Il “delizioso capolavoro” di Montespertoli: la Madonna col Bambino di Filippo Lippi


Il Museo d'Arte Sacra di Montespertoli conserva una Madonna col Bambino di Filippo Lippi, prezioso capolavoro ma opera comunque difficile.

Se ci fosse da stilare una classifica delle opere d’arte italiane che hanno più girato il mondo per essere esposte in mostre internazionali, allora probabilmente la Madonna col Bambino di Filippo Lippi (Firenze, 1406 - Spoleto, 1469) conservata al Museo d’Arte Sacra di Montespertoli potrebbe ambire a un posto in un’ipotetica top ten. Solo negli ultimi sette anni, la tavola del piccolo museo situato tra le dolci colline della Valdelsa, ha lasciato i locali della canonica di San Piero in Mercato, dove la galleria ha sede, per partire alla volta dell’Ungheria, della Francia, del Giappone, e ovviamente per recarsi anche in altre città italiane. Talvolta per mostre tutt’altro che memorabili, certo: ma l’interesse che il dipinto suscita certifica la sua importanza, corroborata anche da vicende critiche che hanno visto storici dell’arte di primissimo livello discutere attorno a un’opera che, stilisticamente, non è delle più agevoli.

Al contrario, da un punto di vista prettamente iconografico, forse poche altre Madonne sono semplici come questa. La Vergine è seduta su di un trono a nicchia, col catino a forma di conchiglia, com’era in uso nell’arte del Rinascimento: un motivo ripreso dall’arte classica, e al quale, all’epoca, fu attribuito un rinnovato significato cristiano connesso al concepimento virginale di Maria (la perla, secondo le credenze antiche, era frutto della conchiglia nato senza necessità d’intervento fecondante maschile) ma anche alla resurrezione (l’immagine della conchiglia che si dischiude e genera la perla si poteva accostare a quella del sarcofago che s’apre onde permettere a Cristo di risorgere). La figura della Madonna assume toni monumentali comuni ad altri dipinti di Filippo Lippi, ha lo sguardo che par quasi perso e attraversato da un moto di malinconia, e con le mani trattiene il Bambino sulle ginocchia: il piccolo Gesù è ancora in fasce, e viene gentilmente sorretto dalla madre che gli fa poggiare la testa su di un guanciale di broccato. Da notare il naturalismo del piccolo, che col suo sguardo vispo sembra quasi voler comunicare il suo disappunto per le fasce che lo stringono e gl’impediscono i movimenti (fasce, peraltro, rese con certa sapienza tecnica: si guardino le ombreggiature tra le pieghe). Interessante la bordatura rossa, del colore tipico del corallo: sembra quasi che l’artista, con tale espediente, abbia voluto in qualche modo “sostituire” il rametto di corallo che, come da iconografia, veniva appeso al collo di Gesù (era invalso l’uso di ornare i neonati con tale oggetto in quanto in antico ritenuto una sorta di amuleto in grado di proteggere l’infante). La Vergine è abbigliata secondo l’iconografia più tradizionale: un abito rosso (colore associato alla terra, e quindi simbolo dell’umanità della Madonna, ma anche colore del sangue versato da Cristo sulla croce e quindi allusione al suo sacrificio) coperto da un manto blu (il colore del cielo, a significare la natura divina di Maria) e a cingerle il capo un velo trasparente che lascia intravedere la chioma bionda. L’unica concessione alla moda del tempo è la fascia rossa che la Madonna porta in capo, in uso presso le donne della Firenze del quindicesimo secolo. Una concessione tuttavia motivata: aveva lo scopo di offrire un rimando alla quotidianità del devoto che doveva adorare l’opera.

Filippo Lippi, Madonna col Bambino
Filippo Lippi, Madonna col Bambino (1450 circa; tempera su tavola, 89 x 64 cm; Montespertoli, Museo d’Arte Sacra)


Filippo Lippi, Madonna col Bambino di Montespertoli, dettaglio del volto
Filippo Lippi, Madonna col Bambino di Montespertoli, dettaglio del volto


Filippo Lippi, La Madonna col Bambino nella sua collocazione a Montespertoli
Filippo Lippi, la Madonna col Bambino nella sua collocazione a Montespertoli


La sala del Museo d'Arte Sacra di Montespertoli che ospita l'opera di Filippo Lippi
La sala del Museo d’Arte Sacra di Montespertoli che ospita l’opera di Filippo Lippi

Non è stato facile collocare con sicurezza la Madonna col Bambino entro il percorso artistico di Filippo Lippi: permangono tuttora dubbi sulla datazione dell’opera, oltre che sull’effettiva estensione degli interventi del maestro. E in passato, l’opera non era neppure attribuita al grande artista fiorentino. Il primo studioso a occuparsi della tavola, Guido Carocci, la riteneva opera di fra’ Diamante. Occorre dire che, all’epoca, il dipinto versava in condizioni di conservazione non ottimali, che ne avevano offuscato l’altissima qualità (anche perché occorre peraltro considerare che fino al 1933 l’opera era coperta con alcuni ex voto, ovvero una corona sul capo della Madonna e alcuni inserti di metallo prezioso sul corpo di Gesù Bambino, poi rimossi): solo nel 1963 il restauro cui la tavola fu sottoposta ne fece emergere l’eccezionalità. Tuttavia, malgrado lo stato di conservazione, non ci volle molto affinché qualcuno intuisse che si trattasse d’opera lippesca: nel 1933 Giorgio Castelfranco curò una Mostra del Tesoro di Firenze Sacra, nell’ambito della quale la tavola di Montespertoli veniva riconosciuta come opera di Filippo Lippi, realizzata attorno al 1450, in una data prossima a quella del Tondo Bartolini oggi conservato presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti (quindi in una fase matura della carriera dell’artista). Ciò nondimeno, ci fu chi continuò a non ritenere la tavola di Montespertoli un prodotto della mano del maestro: storici dell’arte come Richard Offner, Georg Pudelko (per il quale poteva trattarsi dell’opera di un non meglio specificato “Scolaro di Prato”), Robert Oertel e Mary Pittaluga la assegnarono alla bottega, e Bernard Berenson, che dapprima accolse l’ipotesi di Castelfranco, preferì in seguito ascrivere l’opera all’estro di Zanobi Machiavelli. In tutti i casi si tratta comunque di contributi giunti prima del decisivo restauro del 1963, condotto dall’Opificio delle Pietre Dure.

La qualità eminentemente lippesca dell’opera fu acclarata proprio a seguito dell’intervento. Lo stile del maestro, pur se più debole rispetto ad altre sue realizzazioni (tanto che ci sono ipotesi secondo le quali potrebbe trattarsi di un lavoro eseguito col concorso della bottega, oppure di un’opera di bottega sulla quale poi, verso le ultime fasi, intervenne Filippo Lippi), è comunque riconoscibile senza troppe difficoltà: il grande lirismo che connota le due figure, in special modo quella della Madonna, la finezza del segno (immediatamente chiara se si osserva il velo della Madonna), e il naturalismo di certi dettagli (a cominciare proprio dalle fasce che avvolgono il Bambino) sono caratteristiche proprie dello stile di Filippo Lippi, tanto che molti studiosi che analizzarono il dipinto subito dopo il restauro (vanno citati almeno Paolo Dal Poggetto e Federico Zeri) non ebbero dubbi sulla paternità del dipinto. A tutto ciò occorre poi aggiungere le somiglianze tra la tavola di Montespertoli e altre opere di Filippo Lippi. Tra le opere che meglio le si possono avvicinare, è possibile menzionare la Madonna col Bambino conservata alla Walters Art Gallery di Baltimora, quella di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze, quella della National Gallery of Art di Washington, il già citato Tondo Bartolini, l’Annunciazione Doria (accostamento, quest’ultimo, proposto da Andrea De Marchi). Uno degli ultimi storici dell’arte che si sono occupati del dipinto, Jeffrey Ruda, autore di una monografia su Filippo Lippi pubblicata nel 1993, volle provare anche a instaurare un paragone tra l’architettura entro la quale trovano spazio le figure della Madonna e del Bambino, e la struttura della cosiddetta Incoronazione Marsuppini oggi conservata a Roma alla Pinacoteca Vaticana: la nicchia sovrastata da conchiglia e coperta con pannelli marmorei era apparsa infatti allo studioso statunitense una “versione semplificata” di quella presente nell’Incoronazione. Ma non solo: Ruda suggerì anche un confronto tra la tavola di Montespertoli e l’Incoronazione Maringhi, ipotizzando legami tra il volto della Madonna di Montespertoli e quello degli angeli che compaiono nel dipinto conservato agli Uffizi.

Filippo Lippi, Tondo Bartolini
Filippo Lippi, Tondo Bartolini (1452-1453 circa; tempera su tavola, diametro 153 cm; Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina)


Filippo Lippi, Madonna col Bambino di Washington
Filippo Lippi, Madonna col Bambino (1440 circa; tempera su tavola, 79 x 51,1 cm; Washington, National Gallery of Art)


Filippo Lippi, Madonna col Bambino di Baltimora
Filippo Lippi, Madonna col Bambino (1446-1447 circa; tempera su tavola, 127 x 87 cm; Baltimora, Walters Art Museum)


Filippo Lippi, Madonna col Bambino di Palazzo Medici-Riccardi
Filippo Lippi, Madonna col Bambino (1466 circa; tempera su tavola, 115 x 71 cm; Firenze, Palazzo Medici-Riccardi)


Filippo Lippi, Annunciazione Doria
Filippo Lippi, Annunciazione Doria (1466 circa; tempera su tavola, 118 x 175 cm; Roma, Galleria Doria Pamphilj)


Filippo Lippi, Incoronazione della Vergine con angeli e santi detta Incoronazione Marsuppini
Filippo Lippi, Incoronazione della Vergine con angeli e santi detta Incoronazione Marsuppini (dopo il 1444; tempera su tavola, 172 x 251 cm; Roma, Città del Vaticano, Musei Vaticani, Pinacoteca Vaticana)


Filippo Lippi, Incoronazione della Vergine detta Incoronazione Maringhi
Filippo Lippi, Incoronazione della Vergine detta Incoronazione Maringhi, dettaglio degli angeli (1439-1447; tempera su tavola, 200 x 287 cm; Firenze, Galleria degli Uffizi)

Ruda forniva poi altre interessanti suggestioni di tipo iconologico (in particolare sulla figura del Bambino, la cui posa allude a quella del Cristo in pietà, e si potrebbe anche aggiungere che il suo corpo così stretto in fasce richiami il momento della sua sepoltura dopo la Passione: si tratta comunque di tipici rimandi agli ultimi eventi della vita di Cristo) e soprattutto di tipo stilistico. In particolare, lo storico dell’arte riteneva che il disegno fosse alquanto debole: “la testa della Madonna è piccola in proporzione al suo corpo, la sua posa è vaga anche ipotizzando perdite nel modellato, e la posa del Bambino è goffamente compromessa tra le seconda e la terza dimensione”. Per tali ragioni, Ruda avanzava l’ipotesi che la tavola di Montespertoli fosse opera di bottega, pur ammettendo la plausibilità di un intervento di Filippo Lippi nelle ultime fasi di realizzazione. Nel 1995, Rosanna Caterina Proto Pisani, nel catalogo del Museo d’Arte Sacra di Montespertoli, suggeriva che l’opera potesse invece costituire un “delizioso capolavoro del periodo tardo dell’artista”, corroborando l’ipotesi con quanto Paolo Dal Poggetto scriveva nel 1963: secondo lo studioso, l’opera rappresenta “uno dei rari momenti in cui il Lippi al termine delle sue lunghe elaborazioni poteva contemplare la malinconica dolcezza delle immagini ritmiche immerse nella pallida e lunga sosta di un grigio recinto”. E ancora, nel 2009, nel catalogo della mostra su Filippo e Filippino Lippi al Musée de Luxembourg di Parigi, Maria Pia Mannini sottolineava che “questa Madonna testimonia il virtuosismo tipico del pittore, soprattutto nello sguardo vivace del Bambino e nella sua espressione inquieta che ricorda le fisionomie curiose di Paolo Uccello nella cappella dell’Assunzione nella cattedrale di Prato e che allo stesso modo influenzerà le generazioni successive (Pontormo)”.

Quanto alla datazione, scartata l’idea di un’opera giovanile (così pensava Pietro Toesca, che ne scrisse nel 1934), le ipotesi oscillano tra il 1440 e il 1450 (ultimamente però la si tende a spostare verso il 1450): siamo comunque in una fase matura dell’arte di Filippo Lippi, impegnato in un’opera che probabilmente era destinata a un luogo fuori Firenze, anche se non possiamo stabilire alcunché con certezza, in assenza di prove documentarie. L’opera è attestata per la prima volta nella chiesa di Sant’Andrea a Botinaccio, piccola frazione di Montespertoli, e fu spostata nel locale Museo d’Arte Sacra per ragioni conservative. Non sussistono tuttavia motivi per dubitare sul fatto che l’opera fosse stata dipinta proprio per la chiesa di Botinaccio. Oggi invece il pubblico può ammirare la “gemma” del Museo d’Arte Sacra di Montespertoli (così l’ha soprannominata Rosanna Caterina Proto Pisani) nella Sala Gialla del museo, all’incirca verso la metà di un percorso tra le opere del territorio: un percorso ricco di fascino, del quale la Madonna di Filippo Lippi rappresenta il culmine di poesia e delicatezza.

Bibliografia di riferimento

  • Cristina Gnoni Mavarelli, Maria Pia Mannini (a cura di), Filippo et Filippino Lippi. La Renaissance à Prato, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Luxembourg, dal 25 marzo al 2 agosto 2009), Silvana Editoriale, 2009
  • Rosanna Caterina Proto Pisani (a cura di), Museo d’Arte Sacra di Montespertoli, Edizioni Polistampa, 2006
  • Maria Pia Mannini, Marco Fagioli, Filippo Lippi. Catalogo completo, Octavo, 1997
  • Rosanna Caterina Proto Pisani, Antonella Nesi (a cura di), Il Museo di Arte Sacra a Montespertoli, Becocci/Scala, 1995
  • Jeffrey Ruda, Fra Filippo Lippi. Life and work with a complete catalogue, Phaidon Press, 1993
  • Paolo Dal Poggetto (a cura di), Arte in Valdelsa, catalogo della mostra (Certaldo, Palazzo Pretorio, dal 28 luglio al 31 ottobre 1963), STIAV, 1963
  • Giorgio Castelfranco (a cura di), Mostra del Tesoro di Firenze Sacra, catalogo della mostra (Firenze, Convento di San Marco, 1933), Tipocalcografia Classica, 1933


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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