Cinque anni dopo l’apertura di Palazzo Maffei Casa Museo di Verona, la direttrice Vanessa Carlon ci racconta l’evoluzione di un progetto nato dalla passione del collezionista Luigi Carlon e diventato oggi un punto di riferimento per la cultura a Verona. Con oltre 700 opere che attraversano 4.000 anni di storia dell’arte, la casa museo continua a distinguersi per l’originalità dell’allestimento, che mette in dialogo antico e contemporaneo, e per un’intensa attività culturale rivolta a pubblici diversi. Nell’intervista, la direttrice ripercorre gli obiettivi iniziali, le sfide recenti, tra cui la tutela delle opere, e le strategie messe in campo per coinvolgere i più giovani, anche attraverso il digitale e l’intelligenza artificiale. Uno sguardo su passato e futuro, sulle nuove acquisizioni, sulle collaborazioni con gli artisti contemporanei per una visione museale che mette al centro la condivisione, la bellezza e la responsabilità. L’intervista è di Noemi Capoccia.
NC. Come nasce l’idea di trasformare la collezione di Luigi Carlon in una casa museo accessibile al pubblico?
VC. Il collezionista Luigi Carlon, verso i suoi sessant’anni, ha iniziato a pensare al futuro della collezione che ha avviato da giovanissimo, desiderando che fosse messa a disposizione della collettività, dando alle opere la possibilità di riprendere la loro funzione, anche sociale. Un desiderio che si è trasformato in un progetto preciso quando c’è stata la possibilità di acquistare una sede prestigiosa come Palazzo Maffei nella piazza più antica della città ove era il Foro romano.
Quali erano gli obiettivi principali al momento dell’apertura nel 2020? Ritiene che ad oggi siano stati raggiunti?
Durante la conferenza stampa di apertura del 2020, dichiarammo l’intenzione di diventare un punto di riferimento per la cultura veronese e non solo, e mi pare che ci siamo riusciti. Per questo abbiamo puntato, fin da subito, non solo all’esposizione della collezione, che costituisce comunque un richiamo di cultura e bellezza, ma anche all’organizzazione di un intenso programma di attività culturali: dagli incontri gratuiti con grandi artisti e studiosi al Teatrino di Palazzo Maffei (una sala di un centinaio di posti affacciata su Piazza delle Erbe) fino ai contest rivolti ai bambini. Tante le iniziative che hanno visto splendidi incroci tra le arti, teatro, danza, musica, e le proposte di chiavi di lettura differenti di opere e artisti esposti, attraverso i nostri format di approfondimento sui social e le visite tematiche.
Il percorso espositivo fonde antichità veronesi e opere moderne. Quale criterio guida l’allestimento per far convivere stili così differenti nello stesso spazio?
Il dialogo fra arte antica e contemporanea, pur in uno svolgimento cronologico al primo piano, è sviluppato sulla base dei temi delle diverse stanze che conducono sapientemente i visitatori. Risponde al gusto del collezionista che ha sempre amato questo incroci ma è stato magistralmente sviluppato da Gabriella Belli che ha curato il progetto museologico e che ha creato questi “cortocircuiti” improvvisi in cui opere di epoche diversissime alla fine ci parlano degli stessi sentimenti, delle medesime tematiche.
Tra le circa 700 esposte ormai a Palazzo Maffei, c’è un’opera o un accostamento che, secondo lei, rappresenta in pieno lo spirito della Casa Museo e la vostra visione museale?
Direi che uno dei dialoghi più iconici ed esemplificativi è il Taglio rosso di Fontana accostato a un fondo oro trecentesco, una Crocifissione del Secondo Maestro di San Zeno, a significare il dolore, la ferita, ma anche che la ricerca dell’uomo è sempre stata rivolta a ciò che trascende la nostra vita terrena.
Dopo l’incidente di inizio giugno, in cui due turisti hanno danneggiato la sedia di Nicola Bolla ricoperta di cristalli Swarovski mentre cercavano di farsi una foto, quali considerazioni avete fatto sul compito di un museo nel far capire l’importanza del rispetto per l’arte?
Ringraziando la maggioranza dei visitatori che ha rispetto per l’arte, pensiamo che la campagna di sensibilizzazione attuata abbia avuto una buona risonanza e sia stata un segnale positivo e necessario per far capire quanto certi comportamenti, che in realtà allontanano dal godimento del bene artistico, del suo valore intrinseco in termini estetici e contenutistici, mettano anche a rischio l’integrità e la conservazione dell’opera.
Recentemente un episodio simile ha coinvolto gli Uffizi, dove il direttore Verde ha dichiarato “I visitatori che vengono solo per i selfie rappresentano un problema, interverremo”. Come risponde Palazzo Maffei? Avete adottato misure specifiche dopo l’incidente di giugno?
Abbiamo rafforzato ulteriormente i sistemi di sicurezza e di dissuasione, ma cerchiamo comunque di garantire una fruibilità e un godimento pieno delle opere conformemente alla scelta allestitiva che abbiamo fatto fin dall’inizio.
Negli ultimi anni avete investito molto in progetti educativi e digitali. Quali attività si sono rivelate più efficaci per avvicinare i giovani e le scuole al museo? E che ruolo ha la ricerca nel far scoprire l’arte in modo nuovo?
Sicuramente alcuni temi sviluppati, come le arti e la scienza, ci hanno aiutato; inoltre molti dei racconti sui social sono fatti da studenti universitari dato che abbiamo accordi di collaborazioni con l’Università di Verona e con l’Accademia di Belle Arti e una costante presenza nel nostro staff dei migliori neolaureati che impieghiamo soprattutto per il settore educativo e di supporto al pubblico: dunque giovani che parlano ai giovani. Ma abbiamo sperimentato anche l’uso artistico di linguaggi più abituali per i ragazzi: l’opera Aeternamente di CamerAnebbia, sulla storia del Palazzo inserito nel foro Romano, ha un bel contenuto scientifico, narrato con un linguaggio digitale. Giovani e meno giovani navigano immersi nelle immagini in un viaggio ricco di storia. Apprezzo l’uso del digitale se serve ad approfondire contenuti. Allo stesso modo Borderland di Manuel Gardina è la prima opera realizzata con l’ausilio dell’intelligenza artificiale ad aver fatto il suo ingresso nella collezione permanente di un museo privato italiano.
Negli ultimi anni avete integrato opere importanti come Hokusai, Modigliani. Quali criteri guidano le acquisizioni? Sono previste, in futuro, nuove acquisizioni di pari rilievo?
Palazzo Maffei è nato dalla collezione e dalla passione viscerale per l’arte di mio padre; una passione che continua tutt’ora e dunque certamente altre importanti opere faranno a breve il loro ingresso a Palazzo Maffei. Del resto Luigi Carlon ha sempre avuto molto chiaro, pur nell’estrema eterogeneità di una collezione eclettica, la visione d’insieme, i nuclei fondanti delle raccolta ,con alcuni artisti, movimenti o tecniche da lui particolarmente amati; e allo stesso modo si è posto obiettivi precisi di conoscenza, di rappresentazione dell’arte attraverso i secoli, e di recupero di opere di artisti veronesi, o che qui hanno lavorato, disperse nei secoli, ora ritrovate e riportate a Verona.
Ci sono nuclei tematici o artisti che oggi sentite l’urgenza di integrare nella collezione, anche per rispondere a nuove sensibilità culturali?
Abbiamo il piacere di collaborare con artisti contemporanei che portano la loro visione del mondo. Lo abbiamo fatto con Claire Fontaine per esempio, ora stiamo facendo un progetto con Anna Galtarossa che inaugureremo il 10 ottobre, in occasione di Artverona.
Come immagina Palazzo Maffei tra dieci anni? Qual è l’obiettivo che avete per il futuro del museo?
L’auspicio è di fare bei progetti con artisti e istituzioni, anche internazionali e di avere un pubblico che esca soddisfatto da questo museo, incantato dell’arte e della forza della creatività. Un pubblico fedele che ami tornare e frequentare queste sale.
L'autrice di questo articolo: Noemi Capoccia
Originaria di Lecce, classe 1995, ha conseguito la laurea presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2021. Le sue passioni sono l'arte antica e l'archeologia. Dal 2024 lavora in Finestre sull'Arte.Per inviare il commento devi
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