Firenze, a Palazzo Vecchio riapre restaurata la Sala delle Carte Geografiche


Tre anni di intenso restauro, nuove tecnologie, un viaggio digitale in 3D e una scoperta storica eccezionale: la Sala delle Carte Geografiche, parte del museo di Palazzo Vecchio a Firenze, è stata inaugurata dopo la fine dei lavori. 

Tre anni di intenso restauro, nuove tecnologie, un viaggio digitale in 3D e una scoperta storica eccezionale: la Sala delle Carte Geografiche, parte del museo di Palazzo Vecchio a Firenze, è stata inaugurata dopo la fine dei lavori. Con il sostegno della Fondazione Friends of Florence, il recupero ha restituito vitalità a uno dei luoghi più affascinanti e visitati della città.

La Sala delle Carte Geografiche, nota anche come Sala della Guardaroba, è stata oggetto di un restauro minuzioso che ha coinvolto il grande globo terrestre al centro della stanza, le 53 mappe cosmografiche, e i 13 armadi monumentali in noce realizzati tra il 1564 e il 1571. Il risultato è un perfetto equilibrio tra antica maestria e tecnologia moderna, con un nuovo sistema di illuminazione a LED e un innovativo sito web che consente un’esplorazione digitale interattiva.

Un restauro tra storia e tecnologia

I lavori, coordinati dal Servizio Belle Arti e Fabbrica di Palazzo Vecchio e dalla direzione Cultura, sono stati resi possibili grazie a una donazione della Fondazione Friends of Florence. L’intervento ha affrontato una complessità unica: il globo, impossibile da spostare, è stato restaurato direttamente in loco, mentre le carte geografiche sono state riparate nell’adiacente Sala della Cancelleria, senza interrompere l’accesso del pubblico alla sala.

Le mappe, dipinte a olio su tavola tra il 1563 e il 1586 dai cosmografi Egnazio Danti e Stefano Bonsignori, rappresentano il mondo conosciuto del XVI secolo. Gli armadi, realizzati da Dionigi di Matteo Nigetti, sono stati restaurati mantenendo intatte le incisioni decorative, mentre i vecchi pannelli in plexiglass sono stati sostituiti con lastre antiriflesso di ultima generazione.

La pulitura del globo, compromesso da restauri ottocenteschi, ha rimosso vecchie vernici scure, riportando alla luce le raffinate cromie originali. Le carte geografiche, invece, hanno richiesto interventi selettivi per rimuovere i danni causati da interventi precedenti e restituire brillantezza ai colori originali.

Gli armadi, destinati a conservare gli oggetti preziosi di Cosimo I, sono stati riportati a condizioni di leggibilità ottimali. I tredici imponenti armadi in legno di noce, destinati nel tempo a contenere dapprima arazzi e manufatti tessili, poi preziosi oggetti in argento e oro e infine antiche armi, furono realizzati tra il 1564 e il 1571 da Dionigi di Matteo Nigetti. Dei 57 pannelli geografici previsti nel progetto originario, ne sono giunti fino a noi 53. Di questi, 30 furono creati basandosi sui disegni del cosmografo domenicano Egnazio Danti (1564-1575), mentre i rimanenti furono completati dal suo successore, il monaco olivetano Stefano Bonsignori. I due gruppi si distinguono principalmente per la differente tecnica pittorica adottata dai due artisti. Le tavole di Danti presentano uno stile simile alla miniatura su carta o pergamena, con contorni, iscrizioni e chiaroscuri accuratamente tracciati a inchiostro, evocando l’aspetto di manoscritti miniati. Al contrario, quelle di Bonsignori utilizzano stesure di colore a olio più coprenti, che richiamano le tecniche pittoriche comunemente impiegate dai pittori dell’epoca.

Anche la struttura metallica del globo, originale del XVI secolo, è stata restaurata, svelando dettagli incisi che erano stati a lungo invisibili.

La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata
La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata

Il mappamondo e la scoperta storica

L’intervento sul grande globo terrestre ha rivelato inoltre una scoperta storica straordinaria. Grazie a ricerche e analisi, si è appurato che il globo attuale non è più quello originale di Egnazio Danti, realizzato tra il 1564 e il 1569, ma una ricostruzione completa eseguita dal cosmografo Matteo Neroni tra il 1605 e il 1613. Del globo originario rimangono soltanto la struttura in ferro progettata dall’ingegnere Antonio Lupicini e, forse, parte della sua armatura interna.

Restaurato utilizzando avanzate tecniche di rilievo fotogrammetrico e videoendoscopia, il mappamondo si è rivelato una vera opera d’arte scientifica. Il blu di lapislazzuli dei mari, le scritte in oro e le terre in ocra e malachite hanno ripreso vita, seppur segnati dal tempo e da passati restauri.

La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata
La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata

I restauri

Tutti i lavori di restauro sono stati accompagnati da un ampio programma di documentazione, che ha incluso fotografie multispettrali e analisi sia non distruttive che micro-distruttive. Il globo è stato documentato durante le diverse fasi del restauro attraverso rilievi fotogrammetrici, la creazione di modelli 3D e ispezioni interne effettuate con un videoendoscopio. Quest’ultimo ha permesso di esaminare in dettaglio la composizione degli strati che compongono il complesso sistema di supporto della sua superficie dipinta.

Il restauro delle carte geografiche è stato realizzato nella vicina Sala della Cancelleria, visibile al pubblico, con i dipinti rimossi dalle ante degli armadi e riposizionati dopo il termine degli interventi. I supporti lignei dei dipinti erano generalmente in buono stato, ma le opere presentavano problematiche legate alla tecnica pittorica. In particolare, le tavole di Bonsignori mostrano segni di slittamento e corrugamento del colore, nonché alterazioni nelle cromie delle aree marine. Gli effetti dei restauri precedenti erano evidenti, con puliture aggressive che avevano danneggiato la pittura, consolidamenti che avevano macchiato permanentemente alcune superfici, e un deterioramento dei materiali impiegati, tra cui l’ingiallimento delle vernici protettive e la modifica dei ritocchi originali.

Il restauro ha avuto come obiettivo il miglioramento della leggibilità delle raffigurazioni, operando selettivamente per rimuovere o assottigliare i materiali di restauro precedenti e integrando pittoricamente le lacune e le consumazioni visibili a causa della pulitura. Grazie a questo intervento, è stato possibile restituire i valori cromatici originari, come l’intenso blu di lapislazzuli dei mari nelle tavole di Danti, e la brillantezza dei passaggi tonali nelle opere di Bonsignori.

Il grande globo terrestre, che non poteva essere spostato altrove, è stato restaurato in loco, con la creazione di un cantiere che ha permesso al pubblico di assistere all’intervento. Profondamente danneggiato durante i secoli e dalle esposizioni all’aperto nel XIX secolo nel cortile del Museo della Specola, il globo, smontato dalla sua struttura in ferro e posato su una base di legno, appariva molto scuro e quasi illeggibile. Le stratificazioni di restauri precedenti coprivano numerose abrasioni e mancanze di colore, oltre a tre grandi lacune. La pulitura, che si è svolta in due fasi, ha rimosso prima la coltre di ridipinture, poi i residui neri dei vecchi ritocchi a base oleosa, probabilmente risalenti a restauri ottocenteschi.

A questo punto, è emersa la cromia originale del globo, raffinata e preziosa, sebbene molto lacunosa e consumata. I mari, di un azzurro lapislazzuli, erano animati da onde e attraversati da velieri e animali marini bianchi; le scritte erano in oro, le terre in ocra e malachite, con rilievi lumeggiati e costellati di piccoli puntini dorati. Le isole erano rappresentate in rosso cinabro, così come le città, raffigurate con piccoli castelli o pallini. Le linee del reticolo geografico erano perfettamente delineate. A causa della condizione conservativa del globo, le integrazioni pittoriche sono state realizzate ad acquerello, utilizzando la tecnica dell’abbassatura tonale, che ha permesso di mantenere la leggerezza necessaria per non alterare il lavoro originale, ma restituire la leggibilità dell’opera.

La struttura esterna di sostegno in ferro è stata smontata, restaurata e poi rimontata dopo il completamento del restauro della superficie dipinta. Grazie a questa operazione, si è potuto confermare che i principali elementi in ferro giunti fino a noi sono ancora quelli originali, nonostante i numerosi smontaggi e restauri documentati. La pulitura ha rivelato dettagli precedentemente nascosti, come graduazioni e iscrizioni incise o punzonate che ora sono nuovamente visibili.

La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata
La Sala delle Carte Geografiche di Palazzo Vecchio restaurata

La sala oggi e l’esperienza 3D

Al tempo dei Priori, la stanza oggi conosciuta come Sala delle Carte Geografiche non esisteva. Quando il duca Cosimo I de’ Medici si stabilì nel palazzo, gli ambienti adiacenti furono organizzati per costituire il quartiere della Guardaroba, destinato a conservare i beni di proprietà della corte. Questo spazio fu realizzato successivamente, tra il 1561 e il 1567, sotto la supervisione di Giorgio Vasari, su richiesta del duca, che lo concepì “con capriccio e invenzione”. La sala doveva diventare sia il cuore del quartiere della Guardaroba, sia un’imponente stanza cosmografica pensata per raccogliere e rappresentare tutte le “cose del cielo e della terra”.

Il progetto, ideato da Vasari con l’aiuto del cosmografo Fra’ Miniato Pitti, rimase parzialmente incompiuto dopo la morte di Cosimo nel 1574. Esso prevedeva 57 pannelli geografici raffiguranti i territori conosciuti all’epoca in Europa, Africa, Asia e nel Nuovo Mondo, collocati sulle ante di grandi armadi di legno. Oltre a ciò, il piano includeva la decorazione del soffitto con figure allegoriche delle costellazioni e la creazione di lacunari centrali dai quali sarebbero scesi due globi di dimensioni considerevoli. Il globo celeste, probabilmente mai realizzato, doveva rimanere sospeso a mezz’aria, mentre il globo terrestre, ancora oggi presente nella sala, era progettato per calare fino al pavimento.

Inoltre, sopra gli armadi e sotto il soffitto, si prevedeva l’installazione di busti raffiguranti principi e imperatori, insieme ai primi trecento ritratti della Collezione Gioviana, in seguito trasferiti agli Uffizi. Questo ambizioso progetto, volto a rappresentare in un unico luogo tutte le “cose del cielo e della terra”, rifletteva non solo l’interesse di Cosimo per la geografia, le scienze naturali e matematiche, ma anche un intento celebrativo. Tale idea richiamava un motto del duca che, sfruttando il gioco di parole con il suo nome e il termine greco “kosmos”, esprimeva il suo desiderio di abbracciare simbolicamente l’intero universo.

Oggi, grazie al nuovo sito web creato dal Museo Galileo, chiunque potrà esplorare virtualmente la sala e le sue opere. Il modello digitale, arricchito da nove video, permette di muoversi liberamente nell’ambiente virtuale e di ammirare da vicino i dettagli delle mappe e del globo, leggendo anche i testi che descrivono i costumi e le storie delle popolazioni rappresentate.

I video includono approfondimenti su figure chiave come il granduca Cosimo I de’ Medici, ideatore della sala, e Giorgio Vasari, che ne progettò l’architettura. Un focus particolare è dedicato a Egnazio Danti e Stefano Bonsignori, autori delle mappe, e ad Antonio Lupicini, che ideò la struttura del globo.


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