Nel centenario della nascita di Mario Giacomelli (Senigallia, 1925 – 2000), uno dei fotografi italiani più noti delNovecento, Palazzo Reale di Milano ospita la mostra Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta, un’esposizione che indaga in profondità il legame tra l’opera visiva dell’artista e il mondo della poesia. L’iniziativa, aperta al pubblico dal 22 maggio al 7 settembre 2025, è promossa dal Comune di Milano – Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Archivio Mario Giacomelli, in collaborazione con Rjma progetti culturali e Silvana Editoriale.
La mostra milanese, curata rispettivamente da Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli, si svolge in parallelo a un altro importante progetto espositivo, Mario Giacomelli. Il fotografo e l’artista, in corso al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Entrambi i percorsi espositivi sono stati insigniti della Medaglia del Presidente della Repubblica.
Il progetto si inserisce all’interno del programma dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, un’iniziativa diffusa sul territorio nazionale che accompagna i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali con un cartellone multidisciplinare volto a promuovere i valori dello sport attraverso cultura, patrimonio e creatività. Il fotografo e il poeta propone un itinerario che esplora il rapporto tra fotografia e poesia nella produzione di Giacomelli, sottolineando come la parola poetica abbia costituito una fonte costante di ispirazione nella sua ricerca. L’artista stesso definiva la fotografia un’alchimia, un processo in cui materiali e tecniche assumono significati simbolici, riflettendo il percorso esistenziale dell’autore.
Il percorso espositivo si apre con una sezione introduttiva in cui si delineano le premesse del legame tra fotografia e poesia. La serie Per poesie (realizzata tra gli anni Sessanta e Novanta) raccoglie un ampio repertorio di immagini che Giacomelli utilizza come materia visiva da trasformare in composizione. A questa si affianca la serie Favola, verso possibili significati interiori (1983–1984), in cui la fotografia si trasforma in segno, in simbolo, e assume la funzione di racconto visivo. Uno dei fulcri della mostra è rappresentato dal dialogo con L’Infinito di Giacomo Leopardi. In questo caso, l’omonima serie fotografica (1986–1990) e quella di Presa di coscienza sulla natura (1976–1980) si confrontano con l’essenza contemplativa dei versi leopardiani, trasfigurando luce e ombra in forme liriche sospese nel tempo.
La sala successiva è interamente dedicata alla serie Bando (1997–1999), ispirata all’omonima poesia di Sergio Corazzini. In questo nucleo, la fotografia si fa parola visiva, complice di un’espressività che affonda le radici nella fragilità dell’esistenza. Elemento centrale del percorso espositivo è la celebre serie Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961–1963), ispirata alla poesia di Padre David Maria Turoldo. Le immagini dei giovani seminaristi restituiscono una tensione sospesa tra sacro e profano, tra l’innocenza e l’inquietudine, tra l’attesa e il movimento. Il titolo stesso, tratto dal componimento del religioso, diventa manifesto simbolico dell’intera poetica di Giacomelli. La mostra prosegue con una sezione dedicata al tema dell’amore e della memoria. Qui si trovano le serie Passato (1986–1990), che trae ispirazione dai versi di Vincenzo Cardarelli, e quella legata a Caroline Branson da Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters (1967–1973). Le immagini di Giacomelli restituiscono un universo di malinconia e solitudine, un tempo cristallizzato in istanti che raccontano la fragilità della condizione umana. Una delle collaborazioni documentate nella mostra è quella con Francesco Permunian. Le immagini realizzate da Giacomelli in dialogo con le poesie Ho la testa piena, mamma (1994–1995) e Il teatro della neve (1984–1986) esprimono un confronto serrato tra visione e parola. In queste opere, l’artista costruisce un contrappunto visivo che si muove tra sogno e realtà, facendo vibrare il bianco e nero come un linguaggio poetico autonomo.
La parte conclusiva della mostra raccoglie due opere della maturità: Ninna nanna (1985–1987), ispirata a Leonie Adams, e Felicità raggiunta, si cammina (1986–1988), nata dai versi di Eugenio Montale. In queste serie si percepisce una tensione verso l’essenzialità e la sintesi, in cui la fotografia diventa epifania poetica, eco di un pensiero intimo e universale. Chiude il percorso l’omaggio che Giacomelli dedica alla Calabria del poeta Franco Costabile con la serie Il canto dei nuovi emigranti (1984–1985). Un racconto per immagini intriso di vissuto e nostalgia, che condivide con i versi di Costabile uno sguardo lucido e affettuoso sulla propria terra d’origine. La mostra si arricchisce di un allestimento che avvolge il visitatore nella voce e nelle immagini di Giacomelli. La ricostruzione della sua camera oscura consente inoltre di entrare in contatto diretto con il suo processo creativo, offrendo uno sguardo ravvicinato su tecniche, materiali e gesti dell’artista. Alcune bacheche espositive presentano composizioni poetiche autografe e materiali documentari che testimoniano l’intimo legame di Giacomelli con la parola scritta.
In occasione del centenario viene pubblicata una corposa monografia realizzata dall’Archivio Mario Giacomelli e pubblicata da Silvana Editoriale. Il volume accompagna entrambe le mostre, a Milano e a Roma, costituendo un ulteriore strumento di approfondimento sull’opera del fotografo. I visitatori potranno inoltre beneficiare di una promozione incrociata: chi conserva il biglietto di una delle due esposizioni potrà accedere all’altra con un biglietto ridotto.
Città | Milano | Sede | Palazzo Reale di Milano | Date | Dal 22/05/2025 al 07/09/2025 | Artisti | Mario Giacomelli | Curatori | Bartolomeo Pietromarchi, Katiuscia Biondi Giacomelli | Temi | Fotografia, Arte del Novecento |