Surrealismo. Origini, stili e principali esponenti del movimento d'avanguardia


I surrealisti hanno promosso una espressione spontanea della loro immaginazione, dei sogni e desideri inconsci. Origini, stile, artisti.

Il Surrealismo è stato un movimento d’avanguardia letterario e artistico europeo sorto a Parigi negli anni Venti del Novecento e diffuso a livello internazionale fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, che ha interessato dalla letteratura alla pittura, scultura e fotografia al teatro e il cinema. Come per altre avanguardie storiche di inizio secolo, le intenzioni del movimento furono introdotte dai letterati, prima ancora che dagli artisti visivi, sulla rivista Littérature fondata da André Breton (Tinchebray, 1896 – Parigi, 1966), Louis Aragon (Parigi, 1897 – 1982) e Philippe Soupault (Chaville, 1897 – Parigi, 1990). Questo gruppo di intellettuali, dopo aver inizialmente aderito al movimento del Dadaismo, e averne sostenuto lo spirito di sovvertimento delle categorie, le tecniche e le modalità di fruizione tradizionali dell’arte, cominciò a interessarsi ai temi dell’irrazionale e dell’inconscio, che andavano diffondendosi in quegli anni grazie alle scoperte del fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud.

Il primo manifesto del Surrealismo fu pubblicato nel 1924 dallo stesso poeta e critico d’arte Breton, che fino a quel momento aveva fatto parte e condotto i dadaisti in Francia, e dopo il quale molti tra questi si unirono al nuovo movimento. Nel Manifeste du Surréalisme furono espresse le premesse, poi risultate molto influenti nel resto d’Europa e diffuse in altri continenti dall’America al Giappone, per cui occorreva una liberazione dell’immaginazione dell’artista che così poteva, in contrapposizione al regno della logica, calarsi e promuovere una propria dimensione spontanea, casuale, onirica, quella analizzata proprio da Freud nei suoi pazienti. Con l’affermarsi delle teorie di quest’ultimo sulla vita interiore e la sessualità, le dinamiche del sogno vennero a rappresentare lo stato ideale per la creazione, come punto d’incontro tra la razionalità cosciente e l’irrazionalità di elementi inconsci e desideri nascosti. Alle basi del movimento vi era l’esaltazione del “puro automatismo psichico”, che garantiva per ogni forma d’arte di poter creare combinazioni inconsuete senza preoccupazioni estetiche o morali, praticando associazioni tra idee e immagini in modo fortuito, automatico, liberatorio. Il Surrealismo aspirava a cambiare gli stili di vita, a trasformare le relazioni dell’essere umano con se stesso e con gli altri.

Tra i principali esponenti, i francesi André Masson (Balagny-sur-Thérain, 1896 – Parigi, 1987), Hans Arp (Strasburgo, 1886 – Basilea, 1966), Yves Tanguy (Parigi, 1900 – Woodbury, 1955), il tedesco Max Ernst (Brühl, 1891 – Parigi, 1976), gli spagnoli Joan Miró (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983) e Salvator Dalí (Figueres, 1904 –1989), i belgi René Magritte (Lessines, 1898 – Bruxelles, 1967) e Paul Delvaux (Antheit, 1897 – Furnes, 1994), gli statunitensi Man Ray (Filadelfia, 1890 – Parigi, 1976) e Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) e, tra gli altri, lo svizzero Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 1901 – Coira, 1966).

Joan Miró, Max Morise, Man Ray, Yves Tanguy, Cadavre exquis (1927; inchiostro, grafite, matita colorata e collage di un frammento di carta argentata su carta, 36 x 23 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’art moderne)
Joan Miró, Max Morise, Man Ray, Yves Tanguy, Cadavre exquis (1927; inchiostro, grafite, matita colorata e collage di un frammento di carta argentata su carta, 36 x 23 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’art moderne)
Max Ernst, Edipus Rex (1922; olio su tela, 93 x 102 cm; Svizzera, Collezione privata)
Max Ernst, Edipus Rex (1922; olio su tela, 93 x 102 cm; Svizzera, Collezione privata)
Max Ernst, L’angelo del focolare (1937; olio su tela, 114 x 146 cm; Svizzera, Collezione privata)
Max Ernst, L’angelo del focolare (1937; olio su tela, 114 x 146 cm; Svizzera, Collezione privata)
Max Ernst, Gli uomini non ne sapranno nulla (1923; olio su tela, 80,3 x 63,8 cm; Londra, Tate)
Max Ernst, Gli uomini non ne sapranno nulla (1923; olio su tela, 80,3 x 63,8 cm; Londra, Tate)
Joan Miró, Il Carnevale di Arlecchino (1924; olio su tela, 66 x 93 cm; Buffalo, Albright-Knox Art Gallery)
Joan Miró, Il Carnevale di Arlecchino (1924; olio su tela, 66 x 93 cm; Buffalo, Albright-Knox Art Gallery)

Origini e sviluppo del Surrealismo

Si può a tutti gli effetti considerare l’esperienza del Dadaismo, che stravolse dal 1916 le convenzioni della secolare arte tradizionale, precorritrice del Surrealismo. Il movimento surrealista iniziò da un gruppo letterario che emerse proprio dal movimento Dada di Parigi, quando l’entusiasmo dell’aderente André Breton si scontrò con le posizioni del fondatore dadaista svizzero Tristan Tzara. Tra il 1919 e il 1922 prese piede tra loro, scrittori e artisti, l’esigenza di rivoluzionare anche politicamente la società francese e mondiale.

Il Surrealismo, intese opporre all’arte dadaista, legata al drammatico momento storico vissuto in Europa negli anni della prima guerra mondiale, una ricostruzione che esaltasse l’interiorità dell’uomo e la libertà espressiva. Accanto al Dadaismo negli stessi anni, fu ugualmente determinante la diffusione della pittura Metafisica di Giorgio De Chirico che influenzò molti artisti nel concepire opere dalle atmosfere sospese, surreali appunto, per cogliere una sopra-realtà al di là dell’apparenza sensibile. I singoli soggetti e oggetti dell’immaginazione potevano legarsi tra loro anche senza nessi logici, e in ambientazioni non necessariamente verosimili.

I surrealisti, sin dalla prima ora, promuovevano “l’accoppiamento di realtà, in apparenza inconciliabili, su un piano che in apparenza non è loro conveniente”. Breton, il primo animatore del Surrealismo, fondò ufficialmente il movimento nel 1924 quando ne scrisse il manifesto, in cui si leggeva che il surrealismo è un “Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale”. Tuttavia, il termine surréalisme era stato già utilizzato, per la prima volta nel 1917, dal poeta e drammaturgo Guillaume Apollinaire.

Il movimento ebbe le sue origini con la rivista Littérature in cui maturarono le energie che diedero poi vita a La Révolution Surréaliste, organo ufficiale del gruppo dal 1924 fino al 1929, in cui oltre a discutere di scrittura ci si interessò a opere di de Chirico, Max Ernst, André Masson e Man Ray, tra gli altri, le cui riproduzioni erano in questo modo largamente diffuse. Negli anni seguenti insieme ad altre pubblicazioni, il primo nucleo del Surrealismo alimentò una corrente di produzione teorica e letteraria considerevole, preoccupandosi di spiegare le ragioni delle proprie posizioni etiche e delle proprie scelte estetiche seppure tra differenze, dissidenze e avvicinamenti tra l’uno e l’altro artista.

Nel 1924 era stato anche fondato il Bureau des recherches surréalistes. Accanto ai poeti raccolti attorno a Breton confluirono a Parigi pittori di diversa provenienza che contribuirono ognuno a suo modo alla rivoluzione surrealista, almeno per un quindicennio fino alla seconda guerra mondiale. Già nel gennaio del 1925, il Bureau pubblicò ufficialmente il suo intento rivoluzionario che fu firmato da 27 partecipanti, tra cui gli stessi Breton, Ernst e Masson.

Scopo della loro ricerca era di “raccogliere tutte le informazioni possibili relative a forme che potessero esprimere l’attività inconscia della mente”. Il lavoro scientifico di Sigmund Freud era stato profondamente influente, in particolare il suo saggio L’interpretazione dei sogni del 1899. Lo psicoanalista Freud aveva legittimato l’importanza dei sogni e dell’inconscio come valide rivelazioni delle emozioni e dei desideri umani; le analisi sul mondo interiore complesso e represso della sessualità, del desiderio e dell’aggressività fornivano una base teorica per gran parte degli artisti surrealisti.

In letteratura si sperimentava la “scrittura automatica senza controllo razionale né idee preconcette, in stato semi-ipnotico, scrivendo instancabilmente e facendo affiorare associazioni insolite, di grande bellezza”; questa tecnica fu trasposta nelle arti visive e plastiche e lo stile surrealista si divise tra chi praticava disegni e pittura ”automatici", e chi dipingeva o creava sculture seguendo un proprio stile più definito e figurativo. Questa sottocorrente più minuziosa si rivolgeva a far emergere una potente visione interiore, passando comunque da un controllo delle tecniche e dei meccanismi del pensiero. Ne seguì un’importante doppia fioritura dell’arte surrealista. Nel 1926 poi, fu inaugurata a Parigi la Galérie Surréaliste.

La diffusione delle riviste e i continui scambi con Parigi permisero che nel mondo occidentale artisti isolati o riuniti in altri gruppi si proclamassero “surrealisti”. La seconda fase del movimento, dal 1929 circa, era coincisa con l’adesione di Salvator Dalí, e con l’iscrizione di Breton e molti altri al partito comunista francese, desiderando di contribuire attivamente a realizzare il sogno politico comunista. Col secondo manifesto del Surrealismo del 1930 e la rivista Le Surréalisme au service de la révolution dal 1930 al 1933, si definì ulteriormente il progetto di liberazione, sia sul piano creativo sia su quello sociale, e la necessità di una “rivolta assoluta” contro l’ordine costituito.

In quegli anni il successo del Surrealismo è testimoniato dalle mostre a Londra e New York del 1936 e soprattutto dalla grande esposizione internazionale alla Galerie des Beaux-Arts di Parigi del 1938. Tuttavia, pur non arrestando l’influenza culturale delle loro idee anche nell’arte del secondo dopoguerra, sotto le pressioni belliche intorno al 1939 i membri del movimento originario si dispersero; con lo scoppio della guerra e l’invasione tedesca della Francia la loro posizione politica li rese invisi alla dittatura nazista, costringendoli a isolarsi o a fuggire in diversi paesi.

Salvador Dalí, La persistenza della memoria (1931; olio su tela, 24 x 33 cm; New York, The Museum of Modern Art)
Salvador Dalí, La persistenza della memoria (1931; olio su tela, 24 x 33 cm; New York, The Museum of Modern Art)
Salvador Dalí, Tentazioni di sant’Antonio (1946; olio su tela, 90 x 120 cm; Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts)
Salvador Dalí, Tentazioni di sant’Antonio (1946; olio su tela, 90 x 120 cm; Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts)
Yves Tanguy, Le phare (1926; olio su tela con collage di fiammiferi, legno e barchetta di carta, 61 x 50 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’art moderne)
Yves Tanguy, Le phare (1926; olio su tela con collage di fiammiferi, legno e barchetta di carta, 61 x 50 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’art moderne)
René Magritte, Le double secret (1927; olio su tela, 114 x 162 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d'art moderne)
René Magritte, Le double secret (1927; olio su tela, 114 x 162 cm; Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’art moderne)
Meret Oppenheim, Oggetto o Colazione in pelliccia (1936; tazza – diametro 10,9 cm, piattino – diametro 23,7 cm, cucchiaino – lunghezza 20,2 cm e pelliccia; New York, MoMA Museum of Modern Art).
Meret Oppenheim, Oggetto o Colazione in pelliccia (1936; tazza – diametro 10,9 cm, piattino – diametro 23,7 cm, cucchiaino – lunghezza 20,2 cm e pelliccia; New York, MoMA Museum of Modern Art)
André Masson, Goethe e la metamorfosi delle piante (1940; olio su tela, 73 x 116 cm; Gerusalemme, The Israel Museum, Collezione Vera e Arturo Schwarz di arte dada e surrealista all’Israel Museum, Inv. B03.0077)
André Masson, Goethe e la metamorfosi delle piante (1940; olio su tela, 73 x 116 cm; Gerusalemme, The Israel Museum, Collezione Vera e Arturo Schwarz di arte dada e surrealista all’Israel Museum, Inv. B03.0077)
Hans Arp, Scarpa azzurra rovesciata con due tacchi sotto una volta nera (1925 circa; legno dipinto, 79,3 x 104,6 x 2,5 cm; Venezia, Peggy Guggenheim Collection)
Hans Arp, Scarpa azzurra rovesciata con due tacchi sotto una volta nera (1925 circa; legno dipinto, 79,3 x 104,6 x 2,5 cm; Venezia, Peggy Guggenheim Collection)
Man Ray, Noire et blanche (1926)
Man Ray, Noire et blanche (1926; fotografia)

Lo stile dei maggiori esponenti del surrealismo

I surrealisti cercarono di incanalare l’inconscio per rivelare il potere dell’immaginazione personale, eredi della tradizione del Romanticismo ottocentesco anche per l’interesse per il mito e il primitivismo. Ma a differenza di tutti i predecessori, questi artisti attivi nella metà del Novecento credevano nelle rivelazioni simboliche dell’inconscio, colte dalla vita di tutti i giorni e fatte confluire in un poetica del nonsenso, libera e liberatoria. I primi surrealisti parigini usavano l’arte come tregua da situazioni politiche violente e per affrontare il disagio che provavano per le incertezze della società, impiegando fantasia e immagini oniriche per generare opere in una larga varietà di media. Come detto, André Breton aveva definito il Surrealismo come espressione dell’effettivo funzionamento del pensiero, per mezzo della parola scritta, e in qualsiasi altro modo. Dal punto di vista espressivo, non fu un gruppo omogeneo rispondente a un unico programma, e non produsse un nuovo modo univoco di dipingere, fotografare o fare scultura.

Nella pittura surrealista si distinsero almeno due atteggiamenti diversi tra gli artisti, una parte attingeva da soggetti e oggetti della realtà, anche se privandoli di riferimenti logici e usuali (così come avviene nei sogni), e un’altra parte giungeva ai limiti dell’astrazione per via istintiva e automatica. Di ogni artista si possono individuare motivi ricorrenti e temi preferiti, emersi attraverso il meccanismo delle libere associazioni inconsce. La natura è uno scenario frequente e gli animali spesso presenti, in Max Ernst per esempio gli uccelli, in Salvador Dalí formiche o uova, in Joan Miró figure biomorfiche. Vale per tutti la stravaganza e l’ambiguità dell’immaginario a scuotere lo spettatore da una confortante attribuzione di senso.

Alcuni pittori, proprio come Ernst e Tanguy, Magritte, Delvaux e Dalí, scelsero di decontestualizzare elementi riconoscibili per combinarli insieme nelle loro immagini, dove la realtà veniva deformata o del tutto reinventata e dove il ricorso alla pratica pittorica accademica era al servizio di una personale visione magica (leggi qui un approfondimento sul surrealismo e la magia); altri come Masson e in seguito Miró, puntavano a una vera e propria improvvisazione psichica per una innovativa astrazione delle forme, attraverso il colore. Colore determinante per tutti, utilizzato in composizioni monocromo o sature e varie, per trasmettere uno stato sognante, oltre le condizioni visive possibili.

In comune tra loro l’utilizzo di varie altre tecniche per creare composizioni visive nuove, tra cui il collage, la decalcomania e per il disegno il grattage e soprattutto il frottage: ponendo un foglio di carta o una tela su una superficie a rilievi di legno o altro, e sfregando con una matita, si ricavava una trasposizione visiva relativamente casuale dell’oggetto; l’immagine finale poteva essere ritoccata o completata in vari modi dall’artista.

Iperrealismo e automatismo non si escludevano a vicenda. Miró, ad esempio, usava spesso entrambi i metodi in un’unica opera. Ma in qualunque modo l’argomento dell’opera fosse rappresentato, tendeva sempre a un risultato visivo bizzarro e illogico. Sotto lo stimolo iniziale di Miró ed Ernst maturò lo stile di Tanguy, nei cui dipinti non si distinguono veri contenuti, e che segna il passaggio dall’automatismo alla costruzione dell’immagine surreale degli anni Quaranta.

Il lavoro di Magritte si caratterizzò per l’imprevedibile accostamento di elementi realistici e familiari, disposti però stravolgendone le relazioni usuali in atmosfere ambigue e misteriose.

Per la sua stravagante personalità, Salvador Dalí fu, e continua a essere considerato il ‘personaggio’ per eccellenza del Surrealismo, da quando vi aderì nel 1929. I quadri dipinti da Dalí suscitarono grande interesse nella capitale francese, in quanto eseguì anche interessanti oggetti di funzionamento simbolico e scrisse poemi e testi critici volti a chiarire il suo metodo paranoico-critico, basato sulla combinazione della psicoanalisi freudiana con gli esempi pittorici di alcuni suoi colleghi. L’evoluzione verso una “materializzazione oggettiva del delirio”, che caratterizza il Surrealismo ebbe in lui uno dei massimi protagonisti.

Un certo numero di Surrealisti è noto per gli oggetti tridimensionali e sculture. L’obiettivo era lo spostamento dell’oggetto dal suo contesto previsto, dalle circostanze normali e da una narrazione temporale, interpretato oltre gli attributi culturali e al di sotto della superficie della realtà. Hans Arp, per esempio, era noto per i suoi assemblaggi e Concrezioni, mentre Giacometti protendeva a forme scultoree più tradizionali, molte delle quali figure ibride.

Allo stesso modo la fotografia, per la facilità con cui permetteva agli artisti di produrre immagini stranianti, occupò il ruolo di strumento centrale. Tra gli altri, Man Ray utilizzò il mezzo per esplorare la scrittura automatica con la luce, evitando del tutto di usare la fotocamera. Altri fotografi utilizzando la rotazione o la distorsione rendevano inquadrature insolite, scatti costruiti per apprezzare una nuova realtà non evidente se non attraverso lo sguardo d’artista, raggiungendo via via risultati astratti.

L’entusiasmo per il cinema poi fu in gran parte dovuto alla possibilità che i movimenti di camera offrono di rappresentare la natura mutante e imprevedibile della coscienza interiore. Un’arte visiva “in movimento” è l’idea da cui derivava anche l’interesse che suscitarono le sculture di Alexander Calder, costruttore di giochi aerei ingegnosamente animati. L’immaginario articolato dei surrealisti, popolato di presenze stravaganti, inquietanti a tratti sconcertanti, è probabilmente l’aspetto che del movimento risulta più riconoscibile, ma anche il più sfuggente da classificare e definire.


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