Pisa guarda al futuro con un importante progetto culturale nel cuore del suo patrimonio storico. Nella Piazza dei Miracoli, sito UNESCO tra i più noti al mondo, hanno ufficialmente preso il via i lavori per la realizzazione del Museo delle Antichità, una nuova istituzione museale promossa dall’Opera della Primaziale Pisana, che promette di restituire una narrazione inedita e affascinante delle collezioni storiche dell’ente.
Con un’estensione complessiva di oltre 3.700 metri quadrati, il museo si articolerà tra 3.200 mq all’interno del Camposanto Monumentale e 550 mq di nuova costruzione in ambienti attigui sul lato nord-ovest. L’apertura è prevista per l’inizio del 2027, ma il cantiere ha già acceso i riflettori su un progetto che unisce valorizzazione del patrimonio esistente, innovazione museografica e dialogo tra culture.
Il Museo delle Antichità non nasce ex novo, ma si sviluppa come evoluzione organica degli spazi e delle collezioni già presenti: i sarcofagi attualmente visibili nel Camposanto Monumentale non verranno spostati, ma diventeranno parte integrante del nuovo percorso espositivo, contribuendo a una narrazione coerente e immersiva.
“Con il Museo delle Antichità”, afferma Andrea Maestrelli, Presidente dell’Opera, “l’Opera della Primaziale compie un gesto di restituzione culturale e civile: un patrimonio raccolto e custodito per secoli, in parte già accessibile, viene ora reso pienamente fruibile e riorganizzato secondo un progetto unitario di valorizzazione. Un modo concreto per far crescere la qualità e la profondità dell’esperienza in Piazza dei Miracoli, che da inizio 2027 si arricchirà di questo nuovo luogo da esplorare, conoscere e vivere”.
L’elemento concettuale portante del nuovo museo sarà il reimpiego: ovvero la capacità delle civiltà di reinterpretare, adattare e riutilizzare oggetti, simboli e materiali del passato, attribuendo loro nuovi significati. Un approccio che intende ribaltare la visione statica della storia per proporre una lettura dinamica e stratificata del patrimonio.
I reperti – provenienti da contesti egizi, etruschi, greci e romani – saranno presentati non come semplici testimonianze artistiche, ma come oggetti vitali, manufatti che hanno avuto una funzione, un uso, un ruolo specifico nei secoli, prima di essere accolti in un contesto museale.
Il progetto museografico, curato dallo studio Guicciardini & Magni Architetti, seguirà questa impostazione con un allestimento che metterà al centro il rapporto tra forma, funzione e trasformazione nel tempo. A guidare la visione scientifica è il professor Salvatore Settis, una delle voci più autorevoli della cultura italiana, che da anni studia il tema del reimpiego e riflette sul ruolo dei musei come spazi critici del sapere e non semplici contenitori di bellezza.
Attraverso un racconto inedito, il Museo delle Antichità intende restituire a Pisa la sua vocazione storica di potenza marinara, crocevia di scambi, idee, merci e simboli. L’allestimento mostrerà come l’identità della città sia stata modellata nei secoli da influenze culturali provenienti da tutto il Mediterraneo, in un intreccio che riflette la pluralità del mondo antico.
Il cuore del percorso sarà la collezione di sarcofagi romani, la seconda in Italia per ampiezza e importanza dopo quella dei Musei Vaticani. Ma non solo: il museo ospiterà urne etrusche, sculture greche, frammenti di epoca tardo-antica, capitelli e fregi romani, molti dei quali mai esposti al pubblico e finora conservati nei depositi dell’Opera del Duomo.
Tra i pezzi più emblematici spicca un fregio romano decorato con delfini e conchiglie, proveniente dalla Basilica Neptuni situata dietro il Pantheon a Roma. Questo fregio, databile al II secolo d.C., venne reimpiegato nel XII secolo in un nuovo contesto architettonico. Il progetto prevede di esporlo in alto su un ballatoio, permettendo ai visitatori di osservarne entrambi i lati: quello antico e quello medievale, offrendo così una visione concreta del concetto di reimpiego, che non è solo funzionale ma anche simbolico e culturale. Un dettaglio che diventa chiave di lettura dell’intero museo.
La suddivisione degli spazi del Museo delle Antichità sarà pensata per intrecciare percorsi cronologici e tematici, favorendo la connessione tra opere e contesto. Gli oggetti dialogheranno tra loro e con l’architettura stessa del Camposanto, un luogo carico di storia e spiritualità, dove le tracce del passato convivono con le sfide del presente. Il museo rappresenterà anche un’occasione di riqualificazione urbana e turistica, restituendo al pubblico internazionale – ma anche ai cittadini pisani – un nuovo motivo per scoprire Piazza dei Miracoli sotto una luce diversa.
Il progetto museografico per il Museo delle Antichità del Camposanto di Pisa si basa sulle indicazioni del comitato scientifico nominato dall’Opera Primaziale e del gruppo di lavoro presieduto dal professor Salvatore Settis. Sulla base delle premesse storiche e archeologiche, è stato portato avanti un progetto volto a sviluppare un percorso museale che a partire dagli spazi storici del Camposanto (pari a 3.200 metri quadrati), oggetto di minimi interventi relativi all’impianto di illuminazione e ai supporti grafici dedicati alle opere esposte, si sviluppa principalmente nei locali addossati al lato Nord del complesso, ovvero in locali che devono la loro attuale connotazione a rifacimenti recenti.
Il nuovo percorso museale, pari a 550 metri quadrati, inizia dall’ingresso della Cappella Ammannati e si divide in due parti principali: la sezione espositiva a Ovest, dedicata a quelle opere e reperti archeologici che, pur facenti parte della collezione dell’Opera Primaziale, non erano esposte nel Camposanto, e la sezione del deposito visitabile a Est, nella quale viene allestito il materiale archeologico, all’interno di uno spazio dedicato alla pratica del restauro nell’estremità del deposito visitabile, che si affaccia sul laboratorio attivo per le operazioni di restauro condotte sulle opere dagli esperti dell’Opera Primaziale.
La sezione espositiva costituisce a tutti gli effetti un nuovo museo nel quale sono esposti gruppi di opere antiche con provenienze diverse, e di fatto risalenti alle civiltà egizia, greca, etrusca e romana. Lo spazio espositivo consiste in 270 metri quadrati, ai quali si aggiunge un ballatoio di 135 metri quadrati, servito da un ascensore e da due scale, il percorso stesso è stretto sui lati lunghi tra un tratto delle mura urbane medioevali e tra il muro perimetrale del Camposanto.
“Come in tutti i musei che progettiamo”, fa sapere lo studio Guicciardini & Magni, “il percorso viene valorizzato dalla architettura che lo genera, quella storica del monumento e quella moderna degli interventi che ad essa vanno ora a sovrapporsi. Nel soffitto della sala museale si riapre un lucernario velato che copre le strutture della copertura, ma lascia trasparire i dati dell’istante, della situazione atmosferica nella quale il museo è immerso. Una nuvola di passaggio, il variare della luce, il fluire dei momenti climatici creano situazioni instabili che rafforzano e precisano la lettura delle opere nel tempo dell’oggi, il tempo al quale appartengono simultaneamente le opere e gli stessi visitatori. Parte dell’esperienza della visita dipende proprio dal legame con il luogo, il Camposanto di Pisa e la sua collocazione a fianco delle solide mura urbane, delle quali si valorizzano alcuni tratti proprio all’interno della camera espositiva museale”.
“Ci immaginiamo”, proseguono, “che dal ballatoio superiore del museo possa crearsi un collegamento alla situazione specifica nella quale il visitatore si trova, dilatando la scatola espositiva verso una percezione fortemente legata alla collocazione geografica, storica, atmosferica esterna. Da qui nasce l’idea di aprire il percorso verso l’esterno a Ovest, aprendo la vista dal ballatoio verso un angolo circoscritto dallo sviluppo murario e dalla torre d’angolo delle mura urbane, fino a cogliere la sommità sulla quale era collocato il marmoreo leone romano (ora sostituito da una copia), simbolo di una ricercata espressione di potenza della repubblica marinara pisana. La porzione in cui si innesta l’affaccio è stata realizzata durante i lavori del 1951, ossia quando è stata realizzata la copertura del grande volume che ora destiniamo a museo dell’Antichità. L’operazione che proponiamo consiste in una rilettura che intaglia minimamente la massa esterna della facciata in un punto privo di pregio, inserendosi con misura nello scenario architettonico della piazza. Una semplice appendice vetrata sorretta da un telaio di metallo ossidato può bastare a costruire una piccola nuova visione, una piccola rivelazione nel prato della piazza”.
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