La cultura, chiusa, è scesa oggi in piazza per manifestare. “Ascoltateci!”


La cultura oggi è scesa in piazza in tutta Italia: lavoratori, professionisti, operatori del settore, studenti chiedono al governo ascolto e soprattutto riconoscimento, risorse e spazi.

La cultura è chiusa in tutta Italia, ma i lavoratori della cultura non hanno intenzione di osservare in silenzio la serrata di musei, cinema, teatri, biblioteche, dal momento che questi luoghi sono spazi imprescindibili per la società e per le rispettive comunità, nonché posti in cui migliaia di persone lavorano, e tra queste migliaia molte sono a rischio, dato il prolungarsi dell’emergenza, che lascia ancora le porte chiuse pressoché ovunque: con il dpcm del 3 novembre hanno riaperto le porte soltanto gli archivi e le biblioteche che possono garantire i loro servizi su prenotazione. Una situazione sempre meno sostenibile, soprattutto per i lavoratori meno tutelati, i precari che rappresentano un ingranaggio fondamentale del sistema, ma che sono adesso i più colpiti, dal momento che in tutta Italia molti di loro si sono all’improvviso ritrovati senza lavoro poiché molti contratti a termine non sono stati rinnovati e diverse collaborazioni sono state concluse. E c’è poi la situazione di generale incertezza che aleggia sul mondo della cultura, dato che al momento ancora non si sta parlando di riaperture e non esiste l’ombra di una programmazione, che pure adesso comincia a essere richiesta anche dal mondo politico (ieri, ad esempio, l’assessore alla cultura di Milano, Filippo Dal Corno, ha sottolineato l’importanza di cominciare a stilare un calendario delle riaperture, e Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, capitale italiana della cultura 2020 e 2021, si è parimenti schierato contro l’idea delle chiusure indiscriminate).

Per tutte queste ragioni oggi le lavoratrici e i lavoratori della cultura sono scesi in piazza in tutta Italia, per una mobilitazione ordinata, rispettosa delle regole anti-Covid, e necessaria per sottolineare l’urgenza di dare delle risposte al comparto. Il mondo della cultura, infatti, non vuol essere dipinto come superfluo e sacrificabile, rifiuta l’idea di essere il primo a chiudere e l’ultimo a riaprire, senza alcuna pianificazione, e senza che nel dibattito pubblico si faccia il minimo cenno alla cultura. I lavoratori e le lavoratrici del settore culturale, ma anche attivisti dei circoli, dello sport di base e tante e tanti cittadini, che non accettano il trattamento che il governo sta riservando a questi spazi essenziali per la vita delle comunità e del paese, hanno dunque manifestato in dodici piazze d’Italia. Mascherine, gel e distanziamento, e la cultura si è mobilitata ad Ancona, Bologna, Firenze, Lecce, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Taranto, Torino, Venezia, Vicenza.

Diversi i gruppi che hanno aderito all’appello lanciato da Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali: tra questi, il Forum dell’Arte Contemporanea, Art Workers Italia, Link Coordinamento Universitario, Rete della conoscenza, Wunderkammer Dislocata, Zei Spazio Sociale e decine di sigle locali. Stamani, nelle piazze delle città oggetto della manifestazione, le attiviste e gli attivisti hanno circondato alcuni luoghi della cultura con nastro biancorosso e cartelli ironici che recitavano ATTENZIONE! Questo luogo è molto più pericoloso di un centro commerciale, alcuni dei quali figurano tra i luoghi più iconici della cultura italiana: dalle Gallerie degli Uffizi alla Biblioteca Italiana di Archeologia e Storia dell’Arte, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Centinaia le persone presenti nei presidi in piazza, e tantissimi altri che, a causa delle limitazioni e prescrizioni di sicurezza anti-Covid, non hanno potuto scendere in piazza, hanno mandato la loro fototestimonianza, da Bari a Savona, da Caserta a Cosenza, da Verona a Trieste, usando l’hashtag #nonètempolibero: l’idea alla base della mobilitazione, infatti, è che la cultura non sia tempo libero ma sia uno strumento prezioso per la società, oltre che il lavoro di tanti professionisti in tutta Italia.

Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Torino


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Ancona


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Verona

Nelle piazze sono stati così scanditi gli slogan della protesta, Da “Non è tempo libero” a “Riconoscimento, risorse, spazi”: e riconoscimento, risorse e spazi sono ciò che i professionisti della cultura chiedono al governo con una petizione lanciata lo scorso 9 dicembre su Change.org e che ha già oltrepassato le mille firme. In piazza sono state lette testimonianze e dati sulla condizione dei lavoratori del settore: i promotori sottolineano che il percorso è appena iniziato.

Tra i presidi più partecipati figura quello di Firenze, dove circa un centinaio di persone sono scese nel piazzale degli Uffizi: lavoratori del settore culturale, ma anche attivisti dei circoli, dello sport di base e tanti cittadini che non accettano il trattamento che il governo sta riservando a questi spazi essenziali per la vita sociale delle persone. “Il presidio di oggi”, ci fa sapere Gaia Ravalli, attivista fiorentina del gruppo Mi Riconosci, “ha superato ogni più rosea aspettativa: di questi tempi non ci aspettavamo grandi masse e, del resto, non era neanche nostra volontà portare in piazza una gran folla di persone, non sarebbe stato opportuno dato il momento. Abbiamo ricevuto varie adesioni, ci sono stati molti interventi, ed è stata insomma una bella giornata, non soltanto dal nostro punto di vista, ma anche da quello di chi vi ha partecipato. Sono state poi lette testimonianze di lavoratrici e lavoratori della cultura, si è parlato di precariato, di persone che hanno perso il lavoro e sono rimaste senza stipendio (erano con noi in piazza persone che, appunto, hanno perso il lavoro o vivono da mesi con una cassa integrazione di 350 euro), con testimonianze anche molto emozionanti. C’è anche chi non ha ricevuto un solo euro di aiuti perché la situazione contrattuale del nostro settore è piena di zone d’ombra, i cui denominatori comuni sono sfruttamento, compensi inadeguati e mancato riconoscimento della professionalità”.

Al presidio fiorentino sono intervenuti, tra gli altri, Tomaso Montanari dell’Università per Stranieri di Siena, Maria Baruffetti e Mariella Stillitano dell’Università degli Studi di Firenze, Marianna di Rosa del gruppo Professione Educatore Museale, Nicoletta Baldini dell’Associazione degli Utenti dell’Archivio di Stato di Firenze, Francesca Conti dell’Associazione Per un’altra città, Fulvio Cervini dell’Università degli Studi di Firenze, tutti soggetti che hanno aderito all’evento assieme ad Associazione Progetto Firenze, Biblioprecari, Associazione culturale Isolotto. A questi si sono aggiunte le testimonianze di lavoratrici e lavoratori precari del settore culturale. Nella parte iniziale della manifestazione si è presentato al presidio anche Eike D. Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, che ha ascoltato con attenzione le rivendicazioni degli attivisti, esprimendo parole di solidarietà.

Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Firenze


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Firenze


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Firenze


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Firenze


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Venezia


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Venezia


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Lecce


Mobilitazione del 16 dicembre
La mobilitazione della cultura: il presidio di Taranto

Grande partecipazione anche al presidio di Venezia, che si è svolto davanti alle Gallerie dell’Accademia. A unire tutte le piazze è la richiesta di ascoltare con attenzione le richieste della base, come spiega Alice Battistella del presidio veneziano. “Non chiediamo di riaprire i luoghi della cultura indiscriminatamente, e certo non in questa fase in cui tutti gli errori di questi mesi stanno venendo al pettine”, dichiara. “Ciò che esigiamo è una pianificazione, un ascolto da parte del Governo e dei Ministeri. Una pioggia di sussidi, che comunque non raggiungono tutti, e investimenti milionari in progetti inutili come la Netflix della Cultura non possono essere la risposta, dopo mesi e mesi in cui si naviga nel buio”. La piazza non chiede neppure il ritorno al “come prima”: i lavoratori individuano i problemi proprio nella situazione precedente, e chiedono un cambiamento.

“La giornata è andata bene”, ci racconta soddisfatta l’attivista veneta Cristina Chiesura. “Al presidio veneziano c’erano persone molto partecipi, anche per testimoniare la situazione. Oltre ai lavoratori era in piazza anche una folta rappresentanza degli studenti veneziani, nonché gruppi che hanno offerto i loro punti di vista: uno degli aspetti più interessanti della giornata sta nel fatto che molti passanti si sono fermati ad ascoltare le nostre testimonianze. E soprattutto i gruppi che si sono incontrati in piazza hanno dimostrato grande apertura nei confronti di chi voglia portare avanti le istanze del settore, e anche eventuali critiche. Abbiamo avuto modo di confrontati a lungo, e questo grazie anche al tam tam che nei giorni scorsi è partito su Facebook e su Telegram: tanti, tra lavoratori e studenti, si sono resi disponibili a cominciare un dialogo, a collaborare, perché l’esigenza di fare qualcosa assieme è diventata pressante”.

Al sud, il gruppo pugliese è stato tra i più cospicui, e ha attivato due presidi, uno a Taranto, dove i manifestanti si sono ritrovati davanti al Museo Archeologico Nazionale, e uno a Lecce, in piazza Sant’Oronzo, la principale della città salentina. “In piazza”, spiega Rosanna Carrieri del presidio leccese di Mi Riconosci, “abbiamo avuto modo di raccogliere e raccontare tante storie diverse che vengono rimosse dalla narrazione mediatica e governativa, in cui si vuol far credere che il problema più grosso sia il pranzo di Natale o il cenone di Capodanno. Ci hanno chiuso preventivamente, mentre lo shopping proseguiva frenetico, ed ecco che ciò che si è ottenuto è di privare i cittadini di servizi culturali essenziali, senza per questo tutelare la salute pubblica. Anche a Taranto e a Lecce abbiamo circondato simbolicamente i luoghi della cultura con il nastro bianco e rosso per suggerire non solo la chiusura della cultura ma anche l’impossibilità di lavorare in questi siti: hanno partecipato lavoratori della cultura, studenti, operatori del settore, anche alcuni artisti. Abbiamo rilasciato interviste ai giornali locali, raccolto testimonianze, abbiamo raccontato l’esperienza del momento. Non chiediamo una riapertura generalizzata e indiscriminata dei luoghi, chiediamo delle risposte concrete, investimenti e, una volta per tutte, il riconoscimento delle nostre professioni”.


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