Con un blitz in mattinata, è stato sgomberato a Milano lo storico centro sociale Leoncavallo, che era stato fondato nel 1975 ed era ormai diventato uno dei più famosi centri sociali d’Italia, se non il più noto in assoluto. Dal 1994 occupava la struttura da cui è stato sgomberato, una ex cartiera in via Watteau, zona Greco, dopo aver avuto sede per diciannove anni in via Ruggero Leoncavallo, la strada da cui prende nome, e per un breve periodo in uno stabile in via Salomone. Centro nevralgico della controcultura milanese, il Leoncavallo fin dalla sua fondazione è stato un punto di riferimento importante, avendo promosso diverse iniziative culturali, musicali e sociali. L’edificio sgomberato, uno spazio di circa 4.000 metri quadri, è di proprietà della famiglia Cabassi, che i primi anni non chiese lo sgombero dell’immobile: cominciò a chiedere di rientrarne in possesso nel 1999, ci furono trattative tra il centro sociale e i proprietari ma la situazione è rimasta invariata fino a stamattina, quando, verso le 8, circa 130 carabinieri e un numero ancor più consistente di poliziotti hanno accompagnato l’ufficiale giudiziario e l’avvocato dell’immobiliare “L’Orologio”, la società della famiglia Cabassi proprietaria dell’area, per eseguire l’ordine di sfratto emesso nei confronti del centro sociale.
All’interno dei locali non era presente nessuno. Si è trattato di un blitz in anticipo di due settimane, perché lo sfratto era stato notificato per il 9 settembre, e che arriva dopo ben 133 tentativi di sfratto non andati a buon fine. Lo scorso novembre, il Ministero dell’Interno era stato anche condannato in Corte d’Appello a risarcire la somma di 3 milioni di euro all’immobiliare Orologio, a causa del mancato sgombero. E il ministero aveva deciso di rivalersi sull’associazione “Mamme del Leoncavallo”, che a sua volta aveva presentato al Comune una manifestazione d’interesse per uno spazio in via San Dionigi in vista di un possibile trasferimento dalla sede di via Watteau. Stando a quanto trapela dalla stampa milanese, lo sfratto arriva dopo le pressioni di Fratelli d’Italia sul ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, secondo il quale “lo sgombero segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente”. Esulta anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni: “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”, dichiara sui social. “Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti”.
Stando a quanto fa sapere il Comune di Milano, con una nota inviata dal sindaco Giuseppe Sala, l’amministrazione cittadina non era stata avvisata. “Ieri ero a Palazzo Marino, impegnato in incontri di lavoro”, ha detto il primo cittadino. “Ho delegato il vicecomandante della Polizia locale in mia rappresentanza a partecipare al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza che, come consuetudine, si tiene ogni mercoledì. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo del centro sociale Leoncavallo. Per un’operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c’erano molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese. Tali modalità non sono state perseguite. Ho ricevuto stamattina dal Prefetto la notizia. L’intervento sul Leoncavallo era sì previsto, ma per il 9 settembre. In considerazione di questa timeline ufficiale, come Comune avevamo continuato, con i responsabili del Leoncavallo, un confronto che portasse alla piena legalità tutta l’iniziativa del centro. Come sottolineato da alcuni quotidiani, si stavano valutando varie soluzioni a norma di legge, che potessero andare nel senso auspicato. Sono convinto, e l’ho già dichiarato in precedenza, che il Leoncavallo rivesta un valore storico e sociale nella nostra città. A mio parere, questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Da anni e anni è un luogo pacifico di impegno. Confermo la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”.
Le reazioni politiche sono di segno opposto. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, esprime soddisfazione: “decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”. Sulla stessa linea il consigliere comunale Alessandro De Chirico di Forza Italia: “È una giornata di festa per il quartiere di Greco finalmente liberato, ma anche per Milano e l’intero Paese per il trionfo della legalità. Ci sono voluti 50 anni ma meglio tardi che mai. Ora non deve essere concessa alcuna scorciatoia per il centro sociale. Se i loro rappresentanti vogliono una nuova sede, se la cerchino nel mercato libero e paghino l’affitto”. Da sinistra tutti fanno notare i due pesi e due misure per il mancato sgombero di Casa Pound dalla sua sede romana, occupata illegalmente. Lo fa presente, per esempio, Francesca Cucchiara, consigliera comunale di Europa Verde: “lo sgombero a sorpresa, senza alcun preavviso, è un gesto vile e codardo”, dice. “Sapevano bene che il 9 settembre avrebbero trovato molte persone in presidio, perché sanno perfettamente quanto il Leoncavallo sia un luogo caro a tanti. E così hanno pensato di strapparlo via di nascosto. Che Salvini ora parli di legalità fa sorridere: come se le persone avessero dimenticato che al Leoncavallo ci andava anche lui. Come se i cittadini non sapessero che, nel frattempo, CasaPound occupa abusivamente un palazzo nel centro di Roma da anni, senza che nessuno annunci o prometta lo sgombero. Perché il vero problema per la destra di questo Paese non è l’illegalità, ma l’esistenza di spazi di dissenso politico”. Dello stesso avviso Alessandro Capelli, segretario milanese del Pd: “Il Leoncavallo è stato un tassello importante della storia di Milano, rappresentando per tante generazioni uno spazio aperto, di socializzazione e cultura”. A suo avviso, Piantedosi e Salvini sono “i ministri della legalità a targhe alterne: distratti quando CasaPound rimane serenamente al suo posto a Roma”. È intervenuto anche Pierfrancesco Majorino, consigliere regionale del Pd e per lungo tempo assessore a Milano. “In pieno agosto, fregandosene del confronto in corso da tempo e dei tentativi di arrivare a una soluzione positiva su cui erano impegnati in molti, tra i quali proprio gli esponenti del Leoncavallo, ecco che sgomberano il centro sociale. Un luogo che era diventato nel tempo un laboratorio importante di iniziative culturali e sociali. Una realtà che considerare un tema di ordine pubblico è assolutamente folle e strumentale. Una scelta, quella del ministro Piantedosi, grave, salutata subito da quell’avvoltoio di Salvini”.
Non tutti sanno che sull’edificio di via Watteau c’è anche un vincolo della Soprintendenza di Milano. Nel maggio 2023, infatti, Palazzo Litta aveva riconosciuto il valore storico, artistico e culturale dei graffiti, realizzati da diversi artisti urbani, presenti nello spazio DaunTaun presso la sede del Leoncavallo (nei seminterrati dell’edificio), che rappresentano una delle più complesse e longeve stratificazioni di street art in Italia. Molti di questi graffiti risalgono al 2003, quando presso il Leoncavallo, in occasione del nono e ultimo Happening Internazionale di Arte Underground (HIU), evento interamente gestito e autoprodotto, si tenne il primo evento pubblico di street art in Italia.
Nel 2021 i graffiti vennero restaurati: “La conservazione di queste opere è, oggi, fondamentale come testimonianza e memoria del contesto e delle pratiche sulla nascita della street art come la conosciamo ora”, dichiarava all’epoca il centro sociale. “Conservarle non è cristallizzarne l’inizio, ma decodificare una pratica artistica nata nella spontaneità della rivendicazione sull’uso sociale degli spazi urbani, quella libertà rivoluzionaria che può appartenere solo all’arte e alla cultura. L’assoluta genuinità degli eventi che hanno portato al patrimonio artistico attuale, preservato quasi integralmente nella sua organicità artistica e ambientale, ne fa un unicum ancora una volta e per sempre pubblico, perché la voce della ‘città di sotto’ appartiene alla storia di tutti”. Così, due anni fa, la soprintendenza ha deciso di tutelare ope legis i graffiti di DaunTaun ai sensi del combinato disposto degli articoli 11 e 50 del D.Lgs. 42/2004 - Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. L’ente riconosceva così il significato di un insieme di opere di street art considerate nel loro contesto: era stata salutata come una decisione di portata storica.
Non è chiaro cosa accadrà adesso con lo sfratto: certo è che, essendo i graffiti un’opera sottoposta a vincolo della soprintendenza, i proprietari rientrati in possesso dello stabile dovranno garantirne la conservazione come prescritto dal Codice dei Beni Culturali che, all’articolo 50, vieta il distacco di affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni e tabernacoli, che siano esposti o meno alla pubblica vista, senza l’autorizzazione della soprintendenza. I graffiti, dunque, dovranno rimanere dove sono, a meno che l’ente preposto alla tutela non decida diversamente.
La tutela è giunta a seguito di un processo durato alcuni anni e partito nel 2020 quando la Direzione Generale Creatività del Ministero della Cultura ha affidato a INWARD – Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana una indagine scientifica centrata proprio sulla creatività urbana. INWARD, con il suo direttore Luca Borriello, ha svolto subito un primo sopralluogo negli spazi di DaunTaun, e a seguito di quella prima ricognizione è stato deciso per l’intervento di manutenzione supervisionato dai restauratori Alessandra Carrieri e Marco Teatro. INWARD ha dunque predisposto un dossier a cui è seguita, l’11 novembre 2022, una giornata di studi intitolata “Arte urbana, quale tutela possibile. Questioni di permanenza-transitorietà, spontaneità e committenza pubblica”, organizzata dalla Soprintendenza di Milano.
Risale invece al 17 aprile 2023 la visita della soprintendenza, che ha inviato al Leoncavallo le funzionarie Roberta Sara Gnagnetti e Alice Cosmai, che hanno eseguito il loro sopralluogo assieme a esponenti del Leoncavallo, a Marco Teatro e Luca Borriello, e ad Anita Pirovano, presidente del municipio 9 del Comune di Milano, e Simone Locatelli, presidente del municipio 2. Il mese successivo, la lettera della soprintendente Emanuela Carpani che dava nota dell’avvenuta tutela: “Con riferimento all’auspicio espresso verbalmente in sede di sopralluogo dai rappresentanti del Centro Sociale Leoncavallo, che i dipinti murali conservati nei locali seminterrati vengano sottoposti alla tutela dello Stato, questa Soprintendenza ricorda che i dipinti murali risultano sottoposti a tutela ope legis, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 50 del D.Lgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: essi non solo non possono essere deturpati o danneggiati, ma non possono essere staccati, e per estensione distrutti, senza l’autorizzazione della Soprintendenza”.
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