La storia di Otto Freundlich, l'artista “degenerato” che sognava una sola razza e morì nel campo di concentramento di Majdanek


La triste storia di Otto Freundlich è simile a quella di tanti altri artisti che vissero la tragedia dei campi nazisti. Freundlich sognava un uomo nuovo e una sola razza, e morì nel campo di concentramento di Majdanek.

Le origini ebree dell’artista tedesco Otto Freundlich (Słupsk, 1878 – Majdanek, 1943) costituirono già da sé una causa di condanna e di persecuzione da parte del regime nazista, ma le sue idee totalmente contrarie al regime ne diedero ulteriore motivo. In occasione della prima mostra internazionale del Dopoguerra, tenutasi a Düsseldorf nel 1922, i critici fedeli al futuro regime si scagliarono contro la rassegna con argomenti dai tratti diffamatorî, per la presenza di un’arte ebrea-francese, che consideravano frutto della follia ebreo-dadaista, e già in quel caso Freundlich venne qualificato come ebreo-bolscevico, poiché avrebbe contribuito, attraverso la sua idea di arte, a “contaminarla di rosso”, ovvero a esprimere per mezzo delle sue opere principî vicini all’ideologia comunista, e più nello specifico marxista.

Freundlich era profondamente convinto della necessità della creazione di un uomo nuovo, o meglio, della reale necessità di un uomo diverso, capace di dare vita a una nuova società: l’individuo doveva secondo lui essere estremamente legato al mondo dell’esperienza, ma i cinque sensi dovevano avere lo scopo di oltrepassare il limite convenzionale delle cose. In questo modo, l’uomo e l’ambiente circostante avrebbero interagito reciprocamente tra loro, così come lo spirito e la materia. A governare tali processi sarebbe stata l’etica, per cui la sua idea di società era basata sull’abolizione dei confini tra mondo e universo, tra individui, in generale tra tutte le cose che si percepiscono.

Alla base del cambiamento dell’individuo, al fine della nascita di una società nuova retta dai presupposti finora elencati, era l’arte, pertanto arte e vita dovevano essere, secondo Freundlich, indissolubili. Questi principî furono condivisi, a partire dal 1918, dal Novembergruppe, un’associazione di artisti legati alle avanguardie, che si era costituita a Berlino nel dicembre di quell’anno: il nome deriva infatti dalla cosiddetta Rivoluzione di novembre, scoppiata alla fine della prima guerra mondiale. I principali fondatori del gruppo (vi figuravano, tra gli altri, Max Pechstein, Rudolf Belling, Erich Mendelsohn, Georg Tappert) diedero vita all’Arbeitsrat für Kunst, il Consiglio dei lavoratori per l’arte, a cui appartenevano pittori, scultori, architetti, tra cui Otto Freundlich. Questi proponevano un rinnovamento artistico nazionale, grazie al rapporto stretto tra artisti e pubblico. Il gruppo venne sciolto nel 1929, ma molti dei suoi membri sfociarono nel Bauhaus, scuola di arte e design fondata da Walter Gropius (Berlino, 1883 – Boston, 1969), che tentò senza successo di assegnare a Freundlich una cattedra da professore di scultura nel 1922.

August Sander, Ritratto di Otto Freundlich (1925 circa; fotografia alla gelatina d'argento su carta, 26 x 18 cm; Londra, Tate Modern)
August Sander, Ritratto di Otto Freundlich (1925 circa; fotografia alla gelatina d’argento su carta, 26 x 18 cm; Londra, Tate Modern)

Di fronte alla censura del regime nazista e opponendosi alla chiusura del Bauhaus, l’artista scrisse nel 1933 il testo Für das Bauhaus und gegen die Kulturreaktion, dove esprimeva l’ideale del pioniere della nuova arte e architettura contro le ideologie del regime, menzionando l’architetto e teorico razziale Paul Schultze-Naumburg (Naumburg, 1869 – Jena, 1949) tra gli esponenti dell’arte vicina al nazismo.

“Nessun Schultze-Naumburg e nessun Hitler lo renderanno impossibile; non possono uccidere lo spirito perché questo ha già conquistato il mondo e sta conquistando nuove città nella Russia sovietica […]. Conosciamo i nostri nemici e non chiediamo loro nulla. La nuova razza che noi intendiamo non conosce il colore della pelle e dei capelli; sarà lì quando si sbarazzerà dei poteri del governo che vuole abusare” scrisse l’artista. E due anni dopo scrisse Zur Nationalisierung des Gaistes, un appello contro il nazionalismo.

Oltre alla sua ideologia, il regime non tollerava l’avvicinamento della sua arte alle avanguardie, con cui Freundlich era venuto a contatto a Parigi e a Berlino: nella capitale francese, l’artista conobbe l’ambiente di Montmartre e Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) e, dopo un breve soggiorno a Berlino dove si accostò alla Berliner Secession lontana dall’arte delle accademie, tornò a Parigi per compiere le prime composizioni astratte. Tra queste, la composizione realizzata nel 1911 e oggi conservata al Musée d’Art Moderne de Paris: si tratta di un’opera contemporanea ai dipinti fondatori della pittura astratta, quindi ad artisti quali Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944) o Robert Delaunay (Parigi, 1885 – Montpellier, 1941), ma che testimonia il passaggio dall’espressionismo alla prima fase dell’astrattismo. Partendo dall’osservazione della natura, la curva diviene nell’artista “l’elemento che dà origine al corporeo, al tridimensionale; il braccio che mostra una direzione, il simbolo del nostro legame con l’universo”. A Parigi ha occasione di conoscere Constantin Brâncuşi (Peştişani, 1876 – Parigi, 1957), Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920), Georges Braque (Argenteuil, 1882 – Parigi, 1963), Juan Gris (Madrid, 1887 – Boulogne-sur-Seine, 1927); prima della guerra venne invece a contatto con il movimento dada a Berlino.

Otto Freundlich, Composizione (1911; olio su tela, 200 x 200 cm; Parigi, Musée d'Art Moderne de la Ville)
Otto Freundlich, Composizione (1911; olio su tela, 200 x 200 cm; Parigi, Musée d’Art Moderne de la Ville)

In questo contesto di grande fermento artistico e culturale, Freundlich realizzò nel 1912 la scultura dal titolo Grande Testa: questa si presentava infatti come un grande volto tipico dell’arte primitiva che si ispirava alle enormi statue dell’Isola di Pasqua; entrò nelle collezioni del Museum für Kunst und Gewerbe di Amburgo. Ma la storia di quest’opera non si concluse qui.

Nel luglio del 1937 venne allestita a Monaco di Baviera, presso l’Istituto di Archeologia dell’Hofgarten, la mostra dal titolo Entartete Kunst, in italiano Arte degenerata, a cura di Adolf Ziegler (Brema, 1892 – Varnhalt, 1959). Questi era un artista del regime nazista che guidava la Camera del Reich per le Arti Visive, con l’obiettivo di divulgare l’arte tedesca del regime. Attraverso l’arte si diffondeva meglio che con le parole l’idea di razza; doveva servire da esempio. Allo stesso tempo però si era diffusa, a suo dire, un’arte che aveva provocato il degrado, l’indebolimento della morale: da lì la definizione di “arte degenerata”, colpevole di aver deviato il vero scopo dell’arte, e come tale doveva essere repressa. È per questo motivo che uno dei più significativi ideologi della difesa totalitaria dell’arte, Wolfgang Willrich (Göttingen, 1897 - 1948), scrisse nel 1937 un pamphlet, Säuberung des Kunsttempels, che significa “Pulizia del tempio dell’arte”, secondo cui era necessario ritirare dai musei tedeschi tutte le opere appartenenti all’arte degenerata. Fu Willrich stesso a definire bolscevico Freundlich in quanto artista che aveva contribuito alla contaminazione “rossa” dell’arte, alla sua bolscevizzazione.

Otto Freundlich, Der neue Mensch (1912; gesso; già ad Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe; oggi dispersa, probabilmente distrutta durante il regime nazista)
Otto Freundlich, Der neue Mensch (1912; gesso; già ad Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe; oggi dispersa, probabilmente distrutta durante il regime nazista)


Copertina del catalogo della mostra Entartete Kunst
Copertina del catalogo della mostra Entartete Kunst

Tornando alla mostra Entartete Kunst, simbolo di quest’ultima divenne proprio la Grande Testa di Freundlich, poiché sulla copertina del catalogo dell’esposizione era stata riprodotta un’immagine della scultura, a cui però era stato modificato il titolo in Der neue Mensch, ovvero L’uomo nuovo, richiamando in senso negativo le teorie alla base dell’arte e della società dell’autore dell’opera raffigurata. La scultura venne derisa da molti artisti e critici, sia per le origini ebree del suo autore che per i tratti del volto raffigurato. In linea con la “pulizia dell’arte” di cui si è accennato, quattordici opere di Freundlich che erano entrate nelle collezioni di musei pubblici tedeschi vennero sequestrate; tra queste, ovviamente anche la Grande Testa che probabilmente fu distrutta dai nazisti. Non è stata mai più ritrovata. L’odio razziale ha portato all’eliminazione e alla distruzione di molte opere d’arte, di cui oggi non è rimasta quindi traccia alcuna, se non il racconto di una vicenda dolorosa. C’è da aggiungere tuttavia un fatto su cui riflettere: di questa grande scultura è possibile narrare la storia, poiché significativa e nota, rendendo possibile ancora la sua visione attraverso le fotografie e i documenti, ma di tante altre opere, la cui storia è meno rilevante o poco conosciuta, se ne sono completamente perse le tracce per sempre.

Uno dei lavori dell’artista a essere stati miracolosamente risparmiati è il mosaico dal titolo Die Geburt des Menschen, tradotto La nascita degli uomini, eseguito nel 1919. Si tratta di un’opera centrale nella produzione di Freundlich perché chiude il suo primo percorso ancora figurativo e anticipa l’astrattismo: si nota infatti un ritmo coordinato di colori vivaci e un continuo rapporto tra l’opera completa e il dettaglio, aspetto che attesta il legame reciproco tra uomo e mondo, fulcro del suo pensiero. In origine il mosaico era destinato alla villa del commerciante di tabacco Josef Feinhals a Marienburg, un quartiere di Colonia, ma non vi fu mai collocato; nel 1954 venne donato alla città e installato nell’atrio del teatro dell’opera di Colonia. Una mostra recente che si è tenuta nel 2017 nel Museum Ludwig della città lo ha presentato da grande protagonista.

Al mosaico è possibile aggiungere la tela Mein Himmel ist rot (“Il mio cielo è rosso”), che fin dal titolo contiene una dichiarazione politica da parte dell’artista e che è stato realizzato tramite accostamenti di caselle di colore giustapposte, a imitare la tecnica del mosaico. Dipinta a Parigi nel 1933 ed esposta nello stesso anno al Salon des Indépendants, venne donata nel 1953 allo Stato francese da Jeanne Kosnick-Kloss, la compagna di Otto Freundlich.

Otto Freundlich, Die Geburt des Menschen (1919; mosaico, 215 x 305 cm; Colonia, Teatro dell'Opera)
Otto Freundlich, Die Geburt des Menschen (1919; mosaico, 215 x 305 cm; Colonia, Teatro dell’Opera)


Otto Freundlich, Mein Himmel ist rot (1933; olio su tela, 162 x 130,5 cm; Parigi, Musée d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou)
Otto Freundlich, Mein Himmel ist rot (1933; olio su tela, 162 x 130,5 cm; Parigi, Musée d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou)

Il regime nazista non si accanì, come sappiamo, solo sull’arte, ma soprattutto sulle persone: da settembre 1939 a giugno 1940 Freundlich venne internato in cinque campi. In questo periodo l’artista scrisse numerose lettere all’amata Jeanne, esprimendo la sua preoccupazione per la sua arte. Venne liberato e riuscì a rifugiarsi a Saint-Paul-de-Fenouillet e poi a Saint-Martin-de-Fenouillet, nei Pirenei orientali. Fu raggiunto dalla sua Jeanne. Nel corso di un rastrellamento, a seguito di una delazione, Freundlich fu arrestato e condotto a Drancy; da qui venne deportato nel campo di concentramento di Majdanek, dove probabilmente venne ucciso il 9 marzo 1943.

L’uccisione di Otto Freundlich testimonia uno degli innumerevoli omicidi compiuti dal regime nazista nei confronti di ebrei e di tutti coloro che in qualche modo erano contrari al sistema. Ed è tragico pensare che unico scopo di tutto questo era la “pulizia della razza” per la supremazia della pura razza tedesca. Una riflessione che deve accompagnarci non solo nella Giornata della Memoria, ma che dovrebbe essere ben salda nella mente per contrastare ogni espressione di odio razziale.

Bibliografia di riferimento

  • Uwe Fleckner (a cura di), Das verfemte Meisterwerk: Schicksalswege moderner Kunst im Dritten Reich, Walter de Gruyter, 2012

  • Geneviève Debien, Otto Freundlich (1878-1943) entre 1937 et 1943: un artiste classé “dégénéré mais une création ininterrompue, jusque dans l’exil, 2010, www.fondationshoah.org


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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