Carmela Adani, una scultrice del marmo nell'Emilia del primo Novecento


Essere donna, diceva Carmela Adani, una delle rarissime scultrici del primo Novecento, era allo stesso tempo una disgrazia e una fortuna. E lei fu in grado di realizzare opere che “spiravano vita”.

In un’epoca in cui essere un’artista donna era già alquanto complicato e insolito, visto che lo scenario artistico era perlopiù dominato dal genere maschile, essere un’artista e una scultrice in particolare voleva dire essere una mosca bianca, un caso a parte che di certo merita un’attenzione speciale. Anche se ancora oggi la vita e le opere di Carmela Adani (Modena, 1899 – Correggio, 1965) sono conosciute giusto nell’ambito ristretto della sua zona di provenienza, la bassa reggiana, soprattutto per merito delle ricerche di Renza Bolognesi e del volume monografico curato da Giuseppe Adani, nipote dell’artista, e Gastone Tamagnini pubblicato nel 1975 dalla Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, nonché dalla mostra delle sue opere plastiche e grafiche allestita nello stesso anno a Reggio Emilia e poi a Correggio.

Il caso di Carmela Adani, modenese di nascita ma correggese nell’animo, merita di essere conosciuto in tutto il territorio nazionale per conferirle quel riconoscimento che in vita in parte ottenne ma che post mortem finì purtroppo nel dimenticatoio. Testimonianze della sua scultura si trovano infatti in tantissime chiese di Reggio Emilia e della provincia: sono opere di straordinaria qualità, tanto che sembra impossibile che la loro autrice sia stata dimenticata in questo modo, sia per le sue doti tecniche, sia per la sua stessa storia. Eppure così è accaduto.

Carmela Adani nel suo studio (1941)
Carmela Adani nel suo studio (1941)

“L’essere donna è la mia disgrazia e la mia fortuna”, aveva detto. “Disgrazia, perché in una donna artista la gente è portata a credere meno che in un uomo; fortuna, perché come donna posso aggiungere alle mie opere qualcosa di più di un uomo che abbia le mie stesse possibilità”. In effetti, come è già stato fatto notare, intraprendere l’attività artistica per una donna della prima metà del Novecento (nacque infatti a Modena il 7 novembre 1899 e morì a Correggio il 19 novembre 1965) era difficile sia per le possibilità di studio sia per il pregiudizio spesso radicato secondo il quale le donne dovevano dedicarsi esclusivamente all’ambiente domestico e all’educazione dei figli, abbandonando quindi ogni aspirazione intellettiva e ogni predisposizione che avesse a che fare con l’abilità manuale e creativa. Inoltre pareva davvero incredibile che una ragazza minuta, modesta e umile qual era Carmela Adani fosse in grado di lavorare con tanta abilità e destrezza, da sola con martello e scalpello, il marmo, materiale duro e pesante per antonomasia. Eppure, se si fosse fatta valere nel modo in cui riusciva a dominare il marmo, probabilmente sarebbe diventata molto più famosa e il suo lavoro meglio riconosciuto,

La sua era una dote innata: già da bambina frequentava la bottega del padre, Primo Adani, che di mestiere faceva il marmista, come artigiani del marmo erano i suoi antenati (aspetto da non sottovalutare per la sua vena artistica) e già in quella sede infatti si erano già fatte notare le sue inclinazioni per il disegno e per la scultura. Le sue doti e la sua passione erano però affiancate da uno studio e da un esercizio costante a cui si dedicò fino a quando restò in vita. La sua arte guardava alla tradizione e all’antichità classica, ma a questo affiancava un attento studio del vero, attestato da una moltitudine di disegni di ogni genere, e in particolare un accurato esercizio del ritratto. L’affascinava soprattutto l’arte del Rinascimento fiorentino e fu proprio a Firenze che l’Adani si trasferì nel 1922, dove ebbe l’onore di diventare allieva di Amalia Duprè, figlia del celebre scultore Giovanni, dopo che quest’ultima ebbe modo di vedere alcuni suoi lavori. Riuscì a entrare poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove ebbe come maestro Giuseppe Graziosi, ma qui conobbe anche artisti come Pietro Annigoni, Felice Carena e tutti i maestri legati al mondo accademico fiorentino di quell’epoca. Fu una delle prime donne in Italia a diplomarsi in disegno architettonico. Si fermava infatti per le strade del capoluogo toscano per disegnare qualsiasi soggetto avesse a che fare con l’arte: architetture, panorami, scorci, motivi decorativi, sculture e dipinti di musei, riempiendo una grande quantità di fogli. Una passione e una curiosità che sfociarono poi nella sua grande capacità di spaziare da un genere all’altro, dalla statuaria monumentale ai busti, dalle pale d’altare alle lapidi cimiteriali, dai vasi sacri ai bassorilievi. Se la cavava molto bene anche in ambito architettonico: contribuì infatti alla costruzione e al rifacimento di molti edifici; disegnava e progettava persino elementi strutturali di edifici che poi venivano costruiti dal fratello Mario, missionario in Africa e costruttore di chiese, scuole, ospedali. Tuttavia fu dalla sua esperienza fiorentina e accademica che comprese la sua più grande inclinazione: la rappresentazione della figura umana come massima espressione del sentimento. Le sue sculture mostrano infatti la sua grande sensibilità, come solo una donna riesce a rendere visibile, e le figure umane rappresentate diventano veicolo della dimensione psicologica e interiore. Molto devota e religiosa, le sue opere rivelano quasi sempre una dimensione sacra, motivo per cui sono per la maggior parte state realizzate per chiese o per luoghi religiosi, e sempre con un uso straordinario della luce, che riflette e si insinua tra i dettagli marmorei.

Tra le sue abilità, si conta quella di essere la migliore autrice della Ars Canusina su marmo, un genere di artigianato artistico che rievocava il periodo del dominio di Matilde di Canossa, epoca estremamente fondamentale per quest’area d’Italia. Trasportati dalla carta al cuoio, alle tele e alla ceramica, i motivi decorativi che si trovavano nelle chiese delle varie località della provincia reggiana e nelle miniature dei codici matildici ebbero come massima esponente delle trasposizioni su marmo proprio l’Adani.

Carmela Adani, Trittico con i santi Quirino, Michele e Raffaele (1941-1942; marmo statuario di Carrara, 180 x 200 cm; Correggio, Basilica di San Quirino). Foto Catalogo Generale dei Beni Culturali
Carmela Adani, Trittico con i santi Quirino, Michele e Raffaele (1941-1942; marmo statuario di Carrara, 180 x 200 cm; Correggio, Basilica dei Santi Michele e Quirino). Foto Catalogo Generale dei Beni Culturali
Carmela Adani, Battesimo di Cristo (1925; pietra vicentina, 220 x 150 cm; Fosdondo, Pieve)
Carmela Adani, Battesimo di Cristo (1925; pietra vicentina, 220 x 150 cm; Fosdondo, Pieve)
Carmela Adani, Pala della Certosa (1931; marmo bianco di Carrara, 180 x 108 cm; Firenze, Certosa del Galluzzo)
Carmela Adani, Pala della Certosa (1931; marmo bianco di Carrara, 180 x 108 cm; Firenze, Certosa del Galluzzo)
Carmela Adani, Lavanda dei piedi, dettaglio (1930; marmo bianco di Carrara, 65 x 145 cm; Correggio, Basilica dei Santi Michele e Quirino)
Carmela Adani, Lavanda dei piedi, dettaglio (1930; marmo bianco di Carrara, 65 x 145 cm; Correggio, Basilica dei Santi Michele e Quirino)
Carmela Adani, Grande nudo virile (1937; bronzo)
Carmela Adani, Grande nudo virile (1937; bronzo)
Carmela Adani, Annunciazione (1932; marmo statuario, 53 x 53 cm; Reggio Emilia, Cattedrale)
Carmela Adani, Annunciazione (1932; marmo statuario, 53 x 53 cm; Reggio Emilia, Cattedrale)
Carmela Adani, Progetto per la seconda porta di San Pietro in Vaticano (1947; disegno a matita, 850 x 475 mm)
Carmela Adani, Progetto per la seconda porta di San Pietro in Vaticano (1947; disegno a matita, 850 x 475 mm)
Carmela Adani, Grande Crocifissione Azzali (1955; marmo bianco di Carrara, 236 x 88 cm)
Carmela Adani, Grande Crocifissione Azzali (1955; marmo bianco di Carrara, 236 x 88 cm)
Carmela Adani, Pala di Canossa (1956; pietra; Reggio Emilia, Regina Pacis)
Carmela Adani, Pala di Canossa (1956; pietra; Reggio Emilia, Regina Pacis)

Nel 1947 partecipò, sotto pressioni di convincimento, al concorso per le nuove porte in bronzo della Basilica di San Pietro in Vaticano: fu l’unica donna tra circa ottanta scultori da tutto il mondo, e la Commissione le assegnò una medaglia d’argento come distinzione. Fu la sua estrema modestia a impedirle di farsi conoscere anche al di fuori del suo territorio: si pensi che al concorso per le porte di San Pietro si dedicava di notte, per non impiegare ore del suo abituale lavoro diurno a quella che lei considerava una “evasione artistica”. Amava lavorare nel suo studio correggese di via Carlo V, situato a poca distanza dalla casa che fu, tra il Quattro e il Cinquecento, di Antonio Allegri, l’illustre pittore che prese il nome proprio dal suo paese, e soprattutto era legata alla sua terra e alla sua famiglia, e per questo, dopo la parentesi fiorentina, rimase per sempre nella sua Correggio, dove tuttavia fu attiva nella vita pubblica. Una lapide nella cripta della Basilica del paese la ricorda come scultrice che “soavemente scolpì statue che spiravano vita, con le quali arricchì i templi e nelle nostre terre e in quelle lontane”.

Tra le sue prime opere più significative, realizzò direttamente con lo scalpello, senza modello in creta, l’ancona in marmo raffigurante il Battesimo di Gesù per la Pieve di Fosdondo, la cui composizione mostra figure monumentali dai morbidi panneggi immerse in un paesaggio che celebra la dimensione contemplativa; particolarmente interessante è la figura di giovane nudo seduto nel quale la scultrice ha reso abilmente la torsione del corpo. Del 1931 è la grande pala in marmo della Certosa di Firenze, nella quale l’Adani ha riunito le esperienze naturalistiche e luministiche del primo periodo fiorentino: al centro san Giuseppe con in braccio Gesù Bambino, tra i beati Bernardo e Brunone, e sotto ha raffigurato uno degli scorci di paesaggio fiorentino più belli nella scultura novecentesca. Realizzò poi la Cappella del Santissimo Sacramento nella Basilica dei santi Michele e Quirino a Correggio, e in particolare la scena della Lavanda dei piedi, fulcro dell’intero progetto della cappella. Dello stesso periodo sono il ritratto in terracotta di Giovanni Duprè, padre di Amalia, e il ritratto pittorico di sua sorella Gilda Adani. Eseguì poi nudi, come il Grande nudo virile, il Nudo sorgente, La protesa. Splendido è inoltre il Trittico della Basilica di San Quirino, dove nelle tre nicchie appaiono rispettivamente san Michele con il drago, san Quirino vescovo e san Raffaele con Tobiolo accompagnato da simpatico cagnolino: tre grandi figure monumentali scolpite con il fondo in mosaico. Da menzionare è poi la raffinatissima Annunciazione del Duomo di Reggio Emilia e, tra i suoi capolavori più noti, la pala marmorea del 1956 raffigurante il celebre episodio di Canossa nella chiesa di Regina Pacis di Reggio Emilia. La pala si trova in uno dei pochi altari dedicati a papa Gregorio VII: di grande raffinatezza, si riconoscono Enrico IV inginocchiato e a piedi nudi, il pontefice in trono, Matilde di Canossa e l’abate di Cluny. Appartengono invece all’ultimo periodo della vita dell’artista l’altorilievo della Crocifissione Azzali e il Cristo in bronzo di Baragalla, ancora oggi collocato su un traliccio: quest’ultimo costituisce una delle poche rappresentazioni dell’iconografia del Sacro Cuore, che l’Adani realizzò magistralmente.

Carmela Adani, Modello in gesso per il Trittico di San Quirino (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)
Carmela Adani, Modello in gesso per il Trittico di San Quirino (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)
Carmela Adani, Modello in gesso per il Miracolo della mula (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)
Carmela Adani, Modello in gesso per il Miracolo della mula (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)
Carmela Adani, Modello in gesso per ritratto di donna (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)
Carmela Adani, Modello in gesso per ritratto di donna (Correggio, Liceo Classico Rinaldo Corso)

Oggi la Gipsoteca di Carmela Adani si trova nella sede del Liceo Classico “Rinaldo Corso” di Correggio poiché donata all’istituzione. Nel 2000 infatti l’ex convento San Francesco di Correggio era in restauro per essere destinato al liceo rimasto senza sede dopo il terremoto del 1996. Entro settembre del 2000 i lavori al piano terreno e a parte del primo piano dell’ex convento avrebbero dovuto essere finiti per ospitare qui la scuola. Nel corso dei lavori, il direttore del restauro Gian Andrea Ferrari ebbe modo di conoscere il professor Giuseppe Adani, nipote della scultrice e custode della sua gipsoteca, il quale da anni premeva il Comune di Correggio per una sede adatta alla gipsoteca al fine di poterla donare alla cittadinanza. Un’occasione per far conoscere a tutti il patrimonio scultoreo dell’artista. E quale miglior sede del Liceo, dove tuttora i lunghi corridoi del pian terreno accolgono la gipsoteca? L’istituto scolastico possedeva già un’ampia raccolta di antichi strumenti scientifici, una collezione di incisioni e carte geografiche antiche e un’importante biblioteca con testi rari del Sette e Ottocento. A questi si aggiunse quindi la gipsoteca dell’Adani: firmato l’accordo, la parte più significativa delle sculture era già stata trasferita nella nuova sede del liceo nel giugno 2000. Hanno trovato dunque qui una sede definitiva le sculture e i modelli in gesso dell’artista, per la maggior parte legati a temi religiosi, a lei cari. Ne sono esempi il modello in gesso della Pala di San Giuseppe, il cui originale in marmo si trova nella Certosa del Galluzzo a Firenze, il modello della Cena in Emmaus, il cui originale forma il paliotto dell’altare maggiore nel santuario della Madonna dell’Olmo di Montecchio, il modello del Trittico di San Quirino (l’originale nella cripta della chiesa di San Quirino a Correggio). E ancora, il modello in gesso dell’Altare del Santissimo della chiesa di San Quirino, il modello dell’altorilievo raffigurante Cristo e le Vergini Sagge (l’originale nel Cimitero Monumentale di Verona), il modello dell’altorilievo con il Miracolo della Mula di Sant’Antonio da Padova (l’originale forma il paliotto dell’altare maggiore della chiesa di San Giovanni Evangelista di Reggio Emilia), il modello del Busto del vescovo Mons. Brettoni, il cui originale è nella Cattedrale di Reggio Emilia, il modello di Santa Costanza. Non manca il modello in gesso del Ritratto di Amalia Duprè; e poi i modelli a bassorilievo dei dodici apostoli (l’originale nel santuario della Madonna dell’Olmo di Montecchio), il Ritratto della maestra Erminia Valli, il Busto di mons. Leone Tondelli (originale nella Cattedrale di Reggio Emilia) e il Ritratto del dott. Giovanni Recordati.

Le giovani generazioni (e non solo) hanno così occasione di stare in contatto quotidianamente con le opere di quest’artista, che purtroppo è rimasta conosciuta quasi esclusivamente a livello locale, ma che avrebbe potuto diventare, per la sua grande abilità e la sua forte sensibilità, una delle artiste più significative del primo Novecento a livello nazionale. Chissà se in futuro, con le dovute occasioni espositive e di studio, Carmela Adani raggiungerà un maggiore riconoscimento. Noi ce lo auguriamo.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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