Come si organizza una mostra seria. Il caso di “Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche”


Come si organizza una mostra seria? Un esempio nel dettaglio: la mostra su Lorenzo Lotto nelle Marche a Macerata.

Se nelle pubblicazioni che accompagnano le mostre è naturale aspettarsi contributi che facciano luce sulle motivazioni che hanno portato all’ideazione dell’esposizione (o almeno, questo è quanto normalmente ci s’attende da parte d’una mostra fondata su di un progetto scientifico serio), non è invece altrettanto frequente trovare, nel catalogo d’una mostra, un saggio, redatto dal curatore, che racconti al lettore come sia nato il progetto espositivo, quali le fasi realizzative e operative della rassegna, quali le ragioni che hanno portato alla scelta della sede espositiva, quali le difficoltà che si sono incontrate durante il percorso. Oltremodo significativo in tal senso è l’esempio offerto dalla mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche. Luoghi, tempi e persone, in programma dal 19 ottobre 2018 al 10 febbraio 2019 a Macerata presso Palazzo Buonaccorsi. Il denso catalogo della rassegna marchigiana s’apre con un saggio del curatore Enrico Maria Dal Pozzolo, intitolato Progetto Lotto, col quale il lettore viene edotto non soltanto in merito alle ragioni che sottendono la mostra, ma anche su tutto ciò che riguarda l’organizzazione stessa della mostra, con una sorta di cronistoria dei mesi che hanno preceduto l’apertura delle porte di Palazzo Buonaccorsi. E poiché la mostra su Lorenzo Lotto ci è parsa una somma di buone pratiche, è possibile prenderla a esempio per la sua qualità di mostra seria fondata su criterî scientifici e metodologici inappuntabili.

Il primo dato interessante consiste nel fatto che la rassegna di Macerata ha richiesto due anni di gestazione: un arco di tempo che è del tutto normale per una rassegna inedita di storia dell’arte. Volendo entrare nello specifico, la mostra su Lorenzo Lotto viene ideata nell’agosto del 2016, nei momenti in cui si stava preparando (anche in tal caso con due anni d’anticipo) la mostra della ritrattistica lottesca che sarebbe stata visitabile dal 19 giugno al 30 settembre 2019 al Prado di Madrid (si tratta dell’esposizione Lorenzo Lotto. Retratos, di cui è possibile leggere la recensione su Finestre sull’Arte, e che poi avrebbe fatto tappa a Londra). L’ideazione della mostra madrilena (e della sua prosecuzione londinese) accese una riflessione sull’opportunità di pensare a una mostra su Lorenzo Lotto nelle Marche: come ricorda Dal Pozzolo nel suo contributo, dal 1950 (anno della mostra, curata da Pietro Zampetti ad Ancona, sulla pittura veneta nelle Marche) fino al 2015 (con la mostra sulle opere lauretane di Lorenzo Lotto tenutasi a Castel Sant’Angelo), e volendo poi ampliare l’orizzonte cronologico fino al 2017-2018 con il focus su alcuni pezzi di Lotto curato da Vittorio Sgarbi al Museo Civico di Villa Colloredo Meis di Recanati, sono state diverse le occasioni in cui s’è approfondita la produzione marchigiana dell’artista nato a Venezia. Una mostra seria, del resto, non può non tener conto della storia espositiva precedente onde evitare di riproporre rassegne che si sono già viste, soprattutto se non ci sono novità scientifiche di rilievo. E l’originalità dovrebbe essere vieppiù maggiore se l’esposizione è stata preceduta da mostre recenti sullo stesso tema: peraltro, il saggio Progetto Lotto contiene anche un breve rimando al problema dell’eccesso di mostre che caratterizza ogni anno il palinsesto espositivo italiano (molte di queste mostre tendono a proporre sempre i soliti nomi presentando al pubblico formule trite e ripetitive, ma di sicuro successo, andando però a mettere “in enorme difficoltà” sottolinea Dal Pozzolo, “i tentativi di rivalutazione di nomi, scuole e fenomeni ‘minori’, che risultino privi di un eclatante richiamo mediatico e siano pertanto destinati all’incomprensione infastidita di politici, amministratori e organizzatori di eventi à la page”). Di conseguenza, l’ideazione d’una mostra seria poggia sempre su di una riflessione: occorre sempre valutare l’opportunità di dar vita a un progetto se non è nuovo o se non è utile, o se non consente di far progredire le conoscenze su di un artista, un movimento, un periodo storico, un tema.

Nel caso della mostra di Macerata, al di là delle novità (i recenti restauri o le nuove ipotesi, specie quelle sulla produzione giovanile dell’artista: su queste pagine, s’è visto nello specifico il caso del dipinto d’anonimo di fine XV secolo per il quale s’è pensato al nome di Lotto giovane), il progetto è stato immaginato attorno a due assi principali (la solidità del team di ricerca, tutto composto da specialisti di Lorenzo Lotto, e la tutela del rapporto tra le opere e il territorio: la mostra di Macerata è infatti la prima di sempre che s’è posta l’obiettivo d’analizzare l’intera produzione di Lotto nelle Marche rimanendo in regione) che hanno animato i cinque assunti fondamentali del progetto: il rientro nelle Marche delle opere realizzate per il territorio marchigiano, il raccordo tra la mostra e le opere ancora presenti nella regione (quasi tutte rimaste nelle loro sedi, nel raggio massimo d’una cinquantina di chilometri da Palazzo Buonaccorsi: le uniche a essere spostate sono state quelle conservate presso edificî ancora inagibili dopo il sisma del 2016), l’individuazione di strumenti per narrare i legami tra l’artista e le Marche, il ripensamento della produzione marchigiana del maestro all’interno di una revisione generale del suo corpus (gli ultimi cataloghi generali di Lorenzo Lotto risalgono alla fine degli anni Settanta), e l’archiviazione di tutti i materiali bibliografici, fotografici e filmici prodotti all’interno d’un centro di ricerca se non d’un centro di studi lotteschi eventualmente da aprire ex novo. Come si può ben osservare dall’elenco brevemente riassunto sopra, si tratta di propositi che non s’esauriscono all’interno del discorso della mostra, ma intendono travalicarla per lasciare una traccia negli studî sull’artista: e questo vale per ogni mostra che voglia avere una qualche fondatezza. Una mostra dovrebbe cioè essere un terreno fertile dal quale far germinare nuove conoscenze, un punto d’arrivo d’un percorso, ma anche una base per future ricerche. Il progetto d’una mostra non può poi prescindere dal rapporto col pubblico: occorre infatti garantire un’opportuna valorizzazione al tema della mostra (sia esso un artista, un gruppo d’artisti, una raccolta, un periodo), sempre però facendo sì che la valorizzazione non finisca quando la mostra chiude i battenti, ma possa durare nel tempo.

L'ingresso scenografico della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche
L’ingresso scenografico della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche


Una sala della mostra: da notare il rispetto totale e l'ingombro minimo degli ambienti storici di Palazzo Buonaccorsi
Una sala della mostra: da notare il rispetto totale e l’ingombro minimo degli ambienti storici di Palazzo Buonaccorsi


Sala della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche
Sala della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche

Stabilito il progetto, è quindi necessario immaginare come renderlo concreto. Nel caso della mostra su Lorenzo Lotto, s’è dapprima redatto l’elenco delle opere da spostare a Macerata, intavolando il prima possibile le dovute discussioni con i soggetti prestatori, anche perché, in molti casi, s’è trattato d’importanti istituti internazionali coi quali avviare o continuare rapporti di collaborazione. C’è da sottolineare che, di norma, se il progetto espositivo presenta solide basi scientifiche, se le opere chieste in prestito trovano una seria giustificazione nell’ambito del percorso della rassegna, e se non ci sono rischi che potrebbero minacciare il trasferimento delle opere, i curatori d’una mostra non incontrano particolari difficoltà da parte degli istituti che devono privarsi temporaneamente degli oggetti richiesti. Così è stato per Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche: anche se non si poteva contare sul prestito di alcuni dipinti che erano già stati concessi alla mostra di Madrid e Londra (vale la pena sottolineare che per un’opera del Quattro o del Cinquecento, un viaggio, di qualunque distanza o durata, rappresenta sempre un momento molto delicato della sua vita, e bisogna anche considerare che certe opere sono iconiche per i loro musei: di conseguenza, è lecito immaginare che un museo non voglia rimanere a lungo senza tali opere), la reale “possibilità di riunire un insieme significativo”, ha sottolineato Dal Pozzolo, ha portato il progetto a raccogliere “plausi e una disponibilità di massima” presso alcune istituzioni che detenevano “pezzi chiave”. Certo, le risposte non sono state immediate: quando s’organizza una mostra è necessario muoversi con largo anticipo per dare ai prestatori la possibilità di valutare il progetto, decidere se prestare o meno le opere e intraprendere quindi tutte quelle azioni necessarie alla tutela dei pezzi. Si tratta d’un processo che richiede molti mesi per poter essere messo a punto in tutti i suoi termini.

Affinché i riscontri dei soggetti prestatori siano positivi, una mostra deve anche contare su di uno “staff” di ricerca solido e scientificamente credibile, che s’occupi di garantire l’impostazione della mostra e del suo catalogo. Forse non si sottolinea mai abbastanza l’importanza del catalogo, che in moltissime mostre è ormai sempre più un orpello di scarsa consistenza: eppure, come ha ben rilevato anche Dal Pozzolo, quanto il catalogo sia importante nell’economia di una mostra originale “lo indica il fatto che non di rado le mostre migliori nascono dalla forma che prendono i cataloghi per esse impostati, più che viceversa”. Nel caso della mostra di Macerata, il team di ricerca che si sarebbe occupato del catalogo (costituito da docenti universitari: Annamaria Ambrosini Massari, Francesca Coltrinari, Alessandro Delpriori, Ottavia Niccoli e Francesco De Carolis), parte integrante del comitato scientifico della mostra (che oltre ai summenzionati ha incluso altri cinque studiosi: Marina Massa, Marta Paraventi, Giuliana Pascucci, Vito Punzi e Lucia Tancredi, tutti coinvolti in un momento successivo) ha immaginato un’impostazione che tenesse conto da una parte delle opere in mostra, dall’altra di quelle che si trovano nel territorio per proporre “continui rimandi intrecciati” tra le une e le altre. Inoltre, s’è pensato a una doverosa contestualizzazione: non di rado le mostre monografiche (quelle, cioè, dedicate a un singolo artista) presentano, solitamente in apertura, una o più sezioni volte a ricostruire l’ambiente storico, culturale, socio-economico nel quale il protagonista dell’esposizione si trovò a operare, e altrettanto di frequente vengono immaginate sale che raccontino la fortuna o la sfortuna critica dell’artista, o il modo in cui autori successivi ne hanno colto l’eredità (queste, invece, solitamente si trovano in conclusione di percorso). A Macerata c’è stato spazio per i momenti riservati al contesto e alla fortuna critica, tutti inseriti in apertura di percorso: le prime sale analizzavano dapprima le figure dei protagonisti che hanno contribuito al recupero storiografico della figura di Lorenzo Lotto, quindi il contesto storico delle Marche alla fine del Quattrocento (tutti temi poi ulteriormente sviluppati nel catalogo con contributi ad hoc). La contestualizzazione implica l’utilizzo non soltanto d’opere d’arte, ma anche di documenti (contratti, note di pagamento, memoriali, notiziarî e quant’altro), che presuppone un accurato lavoro sulle fonti. Quanto all’eredità, dacché l’arte di Lorenzo Lotto non ha avuto un impatto immediato diretto sulla pittura marchigiana coeva, non era previsto in mostra un momento d’approfondimento sul tema (in parte demandato semmai al saggio di Alessandro Delpriori in catalogo).

Anche un ambiente molto difficile come il Salone dell'Eneide di Palazzo Buonaccorsi è stato affrontato col dovuto rispetto: ospita una delle sezioni della mostra su Lorenzo Lotto che approfondiscono il contesto storico-culturale
Anche un ambiente molto difficile come il Salone dell’Eneide di Palazzo Buonaccorsi è stato affrontato col dovuto rispetto: ospita una delle sezioni della mostra su Lorenzo Lotto che approfondiscono il contesto storico-culturale


Il Salone dell'Eneide con gli allestimenti minimali per la mostra su Lorenzo Lotto
Il Salone dell’Eneide con gli allestimenti minimali per la mostra su Lorenzo Lotto


Interazione tra dipinti, documenti e supporti multimediali
Interazione tra dipinti, documenti e supporti multimediali


Sala della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche
Sala della mostra Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche

La scelta delle opere da esporre implica diversi interrogativi e pone curatore e comitato scientifico di fronte a diversi problemi, tanto di carattere teorico quanto di carattere pratico. Di questi ultimi in parte s’è già detto: necessità di muoversi in anticipo, ricerca di disponibilità presso i soggetti prestatori, messa a punto della macchina organizzativa che s’occupi di rapporti di collaborazione, pratiche burocratiche, assicurazioni, trasporti e quant’altro sia necessario per far sì che il prestito proceda nel miglior modo possibile. Alcuni dei problemi di natura teorica (che, beninteso, hanno poi comunque risvolti pratici) sono stati ben riassunti in Progetto Lotto: la difficoltà nello stabilire quale sia la più corretta sequenza cronologica del percorso (la mostra di Macerata, infatti, s’è retta su di un impianto cronologico), la sostanziale impossibilità di ragionare su periodi “buî” per i quali non abbiamo a disposizione opere né documenti, la presenza di numerose incognite che rendono difficile spiegare perché una data opera si relazioni a un’altra opera, e così via. Diversi problemi rimangono irrisolvibili, e compito del comitato scientifico è quello di “recuperare e disporre i tasselli necessarî per disegnare un percorso complessivo equilibrato” in modo da offrire una ricostruzione accurata, e in modo che vengano prodotte novità sull’artista e sul suo ambiente. Nel caso della mostra su Lorenzo Lotto, s’è anche pensato di far seguire alla mostra da un convegno di studî internazionale (promosso, nello specifico, da Francesca Coltrinari) che potesse fare il punto della situazione (si tratta, anche questo, di un caso tutt’altro che infrequente: pensando alle mostre più importanti dell’anno in Italia, l’ultimo in ordine di tempo è stato il convegno organizzato nell’ambito delle due mostre sul Tintoretto a Venezia).

La scelta della sede espositiva viene quindi individuata sulla base di elementi anzitutto tecnici: l’ubicazione dell’edificio, il rispetto degli standard di sicurezza fissati dalle normative nazionali e internazionali, l’ampiezza, la capienza e lo stato delle sale, la presenza di ambienti adatti per l’accoglienza e per i servizî (biglietteria, bookshop, guardaroba, sala conferenze). E poi ci sono ragioni d’opportunità: nel caso della mostra di Lorenzo Lotto, s’è scelta Macerata in quanto Comune inserito nel cratere del terremoto e quindi centro fortemente simbolico. E Palazzo Buonaccorsi in quanto sede storica di gran pregio (c’è poi da dire che, con grande intelligenza, s’è deciso di non occultare affreschi e tappezzerie antiche con le pannellature, come invece, purtroppo, accade sempre più di frequente). S’affida poi il progetto dell’allestimento a uno studio specializzato (quello dell’architetto Luca Schiavoni nell’esempio della mostra su Lorenzo Lotto), si studia la disposizione delle opere e, infine, si mettono a punto le attività collaterali, i percorsi di valorizzazione, oltre che tutti gli strumenti necessarî per far sì che la mostra arrivi al pubblico (apparati didascalici e didattici, visite guidate, ufficio stampa e via dicendo). La mostra è così pronta per aprire i battenti al pubblico: e nel momento in cui l’ultimo tassello del mosaico raggiunge la sua posizione, è infine possibile valutare se il risultato finale, citando ancora dal contributo di Enrico Maria Dal Pozzolo, è “coerente ai principî che ci si era dati e soddisfacente per le legittime aspettative del pubblico”.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo



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