Di grado in gradulo: Girolamo e il Correggio ricongiunti. La “nuova” Madonna della cesta


È da poco emersa sul mercato antiquario una copia della Madonna della Cesta del Correggio, opera di Girolamo da Carpi, acquistata da un privato di Correggio. Un approfondimento sull'opera e sul restauro della sua meravigliosa cornice.

Il sovra-titolo del presente saggio è tolto da una giocosa poesia di Arrigo Boito e ci riporta ai passi della critica d’arte che procede lentamente e sapientemente sulle nuove scoperte, anche su apparizioni minori, per illuminare nessi e conoscenze non raramente capaci di emozioni.

Per questa occasione è interessante partire dalla “Associazione Amici del Correggio” che agisce nella città natale del pittore e che da tempo si assume impegni di studio, di promozione e di sostegno alle ricerche allegriane in ambito internazionale. Negli ultimi anni, oltre alla partecipazione a mostre di alto rilievo, a promozione di conferenze, di corrispondenze e traduzioni di testi fondamentali, l’Associazione ha celebrato il quinto centenario della Madonna di San Francesco in concordanza diretta con la Gemäldegalerie di Dresda (quaderno di Silvana editrice a cura di Giuseppe Adani, 1515) e il quinto centenario della “Camera di San Paolo” con una nuova lettura di Renza Bolognesi (quaderno Silvana editrice, 2018); ha collaborato alla mostra di San Bendetto Po Dal Correggio a Giulio Romano (2020); si è rivolta all’acquisizione di opere di sicuro valore come la bellissima tavola autografa della Sant’Agata, e di copie antiche aventi parte diretta alla fortuna storica del celebre caposcuola del Rinascimento.

Gli occhi dell’Associazione non si sono stancati di scrutare le piccole aste e le occasioni avventizie che in qualche modo riguardassero il Correggio (Antonio Allegri, detto il Correggio; 1489 circa - 1534), così recentemente un rame di curioso interesse è planato nella cittadina padana, eponima dell’artista. La visibilità del dipinto e della sua estrosa cornice, dopo il primo tranquillo apprezzamento, cominciò a porre interrogativi e richiedere approfondimenti che l’osservazione acuiva sempre più, tanto da decidere il coinvolgimento di un autentico primario del restauro che potesse rendere la piena verità su un soggetto così raro e così finemente riprodotto. Si tratta infatti della copia della Madonna della cesta, un capolavoro allegriano che il Vasari definì “bello a maraviglia” il cui originale è su tavola di cm. 34 x 25, oggi conservato alla National Gallery di Londra. Di eccezionale scelta iconografica restituisce a noi un momento di intima libertà dell’artista nei suoi anni fulgidi (1525-26) quando meditò sul tema inesperito del lavoro della Sacra Famiglia durante l’esiliata permanenza in Egitto.

Antonio Allegri detto il Correggio, Madonna della cesta (olio su tavola, 34 x 25 cm; Londra, National Gallery)
Antonio Allegri detto il Correggio, Madonna della cesta (olio su tavola, 34 x 25 cm; Londra, National Gallery)


Girolamo Sellari, detto Girolamo da Carpi, Copia della Madonna della cesta (olio su rame, 34 x 27 cm; Correggio, collezione privata).  Ricordata con entusiasmo dal Vasari.
Girolamo Sellari, detto Girolamo da Carpi, Copia della Madonna della cesta (olio su rame, 34 x 27 cm; Correggio, collezione privata). Ricordata con entusiasmo dal Vasari.

Occorre fermarsi qualche istante a considerare come alcune piccole tavole religiose del Correggio abbiano goduto subitamente di vasta notorietà e di un gran numero di copie, forse ineguagliato: un gradimento vivo non soltanto presso il popolo ma intenso presso i pittori, che compresero come il linguaggio del Correggio, in apparenza facile, contenesse invece una straordinaria altezza di stile e nuovissime capacità di comunicazione. La Madonna della cesta è una di queste: il cestino da lavoro di Maria, posto in primo piano, e l’adoprarsi di san Giuseppe sullo sfondo compongono un dolce clima familiare che rende la scena centrale quantomai spontanea pur nella difficile e “sprezzata” postura. Vediamo la Mamma che stende le braccia del Bimbo, segno del preludio alla croce, per provare la camiciola appena da lei confezionata, e il Gesù infante che quasi sovvenendosi dello scopo della sua incarnazione si apre a benedire.

Si noti come sui corpi sacrali, agisca una doppia luce, quella fisica dall’alto e un’altra che in alcuni punti emana dall’interno: questa sensitività è da leggersi con estrema attenzione. Nel dipinto compaiono poi altri lumi disposti fra i piani; il tutto, con il complesso delle architetture verso l’infinitudine del paesaggio e l’amorevole abbraccio dei vegetali, rende questo momento correggesco commovente e indimenticabile. E la pianta del piede del Bambino, insieme alla sua nudità, aggiunge una firma del cuore allegriano, e dona un brivido amorevole che ad ogni animo femminile intenerisce il labbro.

Veniamo allora alla copia su rame che misura cm 34 x 27 e che tanto oggi ci attira. Sappiamo che l’originale del Correggio ha avuto vicende complicate e lacunose ma siamo certi che uno dei primi possessori, se non il primo, fu il cavaliere parmense Francesco Baiardo, noto anche come il maggior committente del Parmigianino. E qui si inserisce la più antica notizia autentica che troviamo nell’opus magnum del Vasari e precisamente nelle vite abbinate di Benvenuto Garofalo e di Girolamo da Carpi (edizione giuntina del 1568). Girolamo da Ferrara, detto “da Carpi” per le origini paterne (Ferrara 1501 -1556) diventò amico di Giorgio Vasari e nel 1550 a Roma gli comunicò molte cose della sua movimentata esistenza: fra queste l’entusiasmo vivissimo per le opere del Correggio, alcune delle quali egli copiò: quelle delle “teste fatte in paradiso”. Lasciamo direttamente la parola al Vasari: “… da uno dunque che n’ha il Cavalier Boiardo in Parma, bello a maraviglia, di mano del Correggio, nel quale la Nostra Donna mette una camicia indosso a Cristo fanciulletto, ne ritrasse Girolamo uno a quello tanto simile che pare desso veramente.....così bene e con tanta diligenza che non si può vedere minio più sottilmente lavorato et altri infiniti lavorati con molta diligenza”. Quel “che pare desso veramente” è una testimonianza del Vasari in persona che dunque deve aver comparato de visu il risultato dell’impegno di Girolamo.

Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare
Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare


Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare
Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare


Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare
Girolamo da Carpi, Copia dal Correggio, particolare

I rapporti che gli Amici e gli studiosi correggesi ebbero con i Musei Vaticani in occasione del riconoscimento autentico del Redentore in gloria dell’Allegri (2008-2011) hanno fruttato due risultati di grande importanza: uno è stata l’indagine nuova e approfondita della tecnica esecutiva del Correggio che ha posto in risalto il metodo e il procedimento dell’eccezionale autore; l’altro è stata l’amicizia con il Maestro restauratore Claudio Rossi De Gasperis (nato nella Città del Vaticano da antica famiglia di alto servizio papale), il quale ha continuato ad interessarsi con attenzione crescente alle singolari preparazioni e alle tecniche cromatiche del genio emiliano. Di qui la decisione di chiedere al grande Claudio, ora in libera quiescenza, l’esame del rame acquisito. Con la sua accettazione si è acceso di nuovo in lui un innamoramento scientifico-artistico che ha stretto insieme la poesia del Correggio e l’infinita diligenza di Girolamo.

In alcuni mesi di avvolgenze, di prove accuratissime, di intancabili fissazioni, di aiuti strumentali, di interventi delicati e di comparazioni, Rossi De Gasperis ha ridato vita e lucentezza, sin nei recessi pittorici, alla “nuova” Madonna della cesta, che egli stesso ha definito eseguita da mano di vero maestro. Una piccola caduta del colore ha consentito la scoperta, davvero sorprendente, di una esecuzione pittorica direttamente sul rame, senza preparazione. L’esame radente condotto in più parti ha rivelato il trasporto dei contorni, segnati da una leggerissima incisione ottenuta ad acido, derivando questa dalla tecnica dell’acquaforte: contorni epperò non sempre rispettati durante la stesura del colore. Questi due fattori ci offrono la certezza di una padronanza di mestiere e di una trattenuta misura di libertà che sono notevolissime doti da parte del copista-non-copista: Girolamo da Carpi fu infatti un ottimo pittore.

La cornice durante il restauro. Emerge la doratura a bolo.
La cornice durante il restauro. Emerge la doratura a bolo.


Claudio Rossi De Gasperis con il suo magnifico risultato (2020).
Claudio Rossi De Gasperis con il suo magnifico risultato (2020).

La Relazione di Restauro è completa, analitica, e illustrata con precisione, spaziando anche sui fenomeni tecnici del dipingere cinquecentesco. Un godimento che si accompagna a tutte le emozioni che si riscontrano nell’attenta e amorosa prospezione del pur piccolo soggetto. Scrive il Restauratore: “... è emersa sempre più una inaspettata e preziosa superficie cromatica di altissima qualità [...] i singolari, splendidi e diafani incarnati rinvenuti, creati da inediti pigmenti rosa e i particolari bianchi luminosi, gli azzurri e le preziose lacche rosse usate per la veste di Maria portano ad ipotizzare che solo l’abilità, la sensibilità e l’alta professionabilità di un grande maestro avrebbe potuto crearli […] l’opera è dipinta attraverso veloci pennellate, ora straordinariamente fluide e trasparenti, ora dense e corpose, date senza alcun timore”. La conclusione, come dicemmo, esclude il tradizionale copista e punta verso una sicura peculiarità artistica. A vanto di Girolamo.

Ma il Claudio internazionale ha rivolto la sua attenzione di antico mago dei tesori vaticani anche alla cornice. Un possessore estasiato, verosimilmente nel seicento, ha dotato il rame di una cornice lignea intagliata magnificamente, a coronamento superbo del soggetto. Essa appariva bella e brunita, ma taluni riflessi tradivano un sintomo da approfondire. Con un procedimento multiplo, ben consapevole degli antichi pessimi “mantenimenti” a base di petrolio eppoi di colla animale data a caldo, il restauratore ha condotto una pazientissima e controllata pulitura enzimatica che ha rimesso in luce la straordinaria splendida doratura di oro zecchino, distesa riccamente su ogni parte, anche nascosta, della opulenta cornice che ora brilla di incantevole nobiltà.

Non rimane a noi che registrare la conferma “in corpore” della felice notizia del Vasari, e dichiarare il dipinto qui pubblicato come opera sicura di Girolamo da Carpi.


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L'autore di questo articolo: Giuseppe Adani

Membro dell’Accademia Clementina, monografista del Correggio.



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