Il ruolo della grafica nella fortuna della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci


La Battaglia di Anghiari, il celebre capolavoro di Leonardo da Vinci per Palazzo Vecchio, non ha mai smesso di far parlare di sé, ma nel passato deve la sua notorietà alla diffusione di numerose grafiche tratte dal tema.

La grande assente della storia dell’arte è la celebre Battaglia di Anghiari commissionata a Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 – Amboise, 1519) per decorare una delle pareti del Salone del Maggior Consiglio, oggi Salone del Cinquecento, di Palazzo Vecchio a Firenze, opera mai realizzata nella sua completezza. Il genio toscano lavorò su questa opera muraria dal 1503 al 1506, realizzando però solo alcuni disegni e studi, un cartone preparatorio, e arrivando a dipingere unicamente il gruppo centrale lasciando quindi l’opera incompiuta poiché la pittura si guastò in poco tempo e ne scomparve ogni traccia nel giro di pochi decenni, quando Giorgio Vasari (Arezzo, 1511 – Firenze, 1574) riordinò architettonicamente e pittoricamente la sala che la ospitava.

Qualcuno potrebbe obiettare che non minor peso e fascinazione riveste anche l’altra opera incompiuta, pensata come pendant per quella di Leonardo, e cioè la Battaglia di Cascina affidata a Michelangelo. Ma se è vero che entrambe le opere ebbero un grande eco sui contemporanei e sui posteri, la sensazione di perdita con l’opera di Leonardo sembra più viva, in primis perché Michelangelo non arrivò mai oltre alla preparazioni dei disegni e dei cartoni (anche se va dato conto che non pochi studiosi dubitano che anche Leonardo fosse mai arrivato alla realizzazione muraria), e secondariamente perché dell’artista nato a Caprese si conservano ancora importanti affreschi, fra cui il ciclo capolavoro nella Cappella Sistina, mentre al contrario l’Ultima Cena di Leonardo si presenta irrimediabilmente logora.

Magra consolazione è che possiamo avere una labile idea di come si doveva presentare la scena dipinta da Leonardo, ovvero quella con la Disputa per lo Stendardo, unico gruppo realizzato, grazie agli splendidi disegni autografi, e ad un disegno che si conserva al Ashmolean Museum di Oxford, che qualcuno ha voluto identificare come l’ultimo frammento del monumentale cartone, poi rimaneggiato, preparato dall’artista presso la Sala del Papa a Santa Maria Novella.

Anonimo del XVI secolo e Pieter Paul Rubens, Copia della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (XVI secolo con ritocchi successivi di Rubens; matita nera, penna e inchiostro bruno e grigio, matita grigia e pigmenti bianchi e grigio-blu su carta, in origine 428 x 577 mm poi ingrandito a 453 x 636 mm; Parigi, Louvre, Département des arts graphiques)
Anonimo del XVI secolo e Pieter Paul Rubens, Copia della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (XVI secolo con ritocchi successivi di Rubens; matita nera, penna e inchiostro bruno e grigio, matita grigia e pigmenti bianchi e grigio-blu su carta, in origine 428 x 577 mm poi ingrandito a 453 x 636 mm; Parigi, Louvre, Département des arts graphiques)
Lorenzo Zacchia il Giovane, Battaglia per lo stendardo (1558; incisione su rame, 374 x 470 mm; Vienna, Graphische Sammlung Albertina)
Lorenzo Zacchia il Giovane, Battaglia per lo stendardo (1558; incisione su rame, 374 x 470 mm; Vienna, Graphische Sammlung Albertina)
Gérard Edelinck, Lotta di cavalieri della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (1657-1666; incisione a bulino, 606 x 450 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
Gérard Edelinck, Lotta di cavalieri della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (1657-1666; incisione a bulino, 606 x 450 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)

Ad oggi, sono note non solo alcune copie pittoriche della Battaglia, ma anche diverse opere grafiche. La scena, celebre quindi grazie a repliche e presentata con alcune varianti nel corso del tempo, mostra quattro cavalieri che si contendono il possesso dello stendardo e della sua asta, in un combattimento accesissimo. Da sinistra a destra, si dovrebbero distinguere Francesco Piccinino e suo padre Niccolò, comandanti perugini dell’esercito al soldo dei milanesi Visconti, e Ludovico Scarampo e Pietro Giampaolo Orsini, il primo ammiraglio delle truppe papali alleato dell’esercito fiorentino, guidato dal secondo. Ai loro piedi anche tre fanti sono coinvolti nell’infuriare della battaglia, inginocchiati, uno di loro cerca di trarsi in salvo con lo scudo, mentre altri due stanno disperatamente lottando.

Questi sono elementi che ricorrono continuamente, mentre vi sono alcune divergenze presenti di copia in copia di cui è difficile rintracciare le motivazioni. Forse sono imputabili alla diversa fonte di ispirazione, il dipinto murario stesso, il cartone, o l’ancor più dibattuta tavola preparatoria; o piuttosto più semplicemente nel corso del tempo alcuni artisti hanno introdotto proprie invenzioni.

Disegni e stampe avevano il non trascurabile vantaggio di essere facilmente trasportabili e commerciati a prezzi più contenuti rispetto ai dipinti ad olio, e per tale motivo hanno rivestito per un lungo periodo della storia dell’arte uno dei principali medium per gli artisti di conoscere tipi e modelli e di tenersi in costante aggiornamento.

La testimonianza più famosa e citata della Battaglia è il disegno oggi custodito al Louvre, realizzato da Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) ripassando un disegno più antico, probabilmente del XVI secolo. Non era raro che il pittore comprasse dei disegni del passato per modificarli alla propria maniera, con biacca e penna ad esempio, e adeguandoli al gusto barocco. Del resto, quando Rubens arrivò in Italia, non esisteva più né l’opera muraria né il cartone di Leonardo. Secondo diversi critici, tra cui Vincenzo Farinella, si tratta della testimonianza più efficace della Battaglia perché è quella che maggiormente coglie “questo empito incontenibile di violenza che travolge tutte le figure, e crea una sorta di mostruoso nodo in cui teste, zampe, volti, braccia e armi si fondono in modo quasi inestricabile”. A differenza delle tavole dipinte a noi note come la tavola di Palazzo Vecchio, la tavola Doria, o la copia del Museo Horne, dove un solo cavaliere brandisce la spade, nell’opera di Rubens i due condottieri a cavallo incrociano le armi.

Di ancor più facile circolazione e pertanto più duttili a promuovere la conoscenza della Lotta dello Stendardo furono le incisioni a stampa, che potevano essere tirate in multipli e pertanto raggiungere un numero maggiore di persone. Tra queste, forse una delle più significative fu l’incisione dell’artista lucchese Lorenzo Zacchia (Lucca, 1524 – dopo il 1587), di cui si conserva un esemplare all’Albertina di Vienna.

Il pittore realizzò la grafica nel 1558, e quindi prima che Vasari intervenisse sulla sala che ospitava la Battaglia di Leonardo, pertanto ancora oggi si dibatte se sia una traduzione dall’originale murario, dal cartone, o da un dipinto preparatorio di Leonardo al quale alluderebbe l’iscrizione al margine dell’incisione che parla di “un ex tabella” dipinta dalla mano di Leonardo. Questa grafica si denota nella sua unicità, poiché uno dei combattenti sta per librare un colpo di scure.

Francesco Morandini detto il Poppi (?), Tavola Doria (1563?; olio su tavola, 86 x 115 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Francesco Morandini detto il Poppi (?), Tavola Doria (1563?; olio su tavola, 86 x 115 cm; Firenze, Gallerie degli Uffizi)
Artista ignoto, La Battaglia di Anghiari (metà del XVI secolo; olio su tela, 86 x 144 cm; Firenze, Palazzo Vecchio)
Artista ignoto, La Battaglia di Anghiari (metà del XVI secolo; olio su tela, 86 x 144 cm; Firenze, Palazzo Vecchio)
Pittore fiorentino (ambito del Sodoma?), La Battaglia di Anghiari (XVI secolo; olio su tela, 154 x 212 cm; Firenze, Museo Horne)
Pittore fiorentino (ambito del Sodoma?), La Battaglia di Anghiari (XVI secolo; olio su tela, 154 x 212 cm; Firenze, Museo Horne)
Antonio Fedi, Matteo Carboni, Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (1791; acquaforte e bulino, 243 x 360 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
Antonio Fedi, Matteo Carboni, Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (1791; acquaforte e bulino, 243 x 360 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
William Haussoullier, Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo Da Vinci dalla cosiddetta “copia Timbal” (1880 circa; acquaforte, 245 x 287 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
William Haussoullier, Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, dalla cosiddetta “copia Timbal” (1880 circa; acquaforte, 245 x 287 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
Pierre-Nolasque Bergeret, Le celebre carton del Leonard de Vinci (prima metà del XIX secolo; litografia, 420 x 575 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
Pierre-Nolasque Bergeret, Le celebre carton del Leonard de Vinci (prima metà del XIX secolo; litografia, 420 x 575 mm; Anghiari, Museo della Battaglia e di Anghiari)
Eugène Delacroix, Zuffa di cavalli in una scuderia (1860; olio su tela, 64 x 81 cm; Parigi, Louvre)
Eugène Delacroix, Zuffa di cavalli in una scuderia (1860; olio su tela, 64 x 81 cm; Parigi, Louvre)

Molte incisioni sono oggi conservate presso il Museo della Battaglia e di Anghiari, dov’è custodito un interessante nucleo di opere che attestano la fortuna grafica della Battaglia di Anghiari di Leonardo. Grande importanza per il successo dell’iconografia leonardesca va attribuito alla bella incisione a bulino, conservata proprio presso il museo di Anghiari, nota come Lotta di cavalieri dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci realizzata da Gérard Edelinck (Anversa, 1640 – Parigi, 1707) tra il 1657 e il 1666, e speculare del celebre disegno di Rubens. L’artista, che fu incisore di corte durante il regno di Luigi XIV di Francia, rivitalizzò l’archetipo leonardesco, in un periodo in cui l’Europa usciva dalla guerra dei Trent’anni, incontrando quindi una stagione particolarmente feconda per la rappresentazione di scene di battaglia.

Un esemplare del foglio, come del resto altre grafiche che testimoniano la capillare diffusione del capolavoro leonardesco sono custodite anche presso il Museo della Battaglia di Anghiari, nell’omonimo comune, istituzione che si pone anche come centro di approfondimento sull’opera scomparsa di Leonardo.

Altra famosa replica è l’acquaforte di Antonio Fedi e Matteo Carboni, datata 1791 e inserita nel volume a stampa L’Etruria Pittrice Ovvero Storia Della Pittura Toscana Dedotta Dai Suoi Monumenti Che Si Esibiscono In Stampa Dal Secolo X. Fino Al Presente, che si proponeva di raccogliere le repliche delle opere più rappresentative dei maestri toscani. La grafica, benché di scarsa qualità (tanto i fanti quanto i cavalieri sono infatti delineati in maniera grottesca e la “terribilità” dell’opera originale viene dispersa), ebbe anch’essa una forte eco nella promozione dell’idea di Leonardo. Caso piuttosto raro è invece l’acquaforte del 1880 circa del francese William Haussoullier (Parigi, 1815 – 1892) che replica una copia meno nota e meno accessibile ancora oggi, e conosciuta come copia Timbal, dal nome dell’artista che l’aveva collezionata.

Altri artisti ancora non lesinarono a integrare il “gruppo dello Stendardo” in un contesto più ampio, frutto d’invenzione o di studi più o meno filologici, come è il caso della litografia di Pierre-Nolasque Bergeret (Bordeaux, 1782 – Parigi, 1863), il quale immerge il gruppo della Disputa in un panorama di battaglia dal gusto ridondante e stereotipato.

Le grafiche circolavano velocemente e si sparsero per tutta Europa, giocando una funzione di primo piano nella conoscenza delle iconografie della battaglia leonardesca, più di quanto potessero garantire le repliche pittoriche, spesso di difficile accesso, o perlopiù sconosciute fino ai tempi recenti.

Assicurarono così, una fortuna quasi interrotta al celebre capolavoro di Leonardo, che dal passato, passando per la Zuffa di cavalli in una scuderia di Delacroix o le opere di De Chirico, fino ad oggi, non smette di affascinare e di far parlare di sé.


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Jacopo Suggi

L'autore di questo articolo: Jacopo Suggi

Nato a Livorno nel 1989, dopo gli studi in storia dell'arte prima a Pisa e poi a Bologna ho avuto svariate esperienze in musei e mostre, dall'arte contemporanea, alle grandi tele di Fattori, passando per le stampe giapponesi e toccando fossili e minerali, cercando sempre la maniera migliore di comunicare il nostro straordinario patrimonio.



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