Come siamo arrivati al cubo nero di Firenze: la storia dell'ex Teatro Comunale nei dettagli


Dalla vendita a metà prezzo al coinvolgimento dei grandi fondi immobiliari, fino all’attuale polemica sul nuovo cubo nero di Firenze che domina i lungarni: la vicenda dell’ex Teatro Comunale racconta trasformazioni, responsabilità politiche e scelte urbanistiche che hanno inciso sull’identità di Firenze.

La storia dell’ex Teatro Comunale di Firenze, adesso sostituito dal “cubo nero”, come i fiorentini hanno definito la nuova costruzione sorta al suo posto (per via del suo aspetto impattante), è il paradigma di come i destini urbani possano mutare radicalmente nel giro di pochi anni, passando da un luogo simbolo della cultura cittadina a un’operazione immobiliare oggi al centro di una dura polemica pubblica (leggi qui anche l’editoriale di Federico Giannini). I prodromi risalgono addirittura a più di vent’anni fa: era infatti il 2001 quando la giunta comunale guidata da Leonardo Domenici progettò di costruire il nuovo Teatro del Maggio, vicino al parco delle Cascine, in sostituzione della vecchia struttura ottocentesca (tuttavia ampiamente rimaneggiata dopo la seconda guerra mondiale, quando i bombardamenti finirono per radere quasi al suolo l’edificio). Il Comune bandì un concorso per il nuovo teatro, vinto dallo studio di architettura ABDR Architetti Associati, e i lavori partirono nel 2008.

Nel frattempo, nel 2007, il Comune, sempre sotto la guida di Domenici, inserisce l’edificio nel piano delle alienazioni con una stima iniziale di 44,5 milioni di euro. Attraverso il vecchio Comunale, destinato a chiudere definitivamente i battenti nel 2014, il Comune intende reperire risorse economiche in attesa dell’inaugurazione del nuovo Teatro, che apre i battenti nel 2011, quando sindaco di Firenze è Matteo Renzi. Nel frattempo, i costi del nuovo complesso erano lievitati: stando a un articolo del 2010 del Corriere Fiorentino, inizialmente sarebbe dovuto costare 82 milioni, diventati poi 236 già nel 2010. Il Comune coprì una parte dei costi: 40 milioni in tutto, di cui 7,5 ricevuti però dallo Stato (che nel 2010 ne aveva già messi 54).

Il cosiddetto cubo nero che sorge al posto dell'ex Teatro Comunale, visto oltre i palazzi di Lungarno Vespucci. Foto: Marcello Mancini
Il cosiddetto cubo nero che sorge al posto dell’ex Teatro Comunale, visto oltre i palazzi di Lungarno Vespucci. Foto: Marcello Mancini
Il cosiddetto cubo nero che sorge al posto dell'ex Teatro Comunale, visto oltre i palazzi di Lungarno Vespucci. Foto: Ordine degli Architetti di Firenze
Il cosiddetto cubo nero che sorge al posto dell’ex Teatro Comunale, visto oltre i palazzi di Lungarno Vespucci. Foto: Ordine degli Architetti di Firenze

Le prime aste dell’ex Teatro Comunale, indette nel 2010, fissate rispettivamente a 44 e 35 milioni di euro, vanno deserte. La giunta Renzi decide allora di accendere un mutuo da 35,6 milioni, scelta che suscita critiche da parte di chi, come il gruppo consiliare perUnaltracittà, denunciò l’operazione come una forzatura, utile solo a far quadrare i conti di bilancio. In un comunicato di quell’epoca veniva paventato il rischio che, per attirare compratori, si aprisse la strada a progetti speculativi con la riduzione di alloggi a canone calmierato e un aumento delle residenze di lusso.

Cosa che poi si è puntualmente verificata: nel dicembre 2013 l’immobile viene ceduto a Cassa Depositi e Prestiti per 23 milioni di euro, quasi la metà della stima iniziale. Una cifra che suscitò dure critiche da parte di opposizioni e associazioni cittadine, convinte che l’operazione segnasse la svendita di un patrimonio pubblico, e critiche sull’uso improprio della Cassa come semplice intermediario di speculazioni immobiliari (CDP, infatti, come suggerisce il nome stesso, nasceva come ente che gestiva il risparmio postale italiano per investirlo in opere di pubblica utilità). Tuttavia, in quegli anni CDP ampliava il suo ruolo di soggetto finanziario coinvolto in operazioni di grandi compravendite immobiliari. Con la nuova amministrazione fiorentina di Dario Nardella, subentrato a Matteo Renzi, la situazione rimaneva immutata e l’ex Teatro Comunale seguitava a rimanere invenduto. Il destino dell’edificio sembrò sul punto di cambiare nel 2015, quando si fece avanti la società Nikila Invest, che però nel 2017 si ritirò dalla compravendita a seguito di una serie di vicende giudiziarie. Il progetto di Nikila, peraltro, prevedeva la trasformazione dell’ex Teatro in 120 appartamenti di lusso.

Fu solo nel 2020 che la struttura trovò un acquirente attraverso la controllata CDP Investimenti Sgr, che lo cedette a una joint venture formata dalle società immobiliari Blue Noble e Hines, all’interno del fondo immobiliare “Future Living” gestito da Savills. “L’acquisizione dell’ex Teatro Comunale di Firenze”, dichiarò all’epoca Paul Forshaw, CEO di Blue Noble, “fondata sulla nostra strategia vincente nel settore abitativo italiano, è solo l’ultima di una serie di operazioni con il nostro partner, Hines Italy. Oltre a essere un progetto particolarmente entusiasmante, la ristrutturazione di questa struttura dismessa nel cuore di Firenze in residenze sostenibili per locazioni di alta qualità rappresenta per la città una opportunità di crescita sostenibile e di elevata qualità estetica”. Gli faceva eco Mario Abbadessa, country head di Hines Italy: “Firenze è un mercato importante per il nostro target, ossia il settore degli affitti residenziali che, a nostro avviso, ha un grande potenziale di crescita; e il progetto offre un modello abitativo che vorremmo portare in altre città italiane. Le città come Firenze sono carenti di locazioni di qualità e il nostro scopo è quello di rispondere a questa esigenza con uno sviluppo concepito ai più alti standard in termini di sostenibilità energetica e attenzione all’ambiente”. Il progetto prevedeva la realizzazione di un complesso residenziale di lusso, chiamato Teatro Luxury Apartments, con 156 appartamenti di diverse metrature destinati ad affitti a breve-medio termine, gestiti dal gruppo alberghiero Starhotels. Il complesso consta di tre edifici di nuova realizzazione, secondo progetto firmato Vittorio Grassi Architects, con il mantenimento e il restauro della facciata ottocentesca dell’ex Teatro, come richiesto dalla Soprintendenza: la facciata era infatti l’unica parte del vecchio teatro sopravvissuta ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Il Teatro Comunale di Firenze nel 2007. Foto: Francesco Bini
Il Teatro Comunale di Firenze nel 2007. Foto: Francesco Bini
Il Teatro Comunale di Firenze nel 2015. Foto: Google Maps
Il Teatro Comunale di Firenze nel 2015. Foto: Google Maps
La torre scenica come si presentava nel 2015. Foto: Google Maps
La torre scenica come si presentava nel 2015. Foto: Google Maps
L'area dopo la demolizione del Teatro. Foto: Google Maps
L’area dopo la demolizione del Teatro. Foto: Google Maps

Il cantiere prende forma nel 2022 e, con la rimozione delle impalcature, fa emergere la sagoma del cosiddetto “cubo nero”, un volume brunito che svetta oltre i palazzi circostanti e si affaccia sui lungarni. L’edificio, pur rispettando i limiti di altezza imposti dalla sostituzione con il nuovo teatro (la costruzione non doveva superare i 30 metri della vecchia torre scenica, e la superficie costruita doveva esser ridotta: dai 21mila metri quadri precedenti a 18mila), in città ha destato polemiche per i materiali e i colori giudicati in contrasto con l’ambiente circostante. Le polemiche si sono accese rapidamente, rimbalzano dai social ai giornali cittadini e nazionali e si trasformano in un caso politico e urbanistico. Le critiche non riguardano soltanto l’impatto estetico, ma anche il metodo con cui sono state rilasciate le autorizzazioni. La Soprintendenza, allora guidata da Andrea Pessina, aveva dato parere positivo sia sul progetto sia sui materiali impiegati, per quanto i rendering diffusi all’epoca mostrassero colori che si armonizzavano con gli edifici ottocenteschi del quartiere su cui sorgeva il Teatro (corso Italia, strada che corre parallela al Lungarno Vespucci, in zona Porta al Prato). Oggi, tuttavia, lo stesso ex soprintendente afferma di non ricordare i dettagli di quella decisione, avendo firmato migliaia di atti nel suo mandato.

L’ondata di contestazioni ha spinto la Procura ad aprire un fascicolo conoscitivo, al momento senza indagati, per verificare eventuali violazioni edilizie e urbanistiche. Il ministero della Cultura ha chiesto chiarimenti alla Soprintendenza sul percorso autorizzativo. Il comitato “Salviamo Firenze”, ha invocato l’intervento della magistratura parlando di “incubo che offende la città”: è “giusto sapere com’è stato possibile arrivare a quell’incubo che offende la città, la quale deve sapere non se hanno avuto le autorizzazioni ma come le hanno avute. Soprattutto se tutto è stato svolto senza sostanziali illiceità”, hanno dichiarato.

Il nuovo Teatro del Maggio. Foto: Francesco Bini
Il nuovo Teatro del Maggio. Foto: Francesco Bini
I rendering del progetto per le nuove costruzioni, firmato Vittorio Grassi Architects
I rendering del progetto per le nuove costruzioni, firmato Vittorio Grassi Architects
Come si presenta oggi l'ex Teatro Comunale. Foto: Italia Nostra Firenze
Come si presenta oggi l’ex Teatro Comunale. Foto: Italia Nostra Firenze

Il dibattito si è poi allargato ad altri aspetti. Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi e oggi consigliere comunale all’opposizione della giunta adesso guidata da Sara Funaro, ha evocato il rischio che Firenze possa subire lo stesso destino di Dresda o Liverpool, che hanno perso la qualifica di patrimonio Unesco a causa di nuove costruzioni giudicate invasive per il paesaggio urbano. “Quel brutto blocco nero, che non è spuntato a caso ma è l’esito di una trasformazione urbanistica sulla quale l’amministrazione avrebbe dovuto vigilare e fare eccezioni, rappresenta una ferita aperta e sanguinante nel tessuto urbano”, ha dichiarato. “Preoccupa la cedevolezza agli interessi privati, preoccupa molto che nessuno abbia sollevato dubbi o fatto rilievi quantomai opportuni, al netto della correttezza sul piano formale e burocratico. Alla luce di tutto ciò, la nostra lista civica sta valutando di presentare un esposto all’Unesco a Parigi, coinvolgendo tutte le personalità che provano orrore per questa trasformazione. Ci sono città che hanno perso la designazione come patrimonio mondiale Unesco per colpa di una singola costruzione nuova”.

La sezione fiorentina di Italia Nostra ha apertamente criticato le scelte dell’amministrazione, al di là dell’impatto estetico dell’edificio: “La questione dell’estetica e del colore, che ha riempito le cronache, è secondaria rispetto alla questione dei volumi e del carico urbanistico sull’ottocentesco quartiere Cascine, pienamente inserito nell’area Unesco. Quanto alla questione del contemporaneo nel centro storico, purché ben valutato e contestualizzato, e non è questo il caso, può essere un’occasione di riqualificazione architettonica. Si pone ancora una volta la questione di un iper turismo assecondato in ogni modo, di città ridotte a puri prodotti finanziari, dell’ennesimo insediamento del luxury che trasforma interi comparti della città in comunità riservate per residenti abbienti, cacciando i residenti storici. E in questo, come in altri casi, si pone il problema di una desolante impreparazione culturale, tecnica ed amministrativa (salvo eccezioni) di sindaci, assessori, funzionari locali e della stessa Soprintendenza fiorentina. Ad esempio, era proprio necessario eliminare il vecchio Teatro Comunale ? Siamo certi che l’edificio che l’ha sostituito si sia rivelato degno di un simile sacrificio ? Al di là del valore architettonico, il vecchio Comunale non aveva forse qualità culturali e un’identità di tutto rispetto da tutelare?”.

Al di là delle dispute, la vicenda dell’ex Teatro Comunale non può che mettere in luce il nodo politico delle trasformazioni urbane fiorentine. La sequenza di vendite al ribasso, l’intervento dei fondi immobiliari internazionali, la progressiva sostituzione di spazi pubblici con strutture ricettive e residenze di lusso, rivelano un modello di sviluppo che privilegia il mercato e lascia in secondo piano i bisogni abitativi dei cittadini.

Il “cubo nero”, oggi visibile dai lungarni, diventa così il simbolo materiale di una città sospesa tra esigenze di bilancio e mancanza di un disegno urbanistico complessivo. L’inchiesta della Procura forse farà luce su eventuali responsabilità tecniche, ma rimarrà aperto il dibattito sulle responsabilità politiche e soprattutto sull’idea di città che da anni viene seguita a Firenze.


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