Scoperta in Messico sito che potrebbe coincidere con l'ultima città dei Maya ribelli


Un team di ricerca internazionale, guidato dagli archeologi Brent Woodfill, Yuko Shiratori e Josuhé Lozada, ha individuato nella foresta pluviale del Chiapas (Messico meridionale) un sito che potrebbe coincidere con Sak-Bahlán, ultimo avamposto dei lacandoni-ch’olti’es, sottomesso nel 1695 dagli spagnoli.

Dopo più di tre secoli dalla sua scomparsa, Sak-Bahlán, l’ultima città nota dei lacandoni-ch’olti’es (antica etnia della civiltà maya), potrebbe essere stata finalmente localizzata. Il sito archeologico individuato nella Riserva della Biosfera di Montes Azules, in Chiapas (Messico meridionale), è ritenuto da un’équipe internazionale di studiosi la possibile terra del giaguaro bianco, l’ultimo bastione dei Maya ribelli del sud del Messico.

Il progetto, ufficialmente registrato come Sole e paradiso. Probabilmente Sak-Bahlán, è co-diretto dagli archeologi Brent Woodfill (Winthrop University, Stati Uniti) e Yuko Shiratori (Rissho University, Giappone), con il sostegno del Consiglio di Archeologia dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) del Messico. Fondamentale è stato il contributo del ricercatore Josuhé Lozada Toledo del Centro INAH Chiapas, che ha guidato le operazioni grazie allo sviluppo di un modello predittivo avanzato basato su GIS (Geographic Information System).

“Ho preso dati dalla cronaca del frate De Rivas del 1698; per esempio, racconta che, quell’anno, lui e una truppa di soldati partirono da Nostra Signora dei Dolori (ex Sak-Bahlán) e camminarono quattro giorni fino al fiume Lacantún”, spiega Toledo. “Navigarono per due giorni e arrivarono a El encuentro de Cristo, luogo dove l’affluente si unisce al fiume Pasión, e lasciarono le loro canoe per poi camminare fino al lago Petén Itzá, in Guatemala. Da quei luoghi menzionati, che avevo georeferenziati, ho fatto una conversione dei quattro giorni di cui sopra, da qualche punto del fiume Lacantún a Sak-Bahlán. Mettendo tutte queste variabili sono stato in grado di fare la proposta sulla mappa e ottenere una gamma approssimativa di dove potrebbe trovarsi il sito Sak-Bahlán. È il tour di campagna più pesante che abbia mai fatto in vita mia, ma, alla fine, abbiamo trovato le prove archeologiche, proprio nel punto che avevo segnato”.

Scoperta nel Chiapas (Sud del Messico) la possibile ultima città dei Maya ribelli: forse è Sak-Bahlán. Foto: Josuhé Lozada, CINAH Chiapas.
Scoperta nel Chiapas la possibile ultima città dei Maya ribelli: forse è Sak-Bahlán. Foto: Josuhé Lozada, CINAH Chiapas

Lozada ha elaborato un complesso sistema di localizzazione, partendo da fonti storiche e da una serie di dati geospaziali. Utilizzando il software ArcGIS Pro, ha sovrapposto diversi livelli informativi, includendo l’altimetria, la vegetazione, la presenza di corpi idrici e le rotte preispaniche di comunicazione, tenendo conto persino del peso medio trasportato per persona. Un approccio di questo tipo ha permesso di individuare un’area compatibile con le descrizioni seicentesche di Sak-Bahlán: una pianura racchiusa da un’ansa del fiume Lacantún, come riportato nella lettera del frate Diego de Rivas nel 1695.

Ad ogni mondo, l’esistenza di Sak-Bahlán è documentata negli archivi coloniali. Fu avvistata per la prima volta dal missionario Pedro de la Concepción nello stesso anno, durante le campagne di sottomissione degli ultimi gruppi Maya indipendenti. Dopo la sua conquista, l’insediamento fu ribattezzato Nostra Signora dei Dolori, ma fu abbandonato già nel 1721, inghiottito dalla fitta giungla del Chiapas. I lacandoni-ch’olti’es vi resistettero per oltre un secolo, a partire dal 1586, anno della caduta della loro capitale Lacam-Tún, conosciuta anche come Gran Peñón.

Scoperta nel Chiapas (Sud del Messico) la possibile ultima città dei Maya ribelli: forse è Sak-Bahlán. Foto: Josuhé Lozada, CINAH Chiapas
Scoperta nel Chiapas la possibile ultima città dei Maya ribelli: forse è Sak-Bahlán. Foto: Josuhé Lozada, CINAH Chiapas

Il progetto archeologico, sostenuto anche da Discovery Channel, ha finora effettuato due campagne di esplorazione sul campo. Gli archeologi Rubén Núñez Ocampo e Socorro del Pilar Jiménez Álvarez, insieme a Lozada, hanno mappato l’area e realizzato diversi pozzi di sondaggio per stabilire la cronologia dell’occupazione. La posizione del sito, nei pressi dei fiumi Jataté e Ixcán, suggerisce un contesto di insediamento compatibile con le fonti storiche coloniali. Il lavoro sarà presentato nel prossimo numero della rivista scientifica Chicomoztoc e costituisce anche il fulcro narrativo del documentario Discovering the hidden Mayan city: Sac Balam, che racconta la spedizione e le sue implicazioni storiche. Per Lozada, l’esperienza sul campo ha richiamato il senso d’avventura delle spedizioni ottocentesche, ma con il vantaggio della tecnologia contemporanea, come la connessione satellitare.

In verità il sito si era già rivelato sfuggente in passato. Nel 1999, una spedizione organizzata dall’ONG Conservación Internacional, alla quale prese parte anche lo storico Jan de Vos, non riuscì a localizzarlo. De Vos, autore del saggio La paz de Dios y del rey (1988), descrisse le campagne spagnole come un processo di etnocidio che cancellò la cultura lacandona. Le sue ricerche hanno dunque fornito un quadro critico della colonizzazione della Selva Lacandona, diventando un punto di riferimento per gli studi successivi. Nel 1769 il sindaco di Suchitepéquez, in Guatemala, avviò una ricerca per rintracciare il villaggio scomparso di Dolores, nome coloniale assegnato alla città ribelle. L’indagine lo condusse fino a un quartiere abbandonato di Santa Catarina Retalhuleu, dove individuò gli ultimi tre superstiti della tribù, un tempo temuta dagli indigeni cristiani e considerata una minaccia costante dalle autorità spagnole. Il sito identificato potrebbe rappresentare perciò una scoperta di grande rilevanza per la conoscenza della storia coloniale del Chiapas, e per la comprensione della persistenza culturale dei gruppi indigeni che si opposero all’espansione spagnola.


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