Riscoprendo Giovanni March, pittore cosmopolita. La mostra di Livorno (a 30 anni dall'ultima)


Recensione della mostra “Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera”, a cura di Michele Pierleoni (a Livorno, Castagneto Banca 1910, dal 15 aprile al 27 maggio 2023).

Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera è l’interessante rassegna dedicata a Giovanni March, uno dei protagonisti della pittura livornese e toscana, aperta presso la sede di rappresentanza della Castagneto Banca 1910 di Livorno fino al 27 maggio. A distanza di quasi trent’anni dall’ultima mostra dedicata a Giovanni March viene finalmente proposta una riflessione sulla pittura di una delle più significative esperienze artistiche della scena toscana del XX secolo. March fu tra i più fulgidi talenti di una tradizione pittorica, quella livornese, che annovera personalità di grande livello, tra cui Giovanni Fattori, Mario Puccini, i Tommasi, Leonetto Cappiello, Oscar Ghiglia, solo per citare alcuni di quelli che ebbero maggior peso sulla formazione dell’artista. Giovanni March seppe da essi imparare stilemi e soluzioni artistiche, in seguito complicate dal confronto con la pittura extraregionale e parigina, riuscendo ciononostante a declinare una personale e originale ricerca pittorica.

Quella di March è una parabola artistica “su cui ancora molto è da studiare, la cui rilevanza non può essere relegata alla sola Livorno”, come afferma il curatore, lo storico dell’arte e Presidente del Gruppo Labronico, Michele Pierleoni. Un avvertimento non dissimile era già stato pronunciato, rimanendo purtroppo inascoltato, nel lontano 1967, quando l’artista era ancora in vita, da Enzo Carli. Lo storico dell’arte pisano aveva infatti paventato il rischio di vedere March assimilato “alla schiera ancor numerosa dei post macchiaioli labronici dal pennello facile quanto la barzelletta o il sapido commento” dimenticando invece la sua “vasta, ben selezionata ed ardua cultura”.

Tacciare dunque di provincialismo l’arte di Giovanni March è un madornale errore, giudizio già confutato dall’infanzia cosmopolita. Il pittore nacque infatti nel 1884 a Tunisi da genitori livornesi, per poi spostarsi ad Alessandria d’Egitto, dove il padre morì aggravando la situazione economica della famiglia dell’artista, che si trasferì a Livorno nel 1908. Qui ricevette i primi rudimenti artistici dal pittore Ludovico Tommasi, iniziando così la sua attività. Nel 1917 è arruolato sul fronte, due anni dopo è nuovamente a Livorno e nel 1920 è tra i fondatori del Gruppo Labronico, sodalizio artistico ancora attivo oggi.

Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell'atmosfera. Foto: Emiliano Cicero
Allestimenti della mostra Giovanni March - Il pittore della luce e dell’atmosfera. Foto: Emiliano Cicero

La mostra ordinata alla Castagneto Banca 1910 è battezzata dal bel cartone Bovi del 1920, testimone dell’affezione per la tradizione pittorica toscana, in un palese omaggio a Giovanni Fattori, in cui il segno affilato e nervoso desunto dalle incisioni del maestro, convive con suggestioni tratte anche dall’irrequietezza di Lorenzo Viani e dal sintetismo di Mario Puccini. E il magistero di Puccini è facilmente riscontrabile in opere come Porto di Livorno o Tartane ormeggiate, seppur mediate da una tavolozza più terrigna e da una pittura mossa, tipica del pittore nato a Tunisi. Più rasserenati sono invece saggi come Casolari con pagliaio della Collezione Pepi e Baracche, dove la pittura mostra una chiara architettura compositiva declinata in grandi campiture composte come tasselli cromatici su cui si struttura il dipinto, vicine all’opera di Beppe Guzzi, pittore ligure che partecipò a lungo alle vicende livornesi. Mentre i toni violacei che impreziosiscono i fazzoletti di cielo sono un riflesso delle lezioni del primo maestro Lodovico Tommasi, e si riscontrano in opere come Figure sugli scogli, in cui però una pittura più sciolta e istintiva ricorda invece l’attitudine di Ulvi Liegi.

Ma che March fin dagli esordi non abbia nel suo personale pantheon solo pittori di casa lo dimostrano opere come Il quadrigliato, esposto peraltro alla prima mostra del Gruppo Labronico, e Chitarra e violino, dove appare evidente la fascinazione per la pittura di Cézanne, conosciuto prima ancora del viaggio a Parigi, probabilmente anche attraverso le opere presenti in alcune collezioni fiorentine, come quella di Gustavo Sforni.

L’interesse per i maestri francesi spinge March a concedersi un soggiorno di due anni tra Nizza e Parigi che si consuma tra il 1928 e il 1930. La tela Parigi – Montmartre del 1929 mostra gli sforzi di March di regolare il dato luministico dal caldo sole mediterraneo a una luce più fioca e nordica. A questa stagione appartengono anche alcuni pastelli a olio come Al bar, che tradisce l’interesse di March per la grafia sintetica e le scene di sociabilità borghese di Toulouse-Lautrec. A Parigi, il livornese può confidare nel confronto con un importante concittadino, Leonetto Cappiello, che proprio come Lautrec stava ponendo le basi della nuova grafica pubblicitaria; visita i musei e osserva le opere dei maestri contemporanei come Monet, Pissarro, Gauguin e Matisse, da quest’ultimo ricevette anche dei complimenti. Nel 1931 è nuovamente in Italia a Roma dove risiede con la famiglia e di cui sono testimonianza alcuni brani in mostra come L’obelisco di Piazza del Popolo, in cui l’esperienza francese è ancora viva nella pittura tremula e nella fredda luce zenitale.

Ma già nelle pitture realizzate al suo rientro a Livorno, ne sono un esempio Sulla terrazza dei bagni e Al mare, le cromie si impreziosiscono e diventano quasi smaltate mentre la temperie pittorica si paca. Nel 1938 l’inquieto pittore si stabilisce a Firenze, e diventa membro dell’Accademia delle Arti e del Disegno, dove conosce Felice Carena che insieme ad Amedeo Modigliani costituisce un modello per affrontare la tematica del nudo, di cui restituisce la tattilità e il tepore delle carni, palpitanti di vita come in La Cubana o Nudo di spalle. Lo stesso calore e serenità dei nudi viene adattato anche alle architetture: in Venezia livornese gli edifici del caratteristico quartiere labronico sembrano trattenere una luce nuovamente mediterranea. L’impasto cromatico terrigno, che ritroviamo anche in alcune nature morte in mostra, è memore dell’interesse per la pittura pompeiana che catalizza March.

Giovanni March, Al bar (1929 circa; olio su tela, 65x52 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Al bar (1929 circa; olio su tela, 65x52 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Impressione - Parigi (1930; olio su cartone, 27x35 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Impressione - Parigi (1930; olio su cartone, 27x35 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Venezia livornese (1938 circa; olio su tela, 50x65 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Venezia livornese (1938 circa; olio su tela, 50x65 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Ragazza che si specchia (1943; olio su tela, 82x62 cm; Collezione privata)
Giovanni March, Ragazza che si specchia (1943; olio su tela, 82x62 cm; Collezione privata)

Ben arduo è quindi tratteggiare un’ascendenza univoca per il nostro pittore, che di volta in volta mette a profitto apporti e influenze diverse, basti pensare alla sua rilettura della pittura di Zandomeneghi in Ragazza che si specchia del 1943 o quella degli ultimi anni di Renoir nella pastosa resa della Pastorella. Mentre in Autoritratto al Caffè March si effigia all’interno di un immaginario bar dalle squillanti cromie, desunto da un’affiche di Leonetto Cappiello.

Ma March è ricettivo anche alle poetiche del Novecento italiano come in Molo e cabina Antignano del 1949 o Cecina del 1964, dove affida la scansione dei piani ai valori tonali e a un complesso intarsio di campiture di colore organizzate in una modulazione quasi sinfonica, ammantando le opere di atmosfere rarefatte, silenziose e fortemente emotive.

Negli anni Cinquanta è nuovamente a Parigi, mentre nel 1970 a Mosca e Leningrado, nel 1971 a Odessa e l’anno successivo tra Londra e Durham. Testimonianze queste di uno spirito mai pago, anche in tarda età, come conferma la graziosa xilografia Le bagnanti, realizzata l’anno prima di morire, dal ritmo gioioso e spensierato di Matisse, e in cui smaglianti colori e l’organizzazione del dato figurativo paiono in bilico tra una vetrata a cloisonné e la fresca e appagante resa dell’arte pop.

La rassegna livornese, attraverso una quarantina di opere custodite in collezione privata o appartenenti alla Fondazione Livorno, ha il grande merito di dare una chiara lettura del viaggio artistico di March, o meglio avventura, per quella sua capacità di abbandonare continuamente la sicura strada delineata con fatica, verso tracciati sempre nuovi e imprevedibili. Il maestro livornese riesce a rendere queste esperienze variegate sempre omogenee riconducendole alla propria cultura, quella mediterranea grondante di “luce e di estetica classica” come afferma il curatore.

Insomma, la mostra non ha la sistematicità che una grande e ponderosa retrospettiva potrebbe orchestrare mettendo in luce tutte le direzioni e gli interessi che questa leonina figura possedeva, ma d’altro canto attraverso un calibratissimo percorso che si avvale di dipinti di ottima qualità, ha il grande merito di fare luce su un’esperienza artistica di grande interesse, ponendo un primo ma fondamentale tassello per la riscoperta di questa incredibile personalità.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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