“Una gaia pittura”: la Madonna del Belvedere di Ottaviano Nelli


La Madonna del Belvedere è considerata il massimo capolavoro di Ottaviano Nelli, importante pittore umbro del primo Quattrocento. L'opera ebbe grande successo nell'Ottocento e grazie alla mostra del 2021 sul pittore si può dire sia stata riscoperta.

Durante il XIX secolo, il crescente interesse romantico nei confronti dell’età medievale richiamava i viaggiatori verso alcuni centri italiani che avevano conservato in maniera più o meno consistente le testimonianze di quel tempo passato. Tra questi vi era Gubbio, cittadina umbra il cui centro storico, che si sviluppa ai piedi del Monte Ingino, ricordato da Dante nel Paradiso come “colle eletto del Beato Ubaldo”, conserva l’impianto che aveva assunto durante uno dei suoi periodi di massimo splendore, il Trecento. A testimonianza di quell’interesse, sappiamo che nel 1835 giunse in città il pittore tedesco Johann Anton Ramboux (Treviri, 1790 – Colonia, 1866), impegnato nel suo viaggio in Italia, che realizzò diversi disegni che ritraevano alcuni edifici, come Palazzo dei Consoli, e vedute cittadine. La consapevolezza dell’importanza di quel periodo è presente ancora oggi: recandovi a Gubbio, infatti, posto sotto la segnaletica stradale che indica il luogo dove siete arrivati, troverete la denominazione “la più bella città medievale”. Tornando al XIX secolo, un’opera conservata nella chiesa eugubina di Santa Maria Nuova, oggi sconsacrata, stava conquistando sempre più fama. Entrando all’interno di questa chiesa, l’attenzione del visitatore (un tempo era quella del fedele) è attirata da un’edicola in pietra serena dalla forma classicheggiante ed è proprio al di sotto di questa struttura che si trova un affresco di grande importanza: si tratta della Madonna del Belvedere.

Giovan Battista Cavalcaselle (Legnago, 1819 – Roma, 1897), presente in Umbria fra la fine del 1858 e i primi mesi del 1859 e poi nell’estate del 1860, oltre a disegnarla come consuetudine del suo approccio all’opera, la definì “una gaia pittura condotta a guisa di miniatura, con brillanti colori screziati secondari e terziari, senza ombre; con figure quasi aeree e vaporose e vestite di leggerissimi veli a fiorami come tele di ragno, e coll’estremità ornata di foglie”. È considerata il capolavoro di Ottaviano Nelli (Gubbio, 1370 circa – 1448/1449), pittore nato a Gubbio e che è stato rivalutato come uno dei maggiori interpreti della stagione tardogotica del Centro Italia, in particolare in Umbria e nelle Marche. La mostra monografica a lui dedicata, da poco terminata, ha messo in luce la capacità di Nelli di essere un pittore in grado di adeguare il proprio linguaggio pittorico a diversi contesti e relative commissioni. In particolare, in alcuni cicli pittorici per alcune chiese (ma anche a Palazzo Trinci a Foligno), Ottaviano Nelli mostra la sua grande capacità narrativa e la sua abilità nel riuscire a raffigurare volti e situazioni feriali.

Il titolo di Madonna del Belvedere si trova per la prima volta in un documento nel 1788 e venne riconfermato dall’erudito eugubino Luigi Bonfatti (1809-1884), che dedicò gran parte dei propri studi alla riscoperta e valorizzazione di questo artista.

Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere (affresco, 188 x 250 cm; Gubbio, Santa Maria Nuova)
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere (affresco, 188 x 250 cm; Gubbio, Santa Maria Nuova)
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio
Ottaviano Nelli, Madonna del Belvedere, dettaglio. Foto di Francesco Bini

Nel dipinto viene raffigurata la Vergine con il Bambino secondo l’iconografia della Madonna dell’umiltà, un soggetto che ebbe molta fortuna a partire dalla seconda metà del Trecento: la Madonna è raffigurata seduta su un cuscino sopra un prato fiorito. Sulle sue ginocchia c’è il Bambino stante, sostenuto dalle mani della madre. Il Bambino è in atteggiamento benedicente e rivolge il suo sguardo verso una giovane donna in preghiera che viene presentata al cospetto della Vergine dal suo angelo custode e da san Giovanni evangelista. Dalla parte opposta è sant’Antonio abate che presenta alla Madonna un altro personaggio, inginocchiato e vestito di nero. Sono raffigurati alcuni angeli musicanti: due ai lati del trono, impegnati a suonare una viella e una ribeca, mentre altri due, che suonano un organetto e un salterio, si trovano nella parte superiore. Questi ultimi sono posti a destra e a sinistra della gloria di serafini e cherubini che incornicia la figura di Dio Padre, che sta reggendo la corona da posare sulla testa della Vergine, così da eleggerla regina dei Cieli. Alle spalle della Vergine, altri due angeli reggono un drappo rosso con decorazioni in oro, che riprende il tessuto della veste di Maria, rendendo così più solenne lo spazio in assenza del trono. La scena è contenuta entro due colonnine tortili istoriate, venute alla luce in seguito al restauro del 1879. Sulla superficie di questi elementi architettonici dipinti sono stati riconosciuti a sinistra gli eletti durante il Giudizio Finale, mentre a destra i dannati.

La volontà in quest’opera è quella di ricreare la preziosità di una pala d’altare, ma viene presa una direzione diversa rispetto alle scelte del tempo, che prevedevano polittici dalle forme gotiche. Questo dipinto era collegato ad una sepoltura e aveva la funzione pro remedio animae, ovvero era stato fatto realizzare per giovare all’anima del defunto nel suo cammino nell’Aldilà. In questo caso, si trattava di una sepoltura femminile: la defunta, infatti, è stata riconosciuta nella donna inginocchiata a lato della Vergine, mentre l’uomo dalla parte opposta è il committente, di cui oggi possiamo conoscere anche il nome. Soltanto in tempi recenti, infatti, è stato possibile leggere l’iscrizione più antica presente in questo dipinto, che era stata realizzata sulla trabeazione poggiante sulle colonnine tortili. É stata oggetto di approfondito studio in occasione della già citata mostra su Ottaviano Nelli: in quest’occasione, infatti, è stato commissionato un rilievo fotogrammatico e riprese a fluorescenza ultravioletta per poterne approfondire la comprensione. Ciò che è stato restituito sono le informazioni circa alcuni personaggi direttamente coinvolti nella storia di quest’affresco. È possibile infatti individuare il nome del committente, Antonio di Mucciolo Angelucci, che di mestiere era tintore, e il nome di un frate, Amato, che probabilmente officiava quest’altare o addirittura l’intera chiesa.

La chiesa di Santa Maria Nuova a Gubbio. Foto Umbria Tourism
La chiesa di Santa Maria Nuova a Gubbio. Foto Umbria Tourism
Johann Anton Ramboux, Veduta di Gubbio (grafite su carta, 275 x 379 mm; Francoforte, Städel Museum, Graphische Sammlung)
Johann Anton Ramboux, Veduta di Gubbio (grafite su carta, 275 x 379 mm; Francoforte, Städel Museum, Graphische Sammlung)

La struttura antistante dalle forme classicheggianti è stata inserita in un periodo successivo, nel 1510, conferendo un inquadramento al dipinto di gusto pienamente rinascimentale, aggiornato sul gusto dell’epoca. Su di essa venne realizzata l’invocazione mariana “AVE REGINA COELORUM/AETERNUM PATENS MISERIS ASILUM/MCCCCCX”. Anche l’iscrizione in cui si può leggere il nome di Ottaviano Nelli e la data di realizzazione dell’opera è cinquecentesca: è possibile che sia stata realizzata nello stesso intervento con cui è stata posta l’edicola in pietra.

In un inventario del 1728, l’altare in prossimità di quest’opera era ricordato con l’intitolazione alla Madonna Santissima della Ferrata. Allora era presente intorno al dipinto una cornice di legno intagliata e dorata. Le teste della Vergine e del Bambino erano corredate di corone d’argento, che vennero in seguito rubate nel 1823. Venivano segnalati anche due angeli in legno che reggevano lampade votive. Nella cronaca della visita pastorale del 1804 è descritta anche la presenza di un gioiello in argento e pietre al collo della Vergine.

A partire dalla metà del Settecento, la Madonna del Belvedere venne considerato il capolavoro di Ottaviano Nelli e nel corso del secolo successivo divenne uno dei dipinti umbri più ammirati: gli scrittori romantici lo idealizzarono, per la grazia e l’eleganza della Vergine. La fama di quest’opera contribuì in maniera decisiva a far riemergere la figura di Ottaviano Nelli nella storiografia artistica. Nel 1841 venne pubblicata la prima monografia su Ottaviano Nelli realizzata da Luigi Bonfatti e due anni dopo, nel 1843, Memorie storiche di Ottaviano Nelli pittore eugubino. L’erudito eugubino dedicò i suoi studi alla riscoperta e valorizzazione di questo pittore (è sua la prima monografia dedicata ad Ottaviano Nelli nel 1841) e fu una figura importante per i rapporti con alcuni tra i maggiori studiosi del suo tempo che si occuparono nel loro lavoro anche di pittura eugubina. Tra tutti, spicca il nome di Giovan Battista Cavalcaselle, che ebbe un ruolo rilevante nel restauro ottocentesco dell’opera. Bonfatti e Cavalcaselle diventarono amici e corrispondenti: dalla loro corrispondenza privata si possono ricavare, oltre alle considerazioni artistiche su quest’opera, anche dati e commenti riguardo alla situazione dei lavori di restauro.

Domenico Sforzolini, Madonna del Belvedere da Ottaviano Nelli, in Giovanni Rosini, Storia della pittura italiana esposta coi monumenti (1847; incisione, 295 x 445 mm; Amburgo, Hamburger Kunsthalle, Kupferstichkabinett, inv. 58506)
Domenico Sforzolini, Madonna del Belvedere da Ottaviano Nelli, in Giovanni Rosini, Storia della pittura italiana esposta coi monumenti (1847; incisione, 295 x 445 mm; Amburgo, Hamburger Kunsthalle, Kupferstichkabinett, inv. 58506)

Esistono diverse riproduzioni ottocentesche di quest’opera, preziose testimonianze per ricostruirne la storia. Una di queste venne eseguita dal pittore Domenico Sforzolini (Roma, 1810 – 1860) e fu pubblicata nella Storia della Pittura italiana esposta coi monumenti italiani di Giovanni Rosini (Lucignano, 1776 – Pisa, 1855), il quale lodò in prima persona questo affresco. L’interesse nei confronti di questo dipinto era dunque molto alto. Nel 1857 venne dato alle stampe uno scritto, per la Arundel Society, di Austen Henry Layard dal titolo The Madonna and Saints painted in fresco by Ottaviano Nelli in the Church of Santa Maria Nuova at Gubbio, contenente una cromolitografia realizzata dall’artista inglese Anne-Margaretta Burr (Poltair, 1817 – Venezia, 1892), che insieme all’incisione pubblicata da Rosini, risulta un’importante fonte iconografica per avere una testimonianza del dipinto prima del restauro. Lo scritto in lingua inglese contribuì senza dubbio ad accrescere la fama sia dell’opera sia di Ottaviano Nelli anche oltre i (futuri) confini nazionali. Oltre alla sua importanza dal punto di vista artistico, cresceva la sua fama anche dal punto di vista devozionale: questo incentivò la realizzazione di alcune copie su commissione privata. É il caso della copia dipinta su tavola della cui esecuzione fu incaricato il pittore Augusto Guglielmo Stoppoloni (San Severino Marche, 1855 – Gubbio, 1936) dal cardinale Ludovic-Frédéric de Falloux du Coudray. La tavola, conservata oggi in Vaticano, mantiene le stesse dimensioni dell’originale sulla parete. Lo stesso pittore realizzò anche alcuni dipinti di dimensioni ridotte in cui ritraeva soltanto il particolare della testa della Vergine. La cronologia di quest’opera è in parte ancora problematica. La data riportata nell’iscrizione cinquecentesca risulta illeggibile: la cronologia più convincente è quella che emerge dal confronto stilistico con alcune opere di Nelli e che indicherebbe una datazione al 1403.


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Francesca Interguglielmi

L'autrice di questo articolo: Francesca Interguglielmi

Storica dell'arte, laureata in Arte Medievale presso l'Università degli Studi di Siena. Attualmente si sta formando in didattica museale presso l'Università degli Studi Roma Tre.



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