanni di costruire una chiesa nel punto esatto dove sarebbe caduta la neve. Il mattino successivo, il prodigio si compì e fu interpretato come un segno divino: lì sarebbe sorta Santa Maria Maggiore, oggi la più antica basilica mariana dell’Occidente.

Il racconto ha trovato ampio spazio anche nella produzione artistica europea, assumendo forme diverse a seconda dei contesti, delle committenze e degli stili. Tra le rappresentazioni più note spicca quella realizzata da Tommaso di Cristoforo Fini, detto Masolino da Panicale (Panicale, 1383 – Firenze, 1440/1447), conservata oggi al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. Il dipinto dal titolo Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore, parte di un trittico commissionato dalla famiglia Colonna per la stessa basilica di Santa Maria Maggiore, racconta l’evento miracoloso: il papa, identificato come Liberio, con una zappa in mano traccia il perimetro della futura chiesa sul manto nevoso. Intorno a lui, una folla osserva la scena, mentre in alto Cristo e la Madonna assistono al miracolo. I fiocchi di neve sono resi da piccoli punti bianchi che invadono la parte inferiore della composizione, mentre nel cielo compaiono forme tondeggianti che, secondo una teoria marginale, molto discussa soprattutto agli albori di internet dal momento che ebbe un qualche successo sui siti complottisti, sarebbero stati interpretati come dischi volanti. In realtà, si tratta di semplici nuvole cariche di neve, coerenti con l’iconografia e con il contesto della narrazione religiosa.

Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma. Foto: NikonZ7II
Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma. Foto: NikonZ7II
Masolino da Panicale, Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore (1423; tempera su tavola, 144 x 76 cm; Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)
Masolino da Panicale, Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore (1423; tempera su tavola, 144 x 76 cm; Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)

Il trittico, dipinto su due facce e oggi smembrato, vide la collaborazione anche di Masaccio, che lavorò su uno degli scomparti laterali. La collaborazione tra i due artisti è infatti considerata fondamentale per la pittura del primo Quattrocento. Un’ulteriore testimonianza della collaborazione tra i due artisti si ritrova nella tavola nota come la Sant’Anna Metterza, conservata agli Uffizi, che mostra la Madonna con il Bambino in trono, circondata da cinque angeli e accompagnata da sant’Anna, figura materna della Vergine e protagonista dell’intitolazione dell’opera. La realizzazione fu condivisa, ma le differenze stilistiche sono immediatamente percepibili: le figure affidate a Masolino risultano meno tridimensionali e più lineari, mentre quelle dipinte da Masaccio si distinguono per una resa volumetrica più solida e innovativa, segno evidente del suo linguaggio pittorico già proiettato verso un nuovo naturalismo.

Nel 1424, i due artisti vennero poi coinvolti in un nuovo e più ambizioso progetto. Felice Brancacci, esponente di rilievo della borghesia fiorentina, attivo sia nel commercio della seta sia nella vita politica cittadina, commissionò l’esecuzione di un ciclo di affreschi per la cappella di famiglia all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze. Secondo quanto riferisce Giorgio Vasari, Brancacci sarebbe rimasto particolarmente colpito da due affreschi, oggi perduti, presenti nella stessa chiesa: uno raffigurante san Paolo, attribuito a Masaccio, e l’altro con san Pietro, eseguito da Masolino. L’apprezzamento per entrambi i lavori lo spinse dunque ad affidare l’incarico congiunto ai due artisti. L’impresa decorativa prese avvio probabilmente verso la fine del 1424. L’anno successivo, durante l’estate del 1425, Masolino accettò un nuovo incarico che lo portò in Ungheria, lasciando il cantiere in mano al collega più giovane, che proseguì i lavori in autonomia.

Perugino, Miracolo della neve (1472 / 1475 circa; olio su tavola di pioppo, 18,4 x 40 cm; Surrey, National Trust)
Perugino, Miracolo della neve (1472 / 1475 circa; olio su tavola di pioppo, 18,4 x 40 cm; Surrey, National Trust)

Un’altra rappresentazione del miracolo si trova nella tavola attribuita a Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino (Città della Pieve, 1448 circa – Fontignano, 1523). La tavola, parte della predella di una pala perduta, è oggi conservata a Polesden Lacey, nel Surrey (Regno Unito), sotto la tutela del National Trust. La scena, racchiusa in una cornice ovale dipinta a finto marmo, mostra la Madonna che appare tra le nubi, da cui scendono fiocchi di neve. Questi si dispongono a delineare il profilo della chiesa sul prato sottostante, mentre il papa, ancora una volta con la zappa in mano, si appresta a dare inizio alla costruzione. Accanto a lui, alcuni personaggi osservano il miracolo, mentre sullo sfondo si intravedono edifici classici, portici e una colonna onoraria, a suggerire una rappresentazione ideale dell’antica Roma. L’opera, risalente agli anni Settanta del Quattrocento, era stata inizialmente commissionata per la Cappella Pucci della Basilica della Santissima Annunziata di Firenze. In seguito a vari passaggi collezionistici, è giunta nel Regno Unito dove è conservata, al pari della sua gemella raffigurante la Natività della Vergine, che si trova invece alla Walker Art Gallery di Liverpool e che in antico faceva parte dello stesso, perduto polittico.

Una lettura più nordica e drammatica della stessa leggenda si ritrova invece nel pannello realizzato nel 1519 da Matthias Grünewald (Würzburg, 1480 circa – Halle, 1528), pittore di corte dell’arcivescovo di Magonza, dedicato anch’esso all’Istituzione della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. La tavola costituisce lo scomparto destro dell’altare della Madonna della Neve della collegiata di Aschaffenburg, in Germania, mentre la tavola centrale, secondo alcune ipotesi, sarebbe una raffigurazione della Madonna oggi custodita a Stuppach, presso Bad Mergentheim (nella terra del Baden-Württemberg, nel versante sud-occidentale della Germania).

Attualmente del complesso d’altare rinascimentale resta solo la cornice, una parte della decorazione pittorica è andata perduta. Nella sua opera, Grünewald (che poco tempo prima, 1512-1516, aveva creato il monumentale Altare di Issenheim, oggi considerato l’opera principale del Musée d’Unterlinden di Colmar, in Francia) raffigura il papa nel momento in cui, con un ampio seguito e una zappa in mano, pone simbolicamente la prima pietra dell’edificio, immerso in un paesaggio innevato. In alto, la scena onirica della visione si manifesta mentre il pontefice giace ancora nel suo letto. L’intero episodio si sviluppa lungo una narrazione simultanea, tecnica cara alla pittura tedesca del periodo.

Matthias Grünewald, Istituzione della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (1519; tempera su tavola, 170 x 88,5; Freiburg im Breisgau, Augustinermuseum) Foto: Michael Jensch, CC BY 4.0
Matthias Grünewald, Istituzione della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (1519; tempera su tavola, 170 x 88,5; Freiburg im Breisgau, Augustinermuseum). Foto: Michael Jensch, CC BY 4.0

L’incarico per la realizzazione dell’altare era stato affidato da un canonico di nome Heinrich Reitzmann, che durante un soggiorno a Roma aveva conosciuto il culto della Madonna della Neve. Il culto si rifaceva esplicitamente alla leggenda del IV secolo e si era diffuso anche fuori dall’Italia, fino ad assumere forme liturgiche autonome in ambito tedesco. In un secondo momento, quando gli scomparti dell’altare furono predisposti per essere chiusi, anche il retro venne decorato. In quel caso, fu affidata a un pittore sconosciuto la realizzazione dell’Adorazione dei Magi, di cui si conserva oggi solo la metà destra.

Il soggetto ha attratto anche l’interesse di Jacopo Zucchi o Iacopo di maestro Pietro Zucca (Firenze, 1541 circa - Roma, 1596), allievo di Giorgio Vasari, attivo tra Firenze e Roma nella seconda metà del Cinquecento. La sua versione del Miracolo della neve, realizzata tra il 1578 e il 1582, era originariamente collocata proprio nella Basilica di Santa Maria Maggiore, presso l’altare della Culla nella navata centrale. Nel 1770 fu trasferita al Quirinale. L’opera rientra nel filone della pittura manierista, e riprende lo stesso tema fondativo già elaborato da Masolino e dal Perugino, mantenendo però una composizione e una tavolozza più sature, coerenti con il gusto dell’epoca.

Jacopo Zucchi, Miracolo della neve (1578 – 1582; olio su tavola, 171 x 151; Vaticano, Pinacoteca Vaticana) Foto: Fabrizio Garrisi
Jacopo Zucchi, Miracolo della neve (1578 – 1582; olio su tavola, 171 x 151; Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana). Foto: Fabrizio Garrisi

Pur mutando negli stili e nelle interpretazioni, le rappresentazioni artistiche rinascimentali hanno conservato il medesimo nucleo simbolico: la neve come segno prodigioso, la visione come messaggio divino e infine la costruzione del luogo sacro come risposta umana a un’indicazione celeste. La leggenda della Madonna della Neve ha generato dunque una lunga tradizione artistica che si è propagata per secoli, declinandosi in linguaggi, materiali e sensibilità differenti, destinata a segnare il volto di Roma.


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE

Noemi Capoccia

L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia

Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.



Commenta l'articolo che hai appena letto






Per inviare il commento devi accedere o registrarti.
Non preoccuparti, il tuo commento sarà salvato e ripristinato dopo l’accesso.



MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte