Sul finire dell’Ottocento, negli ambienti intellettuali della Boemia, allora parte dell’Impero austroungarico, si diffuse un vivo interesse per le tematiche del mistero, dell’orrore, delle scienze ermetiche, del misticismo cristiano e di quello orientale. Scrive la storica dell’arte Hana Larvová che “le fonti di questi nuovi orientamenti, che trovarono eco nei cambiamenti del clima artistico europeo, vanno ricercate nell’estetica del Decadentismo, giŕ in voga nella seconda metŕ degli anni Novanta dell’Ottocento, il quale, affermando l’esigenza di lasciar emergere l’individualitŕ creativa dell’artista, si aprě a una vasta gamma di tematiche che attingevano ad ambiti fino ad allora considerati tabů, ‘orrore, depravazione, intricati incubi e atroci visioni’”. L’estetica decadente si diffuse a Praga e in Boemia grazie alla presenza degli intellettuali che gravitavano attorno alla rivista Moderní Revue pro literaturu, umění a život (“Rivista moderna per la letteratura, le arti e la vita”), edita da un impiegato di banca, Arnošt Procházka, pubblicazione che ebbe l’effetto d’ispirare anche le arti visive: le divagazioni di scrittori, critici e poeti come Jiří Karásek ze Lvovic, Miloš Marten, Karel Hlaváček e altri destarono negli artisti, scrive ancora Larvová, uno spiccato interesse “per l’inconscio umano, per gli stati d’animo patologici e irrazionali”, e una grande “attrazione per la morte e l’erotismo”.
Moderní Revue, fondata nell’ottobre del 1894, aveva una cadenza mensile e continuň a pubblicare per piů di trent’anni, terminando la propria esperienza solo con la scomparsa di Procházka: si trattň di un progetto disorganico, privo di un programma culturale definito, aperto a una larga congerie di tematiche differenti, che accoglieva contributi di personalitŕ animate da visioni della vita e dell’arte anche diametralmente opposte (anarchici ed estremisti di destra, satanisti e dandy, omosessuali e difensori della tradizione). Caratteristica, questa, che causň notevoli attriti tra i collaboratori, ma che, contro ogni pronostico, non minň l’esistenza della rivista, le cui redini erano tenute ben salde da Procházka, anche se forse non aveva un’idea precisa dell’indirizzo da dare alla pubblicazione (tanto che lui neppure amava definirsi decadente): gl’interessava semplicemente che la pubblicazione fosse “moderna”. Lo studioso Neil Stevens ha scritto che la qualitŕ letteraria della rivista non era neppure eccelsa, ma ciň nonostante “Moderní Revue appare oggi significativa [...] in quanto agě da piattaforma di discussione e da mezzo di scambio culturale, un catalizzatore che incoraggiň il metabolismo del sistema culturale assorbendo influenze straniere e stimolandone la digestione critica".
Č dunque innegabile il ruolo che Moderní Revue ricoprě nell’ambiente culturale della Praga degli ultimi anni dell’Ottocento e dei primi del Novecento. E anche le arti visive trovarono nella pubblicazione una continua e costante fonte d’ispirazione, cogliendo anche in questo caso tutti gli spunti eterogenei che la rivista sapeva offrire: Hana Larvová, in particolare, individua nel misticismo di František Bílek (Chýnov, 1872 - 1941) e nelle diavolerie grottesche e stregonesche di Josef Váchal (Milavče, 1884 - Studeňany, 1969) le due posizioni agli estremi opposti. Accanto a queste due figure che dominarono la scena delle arti ceche d’inizio Novecento, si collocavano artisti che non ebbero pari fortuna ma produssero risultati di assoluto rilievo: uno di questi era Jaroslav Panuška (Hořovice, 1872 - Kochánov, 1958). Figlio di un topografo, arrivň a Praga giovanissimo, nel 1889, per studiare presso la locale Accademia di Arti figurative, dove fu allievo di Maxmilián Pirner e dove si specializzň soprattutto nell’illustrazione e nel genere della caricatura, due ambiti destinati ad avere un impatto rilevante sulla sua produzione successiva.
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Praga, il Ponte Carlo |
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Veduta di Praga nella nebbia |
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Staroměstské náměstí (Piazza della Cittŕ Vecchia) in una cartolina del 1900 pubblicata dall’editore Koppe-Bellmann |
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Copertina di un numero di Moderní Revue disegnata da Karel Hlaváček (1896) |
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Jaroslav Panuška fotografato nel suo atelier nel 1928 |
La sua carriera cominciň subito nel segno dell’arte dell’orrore e del mistero. Giŕ nel 1898, Panuška aveva esposto tre suoi disegni in una collettiva, ricevendo l’apprezzamento di Hlaváček, che in una recensione aveva scritto che i suoi disegni “suscitano sentimenti inconsci di terrore e di paura”, e dell’artista aveva detto che “Panuška appare come un talento notevole e originale e come un vero artista”. L’arte di Panuška, fin da subito, fu popolata di mostri, fantasmi, vampiri, creature demoniache, apparizioni spettrali, allegorie macabre: si tratta di argomenti che l’artista affrontň soprattutto nella prima parte della sua carriera (in seguito avrebbe sviluppato una valida, anche se meno nota, carriera di pittore paesaggista, ambito nel quale Panuška fu molto apprezzato), e per spiegare il perché di queste costanti presenze sono state sottolineate svariate ragioni. Alcune sono di ordine biografico: due fatti, in particolare, segnarono Panuška da ragazzo, ovvero la visione di un uomo impiccato, che lo turbň profondamente, e soprattutto la perdita, nel 1891, della madre, scomparsa nel corso di un soggiorno in Bosnia dopo aver contratto il tifo. Ci sono poi i suoi studî accademici: all’epoca in cui era studente di Accademia a Praga, Panuška produsse molte caricature satiriche, e dunque la distorsione delle naturali proporzioni e la deformazione grottesca erano procedimenti che l’artista padroneggiava con grande sicurezza e gli rendeva piů facile dar vita alle creature mostruose che vivevano nei suoi dipinti e nei suoi disegni. Infine, gli interessi personali: anche a Praga era giunta l’eco delle ricerche neuroscientifiche del medico Jean-Martin Charcot, divenuto direttore dell’ospedale della Salpętričre a Parigi nel 1862, e autore di numerosi studî sull’isteria, messa in relazione dallo stesso Charcot a idee fisse maturate nell’inconscio dell’essere umano. Non solo: nella scuola di neurologia di Charcot veniva praticata anche l’ipnosi, adoperata come metodo di cura. In Boemia fu soprattutto la rivista Svetožor a pubblicare articoli su temi come l’assistenza e la cura delle persone affette da infermitŕ mentali, le patologie della psiche, lo stesso metodo dell’ipnosi.
Ed č forse proprio il fascino nei confronti dell’ipnosi ad aver dato vita ai dipinti raffiguranti vampiri, le creature che per prime troviamo nell’arte di Panuška, anche per il fatto che il diffondersi dell’estetica dell’orrore portň gli artisti a recuperare le leggende del folklore balcanico, e il vampiro č il protagonista piů noto di queste storie: non si tratta perň sempre del “vampiro” come ci č noto dalle banalizzazioni cinematografiche, ovvero il non morto che ha perfette sembianze umane, fatta eccezione per i canini, e vaga alla ricerca di persone a cui succhiare il sangue. In alcune versioni del mito, in particolare nel folklore slavo e anche in quello boemo, il vampiro č lo spirito di una persona che č morta di morte violenta o non naturale, assume sembianze animalesche (spesso č un rettile, per lo piů una lucertola, caratterizzato da un elemento che spicca su tutti gli altri: gli occhi enormi), e torna nel mondo dei vivi per tormentarli durante la notte. Lo studioso František Kaván riferisce che quando Panuška studiava all’Accademia di Praga, in un corridoio era appeso un disegno di un vampiro che, secondo una credenza, ipnotizzava chi lo guardava, e probabilmente questo episodio potrebbe spiegare la costante presenza di vampiri nell’arte di Panuška. Anche perché l’artista non colloca i suoi spettri in contesti narrativi definiti: il piů delle volte, i suoi vampiri e i suoi mostri si limitano a fissare l’osservatore, o comunque a rivolgergli occhiate minacciose, oppure a fare lo stesso nei confronti di un personaggio che compare nel dipinto (o fuori dal dipinto). Č cosě, ad esempio, in un suo Fantasma conservato alla Západočeská Galerie di Plzeň, o nel Vampiro della collezione Patrik Šimon. “Elemento interpretativo delle raffigurazioni dei vampiri e degli altri esseri mostruosi di Panuška”, afferma la storica dell’arte Lucie Rychnová, “č proprio il suo intento di evocare nello spettatore gli orrori nascosti nel profondo dell’inconscio umano. Per Panuška era importante non tanto illustrare dei racconti popolari concreti, quanto piuttosto fornire un suo commentario all’interesse che i suoi contemporanei mostravano per gli stati psichici estremi, le psicosi, le nevrosi e gli angoli nascosti e oscuri dell’animo umano. Stati psichici acuti che si manifestavano con allucinazioni, visioni e apparizioni e nello spirito del tempo diventavano fondamento di leggende e racconti di paura, in cui Panuška trovava fonte di ispirazione”.
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Jaroslav Panuška, Upir (“Vampiro”) (1900 circa; olio su cartone, 58 x 64 cm; Praga, Patrik Šimon’s Collection) |
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Jaroslav Panuška, Strašidlo (“Fantasma”) (1899; carboncino e biacca su carta, 345 x 225 mm; Plzeň, Západočeská Galerie) |
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Jaroslav Panuška, Upir (“Vampiro”) (1900 circa; olio su cartone, 50 x 63 cm; Collezione privata) |
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Jaroslav Panuška, Strašidlo (“Fantasma”) (1900 circa; olio su cartone, 62,5 x 48 cm; Collezione privata) |
L’interesse per l’inconscio spiega anche la costante presenza, nell’opera di Panuška, della figura del Vodník, una creatura leggendaria tipica del folklore boemo: č un mostro acquatico che vive nelle acque della Moldava a Praga e assume connotati diversi nelle diverse leggende che lo riguardano (a volte č quindi una creatura positiva e saggia, altre volte č invece un mostro malvagio che attira le sue vittime nei pressi del fiume per farle annegare). Viene spesso descritto come un essere simile a un anfibio, ed č con queste sembianze che Panuška rappresenta il Vodník nei suoi lavori. Č sostanzialmente una creatura che vive tra due mondi, quello degli esseri umani e quello sommerso, e il mondo dell’acqua, con i suoi segreti e le sue realtŕ nascoste nel profondo, viene messo in relazione alle inquietudini dell’inconscio umano, probabile motivo per cui Panuška preferisce dipingere il suo Vodník come una creatura mostruosa, un predatore che se ne sta in agguato a pelo d’acqua come nel dipinto della galleria Vysočiny di Jihlava.
Tuttavia la pittura mostruosa di Panuška non mira soltanto a turbare l’animo dell’osservatore, ma anche a stimolare esperienze sensoriali, come ha osservato la studiosa Martina Schneiderová nella sua tesi di dottorato dedicata all’artista. Ponendosi nel solco delle ricerche sinestetiche che affascinarono molti artisti in tutta Europa sul finire dell’Ottocento, Panuška cercň spesso di creare opere atte a evocare una precisa sensazione agendo sul senso del tatto, quello piů importante per l’artista ceco. Nei suoi dipinti c’č spesso una mano lunga e scheletrica che tocca qualcuno o qualcosa, un artiglio che sfiora, oppure un oggetto o una persona che vengono lambiti da un refolo freddo. Si provano brividi osservando, ad esempio, il Notturno anch’esso della collezione Patrik Šimon di Praga, che esplora il tema degli spiriti che tornano dall’oltretomba, fondamentale nella poetica di Panuška. In questo fosco notturno, un spiffero d’aria fredda entra come un soffio di fumo da una finestra per assumere le sembianze di una lunga mano cadaverica che sfiora un teschio appoggiato su un tavolo, facendo svolazzare alcuni fogli ch’erano lě riposti. Quello della foschia che entra da una finestra e si tramuta in una mano spettrale č un motivo che torna spesso nell’arte di Panuška, a volte con interessanti varianti: per esempio, in un dipinto della Galleria Nazionale di Praga che rappresenta la visita dei morti in un’abitazione, la mano fa tremolare la luce fioca di una candela, oppure talvolta non vediamo piů una mano, ma il volto di un defunto che soffia sulla candela per spegnerla. I lembi di foschia che si trasformano in spiriti dalle lunghe mani arrivano anche a sfiorare donne che dormono, come accade nel disegno Vampiri.
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Jaroslav Panuška, Vodník (1902; tempera su carta, 50 x 66 cm; Jihlava, Oblastní galerie Vysočiny) |
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Jaroslav Panuška, Vodník (1896; olio su tela, 119 x 152 cm; Praga, Národní Galerie) |
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Jaroslav Panuška, Nokturno (1897; china su carta, 15 x 300 mm; Praga, Patrik Šimon’s Collection) |
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Jaroslav Panuška, Návštěva mrtvého (“Visita dei morti”) (1897; olio su tela, 95,5 x 125 cm; Praga, Národní Galerie) |
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Jaroslav Panuška, Upiři (Vampiri) (1900 circa; matita su carta, 240 x 550 mm; Collezione privata) |
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Jaroslav Panuška, Upiři (Vampiri) (1900 circa; matita su carta, 240 x 550 mm; Collezione privata) |
Si diceva che il tema degli spiriti che giungono dall’oltretomba č centrale nella produzione mostruosa di Panuška: in un disegno della Galleria Nazionale di Praga č la morte stessa che si manifesta, accompagnata da un corvo, in un vialetto spettrale, ma molto piů spesso sono le anime dei defunti che tornano sulla terra, come accade in un olio su cartone della Východočeská galerie di Pardubice, dove protagonista č un fantasma che si aggira per un cimitero, e come accade in una delle sue opere piů famose, Lo spirito della madre defunta, anch’esso replicato con diverse varianti, e conservato come il precedente a Pardubice. Un dipinto condizionato, come s’č visto, dall’esperienza personale dell’artista, che perse la madre quand’era ancora un ragazzo. Qui, la madre (non necessariamente quella di Panuška) č un’anima inquieta che torna tra i vivi nelle sembianze di uno spirito scheletrico dalle proporzioni enormi che, come avviene per quasi tutte le ombre che si vedono nelle opere dell’artista ceco, sembra quasi nascere da una nebbia fredda che prende forme umane. Ci immaginiamo il fantasma della madre che si muove con passo lento e trascinato per le strade della sua cittŕ e si ferma poi davanti a una casa, quella in cui abitava quand’era viva, con le luci ancora accese in una notte cupa, per guardare attraverso la finestra cosa accade al suo interno. Lo spirito della madre, osserva Lucie Rychnová, “non č qui ritratto come una forza occulta positiva, ma come uno spettro terrificante che, non trovando pace, si ripresenta al mondo dei vivi”. Secondo Rychnová, lo spirito della madre “č un messaggero di morte, poiché Panuška conosceva bene i racconti popolari sulle partorienti defunte che, dopo la morte, tornano dai loro neonati".
C’č, in quest’opera, tutto il meglio di questo tipo di produzione di Panuška: i brividi che il dipinto č in grado di procurare evocando sensazioni tattili, l’atmosfera fosca e tenebrosa, l’inquietudine che la spaventosa presenza provoca allo stesso riguardante, l’interesse per gli argomenti letterarî, filosofici e scientifici di cui si discuteva con accesa passione nella Praga d’inizio Novecento. Il tutto unito alla disperazione provata da Panuška per un evento personale che lo aveva sconvolto: e letto in questi termini, il dipinto assume anche una connotazione particolarmente toccante.
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Jaroslav Panuška, Smrt v aleji (La morte nel vicolo) (1900; matita su carta, 410 x 250 mm; Praga, Národní Galerie) |
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Jaroslav Panuška, Duch na hřbitově (Spirito nel cimitero) (1900; olio su cartone, 50 x 66 cm; Pardubyce, Východočeská galerie v Pardubicích) |
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Jaroslav Panuška, Duch mrtvé matky (“Lo spirito della madre defunta”) (1900 circa; olio su cartone, 68 x 48 cm; Pardubyce, Východočeská galerie v Pardubicích) |
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Jaroslav Panuška, Smrtka nahlížející do okna umírajícího (“Il triste mietitore guarda nella finestra di un moribondo”) (1900; acquerello su carta, 460 x 350 mm; Praga, Národní Galerie) |
Jaroslav Panuška rimane ancora un artista poco noto fuori dai confini della Repubblica Ceca, per diverse ragioni, a cominciare dal fatto che la sua arte non raggiunse mai una dimensione internazionale, senza contare il fatto che l’artista lavorň soprattutto per committenti privati locali, e gran parte dei suoi lavori si trova ancora oggi in collezioni private. E anche lo studio della sua produzione č un fatto recentissimo, dal momento che la prima e, fino al 2009, unica ricognizione dell’opera di Panuška č stata la mostra antologica tenutasi alla Východočeská galerie di Pardubice nel 1978. Contributi piů recenti sono invece la giŕ citata tesi di Martina Schneiderová del 2009 e, soprattutto, l’ampia monografia redatta nel 2016 da Jaroslav Valečka, al momento il repertorio piů vasto e aggiornato per conoscere la produzione di Panuška. Di certo non aiuta alla loro diffusione il fatto che tutte le pubblicazioni appena citate sono in lingua ceca: di conseguenza, fuori dai confini della Repubblica Ceca, Panuška deve contentarsi di qualche apparizione in cataloghi di mostre cui sono stati prestati i suoi dipinti, da ultima la rassegna Arte e magia tenutasi a Rovigo tra il 2018 e il 2019, e che ha visto la presenza di tre opere di Panuška (il Vampiro e il Notturno della collezione Šimon, e Lo spirito della madre defunta).
Malgrado sia poco conosciuta, quella di Panuška č comunque una figura di sicuro interesse: pochi altri artisti seppero dar vita a fantasmagorie cosě orrorifiche come le sue. Non fu, peraltro, un artista pienamente ascrivibile al decadentismo, né fu un artista particolarmente tormentato: segnato certo da alcune esperienze, ma descritto dai suoi contemporanei come un artista socievole, di compagnia. E in grado di ritagliarsi poi, come detto, una fortunata carriera di pittore paesaggista, spesso ben lontana da quella dei suoi esordî “horror”. Ma nella Praga esoterica, la Praga misteriosa, la Praga dell’occulto, Jaroslav Panuška, il pittore dei fantasmi e dei mostri, č stato tra gli artisti che meglio seppero tradurre in immagini gli interessi, le paure e le ansie che avvolgevano l’Europa all’inizio del secolo breve.
Bibliografia essenziale
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo