Alessandra Di Castro (Gruppo Apollo): “Serve riforma fiscale legata all'arte: l'Italia merita un futuro diverso”


Il mercato italiano dell’arte ha bisogno di provvedimenti urgenti, a cominciare da una riforma fiscale e dalla riduzione dell’Iva sulle opere d’arte: questo il parere di Alessandra Di Castro, presidente del Gruppo Apollo. Altrimenti, si rischia che il nostro paese diventi meno competitivo.

Alessandra Di Castro, antiquaria di lunga e rilevante esperienza, presiede dal 2024, e fino al 2026, il Gruppo Apollo, che rappresenta l’industria dell’arte in Italia e riunisce antiquari, mercanti d’arte, gallerie d’arte antica, moderna e contemporanea, case d’asta, collezionisti, aziende che operano nel settore della logistica dell’arte. Il Gruppo Apollo è da alcuni mesi molto attivo nel dibattito attorno alle riforme che dovrebbero modificare l’attuale sistema del mercato dell’arte italiano affinché venga reso più competitivo. Quali sono gli aspetti più urgenti? Ecco la posizione di Alessandra Di Castro e del Gruppo.

Alessandra Di Castro
Alessandra Di Castro

IB. Tempi lunghi, incertezze burocratiche, un pubblico di collezionisti avanti l’età, vincoli concessi troppo frettolosamente, opere importanti talvolta lasciate andare, ma una sempre maggiore attenzione alla qualità, e un dialogo tra Stato e operatori di settore impensabile anche fino a pochi anni fa: questa una sommaria fotografia del mercato dell’arte antica in Italia all’anno 2024. L’Italia è competitiva nel quadro internazionale?

ADC. Il gruppo Apollo lavora per favorire e promuovere la crescita del sistema dell’arte italiano, affinché il nostro paese, oltre ad essere custode del patrimonio artistico, torni ad essere anche un protagonista competitivo nel campo del mercato internazionale, recuperando la posizione di centralità che merita. La regolamentazione attuale sfavorisce purtroppo l’Italia rispetto agli altri paesi europei: l’effetto, sempre più evidente, è la riduzione del numero degli antiquari, delle gallerie, delle fiere e delle case d’asta attive sul territorio e il conseguente forte impoverimento di tutto l’indotto legato al mercato. Abbiamo un patrimonio di restauratori, artigiani, aziende di logistica fine-art, curatori, creativi e consulenti sempre più a rischio: tutte professionalità che continuano ad attirare i giovani che escono da accademie e università e che, sempre di più, fanno fatica ad inserirsi a causa della cronica diminuzione di possibilità lavorative nel campo.

Qual è il problema più urgente?

Come segnaliamo allarmati da mesi, c’è urgenza che venga adottata per prima cosa una riforma fiscale legata all’arte, proprio adesso che si presenta una congiuntura unica e non procrastinabile: entro il 31 dicembre 2024 il Governo dovrebbe infatti adottare i decreti legislativi di attuazione della delega per la riforma fiscale (L.11/2023). L’Italia, come stabilito dalla direttiva europea 2022/542, ha la possibilità di ridurre l’aliquota IVA per la cessione di oggetti d’arte (oggi al 22%) e per l’importazione delle opere sul territorio italiano (attualmente pari al 10%). La Francia, ad esempio, è stata più reattiva e lungimirante di noi, riducendo le proprie aliquote al 5,5% a partire dal 1° gennaio 2025. Se non ci adeguiamo, l’Italia rischia di rimanere isolata nel contesto europeo e non potrà che confermarsi un trend già ormai drammaticamente visibile: gli antiquari, le gallerie, le fiere e le case d’asta opteranno sempre di più per la delocalizzazione parziale o totale all’estero, con un grave danno (anche in termini occupazionali) per tutto l’indotto e una contrazione sensibile del mercato nazionale, già allo stremo. Oltre all’aspetto fiscale, poi, ci auspichiamo che venga finalmente intrapresa una riforma delle regole legate alla circolazione delle opere d’arte, tema essenziale per incentivare gli scambi, attrarre nuovi collezionisti, rivitalizzare il mercato e l’intera filiera. Lavoriamo perché possano essere messi in atto alcuni cambiamenti che, seppur circoscritti, consentirebbero, per un verso, di semplificare un apparato burocratico oggi inadeguato e a tratti anacronistico, per altro verso, di adeguare la nostra normativa agli indirizzi comunitari in materia.

Cosa si potrebbe fare invece per rendere il mercato più fluido senza però intaccare le prerogative dello Stato?

Senza alcun danno alcuno per la tutela del patrimonio, punto questo imprescindibile per il gruppo Apollo, si deve intraprendere e vincere la sfida più importante: quella di contrastare e limitare l’incertezza e la sfiducia nell’apparato regolatorio. Proprio la sfiducia derivante dall’incertezza e dalla complessità delle norme sta portando ad un risultato negativo sotto gli occhi di tutti: l’arte italiana si sta svalutando, perde mordente, appeal e valore, dall’antico fino al moderno e al contemporaneo. Il mercato italiano sta diventando sempre più asfittico proprio per l’incertezza delle procedure, dei tempi, delle direttive e degli indirizzi. Un cambiamento di rotta e un’opera di semplificazione non porterebbero quindi vantaggi solo al collezionismo privato e pubblico, ma all’arte italiana stessa: quella che tutti abbiamo a cuore e diciamo di voler valorizzare e difendere. In prima istanza chiediamo che vengano adottati una serie di correttivi puntuali: lo ripetiamo, le prerogative dello Stato non sarebbero intaccate ma, al contrario, tutte le parti gioverebbero di un alleggerimento significativo della burocrazia e di una maggiore fluidità operativa. A questo riguardo sarebbe importante, ad esempio, adeguare le soglie di valore per gli attestati di libera circolazione (oggi fissata a 13.500 euro) a quelle più alte previste dal Regolamento comunitario (CE) 116/2009, affinché il nostro Paese si allinei agli altri stati membri. Vorremmo poi una soglia temporale unica a 70 anni e l’estensione della durata dei CAS e dei CAI, correttivi semplici da apportare che oltre ad aiutare gli operatori porterebbero a un alleggerimento della pressione sugli uffici esportazione, oggi oberati e in costante sotto organico. Andrebbe poi ripensato e razionalizzato l’istituto della notifica. Se un’opera riveste un effettivo interesse pubblico e l’esportazione ne viene negata, lo Stato dovrebbe assumersi la responsabilità di acquistare il bene e di renderlo, di conseguenza, fruibile alla collettività, come ad esempio avviene in Francia. La razionalizzazione delle regole contribuirebbe ad imprimere un nuovo clima di fiducia: oggi i collezionisti sono terrorizzati dalla burocrazia, dalle notifiche e, come già detto, dall’incertezza. Per non parlare dei collezionisti stranieri, che sempre più numerosi scelgono l’Italia come luogo di residenza e avrebbero voglia di trasferire e implementare le loro raccolte nel nostro paese. Ma la rigidità e la complessità della burocrazia li spaventa, cosi come disincentiva i prestiti alle mostre pubbliche da parte di tutti i collezionisti privati e gli operatori di settore. Ma non solo: sarebbe doveroso introdurre una serie di incentivi al mecenatismo, per detassare e favorire le donazioni, cosi come di un tax credit per l’acquisto di opere di giovani artisti viventi e residenti in Italia.

Come bilanciare dunque le esigenze degli operatori del settore con quelle della protezione del patrimonio nazionale?

Crediamo che l’unica strada percorribile per raggiungere dei buoni risultati sia quella del confronto e del dialogo, una fiamma già accesa che non possiamo lasciare spegnere. Lavoriamo da tempo con impegno e serietà per superare gli slogan e le posture ideologiche, con l’unico fine di collaborare con le istituzioni per una crescita del settore positiva per l’Italia. È essenziale mantenere un tavolo permanente tra istituzioni e le associazioni di categoria riunite nel gruppo Apollo: solo cosi si potranno muovere, finalmente, dei passi in avanti per rendere competitivo il sistema dell’arte in Italia, salvaguardando allo stesso tempo sia la funzione di tutela del patrimonio culturale, sia il diritto della proprietà̀ privata. Il mercato dell’arte e le istituzioni non sono in rotta di collisione, questo è un vecchio retaggio che dobbiamo lasciarci alle spalle. C’è bisogno di convergere, di ascoltarsi: tutte le parti ne beneficerebbero e il Paese si aprirebbe a un clima più disteso e proficuo.

In sostanza, come può essere migliorata l’attuale situazione?

Ci auguriamo che il decisore politico voglia recepire le istanze delle gallerie, delle case d’asta, degli antiquari e non da ultimo delle mostre: non è in gioco soltanto un patrimonio di conoscenze e competenze in via d’estinzione, ma la sopravvivenza dell’intera filiale legata al mondo dell’arte. L’Italia si merita un futuro diverso e più luminoso, ma dobbiamo trovare insieme gli strumenti per raggiungerlo.

Questo contributo è stato pubblicato originariamente sul n. 24 della nostra rivista cartacea Finestre sull’Arte on paper, erroneamente in forma ridottaClicca qui per abbonarti.


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.




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