Alla Reggia di Venaria una mostra su William Turner in collaborazione con la Tate


La Reggia di Venaria dedica una mostra al pittore romantico britannico William Turner in collaborazione con la Tate. Esposte più di quaranta opere. 

La Reggia di Venaria accoglie fino al 28 gennaio 2024, al primo piano delle Sale delle Arti, la mostra Turner. Paesaggi della Mitologia, a cura della storica dell’arte inglese Anne Lyles, dedicata al pittore romantico britannico Joseph Mallord William Turner (Londra, 1775 - 1851), proseguendo così la prestigiosa collaborazione con la Tate UK dopo la mostra che si è tenuta lo scorso anno alla Reggia di Venaria dedicata a John Constable. Esposte più di quaranta opere, tra dipinti ad olio, disegni, incisioni e acquerelli (i famosi colours beginnings) realizzati negli anni Venti dell’Ottocento e provenienti dall’istituzione britannica, nelle quali Turner esprime non solo la sua predilezione per la pittura di paesaggio, ma anche la sua passione per temi legati alla mitologia greco-romana. Nelle dieci sale espositive i visitatori hanno occasione di ammirare, in percorso suddiviso in sei sezioni tematiche, sia i grandi dipinti a olio su tela, realizzati da Turner per essere esposti alla Royal Academy di Londra, sia gli acquerelli e gli schizzi in cui l’artista manifesta con estrema libertà e spontaneità la sua visione romantica della Natura e del Mito classico.

Tra gli artisti britannici più noti e amati al mondo, William Turner è diventato celebre per i suoi dipinti di paesaggio, dove la Natura è concepita nell’ambito di un’estetica del Sublime, con fitte nebbie, tempeste di mare e fenomeni naturali che infondono timore all’uomo ma allo stesso tempo attraggono. Turner si afferma a livello internazionale all’inizio dell’Ottocento dipingendo grandi quadri per le rassegne ufficiali, nei quali raffigura scene tratte dalla Bibbia, dalla letteratura classica e dalla mitologia ancora influenzati dallo stile dei suoi due predecessori francesi: Nicolas Poussin e Claude Lorrain. Turner si appassiona ai personaggi che popolano il mondo della mitologia (le battaglie tra eroi e mostri; le storie d’amore di Ovidio, Virgilio e altri autori classici), studiando alla National Gallery di Londra i dipinti degli Old Masters. Inoltre, durante i suoi primi anni da studente della Royal Academy, l’artista impara a riprodurre fedelmente, a matita o a gessetto, i calchi delle più celebri statue del mondo classico, come l’Apollo del Belvedere. A influenzare ulteriormente i suoi quadri di mitologia classica contribuì Richard Wilson, artista britannico che nella seconda metà del Settecento visse per un lungo periodo nel sud Italia, tra Roma e Napoli. Le sue tele erano popolate da figure della classicità o mitologiche, immerse in paesaggi idealizzati, ma fortemente influenzati da luoghi reali che aveva visitato. Il desiderio di Turner di conoscere dal vero i paesaggi italiani di Wilson si realizzò solo nel 1819, per le difficoltà che comportava un viaggio in Europa durante le guerre napoleoniche. In Italia Turner tornò poi nel 1828 per un soggiorno più lungo.

Dopo questi due viaggi in Italia, Turner utilizza proprio i paesaggi italiani come sfondo per i soggetti mitologici. Alcune opere in mostra, come The Bay of Baiae with Apollo and the Sibyl (1823) (Il golfo di Baia con Apollo e la Sibilla), testimoniano come il soggetto mitologico sia trattato da Turner con sempre più dettaglio e consapevolezza storica. Lo sfondo di rovine romane e la figura della Sibilla Cumana rappresentano i temi che caratterizzano l’artista: bellezza e decadenza, gloria e declino, fragilità della vita e caduta degli imperi.

Nella prima sala della mostra vengono presentate le sue prime influenze artistiche. Turner avrebbe voluto visitare l’Italia molto prima di riuscire a farlo effettivamente, nel 1819. L’Italia era considerata la culla della civiltà occidentale e nel Settecento molti viaggiatori britannici, soprattutto coloro che avevano ricevuto un’istruzione classica, avevano visitato l’Italia con il Grand Tour, per ammirare le collezioni d’arte e le antichità. Tuttavia, per il lungo periodo in cui sul continente imperversarono la Rivoluzione Francese prima e le Guerre Napoleoniche poi (1792-1815), tutti i viaggi furono sospesi. Già prima di poter visitare personalmente l’Italia, Turner iniziò a immergersi nella cultura italiana e a familiarizzare con dipinti antichi risalenti a un periodo di forte influenza classica. Studiò le opere degli Antichi Maestri (Poussin e Lorrain) conservate in collezioni private, in esposizioni o sul mercato, nonché i dipinti di altri grandi artisti come Rembrandt e Tiziano. Ebbe anche modo di conoscere i più recenti paesaggi dipinti da artisti britannici che avevano visitato l’Italia nel Settecento, come il pittore gallese Richard Wilson e l’acquerellista John Robert Cozens. Questi ultimi, scegliendo composizioni con nette linee prospettiche con gli alberi a fare da quinta e utilizzando effetti di luce soffusi ed evocativi per riprodurre la luce mattutina o serale, avevano assimilato la lezione di Claude Lorrain. Turner continuò a impiegare questi metodi compositivi e gli effetti di luce atmosferica nel corso di tutta la sua produzione, in particolare nei colour beginnings” (ampie stesure compositive) che dipinse ad acquerello a partire dal 1820 circa.

La seconda e terza sala sono dedicate al mito di Apollo. Nel 1802 Turner venne eletto membro effettivo della Royal Academy e da quel momento si dedicò alla pittura di paesaggi di carattere storico sempre più ampi e ambiziosi. Tra tutti i personaggi della mitologia, il suo preferito era Apollo. In una delle sue prime rappresentazioni di Apollo, Turner lo ritrae mentre è in procinto di sferrare il colpo mortale all’enorme drago-serpente Pitone. Nella scultura classica Apollo era considerato l’ideale della bellezza maschile e per questa ragione era spesso raffigurato nudo. Turner conosceva la scultura in marmo dell’Apollo del Belvedere (metà II sec. d.C), custodita nelle Collezioni Vaticane, poiché ne aveva tratto delle copie da un calco in gesso della Royal Academy. Parte della formazione di Turner prevedeva inoltre lo studio del nudo maschile dal vero nell’ambito della Life School dell’Accademia. Se questa composizione, esposta alla Royal Academy nel 1811, Turner si ispirava ancora ampiamente a Poussin, le successive raffigurazioni di Apollo, come La baia di Baia con Apollo e la Sibilla Cumana (1823) e La storia di Apollo e Dafne (1837), erano il riflesso dell’influenza di Claude Lorrain. Queste tre grandi tele, realizzate a distanza di tempo, mostrano lo sviluppo della sua arte: da uno stile inizialmente cupo e strettamente legato alle opere degli Antichi Maestri, l’artista passa a una tavolozza di colori più chiara e ricca.

Si prosegue nella quarta e quinta sala con due donne protagoniste: Didone e Venere. Dalla sua biblioteca e dai riferimenti presenti nei suoi scritti, si percepisce chiaramente quanto Turner avesse a cuore lo studio della mitologia e della storia classica. Ne è un esempio la sua conoscenza dell’Eneide di Virgilio. L’artista era particolarmente affascinato dal IV libro del poema in cui è narrata la travagliata storia d’amore tra Enea e Didone, regina e fondatrice di Cartagine, conclusasi poi in tragedia quando, ammonito dal dio Mercurio, l’eroe la abbandonò per portare a compimento il suo impegno e recarsi in Italia. L’interesse di Turner per questa tematica, rappresentato qui con tre diversi soggetti dipinti nell’arco di una ventina d’anni, è forse riconducibile al suo interesse verso l’ascesa e la caduta degli imperi. Probabilmente vide parallelismi tra la rivalità di Cartagine e Roma e le guerre del suo tempo, intraprese da Napoleone nei confronti del resto d’Europa. Come Apollo rappresentava l’ideale di bellezza maschile, così Venere simboleggiava la bellezza femminile e quindi, analogamente, era spesso raffigurata nuda. Agli esordi della sua carriera Turner realizzò, durante le lezioni in Accademia, repliche da un calco in gesso della famosa Venere de’ Medici, copia romana dell’originale greco. Fu proprio attraverso lo studio della statuaria classica o a partire da modelli femminili disegnati durante le lezioni di Life School che Turner imparò a raffigurare le forme femminili, come si può osservare nell’opera La dea della Discordia sceglie il pomo della discordia nel Giardino delle Esperidi (1806).

Nelle sale sei e sette ci si concentra invece sulle Metamorfosi di Ovidio come fonte di ispirazione. Fu probabilmente all’inizio della sua carriera che Turner cominciò a scoprire gli autori classici e a nutrire un grande amore per la poesia elegiaca, tra cui i testi di Omero, Virgilio e Livio, ma soprattutto di Ovidio. Le Metamorfosi di Ovidio rimase una delle principali fonti di ispirazione per Turner durante tutto il corso della sua lunga carriera. Quando, intorno al 1805, Turner cominciò a compiere regolari escursioni lungo le rive del Tamigi a ovest di Londra, immaginò quel paesaggio fluviale come una sorta di Arcadia incontaminata. Fu allora che iniziò a riempire i suoi taccuini di schizzi con scene fluviali in stile classico, alla maniera di Claude Lorrain, oppure con composizioni storiche, classiche o mitologiche idealizzate (comprese scene delle Metamorfosi di Ovidio) che denominò Studies for Pictures. Nel corso degli anni successivi, Turner iniziò a concretizzare alcune di queste idee realizzando opere più complete, come nel caso dei soggetti tratti dalle Metamorfosi realizzati per la serie di stampe da lui ideata, denominata Liber Studiorum. Le Metamorfosi gli fornirono i temi per i dipinti realizzati nell’arco di più di trent’anni, come Apulia in cerca di Apulo (1814) e Bacco e Arianna (1840). Si prosegue con gli spunti tratti da una più ampia selezione di opere classiche per alcuni dei suoi paesaggi mitologici: il dipinto Ulisse che deride Polifemo (1829) è tratto ad esempio dall’Odissea di Omero. Turner era interessato sia ai poeti recenti o contemporanei sia a quelli classici e conosceva l’Odissea nella traduzione del poeta inglese Alexander Pope. Quando pianificò la realizzazione de La separazione di Ero e Leandro (1837), l’artista potrebbe essere stato influenzato dalla pubblicazione, nel 1813, della Sposa di Abido del poeta romantico britannico Lord Byron, anche se dichiarò che in realtà fu il poeta greco Musèo la sua reale fonte di ispirazione per quest’opera. Turner continuò a viaggiare per tutta l’Europa anche dopo i sessant’anni. Negli anni Quaranta dell’Ottocento iniziò a utilizzare la testa di Ulisse sul sigillo di ceralacca delle sue lettere, come a indicare che i viaggi, la storia e il mito erano profondamente interconnessi nella sua lunga e intensa carriera artistica.

La decima e ultima sezione della mostra è dedicata al Taccuino di Torino. Nel 1819, prima di partire per il suo viaggio in Italia, Turner si fece consigliare dall’amico architetto James Hakewill il tragitto migliore da percorrere per raggiungere Roma, partendo dall’Inghilterra. L’itinerario consigliato non prevedeva il passaggio da Torino, ma Turner lo ignorò e scelse la città come prima e irrinunciabile tappa. È esposto in mostra il taccuino che Turner utilizzò quando passò per Torino e viaggiò verso i laghi italiani: il taccuino Torino, Como, Lugarno, Maggiore. È uno dei taccuini più piccoli che portò con sé in Italia, pensato per stare in tasca e per essere utilizzato, se necessario, durante gli spostamenti. Quando utilizzava questo tipo di quaderni tascabili, Turner usava quasi sempre la matita (usava l’acquerello solo nei quaderni più grandi, quando si fermava più a lungo in un luogo, come a Venezia, Roma o Napoli). Lo scopo principale era quello di documentare e memorizzare le caratteristiche fondamentali di un paesaggio e dei suoi edifici. In questo taccuino Turner realizzò anche molte vedute di edifici del centro della città, delle chiese e delle eleganti piazze.

Per info: www.lavenaria.it

Joseph Mallord William Turner, Apollo uccide Pitone, esposto nel 1811 (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Apollo uccide Pitone, esposto nel 1811 (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Apulia in cerca di Apulo, esposto nel 1814, (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Apulia in cerca di Apulo, esposto nel 1814, (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, La baia di Baia con Apollo e la Sibilla, esposto nel 1823 (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, La baia di Baia con Apollo e la Sibilla, esposto nel 1823 (olio su tela). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Storia di Apollo e Dafne, esposto nel 1837 (olio su tavola). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Storia di Apollo e Dafne, esposto nel 1837 (olio su tavola). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Studio dell'Apollo del Belvedere, 1792 (?) (gesso e gouache su carta). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Studio dell’Apollo del Belvedere, 1792 (?) (gesso e gouache su carta). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Studio per Ulisse che deride Polifemo (?) (1829 circa; gouache e acquerello su carta). Foto ©Tate
Joseph Mallord William Turner, Studio per Ulisse che deride Polifemo (?) (1829 circa; gouache e acquerello su carta). Foto ©Tate

Informazioni sulla mostra

Titolo mostraTurner. Paesaggi della Mitologia
CittàVenaria Reale
SedeReggia di Venaria
DateDal 13/10/2023 al 28/01/2024
ArtistiWilliam Turner
CuratoriAnne Lyles
TemiOttocento

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