Importante scoperta in Germania, alla Ludwig-Maximilians-Universität (LMU) di Monaco di Baviera, dove uno studioso, il professor Enrique Jiménez, docente di Letterature del Vicino Oriente Antico presso l’Istituto di Assiriologia della LMU, ha riscoperto un testo che si riteneva perduto ed è riuscito a decifrarne il contenuto, scoprendo che si tratta di un inno che descrive Babilonia. “È un inno affascinante che descrive Babilonia in tutta la sua maestosità e offre spunti di riflessione sulla vita dei suoi abitanti, uomini e donne”, dice Jiménez. E la scoperta è stata resa possibile anche dall’intelligenza artificiale.
Intanto, una premessa sul contesto. Babilonia fu fondata in Mesopotamia intorno al 2000 a.C.: fu per molto tempo la città più grande del mondo, una una metropoli culturale in cui vennero scritte opere che oggi fanno parte del patrimonio letterario mondiale. I testi babilonesi erano composti in scrittura cuneiforme su tavolette d’argilla, di cui sono sopravvissuti solo frammenti. La LMU collabora da tempo con l’Università di Baghdad con l’obiettivo decifrare centinaia di tavolette cuneiformi della famosa Biblioteca di Sippar e preservarle per i posteri. La leggenda narra che Noè le nascose qui dalle acque del diluvio prima di salire sull’arca.
Attraverso il progetto “Electronic Babylonian Literature”, una piattaforma online avviata nel 2018 dalla LMU proprio per studiare e tradurre la letteratura babilonese, Enrique Jiménez sta digitalizzando tutti i frammenti di testo cuneiforme scoperti fino ad oggi in tutto il mondo, utilizzando anche l’intelligenza artificiale per decifrare i frammenti che li compongono. “Grazie alla nostra piattaforma, supportata dall’intelligenza artificiale, siamo riusciti a identificare altri 30 manoscritti che appartengono all’inno riscoperto, un processo che in passato avrebbe richiesto decenni”, ha affermato Jiménez. Proprio grazie a questi testi aggiuntivi, gli studiosi sono stati in grado di decifrare completamente l’inno di sulla tavoletta d’argilla, di cui mancavano alcune parti.
L’inno offre ora nuove prospettive sulla società urbana babilonese. Intanto, le numerose copie rinvenute dell’inno lasciano intendere che il testo fosse molto diffuso all’epoca. “L’inno veniva copiato dai bambini a scuola. È insolito che un testo così popolare a quei tempi ci fosse sconosciuto prima d’ora”, afferma Jiménez. Il peana risale presumibilmente all’inizio del primo millennio a.C. e comprende 250 versi.
“Fu scritto da un babilonese che voleva lodare la sua città. L’autore descrive gli edifici della città, ma anche come le acque dell’Eufrate portino la primavera e rinverdiscano i campi. Ciò è tanto più spettacolare in quanto la letteratura mesopotamica sopravvissuta è avara di descrizioni di fenomeni naturali”, osserva lo studioso. Anche le informazioni sulle donne di Babilonia, il loro ruolo di sacerdotesse e i compiti associati hanno stupito gli esperti, poiché non si conoscevano testi che descrivessero questi aspetti in precedenza. Inoltre, gli inni offrono spunti sulla convivenza nella società urbana. Ad esempio, gli abitanti sono descritti come rispettosi verso gli stranieri.
Qui, ecco alcuni versi dell’inno, che descrivono il fiume Eufrate, sulle cui rive sorgeva Babilonia a quel tempo:
“L’Eufrate è il suo fiume, fondato dal saggio signore Nudimmud.
Disseta la prateria, satura il canneto,
riversa le sue acque nella laguna e nel mare,
i suoi campi germogliano di erbe e fiori,
i suoi prati, in una fioritura smagliante, germogliano l’orzo,
dal quale, raccolto, vengono accatastati i covoni,
mandrie e greggi giacciono su pascoli verdeggianti,
ricchezza e splendore, ciò che si addice all’umanità,
vengono elargiti, moltiplicati e concessi regalmente”.