L’affresco Madonna del Latte con Bambino tra i santi Giovanni Battista e Bartolomeo è tornato visibile nella chiesa fiorentina di Sant’Ambrogio dopo un intervento di restauro sostenuto da Friends of Florence e realizzato da Cristina Napolitano sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza ABAP di Firenze. L’opera, presentata l’11 dicembre 2025, aveva ottenuto nel 2024 il Premio Friends of Florence Salone dell’Arte del Restauro di Firenze, riconoscimento che aveva permesso di avviare un progetto finalizzato a recuperare uno dei manufatti più importanti conservati nell’edificio religioso.
“Siamo davvero lieti”, sottolinea la Presidente di Friends of Florence Simonetta Brandolini d’Adda, “di presentare oggi l’affresco della Madonna del Latte in Sant’Ambrogio, un restauro che consente di restituire alla comunità un tassello fondamentale del Trecento fiorentino, confermando ancora una volta l’impegno della nostra Fondazione nella tutela del patrimonio storico artistico cittadino. Ringraziamo il Parroco di S. Ambrogio e S. Giuseppe per la disponibilità ad accogliere il nostro progetto, la Soprintendenza ABAP di Firenze per l’Alta Sorveglianza e la restauratrice Cristina Napolitano che ha eseguito l’intervento. Siamo lieti di ringraziare anche il Dott. Claudio Paolini grande amico della nostra Fondazione e membro della giuria del Premio che ci ha accompagnati con il suo expertise anche in questo progetto”.
“Anche se per l’affresco di Sant’Ambrogio si è mantenuto il riferimento al nome convenzionale di ‘Maestro della Cappella Rinuccini’” dichiara Claudio Paolini, Storico dell’arte membro della Giuria di Friends of Florence, “nella sua più approfondita scheda storico artistica abbinata a questo comunicato stampa che così continua (in ragione della titolazione del progetto vincitore del premio), l’attuale restauro, portando alla maggiore leggibilità delle figure ed evidenziando alcune particolarità nella tecnica esecutiva del maestro, ha consentito un più puntuale confronto con altre opere ricondotte a Matteo di Pacino. Con il restauro dell’affresco, i Friends of Florence, non solo hanno scelto di contribuire alla conservazione di una insigne opera d’arte, ma una volta di più, hanno consentito di ricomporre un ulteriore tassello della storia della città di Firenze”.
“La Madonna del Latte”, sottolinea Don Daniele Rossi Parroco di S. Ambrogio e S. Giuseppe, “non è una semplice immagine devozionale tardogotica, ma una vera sintesi visiva di Scrittura ed esegesi medievale: dal versetto lucano che attesta l’allattamento di Gesù alla profezia di Isaia sulla Gerusalemme madre, dall’interpretazione spirituale del Cantico dei Cantici alla lettura ecclesiale ed eucaristica del “latte spirituale. Una riflessione che restituisce all’opera tutta la profondità del suo messaggio: l’Incarnazione resa visibile nella concretezza del nutrimento materno”.
“È stato un privilegio lavorare su questa pittura straordinaria”, afferma Cristina Napolitano, “Mi auguro che con il mio lavoro, l’opera sia apprezzata da tutti i visitatori in chiesa che amano l’arte e la rispettano. È stato un privilegio lavorare su questa pittura straordinaria. Mi auguro che con il mio lavoro, l’opera sia apprezzata da tutti i visitatori in chiesa che amano l’arte e la rispettano”.
L’affresco raffigura la Vergine che allatta il Bambino, affiancata dai santi Giovanni Battista e Bartolomeo. Nella parte inferiore compare la figura di Sant’Ambrogio entro un riquadro distinto. Il dipinto rappresenta una delle testimonianze più antiche dedicate al santo nell’edificio collegato all’antico monastero benedettino, istituzione che dal Trecento contribuì alla trasformazione urbanistica dell’area, alimentando la crescita di un quartiere attivo e in espansione. L’attribuzione dell’opera ha attraversato diverse fasi critiche. In passato il lavoro è stato avvicinato alla scuola di Giotto, poi a personalità quali Orcagna, Spinello Aretino e Agnolo Gaddi. Le ricerche più recenti hanno invece indirizzato lo studio verso il cosiddetto Maestro della Cappella Rinuccini, cui nel 1973 Luciano Bellosi ha associato il nome di Matteo di Pacino, pittore di formazione orcagnesca attivo tra il 1359 e il 1374. Il dipinto conserva una stratificazione di vicende conservative che ne ha segnato in modo evidente l’aspetto: fu nascosto sotto successive imbiancature, riscoperto nel 1839 e più volte restaurato. Intorno al 1960 venne inoltre sottoposto a un intervento di strappo e trasferito su un supporto mobile, decisione che modificò ulteriormente la sua materia.
Le condizioni conservative precedenti al restauro mostravano criticità diffuse. Come indicato dagli studi condotti durante l’intervento, alcune zone rivelavano gli effetti di una pulitura effettuata in passato con prodotti aggressivi o corrosivi. La superficie conservava inoltre materiali non originali di diversa natura: particellato solido misto a nero fumo, residui filmogeni sintetici in particolare nella campitura ad azzurrite del manto della Vergine, e sostanze di tipo inorganico riconducibili agli ossalati. In più punti il colore risultava assottigliato o del tutto perduto, compromettendo una lettura coerente della composizione. Il cantiere ha previsto una metodologia di pulitura graduale, impostata per rimuovere gli elementi estranei senza intaccare la materia superstite. Le stuccature troppo invadenti, applicate in precedenti restauri e sporgenti rispetto al livello dell’intonaco dipinto, sono state eliminate in parte e sostituite da un nuovo intonaco in corrispondenza delle lacune. L’integrazione pittorica si è concentrata su un sottotono calibrato e su una selezione cromatica volta a evitare sovrapposizioni interpretative, così da mantenere riconoscibile la distinzione tra originale e reintegrazione.
L’obiettivo principale del lavoro è stato il recupero della leggibilità dell’immagine, compromessa dalla lunga storia dell’affresco e dalle sue modifiche. L’intervento ha permesso di restituire unità visiva alla scena, mettendo in evidenza i dettagli formali che caratterizzano il linguaggio del Maestro della Cappella Rinuccini. La riemersione delle stesure originali, laddove ancora presenti, chiarisce inoltre la qualità tecnica del pittore e il ruolo dell’opera nel panorama artistico fiorentino della seconda metà del Trecento. Con la conclusione del restauro, la Madonna del Latte torna nuovamente al centro dello spazio liturgico della chiesa di Sant’Ambrogio, offrendo una testimonianza storica rilevante sia per lo studio del quartiere, sia per la conoscenza della produzione pittorica trecentesca.
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