Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea a Torino amplia la propria collezione permanente con due nuove opere dell’artista giapponese Aki Inomata (Tokyo, 1983), entrate a far parte del patrimonio museale grazie alla donazione dell’imprenditore Hiroyuki Maki, fondatore del programma filantropico anonymous art project. Le sculture, intitolate How to Carve a Sculpture. Yuzu I (2018) e How to Carve a Sculpture. Genie I (2020), sono attualmente esposte all’interno della mostra Mutual Aid. Arte in collaborazione con la natura, curata da Francesco Manacorda e Marianna Vecellio, che rimarrà aperta al pubblico fino al 23 marzo 2025 nella Manica Lunga del museo.
Le due opere, realizzate in legno, si inseriscono nel percorso di ricerca di Inomata dedicato alle relazioni tra natura e tecnologia, proponendo una riflessione sul concetto di creazione artistica condivisa tra esseri umani, animali e macchine. In particolare, i lavori si ispirano al comportamento del castoro eurasiatico (Castor fiber Linnaeus), noto per la sua abilità nel costruire complesse architetture lignee a partire dall’abbattimento e dalla lavorazione di tronchi d’albero. Inomata osserva e analizza tali comportamenti per poi trasformarli in spunti visivi e concettuali, ponendo domande sul ruolo dell’artista e sulla possibilità di ridefinire l’atto creativo in senso più ampio e non antropocentrico.
Nello specifico, le due sculture sono il risultato di un processo di collaborazione tra competenze artigianali umane, tecnologie digitali e natura. Per realizzarle, Inomata si è avvalsa del contributo dello scultore Takeno Yumi, combinando l’azione manuale alla precisione di una macchina da taglio automatica a controllo numerico (CNC). Le forme finali sono riproduzioni fedeli di alberi rosicchiati dai castori, selezionati e mappati come oggetti originati da una precisa interazione animale con l’ambiente naturale. Il gesto incisivo dei roditori diventa così un elemento plastico, riletto attraverso un filtro umano e tecnologico, ma mantenendo un legame diretto con il comportamento originario dell’animale.
Ad accompagnare le due opere scultoree, sono presenti anche materiali di documentazione e video che mostrano al pubblico le fasi del processo produttivo. La scelta di includere elementi audiovisivi non è accessoria: rientra nell’approccio metodologico di Inomata, che mira a rendere visibile ogni passaggio, dalla genesi dell’idea alla sua realizzazione fisica, sottolineando la natura corale del lavoro artistico e l’importanza dell’osservazione scientifica come parte integrante della pratica creativa.
Aki Inomata è nata a Tokyo nel 1983 e vive attualmente nella capitale giapponese. La sua ricerca si concentra sul concetto di creazione come atto non esclusivo degli esseri umani. Attraverso progetti che coinvolgono direttamente animali e organismi viventi, l’artista mette in scena forme di cooperazione interspecifica, esplorando le implicazioni etiche, politiche ed estetiche di tali interazioni. Le sue opere si pongono a metà strada tra arte, biologia, etologia e scienze cognitive, proponendo modelli alternativi di convivenza e produzione culturale.
Nel corso degli ultimi anni, il lavoro di Inomata ha ottenuto crescente attenzione da parte del panorama internazionale. Tra le mostre recenti figurano Broken Nature al MoMA di New York (2021), Significant Otherness al Towada Art Center di Aomori (2019), e la personale Why Not Hand Over a “Shelter” to Hermit Crabs? al Musée d’arts de Nantes (2018). L’artista ha inoltre partecipato alla Triennale di Milano (2019) e alla Biennale di Thailandia a Krabi (2018). Le sue opere sono incluse nelle collezioni del Museum of Modern Art di New York, della Art Gallery of South Australia ad Adelaide e del 21st Century Museum of Contemporary Art di Kanazawa, in Giappone.
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