160 reperti del Museo Archeologico di Napoli vanno a Tokyo in cambio di un restauro: è giusto?


Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha inviato in Giappone 160 reperti in cambio del restauro del mosaico di Alessandro. È giusto e sensato privarsi per alcuni mesi di molti pezzi iconici della collezione per ottenere risorse? Comunque la si pensi è un problema nazionale.

Il 16 gennaio ha aperto al Museo Nazionale di Tokyo la mostra Pompeii, che dopo la tappa nella capitale del Giappone si sposterà in altre città del paese: a Kyoto, Miyagi e Fukuoka, fino al 31 dicembre 2022. Nucleo e colonna portante della mostra sono 160 reperti provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che già da qualche mese, a causa di questo spostamento massivo, risulta privo di alcune delle opere che caratterizzano da più di 180 anni le proprie collezioni. Sono a Tokyo, tra gli altri, gli affreschi di Saffo, di Terenzio Neo con la moglie, di Bacco e il Vesuvio; i mosaici dell’accademia di Platone, un celebre memento mori, il Cave Canem; tra le sculture il fauno della “Casa del fauno”, il Doriforo pompeiano; e poi pezzi unici come il Vaso Blu. Alcuni di questi peraltro, come il ritratto di Saffo, sono assenti da Napoli da ben prima di novembre 2021, perché in prestito ad altre mostre. Altri pezzi iconici, come la Venere Callipige, sono assenti da mesi per mostre diverse, ma comunque lontane da Napoli. Un’assenza di cui l’utenza, perlomeno quella abituata a frequentare musei, si sta accorgendo, già da dicembre: su Tripadvisor si succedono recensioni molto positive e altre che lamentano senza mezzi termini chiusure e assenze. La senatrice Margherita Corrado, e poi l’associazione Mi Riconosci, già settimane fa avevano lamentato la situazione. 

C’è una ragione in questa scelta del Museo. Il quotidiano giapponese The Asahi Shimbun, insieme a Nippon Hoso Kyokai - Japan Broadcasting Corporation, ha finanziato il restauro del mosaico della battaglia di Isso, celeberrimo per il volto di Alessandro Magno, in cambio di questa mostra. E non v’è dubbio che il mosaico avesse bisogno di essere restaurato. Ma il prestito non è stato discusso pubblicamente né a livello nazionale, né locale. “Si sapeva, perché le voci corrono, che fosse in corso una trattativa con i giapponesi”, spiega una guida turistica, che lavora spesso al Museo: “stavamo monitorando il mosaico di Alessandro, perché si temeva potesse partire. Nessuno immaginava che al posto suo sarebbe partito mezzo museo: in alcune sale e alcune collezioni, mancano i pezzi più importanti”. 

Donna con tavolette cerate e stilo, cosiddetta Saffo (55-79 d.C.; affresco staccato, 37 x 38 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Donna con tavolette cerate e stilo, cosiddetta “Saffo” (55-79 d.C.; affresco staccato, 37 x 38 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Venere Callipige (II secolo; marmo, altezza 160 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Venere Callipige (II secolo; marmo, altezza 160 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Cave Canem (I secolo d.C.; mosaico, 70 x 70 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Cave Canem (I secolo d.C.; mosaico, 70 x 70 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale). Foto di Marie-Lan Nguyen
Da Policleto, Doriforo di Pompei (I secolo a.C.-I secolo d.C.; marmo di Carrara, altezza 200 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale). Foto di Marie-Lan Nguyen
Da Policleto, Doriforo di Pompei (I secolo a.C.-I secolo d.C.; marmo di Carrara, altezza 200 cm; Napoli, Museo Archeologico Nazionale). Foto di Marie-Lan Nguyen
Vaso Blu (metà del I secolo d.C.; vetro e cammeo; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Vaso Blu (metà del I secolo d.C.; vetro e cammeo; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Affresco con scena di rissa fra pompeiani e nocerini nell’anfiteatro di Pompei (59-79 d.C.; da Pompei, Casa della Rissa nell’Anfiteatro, peristilio; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)
Affresco con scena di rissa fra pompeiani e nocerini nell’anfiteatro di Pompei (59-79 d.C.; da Pompei, Casa della Rissa nell’Anfiteatro, peristilio; Napoli, Museo Archeologico Nazionale)

Lo “scambio” ha prodotto la sgradevole conseguenza che questi 160 reperti si trovino in Giappone nello stesso momento in cui il mosaico non è esposto al pubblico perché in restauro: in molte sezioni mancano i pezzi più importanti. Mentre, per motivi indipendenti ma paralleli, alcune sezioni sono chiuse da tempo (Numismatica e Cuma), o aperte solo il sabato e domenica, o solo alcune ore del giorno: peraltro, gli orari di apertura e chiusura variano con relativa frequenza. “Verificati dal sito web gli orari di chiusure delle varie gallerie” scrive un utente su Tripadvisor, “la Villa dei Papiri veniva indicata con chiusura alle 15,30. In entrata, in biglietteria nessuna comunicazione o cartello che indicasse una variazione di orario. Alle 14,00 proviamo a varcare la soglia della galleria dei papiri e due signore ci informano, mentre trafelate chiudono a chiave la porta che l’orario di chiusura sarebbe stato per le 14,00”. A ciò va aggiunto che la Sala dei Tirrannicidi, che contiene statuaria di rilievo, è da settimane chiusa con una serie di casse di imballaggio, senza che sia chiaro il perché. 

Il Museo ha probabilmente coscienza di come questa situazione sia irricevibile per il pubblico, e nel sito ha scelto di non segnalare le assenze, salvo quella (decisamente giustificata) del mosaico di Alessandro. Nel contempo, il MANN inaugura da mesi con vorticosa frequenza nuove mostre: l’ultima, fotografica, “Sing Sing”, mentre si sono succedute mostre sul gioco e sui gladiatori (fatto curioso, la mostra sui Gladiatori è sempre stata priva dell’affresco rappresentante la “rissa nell’Anfiteatro”, che ha lasciato il museo a marzo). Il pubblico in certi casi apprezza nonostante tutto, in altri meno, soprattutto date le mancate comunicazioni preventive. “Almeno il 40% dei mosaici, l’Atlante Farnese e svariate altre opere sono attualmente (Gennaio 2022) in prestito presso altri musei”, scrive un altro utente su Tripadvisor. “Nulla in contrario, ma gradirei essere avvertito prima di pagare il prezzo PIENO del biglietto. La collezione del Gabinetto segreto peraltro non si può visitare dopo le 14 (perché?). Anche in questo caso nessun avvertimento previo acquisto del biglietto (sempre e comunque a prezzo pieno a qualsiasi ora). Idem per quanto concerne la chiusura della collezione egizia (nuovamente nessun avvertimento)”. Sì perché nonostante la situazione critica il prezzo del biglietto non è cambiato, dopo il raddoppio, da 8 a 15 euro, registrato negli anni 2016-2020. 

Non si discuterà in questa sede degli aspetti tecnici legati a questi prestiti: sappiamo che la prassi e il buon senso vorrebbero che le opere iconiche caratterizzanti una collezione non vengano mai prestate, ma sappiamo anche come questa prassi sia stata più volte superata da esigenze politico-economiche. Le linee guida del Ministero specificano chiaramente di non prestare nel caso in cui “il soggetto della mostra è troppo limitato o troppo commerciale per far viaggiare un oggetto”, ma è il Ministero stesso poi a insistere per prestiti, come quello dell’Uomo Vitruviano, per mostre estere con opere provenienti dall’Italia dal taglio esplicitamente commerciale (questa mostra giapponese staccherà decine di migliaia di biglietti in poche settimane). La diplomazia si fa anche usando i beni culturali. Qui però si vuole discutere di opportunità e credibilità dei nostri musei, dato che il prestito massivo è avvenuto in un momento in cui anche altre opere, per motivi vari, non sono esposte al pubblico. Un caso che ricorda lo svuotamento del Museo di Capodimonte per una serie di mostre negli Stati Uniti, pochi anni fa. 

Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN
Assenze al MANN

C’è comunque una fondamentale differenza rispetto ai casi citati: i prestiti del MANN sono avvenuti in cambio di un restauro. E questo riporta al tema di cosa può fare un’istituzione pubblica per ottenere i fondi per un restauro: in nessuna parte del Codice dei Beni Culturali si parla di prestito di opere, la “sponsorizzazione” avviene con associazione del marchio al bene (gli ormai celeberrimi pannelli che coprono di volta in volta palazzi e chiese, Tod’s sui biglietti del Colosseo, targhe e così via), ma la prassi supera volta per volta la legge. Aprire a prestiti plurimi per ottenere fondi, peraltro senza confronto con l’utenza, è una via percorribile e legittima? Se lo è, andrebbe discusso e eventualmente sancito attraverso un percorso legislativo, non lasciato alla prassi informale. Perché non si tratta di uno scambio museale alla pari, tutt’altro. Quindi c’è un problema di disparità, di prestigio, di autorità delle nostre massime istituzioni culturali, di rischio musei bazaar: chi può pagare può avere. Il Museo Archeologico Nazionale non è un piccolo museo, è un museo nazionale sterminato e il più importante museo pompeiano al mondo: se non ha i fondi per restaurare il mosaico di Alessandro è un problema nazionale. E se per averli è spinto a prestare a compagnie giapponesi più o meno tutto ciò che chiedono in cambio (non eravamo al tavolo delle trattative, ma certo è difficile pensare a una mostra più ricca di pezzi iconici di quella allestita a Tokyo) è ugualmente un problema di credibilità delle nostre istituzioni. 

Ed emerge infine, forse ancor più rilevante, un problema di credibilità locale, di fiducia del territorio e dei visitatori. Le guide turistiche da mesi si trovano a reinventare tour e percorsi di visita: chi chiede una visita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ha in mente molte delle opere che ora non ci sono. E le guide negli anni hanno impostato il loro lavoro su quelle opere. Ma lo stesso vale per i visitatori che scelgono una visita autonoma. Chi ha pagato per vedere cose che non ha trovato, tornerà? Chi ha fatto la card annuale, magari per poter studiare o ammirare ripetutamente molte delle cose partite per il Giappone, la rinnoverà? E soprattutto, i “non pubblici”, Napoletani e i Campani che non entrano mai o quasi mai al Museo, che non hanno mai sentito il MANN come casa loro, adesso che vedono sui giornali che quei reperti possono stare a Napoli come a Tokyo, cosa penseranno, cosa percepiranno? In casa propria, nessuno presta le cose a cui è più affezionato per soldi. A meno che non sia a un passo dal collasso economico e dallo sfratto: se il MANN di Napoli è in queste condizioni, sarebbe il caso che sia la città di Napoli sia il Parlamento italiano ne fossero al corrente. Se invece le ragioni del prestito sono altre, come pare evidente, andrebbero spiegate e giustificate pubblicamente.


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Leonardo Bison

L'autore di questo articolo: Leonardo Bison

Dottore di ricerca in archeologia all'Università di Bristol (Regno Unito), collabora con Il Fatto Quotidiano ed è attivista dell'associazione Mi Riconosci.



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