Al Castello di Rivoli una mostra sugli artisti in guerra, da Goya all'Ucraina


Dal 15 marzo al 19 novembre 2023, il Castello di Rivoli (Torino) ospita una grande mostra dedicata agli artisti in guerra, con opere di Goya, Picasso, Dalí, Burri e molti altri fino ad arrivare, attraverso tutto il ’900, agli artisti che stanno raccontando la guerra in Ucraina.

La nuova attività espositiva 2023 del Castello di Rivoli - Museo d’Arte Contemporanea prende avvio al terzo piano della Residenza sabauda con la mostra collettiva a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio intitolata Artisti in guerra, con opere di artisti come Francisco Goya, Salvador Dalí, Pablo Picasso, Lee Miller, Zoran Mušič, Alberto Burri, Iri e Toshi Maruki, Fabio Mauri, Bracha L. Ettinger, Anri Sala, Michael Rakowitz, Dinh Q. Lê (con opere tra l’altro di Le Lam, Phan Oanh, Nguyen Thu, Truong Hieu, Nguyen Toan Thi, Kim Tien, Quach Phong, Huynh Phuong Dong, Minh Phuong), Vu Giang Huong, Rahraw Omarzad e Nikita Kadan. La mostra presenta più di 140 opere di 39 autori realizzate da artisti che si trovavano o si trovano in guerra. La mostra, in programma dal 15 marzo al 19 novembre 2023, prende spunto dai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra), opera del 1810-1815 di Francisco José de Goya y Lucientes e sviluppa il tema della guerra e della soggettività post traumatica attraverso opere storiche e nuovi progetti di importanti artisti contemporanei.

Artisti in guerra include prestiti provenienti da importanti istituzioni pubbliche e private italiane e internazionali oltre a due nuove committenze, opere inedite realizzate per l’occasione dall’artista afgano Rahraw Omarzad (Kabul, 1964), e l’artista ucraino Nikita Kadan (Kiev, 1982). Entrambi gli artisti condividono una pratica connessa a quella di promotori culturali offrendo un messaggio di grande impatto emotivo e umano oltre che sociale e politico. Originate a partire da scenari di conflitto e di profondi cambiamenti geopolitici, le loro prassi invitano a riflettere sull’importanza di trovare nell’espressione creativa narrazioni di cura e di pace.

“Questa mostra, ultima del percorso espositivo artistico di Espressioni che si è sviluppato negli anni, raccoglie una riflessione profonda sulla contemporaneità, grazie al lavoro degli artisti che attraverso i secoli hanno saputo raccontare le discontinuità del presente e la conflittualità, interpretata attraverso la loro personale sensibilità nel tempo che stavano vivendo”, afferma Francesca Lavazza, presidente del Castello diRivoli. “Le opere esposte riescono così a scuotere il pubblico su tematiche controverse e difficili, rappresentando gli orrori della guerra, trasversali a tutti i conflitti. Ringrazio Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio per questo coraggioso progetto destinato a fare riflettere la coscienza collettiva”.

“Nato inizialmente come ultimo capitolo del progetto pluriennale di mostre e ricerca Espressioni”, afferma la direttrice Carolyn Christov-Bakargiev, “gli eventi internazionali recenti ci hanno portato a realizzare una nuova mostra ad hoc che indaga il significato della guerra, a domandarci come alcuni esseri umani particolarmente empatici, gli artisti, elaborino la violenza organizzata e solo apparentemente razionale della guerra evidenziandone l’orrore oppure per contrasto il suo mistero - sospeso come è tra massima imprevedibilità e massimo calcolo. Per il filosofo greco presocratico Eraclito, l’essere si rivela nella guerra, Πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι (polemos pantōn men patēr esti - la guerra è padre di tutte le cose). Il filosofo francese Emmanuel Lévinas, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che egli trascorse in parte in un campo di prigionia tedesco, ci ricorda che l’essere si rivela al pensiero filosofico come guerra cioè nel contrasto tra la finitudine della morte - massimamente percepibile in guerra - e l’incommensurabilità senza limiti dell’esistenza. In questo intervallo o interregno tra vita e morte, l’artista trova nell’arte un modo per tirarsi fuori dal conflitto e dal pensiero avversariale e per espandere all’infinito il tempo e lo spazio, anche quotidiano. Attraverso una serie di esempi del passato e alcune opere nuove realizzate da artisti oggi in guerra, questa mostra vuole indagare il tema culturalmente, psicologicamente, esteticamente, storicamente, filosoficamente. Per aprire una riflessione che vada oltre la semplice rimozione della guerra, oltre la spiegazione meramente economica di essa, oltre la paura o - altra faccia della stessa medaglia - la sua celebrazione come necessità e minor male”.

Il percorso espositivo inizia nell’atrio del terzo piano, con una selezione di immagini fotografiche d’archivio provenienti dalle Collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, raffiguranti la città sabauda distrutta dai bombardamenti avvenuti durante la seconda guerra mondiale. È inoltre presentata in questa area l’opera di Iri e Toshi Maruki, testimoni diretti degli effetti delle esplosioni nucleari a Hiroshima e Nagasaki.

Nella Sala 34, la Guerra d’Indipendenza spagnola (1808–1814) fa da sfondo ai Desastres de la Guerra (Disastri della guerra), 1810-1815, prima edizione 1863, di Goya, il celebre ciclo di 83 incisioni realizzate nel periodo segnato dal conflitto con gli invasori napoleonici francesi. I primi piani di corpi e volti martoriati dalle sofferenze rappresentati da Goya sono allestiti in dialogo con le opere dell’artista sloveno Anton Zoran Mušič il quale negli anni Trenta prima della guerra aveva avuto modo di ammirare e studiare le opere di Goya a Madrid. Nella stessa Sala 34 è presentato in anteprima il più recente dipinto dell’artista e psicanalista Bracha L. Ettinger, Medusa – Rachel – Pietà, 2017-2022, da cui emergono volti allucinati ma anche profonda bellezza.

La seconda guerra mondiale è indagata anche nella Sala 35 attraverso una selezione di opere poste in dialogo con il dipinto Tête de femme (Testa di donna), 1942, di Pablo Picasso realizzato in pieno conflitto e che deriva in parte dal celebre dipinto Guernica, 1937, con cui condivide l’uso di una tavolozza di neri e di grigi. Il viso straziato e diviso in due della figura dell’artista e amica Dora Maar probabile soggetto del ritratto, assomiglia inoltre a figure femminili raffigurate in Guernica. La grande tela fu realizzata nella primavera 1937 in memoria del tragico bombardamento aereo della cittadina basca, avvenuto a opera dell’aviazione nazi-fascista il 26 aprile 1937. Picasso denunciava gli orrori della Guerra civile spagnola e criticava aspramente la condotta del generale Francisco Franco.

I libri con rare e uniche legature di Pierre-Lucien Martin della Collezione Cerruti Solidarité. Poème, 1938, e Au rendez-vous allemand, 1944, del poeta surrealista francese Paul Éluard sono altresì in mostra. Solidarité è pubblicato nell’aprile 1938 con un corredo di sette acquetinte e acqueforti di artisti antifascisti, tra i quali Pablo Picasso, Joan Miró e Yves Tanguy. Nella stessa sala si trova anche l’opera di Salvador Dalí, Composition avec tour del 1943 circa: questo dipinto è un bozzetto per uno dei sipari che egli ha realizzato per la coreografia dell’amica nota come La Argentinita, la famosa ballerina e coreografa Encarnación López Júlvez, repubblicana, fuggita negli Stati Uniti nel 1936. Questa sua coreografia, realizzata in piena guerra, doveva essere un inno alla gioia e alla libertà del mondo prima della dittatura di Franco.

Una parte della Sala 35 è dedicata alla vicenda di Alberto Burri, tra i principali artisti italiani del ventesimo secolo che, con un’inedita indagine dei materiali, ha rivoluzionato il linguaggio artistico nel secondo dopoguerra attraverso un’arte astratta materica di forte impatto. Formatosi come medico, servì nell’Esercito italiano in Nord Africa dove fu fatto prigioniero e trasferito negli Stati Uniti. Durante la prigionia nel campo POW (Prisoners of War) a Hereford, Texas, dal 1943 al 1946, decide di abbandonare la professione medica per dedicarsi esclusivamente all’arte. Nel campo di Hereford vi erano numerosi italiani che erano scrittori, artisti e artigiani, ed è possibile che da loro prese inizio l’idea di dedicarsi all’arte. In mostra è esposto il primo dipinto di Burri, l’olio su tela Texas, 1945, una delle poche opere realizzate durante la permanenza nel campo di prigionia che egli ha voluto riportare in Italia nella sua nativa Città di Castello. L’opera è fondativa, sebbene non appartenga al periodo maturo dell’artista che egli usava fare risalire al 1948 circa.

Nella stessa sala sono inoltre allestiti i reperti fotografici militari tratti da riviste dell’epoca che compongono l’opera concettuale Linguaggio è guerra, 1974, di Fabio Mauri. Scioccato dalla scoperta dell’Olocausto, l’artista italiano fu internato in manicomio subito dopo la guerra e fino ai primi anni Cinquanta del secolo scorso in preda a crisi mistiche. A partire dalla fine degli anni Cinquanta, sviluppò un’arte basata sull’indagine tra bellezza, male, ideologia e potere. In Linguaggio è guerra, egli riflette all’inizio degli anni Settanta sul rapporto tra la manipolazione ideologica (il linguaggio) e la guerra in generale. L’allestimento della sala si completa con le fotografie in bianco e nero di Elizabeth (Lee) Miller, fotografa surrealista allieva di Man Ray che successivamente divenne fotografa di moda oltreché reporter. Durante il secondo conflitto mondiale divenne un’acclamata corrispondente di guerra per Vogue magazine, accompagnando l’esercito americano in Germania e arrivando pertanto a documentare il primo ingresso nei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau. In questa mostra, per la prima volta le fotografie di Dachau di Lee Miller possono essere raffrontate con i disegni e le testimonianze di Mušič.

La mostra prosegue nella Sala 36 con una sezione dedicata alla raffigurazione artistica della Guerra del Vietnam. L’installazione Light and Belief. Voices and sketches of life from the Vietnam War, 2012, dell’artista vietnamita Dinh Q. Lê che oggi vive e lavora a Ho Chi Minh City (già Saigon), viene presentata per la prima volta in occasione di dOCUMENTA (13) a Kassel. L’artista è fuggito nel 1978 a 10 anni dal Vietnam del Sud dopo la presa di Saigon da parte delle truppe del Nord Vietnam (1975) e l’unificazione del Paese nel luglio 1976 ed è giunto negli Stati Uniti tra i “Boat people” alla fine degli anni Settanta. È esposta anche un’opera di Vu Giang Huong, importante artista nordvietnamita.

Nella sala seguente (36 bis) è allestita una testimonianza dedicata alla guerra in Ucraina, in corso a partire dall’invasione russa del febbraio 2022. La guerra estende il conflitto già in atto dal 2014 quando la Russia ha annesso la Crimea e parti del Donbass, ed è elaborata dalla prospettiva dell’artista ucraino Nikita Kadan nella grande installazione The Shelter II, 2023, che si configura come il naturale proseguimento dell’opera omonima The Shelter realizzata dall’artista nel 2015 per la 14° Biennale Istanbul e dedicata al Donbass. La nuova opera al Castello di Rivoli è ispirata da immagini che documentano la guerra in Ucraina reperite dall’artista su Internet. Esprime il dramma e il dolore del conflitto russo-ucraino e assomiglia a un rifugio antiaereo diviso su due piani.

Nella Sala 37 si trova l’elaborazione artistica della guerra nei Balcani (1990–2001), con il video dell’artista albanese Anri Sala, Nocturnes, 1999, che utilizza tecniche documentarie di associazione tra storie personali e realtà storiche per richiamare l’attenzione sull’esperienza della solitudine e della pressione sociale in tempo di guerra.

Nella stessa sala i conflitti in Medio Oriente sono raccontati attraverso il film The Ballad of Special Ops Cody, 2017, dell’artista americano di origine irachena Michael Rakowitz, il cui lavoro indaga le contraddizioni delle guerre in Iraq.

Il percorso espositivo al Terzo piano del Castello si conclude nella Sala 38 e nell’ambiente sottotetto del Museo con gli echi delle più recenti guerre in Afghanistan. Questo conflitto con continui rovesciamenti, è evocato nelle opere dell’artista afghano Rahraw Omarzad, fondatore del CCAA centro per l’arte contemporanea a Kabul e di una scuola concepita per dare accesso all’educazione artistica alle donne, fuggito nell’autunno 2021 anche grazie all’impegno del Museo e del Governo italiano. L’installazione Every Tiger Needs a Horse, 2022-2023, è un ambiente nato a partire dall’esplosione di un cubo contenente dinamite e pittura, esplosione eseguita in maniera controllata all’interno di una base militare in Piemonte grazie alla collaborazione dell’Esercito Italiano. Le sei tele che ne derivano e ne portano le tracce sono allestite per la prima volta in questa mostra.

Il percorso della mostra è integrato dalla presentazione nel Teatro del Museo di un programma video curato dall’artista ucraino Nikita Kadan e da Giulia Colletti intitolato Una lettera dal fronte con opere degli artisti contemporanei ucraini AntiGONNA (Vinnitsa, 1986), Yaroslav Futymsky (Poninka, 1987), Nikolay Karabinovych (Odessa, 1988), Dana Kavelina (Melitopol, 1995), Alina Kleytman (Kharkiv, 1991), Yuri Leiderman (Odessa, 1963), Katya Libkind (Vladivostok, 1991), Yarema Malashchuk & Roman Himey (Yarema Malashchuk: Kolomyia, 1993 / Roman Himey: Kolomyia, 1992), Lada Nakonechna (Dnipropetrovsk, 1981), R.E.P. (2004), Revkovsky / Rachinsky (Daniil Revkovsky: Kharkiv, 1993 / Andriy Rachinsky: Kharkiv, 1990), Oleksiy Sai (Kiev, 1975), Lesia Khomenko (Kiev, 1980), e Mykola Ridnyi (Kharkiv, 1985).

Per tutte le informazioni è possibile visitare il sito del Castello di Rivoli.

Immagine: Francisco José de Goya y Lucientes, Desastres de la Guerra (1810-1815; Collezione Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte deposito a lungo termine Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino)

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraArtisti in guerra
CittàRivoli
SedeCastello di Rivoli
DateDal 15/03/2023 al 19/11/2023
CuratoriCarolyn Christov-Bakargiev, Marianna Vecellio
TemiNovecento, Arte contemporanea

Al Castello di Rivoli una mostra sugli artisti in guerra, da Goya all'Ucraina
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