Il conclave ha scelto oggi, al quarto scrutinio, il nuovo papa: è il cardinale statunitense Robert Francis Prevost (Chicago, 1955), che ha scelto il nome di Leone XIV. Nato da padre di origini francesi e italiane e madre di origini spagnole, è il 267° papa della Chiesa cattolica e succede a papa Francesco, al secolo Jorge Mario Beroglio. Agostiniano, ha un bachelor of Science in Matematica e un diploma in Filosofia conseguiti alla Villanova University a Filadelfia, ed è stato ordinato sacerdote nel 1982. Ha poi ottenuto ulteriori titoli alla Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino a Roma. Dal 2001 al 2013 è stato priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino. Nel 2014 è stato nominato da papa Francesco amministratore apostolico di Chiclayo in Perù e vescovo titolare di Sufar, mentre nel 2015 è divenuto vescovo di Chiclayo, incarico che ha tenuto fino al gennaio 2023, quando è stato nominato prefetto del Dicastero per i vescovi, e tale è rimasto fino alla morte di papa Francesco.
Primo papa statunitense della storia, Leone XIV è ritenuto un pontefice mediatore, qualità di cui ha dato prova nel 2023 quando ha dovuto stemperare le tensioni tra Vaticano e Chiesa tedesco, ma anche in precedenza, avendo dovuto bilanciare le esigenze di una Chiesa ufficiale e istituzionale e una Chiesa invece attiva nel quotidiano e nelle periferie, specialmente durante il periodo del suo episcopato in Perù. È inoltre ritenuto una figura di raccordo tra l’America settentrionale e quella meridionale: attenzione dunque ai poveri e agli svantaggiati, ma anche pragmatismo, qualità che probabilmente hanno orientato il conclave sul suo nome. Per tutte queste caratteristiche è già chiamato il “papa del dialogo”, elemento che lui stesso ha ricordato durante la sua omelia appena eletto al soglio pontificio, ricordando l’importanza di “costruire ponti”. “Aiutateci anche voi”, ha detto ai fedeli radunati in piazza San Pietro, “a costruire i ponti con il dialogo e con l’incontro, per essere un solo popolo, per essere in pace”. Su temi come i diritti degli omosessuali, l’aborto e il ruolo delle donne nella Chiesa ha dimostrato in passato posizioni più conservatrici rispetto a quelle di papa Francesco. In passato, una testata spagnola, infovaticana.com, lo ha accusato di aver insabbiato denunce di presunti abusi su minori, risalenti agli anni Ottanta e Novanta, commessi da sacerdoti che avevano collaborato con lui, sia negli Stati Uniti, sia in Perù. La vicenda statunitense, ricostruisce Avvenire, si era conclusa con una condanna da parte della giustizia ordinaria, e con le pubbliche scuse della Chiesa di Chicago (oltre che con un risarcimento di 2 milioni di dollari da parte di quest’ultima). Sulla vicenda peruviana, le denunce, dichiarate prescritte dalla giustizia ordinaria, sono state poi archiviate dall’autorità ecclesiastica per mancanza di prove. Provost ha sempre respinto le accuse.
Durante il suo episcopato in Perù, papa Prevost ha anche ricoperto un importante incarico nell’ambito dei beni culturali: dal 2018 fino alla fine del suo mandato è stato infatti presidente della Commissione per l’Istruzione, la Cultura e i Beni Culturali della Conferenza Episcopale Peruviana, incarico che gli ha dato modo di esprimere le sue visioni sui beni culturali. “La Chiesa e papa Francesco”, ha detto in occasione di un incontro ufficiale, “ci invitano sempre a valorizzare e riconoscere il nostro patrimonio. In uno dei suoi messaggi al Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ci ricorda: i beni culturali della Chiesa sono testimoni della fede della comunità che li ha prodotti nel corso dei secoli”.
Prevost ha ricordato il valore devozionale dei beni culturali: tutelare le opere d’arte non è infatti solo questione di conservare edifici o oggetti antichi, ma di riconoscere il loro significato spirituale e storico, perché sono espressione della fede vissuta da generazioni. Questi beni (come chiese, dipinti, sculture, libri antichi) non sono solo cose belle o antiche, secondo il nuovo papa, ma testimonianze concrete della fede delle persone che li hanno creati. Riflettono ciò in cui credevano, come pregavano, cosa consideravano sacro. In sintesi: secondo Leone XIV, il patrimonio culturale della Chiesa è parte della sua identità e della sua missione, e va custodito e fatto parlare ancora oggi, non solo per la sua bellezza, ma soprattutto per il messaggio di fede che porta.