Bellezza femminile ed eleganza nel vestire: Giovanni Boldini e la moda in mostra a Ferrara


Recensione della mostra “Boldini e la moda”, a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, dal 16 febbraio al 2 giugno 2019.

Il fascino della donna per la moda, si sa, è irresistibile: oggi, come in passato, gli stilisti dettano le nuove tendenze del glamour e del fashion, ingolosendo il gentil sesso a possedere ciò che è presente sulle più accattivanti riviste di moda. Se oggi le creazioni degli stilisti sono visibili sulle pagine dei moderni magazine quasi unicamente attraverso fotografie, dietro cui esiste tutto un mondo di set fotografici, luci, trucco e parrucco, c’è stato un tempo in cui erano gli artisti, i pittori, a raffigurare sulle riviste glamour di allora gli abiti alla moda indossati da particolari modelle. Perché se ora per diventare modella ci si affida ai casting, in passato ad essere raffigurati in stupendi abiti erano le più celebri donne dell’epoca: principesse, donne dell’alta società, ma soprattutto donne che appartenevano al mondo dello spettacolo, come attrici e ballerine famose. Si creava dunque una sorta di circolo virtuoso: gli artisti collaboravano con gli stilisti ritraendo sulle riviste queste ultime (spesso i ritratti non erano commissionati dalle stesse protagoniste, bensì era l’artista stesso a scegliere le personalità più celebri del momento), e da ciò tutti i componenti traevano vantaggio: l’artista aveva la possibilità di raggiungere numerose potenziali clienti e di divulgare i suoi disegni e dipinti attraverso le riviste, mentre gli stilisti facevano conoscere le loro creazioni e le donne dello spettacolo si promuovevano verso il loro pubblico.

Una di queste riviste dedicate alla moda s’intitolava Les Modes, che iniziò ad essere pubblicata nel gennaio 1901 grazie all’idea di Michel Manzi, ingegnere di origini italiane amico di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931), di Edgar Degas (Parigi, 1834 – 1917) e di Robert de Montesquiou (Parigi, 1855 – Mentone, 1921), per celebrare le “bellezze francesi e straniere più alla moda di Parigi”. Intenzione della rivista era di far ritrarre agli artisti più sensibili alla moda la donna elegante allo scopo di evidenziare, meglio di una fotografia, il legame tra bellezza femminile e bellezza della stoffa. Manzi decise di far scrivere a Montesquiou, poeta ed esteta, il primo articolo della rubrica Les Peintres de la Femme, rendendo omaggio all’amico Boldini: in questa occasione esaltò ampiamente l’arte del pittore, che tra l’altro qualche anno prima, nel 1897, lo aveva ritratto con un bastone da passeggio in una posa da dandy. Dipinto conservato al Musée d’Orsay e ora visibile fino al 2 giugno 2019 a Ferrara, presso Palazzo dei Diamanti, dove è allestita la mostra Boldini e la moda.

Nella rubrica del primo numero di Les Modes, il poeta scrisse: “Questi artisti esclusivi, oltre che sensibili a ogni forma di bellezza, sono affascinati […] dal fiore inebriante, dall’aroma complesso e dalla seduzione molteplice, manifestazione dell’eterno femminino che potrebbe chiamarsi il femminile universale: la Parigina! Sì, pariginità, modernità, queste sono le due parole che il maestro ferrarese ha scritto su ogni foglia del suo albero di scienza e di grazia […] Modernità, secolare segno del tempo grazie all’ornamento, quale fu il filo di perle di un Coëllo, la gorgiera di un Pourbus, la piega di un Watteau, e quale sarà il corpetto di Boldini”. Giovanni Boldini dunque collaborò strettamente con i grandi couturier, quali Worth, Doucet, Paquin, che abbigliavano le donne ritratte dall’artista; i suoi dipinti, oltre a riprodurre gli splendidi abiti ornati da lustrini, veli, tulle, pizzi, erano un vortice di movimento, vere esplosioni di linee e di colore, come ben si nota in Fuoco d’artificio, opera realizzata tra il 1892 e il 1895 e proveniente dal Museo Giovanni Boldini di Ferrara. Da sottolineare il fatto che molte delle opere in mostra provengono proprio da quella sede museale: un invito ad approfondire un aspetto fondamentale della sua produzione artistica attraverso una mostra allestita nella sua città d’origine.

Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda


Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda


Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda

Fulcro di quella modernità a cui ha fatto riferimento Montesquiou nel suo scritto era certamente Parigi negli anni compresi tra la fin de siècle e la Belle Époque, ovvero tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale. La capitale francese era la metropoli moderna dove si stava verificando un profondo rinnovamento sia dal punto di vista sociale, con l’affermarsi di una nuova classe, la cui ascesa al potere era dovuta al benestare economico e non alle origini nobili, sia dal punto di vista culturale, perché era in corso una lenta ma progressiva emancipazione della figura femminile, in particolare nel mondo dello spettacolo: le attrici, le cantanti, le ballerine famose erano divenute oggetto di ammirazione e di emulazione. E soprattutto, Parigi era considerata la capitale dell’eleganza e della moda, grazie all’affermazione dei couturier e dei loro abiti confezionati, alla diffusione di riviste specializzate nella moda e alla nascita dei grandi magazzini. Le strade della metropoli erano vere passerelle a cielo aperto, dove si guardava e si era guardati, un luogo di costante esibizione degli abiti, dell’acconciatura, del trucco. Simbolo di emancipazione e della moda era la cosiddetta Parisienne: affascinante, seducente, estremamente elegante, la Parigina era la perfetta personificazione della moda stessa, e in mostra è esemplificata nel dipinto di Giuseppe De Nittis (Barletta, 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 1884), Il ritorno dalle corse, dove la donna passeggia sicura di sé in compagnia del suo cane, abbigliata di nero e con un cappello con veletta sugli occhi. Come si vedrà successivamente, il nero infatti era divenuto emblema di eleganza e raffinatezza, nonché dell’essere alla moda.

La mostra ferrarese si concentra sul profondo legame di Boldini con la moda, componente notevolmente significativa della sua arte pittorica, che lo ha accompagnato per tutta la sua produzione e che è stata anche fondamento di molte critiche nei suoi confronti. Spesso l’aver raffigurato queste donne, o in certi casi poco più che bambine, ammiccanti, in pose seducenti, apparentemente naturali ma in realtà studiate nel minimo dettaglio, con spalline cadenti e scollature, è stato interpretato come un pittore che si ferma all’apparenza, alla superficialità, che dipinge “un frusciare di stoffe scintillanti avviluppate a voluttuosi corpi di donne che perdono la loro identità per diventare semplicemente delle femme de Boldini”, come affermò Albert Flament, aggiungendo inoltre che l’artista si limitava a una produzione seriale; ciò nonostante, gli riconobbe una grande maestria e un virtuosismo ineguagliabile nell’esecuzione pittorica dei suoi ritratti. In realtà, però, Boldini attraverso la moda rappresentava non solo il gusto e la moda del tempo, ma soprattutto i grandi mutamenti della società a lui contemporanea. In altre parole, grazie ai suoi ritratti aveva la possibilità di immortalare sulla tela le trasformazioni sociali e culturali del suo tempo, ovvero quella modernità tanto reale nella città parigina che comprendeva l’arte, la letteratura, il teatro. Ha colto il fascino delle donne di quell’epoca verso tutto ciò che era apparenza, sfarzo, prestigio e lo ha raffigurato con uno stile moderno ed effervescente tale da ispirare ancora oggi le creazioni di alcuni stilisti, come Christian Dior, John Galliano, Alexander McQueen. Si apre infatti con questo legame tra passato e presente la mostra in questione: da una parte il dipinto di Boldini raffigurante Madame Charles Max del 1896 e dall’altra un meraviglioso abito in tulle grigio ricamato con corsetto trompe-l’oeil color nudo ideato da John Galliano nel 2005 per Christian Dior.

Giuseppe De Nittis, Il ritorno dalle corse (1878; olio su tela, 150 x 90 cm; Trieste, Galleria d'Arte Moderna, Civico Museo Revoltella)
Giuseppe De Nittis, Il ritorno dalle corse (1878; olio su tela, 150 x 90 cm; Trieste, Galleria d’Arte Moderna, Civico Museo Revoltella)


Giovanni Boldini, Madame Charles Max (1896; olio su tela, 205 x 100 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Giovanni Boldini, Madame Charles Max (1896; olio su tela, 205 x 100 cm; Parigi, Musée d’Orsay)


Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda

La rassegna ferrarese, che si presenta molto piacevole e dinamica, è costruita, come detto, sulla base di questo intenso e inseparabile rapporto tra l’artista e la moda, accostando quindi ai ritratti boldiniani alcuni abiti che nell’impostazione ricordano quelli indossati dalle protagoniste dei dipinti; ogni sezione è quindi dedicata a un diverso tema, quale l’amazzone, la diva, la mondanità, il ritratto di signora, e, aspetto che chi scrive ha trovato molto interessante e che denota una grande multidisciplinarità di pensiero, a un autore letterario che nei suoi libri ha raccontato la società attraverso la moda, proprio come Boldini ha fatto nei suoi ritratti. Si inizia con Charles Baudelaire (Parigi, 1821 – 1867), di cui in esposizione appare un ritratto realizzato da Édouard Manet (Parigi, 1832 – 1883) con la tecnica dell’acquaforte. Quest’ultimo era amico di Boldini, come lo era Edgar Degas, entrambi affascinati dal mondo della moda. Anche Baudelaire aveva scritto sulla moda, considerandola strumento attraverso cui godere della bellezza particolare di una determinata epoca, e l’abito era per lui simbolo della vita moderna che deve essere celebrato dall’arte. Questa iniziale sezione della mostra è incentrata dunque sull’abito nero, a testimonianza del fatto che nell’Ottocento, il colore nero nell’abbigliamento maschile e femminile non sottintende più un lutto, ma al contrario indicava modernità ed eleganza. È possibile notarlo nel ritratto di Théodore Duret, collezionista sostenitore dell’impressionismo, eseguito da Manet che lo ha raffigurato con cappello e bastone da passeggio, e in Jeantaud, Linet e Lainé di Degas, dove l’artista ritrae in un interno tre giovani ben vestiti assorti nei propri pensieri. Un’elegante donna ritratta di profilo e vestita di nero è invece protagonista del dipinto di Boldini raffigurante Cecilia de Madrazo Fortuny, vedova dell’artista spagnolo Fortuny i Marsal e madre del futuro stilista Mariano Fortuny. Da questo ritratto è possibile vedere inoltre la tipica tournure, sottostruttura utilizzata fino al 1887-88 per sostenere la gonna, che è presente anche nell’abito da passeggio di colore azzurro, posto in dialogo con il dipinto citato. Nero era anche l’abito da amazzone, di cui si può notare un modello, affiancato dalla caratteristica sella ideata apposta per le amazzoni, poiché permetteva di cavalcare tenendo entrambe le gambe da una parte, e da un’opera di Boldini che raffigura l’attrice Alice Regnault mentre galoppa al Bois con un cagnolino bianco al seguito.

Altro letterato ad aver dato nei suoi romanzi un ruolo significativo all’abito, sottolineandone il potere, fu Henry James (New York, 1843 – Londra, 1916), in particolare nel suo Ritratto di signora (in mostra la prima edizione del celebre romanzo). Per lo scrittore, attraverso l’abbigliamento, era possibile esprimere la personalità di un personaggio o l’appartenenza a una determinata classe sociale. In quest’epoca infatti gli abiti eleganti non erano indossati, come un tempo, solo dalle esponenti dell’aristocrazia, ma anche dalle nuove classi benestanti, che si affidavano completamente ai couturier, tra cui Worth, Laferrière, Pingat, quando dovevano affrontare momenti importanti nella vita sociale, come ad esempio un gran ballo. Diviene dunque significativo il ritratto di società compiuto da un artista, dove si privilegia l’aspetto esteriore della donna, concepita come un’opera d’arte vivente. Tra gli artisti ancora alla ricerca di affermazione in questo ambito è da menzionare John Singer Sargent (Firenze, 1856 – Londra, 1925). È visibile in esposizione lo Studio per Madame Gautreau, ancora incompiuto (l’opera finale è custodita al Metropolitan Museum of Art di New York). Si trattava dell’americana Virginie Avegno, moglie di un ricco banchiere francese, Pierre Gautreau. Quando il dipinto venne presentato al Salon, il dipinto suscitò grande clamore a causa dell’audacia, sia formale sia di contenuto, con cui il pittore la rappresentò: elementi provocatori erano infatti il volto colto di profilo in atteggiamento altezzoso, l’abito nero molto scollato e provocante, tratto ulteriormente evidenziato dalla spallina caduta, e l’intrinseca sensualità della donna dai capelli color mogano.

Édouard Manet, Théodore Duret (1868; olio su tela, 46 x 35,5 cm; Parigi, Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris)
Édouard Manet, Théodore Duret (1868; olio su tela, 46 x 35,5 cm; Parigi, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris)


Giovanni Boldini, Cecilia de Madrazo Fortuny (1882; olio su tela, 115 x 69 cm; Bordeaux, Musée des Beaux-Arts)
Giovanni Boldini, Cecilia de Madrazo Fortuny (1882; olio su tela, 115 x 69 cm; Bordeaux, Musée des Beaux-Arts)


Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda


Giovanni Boldini, L'amazzone o Alice Regnault a cavallo (1879-1880 circa; olio su tavola, 69 x 59 cm; Milano, Galleria d'Arte Moderna)
Giovanni Boldini, L’amazzone o Alice Regnault a cavallo (1879-1880 circa; olio su tavola, 69 x 59 cm; Milano, Galleria d’Arte Moderna)

Boldini ritrasse anche lui signorine americane: Emiliana Concha de Ossa, protagonista del bellissimo pastello bianco, e la sorella di quest’ultima in La signorina Concha de Ossa, altro pastello in cui la fanciulla stringe nella mano destra un grande ventaglio aperto e la cui vita è cinta da un lungo drappo a fiocco di colore verde. Entrambe appartenevano alla famiglia del console cileno Rámon Subercaseaux. All’ambito dei ritratti di società appartiene anche il già citato dipinto Fuoco d’artificio del Museo Giovanni Boldini. Segue una breve ma vezzosa parentesi dedicata al corsetto: un esemplare in raso, seta e merletto risalente al 1895 – 1905 è accompagnato da un disegno di Paul Helleau (Vannes, 1859 – Parigi, 1927) con una donna di spalle che porta un corsetto azzurro e da un olio su tela di Boldini che ritrae su uno sfondo che pare incompiuto l’attrice Alice Regnault, la stessa che l’artista aveva dipinto in veste da amazzone.

Oscar Wilde (Dublino, 1854 – Parigi, 1900) è tuttora considerato lo scrittore dandy per eccellenza, colui che faceva dell’eleganza il suo modello di vita. L’autore del Ritratto di Dorian Gray fu anche redattore della rivista di moda Women’s world, per cui era ben inserito nell’ambiente modaiolo dell’epoca, soprattutto britannico. Nell’esposizione Wilde è riferimento per la sezione Riflessi, titolo che ricorda che alla fine dell’Ottocento artista e modello erano complici nell’affermazione della propria immagine pubblica, poiché il primo sceglieva un preciso soggetto che godeva di una certa notorietà per accrescere il suo ruolo e il secondo sceglieva un ritrattista famoso per ottenere un determinato scopo. Campeggiano quindi in questa sala tre ritratti di notevole valore: Lady Colin Campbell, Robert de Montesquiou e James Whistler. Tre ritratti realizzati da Boldini che personificano rispettivamente la femme fatale, il dandy e l’artista. Lady Colin Campbell era una delle donne inglesi più in vista ed era divenuta nota per aver accusato il marito di averla tradita e di averle fatto contrarre la sifilide, avviando quindi una causa di divorzio. La donna elegante ed estremamente seducente è raffigurata mentre guarda disinvolta l’osservatore con uno sguardo ammaliante e penetrante e con la testa appoggiata al braccio; indossa un bellissimo abito nero da sera scollato e ornato da fiori sul décolleté. Il pittore James Abbott McNeill Whistler (Lowell, 1834 – Londra, 1903) è rappresentato seduto presumibilmente nell’atelier di Boldini in una posa in cui sembra sia in attesa di andare a una serata di gala: indossa un abito da sera con la tuba e la coccarda rossa della Legion d’Onore sul petto. Come Lady Campbell, osserva direttamente lo spettatore e si regge la testa con la mano. La figura del dandy è impersonata, come già accennato in precedenza, dall’intellettuale e poeta Robert de Montesquiou, personalità di spicco che permise a Boldini di entrare in contatto con una vasta cerchia di committenti. Nella stessa sala è esposto inoltre il ritratto di Graham Robertson ad opera di John Singer Sargent: la particolarità di questo dipinto consiste nel fatto che vero protagonista non è il giovane raffigurato, anch’egli appartenente alla cerchia dandy, bensì il lungo cappotto Chesterfield che indossa, attraverso il quale si percepisce l’ambiente sociale e culturale di cui Robertson fa parte.

Il passaggio dedicato al corsetto
Il passaggio dedicato al corsetto


Giovanni Boldini, Gertrude Elizabeth nata Boold, Lady Colin Campbell (1894; olio su tela, 184,3 x 120,2 cm; Londra, National Portrait Gallery)
Giovanni Boldini, Gertrude Elizabeth nata Boold, Lady Colin Campbell (1894; olio su tela, 184,3 x 120,2 cm; Londra, National Portrait Gallery)


Giovanni Boldini, Il conte Robert de Montesquiou-Fézensac (1897; olio su tela, 115 x 82,5 cm; Parigi, Musée d'Orsay)
Giovanni Boldini, Il conte Robert de Montesquiou-Fézensac (1897; olio su tela, 115 x 82,5 cm; Parigi, Musée d’Orsay)


Giovanni Boldini, James Abbott McNeill Whistler (1897; olio su tela, 170,8 x 94,6 cm; New York, Brooklyn Museum)
Giovanni Boldini, James Abbott McNeill Whistler (1897; olio su tela, 170,8 x 94,6 cm; New York, Brooklyn Museum)

Persino nella Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust (Parigi, 1871 – 1922) l’abbigliamento è parte significativa: addirittura per fornire ai suoi lettori un affresco dei differenti personaggi che si avvicendano all’interno del romanzo, con i loro atteggiamenti e i vari ambienti frequentati, lo scrittore analizzò per quindici anni quella società rappresentata, frequentando lui stesso quei luoghi e quegli esponenti della contemporanea alta società. Attraverso le pagine del romanzo si comprendono dunque i caratteristici comportamenti della mondanità di allora e in certi casi si riconoscono personalità rinomate dell’epoca: ne è un esempio il passo in cui si parla della contessa Oriane de Guermantes che indossa un elegantissimo abito da sera rosso; per questo personaggio Proust si ispirò a una delle donne più in vista di Parigi, la contessa Élisabeth Greffulhe, alla quale appartenevano delle vistose scarpette rosse in capretto e velluto, impossibili da non notare immediatamente in mostra. Queste particolari calzature sono poste in dialogo con uno splendido ritratto realizzato da Boldini, Miss Bell: una giovane donna raffigurata in abito rosso, seduta e assorta nei suoi pensieri. All’interno di questa sezione dell’esposizione ferrarese dedicata alla mondanità si susseguono affascinanti ritratti di donne bellissime, come la seducente Signora in bianco, il cui abito dipinto è posto a confronto con uno straordinario vestito bianco da sera che presenta simili ornamenti in velo sulle spalle, la principessa Eulalia di Spagna che indossa un raffinato abito ricco di pizzi, e La signora in rosa (Olivia Concha de Fontecilla) che porta uno sfavillante vestito rosa acceso impreziosito da fiori. Tuttavia grande protagonista di questa sala è il doppio ritratto di Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough, con il figlio conservato al Metropolitan di New York. La figura slanciata della donna, in cui risalta il suo collo lungo, è stata caricata dall’artista attraverso l’espediente della torsione sia del collo che del busto e del braccio sinistro teso all’indietro. Un monumentale dipinto che ammalia lo spettatore. Presente inoltre curiosamente il ritratto che lo stesso duca di Marlborough fece eseguire a Boldini della sua amante e successiva moglie dopo il divorzio dalla Vanderbilt, Gladys Deacon.

Grazie all’aiuto di Gabriele d’Annunzio (Pescara, 1863 – Gardone Riviera, 1938), autore esteta amante del lusso e del superfluo, Boldini conobbe a Venezia la marchesa Luisa Casati: la divina marchesa raffigurata di profilo in un turbinio di pennellate tende il braccio destro all’indietro e indossa un particolarissimo copricapo costituito da piume di pavone. La marchesa chiude simbolicamente la mostra, evidenziando come nelle ultime opere di Boldini divengano protagoniste vere dive, o divine: donne emancipate, seduttive, sicure di sé, venerate come opere d’arte viventi. Luisa Casati era infatti molto eccentrica negli abiti e negli accessori: portava gioielli zoomorfi, guanti in pelle di tigre, cappotti di pantera, pantofole con diamanti, tessuti con fili d’argento. A D’Annunzio chiese inoltre di far da tramite per ritrarre l’attrice e ballerina russa Ida Rubinstein, ma probabilmente il pittore non raggiunse il suo obiettivo; la si può ammirare qui in un ritratto di Antonio de La Gandara (Parigi, 1861 – 1917), vestita di bianco anche se inizialmente avrebbe voluto ritrarla in veste di guerriera.

Tipici di questi ritratti da diva erano i vistosi cappelli di ogni dimensione e ornati spesso da piume, perline, dalle più svariate stoffe: più contenuto quello indossato da Lina Bilitis raffigurata con due pechinesi, molto più grande quello portato dalla miliardaria Rita Lydig, famosa per il suo guardaroba infinito (possedeva una collezione di oltre centocinquanta scarpe firmate), nel celebre dipinto boldiniano La passeggiata al Bois de Boulogne: la diva passeggia come una regina in compagnia del suo secondo marito, il capitano inglese Philip Lydig.

Giovanni Boldini, Miss Bell (1903; olio su tela, 205 x 101 cm; Genova, Raccolte Frugone)
Giovanni Boldini, Miss Bell (1903; olio su tela, 205 x 101 cm; Genova, Raccolte Frugone)


Sala della mostra Boldini e la moda
Sala della mostra Boldini e la moda


Giovanni Boldini, La signora in rosa (Olivia Concha de Fontecilla) (1916; olio su tela, 163 x 113 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)
Giovanni Boldini, La signora in rosa (Olivia Concha de Fontecilla) (1916; olio su tela, 163 x 113 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)


Giovanni Boldini, Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough, con il figlio, Lord Ivor Spencer-Churchill (1906; olio su tela, 221,6 x 170,2 cm; New York, Metropolitan Museum)
Giovanni Boldini, Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough, con il figlio, Lord Ivor Spencer-Churchill (1906; olio su tela, 221,6 x 170,2 cm; New York, Metropolitan Museum)


Giovanni Boldini, La passeggiata al Bois de Boulogne (1909; olio su tela, 228 x 118 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)
Giovanni Boldini, La passeggiata al Bois de Boulogne (1909; olio su tela, 228 x 118 cm; Ferrara, Museo Giovanni Boldini)

L’esposizione è accompagnata da un elegante catalogo ricco di immagini e di contributi dedicati al contesto storico-culturale parigino in cui Boldini si introduce, all’imprescindibile rapporto tra moda e ritratto al quale si lega l’approfondito saggio di Michele Majer che racconta la storia della citata rivista Les Modes. La storica del costume e consulente della mostra per la scelta degli abiti Virginia Hill analizza lo stile dell’alta moda parigina, soffermandosi sulle case di moda preferite dalle cosiddette femmes de Boldini, mentre più orientato verso la moda contemporanea, spesso ispirata agli abiti raffigurati nei quadri del pittore ferrarese, è il saggio di Marie Sophie Carron de la Carrière.

Grazie a questo intreccio tra arte, moda e letteratura, la mostra Boldini e la moda riesce a trasmettere ai visitatori il mondo di un vicino passato fatto di gentildonne e di gentiluomini, di lustrini e di bastoni da passeggio, di eventi di gala e di emancipazione. Un passato che affascina e ispira anche nel presente. È una rassegna che incanta e insegna, poiché questo incessante rapporto tra Boldini e la moda era stato finora conosciuto ma sottinteso; grazie alla competenza e alla passione della curatrice e di tutti coloro che hanno preso parte a questo progetto, adesso viene anche compreso nel suo intimo significato.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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