Da sabato 11 ottobre 2025 all’11 gennaio 2026, la Palazzina della Rustica del Palazzo Ducale di Mantova ospita la mostra Diana Scultori, intagliatrice rara. Un’artista tra Mantova e Roma nel Cinquecento, un progetto che riporta al centro della scena l’artista Diana Scultori (Mantova, 1547 circa – Roma, 1612), una figura di eccezionale rilievo nella storia dell’arte europea. L’esposizione, curata da Stefano L’Occaso con la collaborazione di Giulia Marocchi e Silvia Merigo, è visitabile lungo il normale percorso museale ed è compresa nel biglietto d’ingresso del complesso gonzaghesco.
La mostra presenta quaranta opere tra disegni, medaglie, lastre in rame e stampe su carta, provenienti da importanti collezioni italiane e straniere. Il progetto è frutto della collaborazione con l’Istituto Centrale per la Grafica e si avvale di prestiti dal Museo di Belle Arti di Budapest e da istituzioni italiane come Firenze, Parma, Milano e Mantova. Si tratta della prima iniziativa interamente dedicata a Diana Scultori, artista mantovana vissuta nel pieno del Cinquecento e considerata la prima donna nella storia a esercitare professionalmente l’arte dell’incisione.
L’esposizione si inserisce in un percorso di valorizzazione che Palazzo Ducale dedica da anni agli artisti legati alla corte dei Gonzaga e alla scuola di Giulio Romano. Non a caso, la Palazzina della Rustica, sede della mostra, fu progettata proprio da Giulio Romano, maestro per il quale lavorò Giovan Battista Scultori, padre di Diana e figura fondamentale nella formazione dell’artista. Il legame con l’architetto e pittore di corte, già celebrato nel 2024 con una grande mostra, diventa così un filo che unisce le vicende artistiche di due generazioni e testimonia la continuità del linguaggio giuliesco nella grafica del Cinquecento.
Diana Scultori, nata a Mantova intorno al 1547 e morta a Roma nel 1612, crebbe in una famiglia di incisori: oltre al padre Giovan Battista, anche il fratello Adamo si dedicò a quest’arte. Fin da giovane, Diana si esercitò nella traduzione in stampa delle invenzioni di Giulio Romano, mostrando una precoce padronanza del bulino e una spiccata sensibilità nel restituire la forza compositiva dei maestri del Rinascimento. Ben presto, tuttavia, ampliò il proprio repertorio, cimentandosi con opere di Parmigianino e di altri artisti che segnarono la cultura figurativa dell’Italia del Cinquecento.
Il suo talento non passò inosservato. Giorgio Vasari, che la conobbe di persona quando lei aveva meno di vent’anni, scrisse parole di grande ammirazione nel 1568: “Diana intaglia tanto bene che è cosa maravigliosa; et io, che ho veduto lei, che è molto gentile e graziosa fanciulla, e l’opere sue, che sono bellissime, ne sono restato stupefatto”. Questo elogio, raro per un’artista donna dell’epoca, testimonia il riconoscimento ottenuto da Diana già in giovane età e segna l’inizio di un percorso che la porterà a Roma, allora capitale artistica e spirituale del mondo occidentale.
Il trasferimento nella città papale avvenne intorno al 1575, in coincidenza con il matrimonio con l’architetto Francesco Capriani, originario di Volterra. L’unione con Capriani rappresentò anche un sodalizio professionale: i due operarono in stretta collaborazione con numerosi artisti attivi a Roma, tra cui Pietro Candido, Paris Nogari, Raffaellino da Reggio, Federico Zuccari, Durante Alberti e Niccolò Martinelli detto il Trometta. Diana divenne una sorta di mediatrice grafica tra le loro invenzioni e il pubblico, traducendo in incisione i disegni dei pittori e contribuendo alla diffusione delle loro opere attraverso le stampe.
Il suo catalogo comprende interpretazioni di soggetti sacri e mitologici, allegorie e composizioni derivate da maestri antichi e moderni, fino alle celebri riprese da Michelangelo e Correggio. Questa apertura di interessi mostra una mente curiosa, capace di coniugare la tradizione mantovana con il gusto romano e di anticipare una concezione dell’artista come autrice autonoma, consapevole del proprio ruolo intellettuale.
Un aspetto particolarmente significativo della sua carriera è il riconoscimento ufficiale ottenuto dal pontefice: Diana Scultori fu infatti la prima donna a ricevere un privilegio pontificio per la stampa, una sorta di antenato del moderno diritto d’autore, che le garantiva l’esclusiva sulle sue incisioni e ne tutelava la riproduzione. Questo documento non solo attesta la considerazione che godeva presso le autorità papali, ma rappresenta anche una delle prime testimonianze di tutela giuridica per un’artista donna.
A Roma, Diana riuscì a inserirsi con successo in un ambiente artistico dominato da uomini, guadagnandosi un prestigio tale da essere ammessa nel 1580 tra i Virtuosi del Pantheon, un’istituzione che riuniva pittori, scultori e architetti di alto profilo. Il suo nome compare accanto a quelli di figure come Federico Zuccari e Girolamo Muziano, segno della piena accettazione della sua arte nei circoli più esclusivi dell’Urbe.
La mostra di Mantova ripercorre questi traguardi attraverso opere che rivelano la complessità e la finezza del suo linguaggio grafico. Le incisioni esposte documentano la sua evoluzione stilistica e la varietà dei soggetti affrontati: dalla traduzione dei modelli di Giulio Romano alle raffinate composizioni di gusto manierista, fino ai motivi ispirati alla scultura antica. Particolarmente interessanti sono le prove in cui l’artista guarda ai maestri del Quattrocento, come Domenico Ghirlandaio e Luca Signorelli, in una sorta di omaggio alla tradizione toscana che anticipa la riscoperta antiquaria successiva.
Tra i fogli più curiosi spicca la stampa dei Gemelli (Gemini), un soggetto enigmatico e affascinante che mostra due corpi intercambiabili, osservabili da differenti punti di vista. L’opera testimonia la libertà inventiva e la sensibilità anatomica di Diana, capace di coniugare rigore disegnativo e fantasia, secondo i canoni più alti della cultura manierista.
Il percorso espositivo intende restituire dunque un ritratto a tutto tondo di un’artista che seppe conquistarsi un ruolo di primo piano in un’epoca in cui le donne raramente riuscivano a emergere nel campo delle arti visive. La ricchezza dei materiali esposti – lastre, prove di stampa, disegni preparatori e medaglie – consente di seguire passo dopo passo il processo creativo dell’incisora, mettendo in luce la sua capacità di unire precisione tecnica e inventiva poetica.
La fama di Diana Scultori si mantenne viva anche dopo la sua morte. Nel 1578 Giovan Francesco Peranda definì “mirabilissime” le sue opere, mentre Giovanni Baglione, nella prima metà del Seicento, le ricordò come “molto belle”, segno di una fortuna critica che non si esaurì con la sua scomparsa. Attraverso questa mostra, Palazzo Ducale di Mantova vuole restituire a Diana Scultori il posto che le spetta nella storia dell’arte del Rinascimento, sottolineandone il ruolo pionieristico e la capacità di aprire la strada alle generazioni successive di artiste. La sua vicenda, intrecciata con quella dei grandi maestri del tempo, racconta anche la nascita di una nuova consapevolezza femminile nell’ambito artistico, in un secolo di profonde trasformazioni culturali e sociali.
Diana Scultori, intagliatrice rara. Un’artista tra Mantova e Roma nel Cinquecento rimarrà aperta fino all’11 gennaio 2026. L’ingresso è compreso nel biglietto del museo, valido per l’intero percorso del Palazzo Ducale.
Titolo mostra | Diana Scultori, intagliatrice rara. Un’artista tra Mantova e Roma nel Cinquecento | Città | Mantova | Sede | Palazzo Ducale | Date | Dal 11/10/2025 al 11/01/2026 | Artisti | Diana Scultori | Curatori | Stefano L'Occaso, Giulia Marocchi, Silvia Merigo | Temi | Cinquecento, Mantova, Arte antica, Incisione |
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