Da Monet a Chagall, da Van Gogh a Kandinskij: come si collezionava negli USA nel primo ‘900. La mostra a Milano


Recensione della mostra 'Una storia di grande collezionismo americano. Impressionismo e avanguardia. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art', a Milano, Palazzo Reale, dall'8 marzo al 2 settembre 2018.

L’approccio con cui i curatori americani Jennifer Thompson e Matthew Affron hanno pensato di organizzare la mostra impressionismo e avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art allestita presso il Palazzo Reale di Milano e che sarà visitabile al pubblico fino al 2 settembre 2018 appare, fin dall’inizio del percorso espositivo, differente rispetto alla sola e unica intenzione di presentare artisti appartenenti a vari movimenti artistici, bensì i visitatori che percorreranno le sale dell’esposizione comprenderanno passo dopo passo come il celebre Philadelphia Museum of Art sia nato e via via arricchito con le grandi opere d’arte che ancora oggi custodisce. Il pubblico ammirerà certamente capolavori di Monet, Manet, Degas, Renoir, Cézanne, Gauguin, Pissarro, Mary Cassatt, Berthe Morisot, Matisse, Klee, Kandinsky, Van Gogh, Picasso, Brâncuși, Dalí, Miró, ma con una visione complessiva più definita e più contestualizzata delle opere di questi artisti: si giungerà infatti alla conclusione del percorso con la consapevolezza di aver appreso la vera e propria storia di uno dei più significativi musei degli Stati Uniti.

La storia del Philadelphia Museum of Art iniziò nella seconda metà dell’Ottocento, precisamente nel 1877, anno in cui venne aperto al pubblico; in quel secolo la città di Philadelphia era la più grande città del Nord America, fiorente grazie al commercio, ai trasporti e alla cultura che si era sviluppata in maniera crescente. Proprio qui venne organizzata la prima fiera mondiale ufficiale degli Stati Uniti nel 1876, che ottenne un successo incredibile: oltre dieci milioni di persone la visitarono, e fu proprio questa prima fiera a dare una grande spinta al flusso di ricchi americani verso l’Europa, in cerca di arte da vedere, conoscere e acquistare. Notevole interesse scatenò negli stessi abitanti di Philadelphia il movimento impressionista, come si evince dalla collezione di opere dell’Impressionismo conservata nel museo americano: quest’ultima è stata costituita grazie a intere raccolte appartenenti a ricchi collezionisti della città, con le quali impreziosivano le loro meravigliose residenze; le loro collezioni sono state donate successivamente al Philadelphia Museum of Art.

Primo tra tutti a favorire la conoscenza e la diffusione di opere impressioniste francesi nell’ambiente americano fu Alexander Cassatt (Pittsburgh, 1839 – Filadelfia, 1906), ingegnere ferroviario della Pennsylvania Railroad, la società che gestiva i trasporti ferroviari tra Philadelphia, New York e Washington, e fratello della celebre Mary (Pittsburgh, 1844 – Château de Beaufresne, 1926). Alexander cominciò a interessarsi al movimento impressionista francese durante un soggiorno a Parigi compiuto insieme alla sorella: quest’ultima era già entrata a far parte dell’ambiente impressionista, partecipando alle mostre collettive di quegli artisti, esponendo ai Salon e affascinando con la sua arte Edgar Degas (Parigi, 1834 –1917). Riuscì inoltre a collaborare con il gallerista Paul Durand Ruel (Parigi, 1831 – 1922) per esporre tra Philadelphia e New York un notevole numero di dipinti impressionisti. Contagiato dall’entusiasmo della sorella, Alexander diede inizio nel 1882 a una sua collezione di opere appartenenti all’Impressionismo, nonché all’esortazione all’acquisto di tele simili da parte di concittadini e amici. Opere che sono col tempo confluite nelle collezioni permanenti del Philadelphia Museum of Art.

Mary Cassatt avviò l’acquisto delle tele impressioniste per il fratello Alexander con un dipinto di Degas: La Classe di danza che l’artista realizzò nel 1880 circa. In linea con il suo tema favorito, Degas raffigurò sulla tela il mondo della danza, in particolare ballerine che si stanno esercitando in sala durante le ore di lezione: alcune leggiadre sulle punte con i loro tutù stanno eseguendo un passo di danza sotto lo sguardo attento del maestro, altre si stanno preparando per il loro turno. La figura femminile in abito blu e cappello seduta su una sedia mentre sta leggendo un quotidiano ha subito una modifica successiva da parte dell’artista stesso: secondo quanto scoperto attraverso radiografie, era una ballerina che si sistemava una scarpetta.

Della collezione impressionista di Alexander facevano parte ovviamente opere realizzate dalla sorella, come il raffinato e accurato dipinto raffigurante una Donna con collana di perle in un palchetto (1879). Una tela che affascina per la cura dei dettagli e delle sfumature nell’abito, negli accessori, nell’acconciatura e nel viso, quest’ultimo illuminato da una luce artificiale che crea un gioco naturale di luci e ombre. Da notare la raffinatezza del filo di perle che orna il collo della donna e del ventaglio che tiene in modo signorile nella mano destra. Dietro la donna si percepisce la presenza di uno specchio sul quale sono riflessi, oltre alla sua figura di schiena, altri spettatori che si trovano nei palchetti di fronte a lei. Altro artista presente nella collezione Cassatt era Claude Monet (Parigi, 1840 – Giverny, 1926), qui in mostra con un dipinto del 1874 circa che rappresenta La Zuiderkerk di Amsterdam, ovvero la cosiddetta Chiesa Meridionale, prima chiesa protestante eretta in città, vista dal Groenburgwal, un canale di Amsterdam. Si nota in questo dipinto una delle caratteristiche ricorrenti nella pittura di Monet: il riflettersi della luce del sole sull’acqua. Quest’ultima è resa con pennellate rapide e brevi di diversi toni di blu, che creano un effetto di movimento del canale.

Edgar Degas, La classe di danza (1880 circa; olio su tela, 82,2 x 76,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Edgar Degas, La classe di danza (1880 circa; olio su tela, 82,2 x 76,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Mary Cassatt, Donna con collana di perle in un palchetto (1879; olio su tela, 81,3 x 59,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Mary Cassatt, Donna con collana di perle in un palchetto (1879; olio su tela, 81,3 x 59,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Claude Monet, La Zuiderkerk di Amsterdam (1874 circa; olio su tela, 54,4 x 65,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Claude Monet, La Zuiderkerk di Amsterdam (1874 circa; olio su tela, 54,4 x 65,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)

Le successive tre sezioni dell’esposizione milanese sono dedicate a tre temi differenti: si comincia con l’approfondimento di un aspetto fondamentale dell’Impressionismo, ovvero come gli artisti appartenenti a questo movimento artistico rivoluzionarono il modo di fare pittura abbandonando nel corso della loro vena creativa gli atelier e gli studi al chiuso per dipingere en plein air, all’aria aperta, a contatto con la natura o nel paesaggio urbano. I visitatori hanno così la sensazione di percorrere il Sentiero riparato nel sobborgo parigino di Argenteuil, raffigurato da Monet nel 1873, dietro all’uomo che cammina tra gli alberi risplendenti di vari toni di verde per l’effetto della luce del sole – il dipinto venne acquistato da Elizabeth Donner Norment, figlia di un magnate dell’acciaio di Philadelphia, e poi donato al Philadelphia Museum of Art – o di trovarsi realmente di fronte al Ponte Giapponese (1895) nel giardino di Giverny di Monet nella tela acquistata da Otto >Haas, proprietario di un’azienda chimica a Philadelphia. O ancora sulle Rive del Loing, affluente della Senna, raffigurate nel dipinto di Alfred Sisley (Parigi, 1839 – Moret-sur-Loing, 1899) del 1885, ma anche nel Paesaggio Invernale rappresentato da Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 1839 – 1906) a Giverny nel 1894, durante un invito al pittore da parte di Monet. Ambientati in paesaggi urbani sono invece la Fiera in un pomeriggio di sole a Dieppe (1901), dipinto di Camille Pissarro (Charlotte Amalie, 1830 – Parigi, 1903) alquanto affollato che sprigiona i rumori, i movimenti e i colori dell’annuale fiera estiva: Pissarro raffigurò la piazza da una stanza dell’Hôtel du Commerce di Dieppe, poiché un’infezione cronica a un occhio gli aveva reso difficile dipingere all’aria aperta; il dipinto venne venduto dall’artista alla Galleria Durand-Ruel e successivamente acquistato da collezionisti per esporlo nelle loro abitazioni a Philadelphia. Altro esempio è il quadro di Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes-sur-Mer, 1919), I Grands Boulevards (1875), dove tra edifici di pietra intervallati da alberi passeggiano gruppi di persone, alcune su carrozze con cavalli, che percorrono i larghi viali parigini.

La sezione successiva esamina il modo in cui gli Impressionisti realizzarono ritratti di figure umane, generalmente mossi dall’immediatezza dell’istante. Si comincia con il Ritratto di Madame Cézanne (1885-87): Cézanne decise di non trasferirsi a Parigi, preferendo l’ambiente meno caotico di Aix-en-Provence, perciò tra i suoi ritratti appaiono molto spesso suoi familiari, come in questo caso in cui ha raffigurato Hortense Fiquet, sua moglie – è stata protagonista di oltre quarantaquattro dipinti e disegni – probabilmente all’aria aperta, poiché si intravedono nella parte superiore del dipinto alcuni rami di rampicante. Renoir predilesse ritrarre ragazze molto giovani, con particolare cura nei dettagli degli abiti, come nella Ragazza con gorgiera rossa (1896 circa), in cui l’occhio dello spettatore si focalizza immediatamente e inevitabilmente sull’accesa e vaporosa gorgiera che le cinge il collo, o nella delicata Ragazza che fa il merletto (1906), dove si nota un tessuto lavorato quasi luccicante. Anche Berthe Morisot (Bourges, 1841 – Parigi, 1895) realizzò ritratti di persone molto giovani; ne è esempio in mostra il Ritratto di bambina (1894): quest’ultima si avvicinò alla pittrice presentandosi come Marcelle, una bambina; l’artista la raffigurò almeno sei volte e addirittura quando Morisot morì, sul suo cavalletto è stato trovato un ritratto incompiuto di Marcelle.

Claude Monet, Sentiero riparato (1873; olio su tela, 54,1 x 65,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Claude Monet, Sentiero riparato (1873; olio su tela, 54,1 x 65,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Claude Monet, Il ponte giapponese (1895; olio su tela, 78,7 x 97,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Claude Monet, Il ponte giapponese (1895; olio su tela, 78,7 x 97,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Alfred Sisley, Rive del Loing (1885; olio su tela, 55,1 x 73,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Alfred Sisley, Rive del Loing (1885; olio su tela, 55,1 x 73,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Paul Cézanne, Paesaggio invernale (1874 circa; olio su tela, 65,1 x 81 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Paul Cézanne, Paesaggio invernale (1874 circa; olio su tela, 65,1 x 81 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Camille Pissarro, Fiera in un pomeriggio di sole, Dieppe (1901; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Camille Pissarro, Fiera in un pomeriggio di sole, Dieppe (1901; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Pierre-Auguste Renoir, I Grands Boulevards (1875; olio su tela, 52,1 x 63,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Pierre-Auguste Renoir, I Grands Boulevards (1875; olio su tela, 52,1 x 63,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Pierre-Auguste Renoir, Ragazza con gorgiera rossa (1896 circa; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Pierre-Auguste Renoir, Ragazza con gorgiera rossa (1896 circa; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Pierre-Auguste Renoir, Ragazza che fa il merletto (1906; olio su tela, 56,5 x 46,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Pierre-Auguste Renoir, Ragazza che fa il merletto (1906; olio su tela, 56,5 x 46,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Berthe Morisot, Ritratto di bambina (1894; olio su tela, 54,4 x 65,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Berthe Morisot, Ritratto di bambina (1894; olio su tela, 54,4 x 65,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)

Si prosegue con la sezione dedicata a Vincent Van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890) e Paul Gauguin (Parigi, 1848 – Hiva Oa, 1903): i due convissero nella celebre casa gialla, piccolo atelier nel sud della Francia, ma l’esperienza non durò a lungo, giungendo anche a un’aggressione di Van Gogh nei confronti di Gauguin. Presenti nell’esposizione milanese due nature morte, ognuna appartenente ai due artisti: quella di Gauguin, dai toni tenui, mostra in un cestino numerose rose centifolie, mentre quella di Van Gogh, dai toni più scuri e decisi, mostra un mazzo di margherite di vario colore in un boccale di birra tedesco grigio e verde. Anche in questa sezione si nota un ritratto: si tratta del Ritratto di Camille Roulin (1888), figlio del postino di Arles, realizzato da Van Gogh. Ciò che cattura lo sguardo è la pittura dell’artista, basata sui colori complementari: il blu del berretto e degli occhi del bambino risalta con il giallo del viso e dello sfondo, il verde della giacca risalta con il rosso del bottone e del contorno della giacca.

Il Philadelphia Museum of Art si arricchì anche della collezione White: circa quattrocento opere, raccolte da Samuel Stockton White (1876 – 1952) e da sua moglie pittrice Vera McEntire, che evidenziavano pienamente il passaggio dal postimpressionismo alle avanguardie, a cominciare da un dipinto di Cézanne che si avvicina al cubismo e dalle nature morte di Georges Braque (Argenteuil, 1882 – Parigi, 1963). Esempi di queste ultime in mostra sono la Cesta di pesci (1910 circa), in cui è raffigurata al centro della tela una coppia di pesci posti in diagonale dalle forme sfaccettate sui toni spenti del marrone, mentre della cesta risultano nitidi solo il manico e la parte inferiore di questa; nella Natura morta con piatto di frutta (1936) si nota il ripetersi di segni ornamentali di vario colore che fanno da decoro a una serie di elementi tipici di una natura morta, ovvero un piatto di frutta, un bicchiere da vino, la testata di un giornale, una pipa e frutta su un tavolo. Di Cézanne è invece Le Quartier du Four à Auvers-sur-Oise (Paesaggio, Auvers) realizzato nel 1873 circa: qui il paesaggio del piccolo villaggio a nordovest di Parigi assume forme quasi geometriche, delineando i contorni spigolosi delle case e gli alberi circostanti con linee più arrotondate. Presente in esposizione, al centro della sala, il piccolo bronzo dell’Atleta di Auguste Rodin (Parigi, 1840 – Meudon, 1917): la scultura venne compiuta su modello proprio di Samuel Stockton White, che nel 1901 durante un soggiorno a Parigi posò per l’artista grazie al suo corpo da culturista, da “atleta americano” (Rodin rimase affascinato dalla schiena larga e muscolosa dello studente di Cambridge, erede di un’azienda di famiglia di prodotti odontoiatrici, divenuto successivamente uno dei grandi collezionisti che contribuirono alla formazione del museo di Philadelphia).

Alle opere finora citate, si andarono ad aggiungere dipinti di artisti d’avanguardia che si erano concentrati su due celebri aree di Parigi: Montmartre e Montparnasse. La prima aveva accolto principalmente cubisti, come Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973), Georges Braque e Juan Gris (Madrid, 1887 – Boulogne-sur-Seine, 1927), la seconda fu centro dell’École de Paris, di cui facevano parte artisti provenienti da tutto il mondo, come Constantin Brâncuși (Hobitza, 1876 – Parigi, 1957) dalla Romania, Chaim Soutine (Smilovi?, 1893 – Parigi, 1943) e Marc Chagall (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) dalla Russia, entrambi ebrei. Inoltre nella città francese si sviluppò il gruppo dei fauves, letteralmente delle belve feroci, così denominato da un critico che al Salon d’Automne del 1905 rimase affascinato dai colori utilizzati da questi artisti e dall’uso aggressivo e brutale della linea: capostipite dei fauves fu Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 1869 – Nizza, 1954) accompagnato da Maurice de Vlaminck (Parigi, 1876 – Rueil-la-Gadelière, 1958), Raoul Dufy (Le Havre, 1877 – Forcalquier, 1953) e Georges Rouault (Parigi, 1871– 1958). Le linee molto marcate di colore nero delineano il profilo del Pierrot con rosa (1936 circa) di Rouault: l’artista unisce in questo quadro il soggetto infelice per tradizione alla sfera religiosa, paragonando il clown muto a Cristo, primo esempio di vittima di un sacrificio. Questo legame è evidenziato dalla rosa rossa che il Pierrot tiene, simbolo del sangue di Cristo. Un’opera che risulta nel suo insieme luminosa, nella quale spiccano il bianco del vestito e il chiarore del volto, ma che nasconde un messaggio religioso, aspetto in linea con la forte cattolicità dell’artista. Una forte luminosità pervade anche il dipinto di Dufy Finestra sulla Promenade des Anglais a Nizza (1938 circa): in realtà il centro della finestra divide in due parti la vista dal suo atelier sulla Promenade des Anglais, poiché la parte sinistra che dà sul mare appare di tonalità più scura rispetto alla parte destra che dà sulla città, più luminosa e più ricca di elementi, come la spiaggia, gli edifici, i passanti.

Vincent van Gogh, Ritratto di Camille Roulin (1888; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Vincent van Gogh, Ritratto di Camille Roulin (1888; olio su tela, 73,5 x 92,1 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Georges Braque, Natura morta con piatto di frutta (1936; olio su tela, 60,3 x 81,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Georges Braque, Natura morta con piatto di frutta (1936; olio su tela, 60,3 x 81,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Paul Cézanne, Le Quartier du Four à Auvers-sur-Oise (Paesaggio, Auvers) (1873 circa; olio su tela, 46,4 x 55,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Paul Cézanne, Le Quartier du Four à Auvers-sur-Oise (Paesaggio, Auvers) (1873 circa; olio su tela, 46,4 x 55,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Auguste Rodin, Atleta (1901, fuso nel 1925; bronzo, 42,9 x 31,8 x 28,6 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Auguste Rodin, Atleta (1901, fuso nel 1925; bronzo, 42,9 x 31,8 x 28,6 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Georges Rouault, Pierrot con rosa (1936 circa; olio su carta incollata su lino, 92,7 x 61,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Georges Rouault, Pierrot con rosa (1936 circa; olio su carta incollata su lino, 92,7 x 61,8 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Raoul Dufy, Finestra sulla Promenade des Anglais a Nizza (1938 circa; olio su tela, 46 x 38,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Raoul Dufy, Finestra sulla Promenade des Anglais a Nizza (1938 circa; olio su tela, 46 x 38,3 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)

Personaggio significativo per il grande contributo che diede sia umanamente che artisticamente al Philadelphia Museum of Art fu l’avvocato Louis Stern (1886 – 1962), originario dell’Ucraina, ma che si trasferì negli Stati Uniti in giovane età. Stern svolse per molti anni il ruolo di amministratore nel museo di Philadelphia e, alla sua morte, lasciò in eredità al museo circa trecento opere d’arte, tra cui dipinti di Matisse esposti in mostra. Donna seduta in poltrona (1920) e Natura morta su tavolo (1925) ne sono esempi. La prima appartiene a una serie di opere in cui protagoniste sono donne che posano all’Hôtel de la Mediterranée di Nizza, dove il pittore soggiornò per diverso tempo tra gli anni Dieci e gli anni Venti. La donna è seduta comodamente su una poltroncina gialla e sembra appena rientrata nella sua stanza d’albergo: è a piedi nudi, le scarpe sono sul pavimento accanto alla poltroncina e il cappellino è appoggiato sullo schienale della poltrona che si trova alla sua sinistra.

La figura femminile al centro è circondata da tappezzerie con ornamenti floreali sul pavimento e alle pareti, che rimandano al vaso di fiori posto dietro a lei. La seconda tela presenta meno ornamenti rispetto alla precedente, visibili solo sul paravento e sulla tazza e piattino in ceramica. Il dipinto fa parte delle composizioni di nature morte su tavoli coperti da tovaglie variopinte realizzate nel 1924 e nel 1925: i colori dei diversi elementi posti sul tavolo creano una complessiva armonia sulla tela; il giallo dei limoni, il rosso-violaceo delle prugne, il verde del vaso, gli anemoni di vario colore dentro quest’ultimo, il rosa della tovaglia sono in perfetta sintonia.

Stern, da grande collezionista, mise a confronto opere di pittura moderna con oggetti archeologici provenienti da diversi continenti per trovare in essi una comune essenzialità espressiva; rimase affascinato dalle opere del doganiere Henri Rousseau (Laval, 1844 – Parigi, 1910), di cui è esposto in mostra il dipinto Una sera di Carnevale (1886). In quest’ultimo aleggia un’atmosfera misteriosa: un uomo e una donna in abiti carnevaleschi sono raffigurati con un’incredibile luminosità, risaltando sullo sfondo scuro e fitto di alberi spogli; i due sono spiati da una persona, della quale si può notare solo il viso, che appare in una strana struttura illuminata anch’essa dal chiarore della luna piena.

L’avvocato e collezionista stabilì un’amicizia con Chagall, pittore russo ebreo che si trasferì durante la Seconda Guerra Mondiale negli Stati Uniti; i due comunicavano in russo e in yiddish, grazie alla loro origine comune: Stern, come detto, proveniva da una cittadina dell’attuale Ucraina, Balta, che si trovava al confine con la Moldavia, sede storica di una comunità ebraica. Tra i ventisei dipinti di Chagall che Stern possedeva, è esposto qui nella rassegna milanese un celebre ed emozionante dipinto: si tratta di Nella notte (1943). La tela fu realizzata durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Chagall era in esilio a New York, e raffigura il ricordo della prima notte di nozze tra l’artista russo e sua moglie Bella Rosenfeld. I due sposini si stringono in un tenero e romantico abbraccio al centro della scena illuminati dalla luce della luna e di una lampada da interni; attorno a loro neve bianca, che risalta con il nero della notte, e le casette della loro città natale, Vitebsk, nell’odierna Bielorussia.

Henri Matisse, Donna seduta in poltrona (1920; olio su tela, 46,4 x 39,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Henri Matisse, Donna seduta in poltrona (1920; olio su tela, 46,4 x 39,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Henri Rousseau, Una sera di Carnevale (1886; olio su tela, 117,3 x 89,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Henri Rousseau, Una sera di Carnevale (1886; olio su tela, 117,3 x 89,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Marc Chagall, Nella notte (1943; olio su tela, 47 x 52,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Marc Chagall, Nella notte (1943; olio su tela, 47 x 52,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)

La sala successiva ruota attorno al celebre Bacio di Brâncuși (1916), dove le due figure divengono una cosa sola, scultura appartenente alla collezione dei due coniugi Arensberg, Walter (Pittsburgh, 1878 – Los Angeles, 1954), poeta e traduttore della Divina Commedia, e Louise (1879 – 1953), pianista. La loro grande passione per l’arte e per il collezionismo nacque nel 1913, durante la visita alla mostra dell’Armory Show a New York, nella quale era esposto il grande ritratto, visibile in questa sala, realizzato da Albert Gleizes (Parigi, 1881 – Avignone, 1953) nel 1912: si tratta dell’Uomo al balcone o Ritratto del dottor Théo Morinaud, esempio del cubismo dei Salon. L’opera rappresenta la monumentale figura intera del medico sui toni del marrone, del grigio e del bianco con una veduta di Parigi dal balcone. Oltre al Bacio di Brâncuși, gli Arensberg possedevano L’ora del tè (1911) di Jean Metzinger (Nantes, 1883 – Parigi, 1956), anch’essa di genere cubista, il Carnevale al villaggio (1926) di Paul Klee (Münchenbuchsee, 1879 – Muralto, 1940), interamente realizzato nei toni del rosso e del nero, raffigurante un uomo e un bambino mascherati con un cane e una terza figura dietro di loro che si dirigono verso un villaggio. E ancora Cerchi in un cerchio (1923) di Vasilij Kandinskij (Mosca 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944), opera che quest’ultimo definiva “il primo dei miei dipinti a mettere in evidenza il tema dei cerchi”: per l’artista il cerchio era la figura più elementare, in grado di simboleggiare la sintesi degli opposti in un’unica forma equilibrata. In Uomo col violino (1911 – 1912) di Picasso si percepisce al centro una figura maschile e nella parte inferiore dettagli di un violino e il bracciolo della poltrona su cui l’uomo è seduto. Il corpo e gli oggetti appaiono già scomposti in forme geometriche, molto più che nei dipinti citati di Metzinger e di Gleizes. Le figure umane divengono surreali con artisti come Joan Miró (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983): ciò è ben esemplificato nell’opera esposta nell’ultima sala della mostra milanese raffigurante un Nudo (1926), anch’essa facente parte della collezione Arensberg. Qui sono disposti su una tela nera il corpo della donna sotto forma di un pesce bianco in posizione verticale, che ricorda un abito attillato; i seni, staccati dal corpo, sono raffigurati da una mela e una rapa, mentre i genitali da una foglia. La testa è un uovo, con un occhio solo, a cui sono attaccate alcune ciocche che svolazzano lateralmente.

Accanto alla tela di Miró, opere di Salvador Dalí (Figueres, 1904 – 1989) e di Yves Tanguy (Parigi, 1900 – Woodbury, 1955) accompagnano il visitatore verso la conclusione della rassegna: come la prima, anche queste ultime appartengono al surrealismo, tendenza che venne accolta da artisti di differenti nazioni. Il paesaggio raffigurato dal francese Tanguy in I Paralleli (1929) è sia terrestre che acquatico e presenta elementi astratti che sembrano fluttuare nell’ambiente rappresentato piuttosto indeterminato. L’artista ha appoggiato pienamente l’automatismo, che consta nella sospensione della ragione e dell’autocontrollo per permettere il flusso incondizionato delle immagini dal subconscio. Più ordinato è il dipinto del catalano Dalí Simbolo agnostico (1932) che raffigura un cucchiaio che, dall’angolo di una parete con crepa, si allunga diagonalmente, piegandosi verso il centro attorno a un ceppo di legno; nella parte concava si trova un orologio. L’agnosticismo era una caratteristica dello stesso Arensberg, a cui apparteneva il dipinto: oltre che un agnostico convinto, era anche un crittografo che si divertiva nello scoprire messaggi nascosti in testi scritti. Chiude la mostra una grande tela di Picasso raffigurante una Donna e Bambine (1961): la donna è Jacqueline Roque – l’opera è stata completata poco dopo il matrimonio dell’artista con quest’ultima – mentre le due bambine sono probabilmente Paloma Picasso, figlia di Picasso nata dalla relazione con Françoise Gilot, e Catherine Hutin-Blay, figlia di Jacqueline nata con il primo marito. Le tre figure femminili sono rappresentate armonicamente con un gioco di colori tra il rosa, il blu e il verde.

Constantin Brâncuși, Il bacio (1916; calcare, 58,4 x 33,7 x 25,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Constantin Brâncuși, Il bacio (1916; calcare, 58,4 x 33,7 x 25,4 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Albert Gleizes, Uomo al balcone o Ritratto del dottor Théo Morinaud (1912; olio su tela, 195,6 x 114,9 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Albert Gleizes, Uomo al balcone o Ritratto del dottor Théo Morinaud (1912; olio su tela, 195,6 x 114,9 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Jean Metzinger, L'ora del tè (1911; olio su cartone, 75,9 x 70,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Jean Metzinger, L’ora del tè (1911; olio su cartone, 75,9 x 70,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Paul Klee, Carnevale al villaggio (1926; olio su tela su pannello, 65,2 x 44 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Paul Klee, Carnevale al villaggio (1926; olio su tela su pannello, 65,2 x 44 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Vasilij Kandinskij, Cerchi in un cerchio (1923; olio su tela, 98,7 x 95,6 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Vasilij Kandinskij, Cerchi in un cerchio (1923; olio su tela, 98,7 x 95,6 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Pablo Picasso, Uomo col violino (1911-1912; olio su tela, 116,8 x 89,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Pablo Picasso, Uomo col violino (1911-1912; olio su tela, 116,8 x 89,5 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Joan Miró, Nudo (1926; olio su tela, 92,4 x 73,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Joan Miró, Nudo (1926; olio su tela, 92,4 x 73,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Yves Tanguy, I paralleli (1929; olio su tela, 92,2 x 73 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Yves Tanguy, I paralleli (1929; olio su tela, 92,2 x 73 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Salvador Dalí, Simbolo agnostico (1932; olio su tela, 54 x 65,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Salvador Dalí, Simbolo agnostico (1932; olio su tela, 54 x 65,2 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)


Pablo Picasso, Donne e bambine (1961; olio su tela, 146 x 113,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)
Pablo Picasso, Donne e bambine (1961; olio su tela, 146 x 113,7 cm; Filadelfia, Philadelphia Museum of Art)

Come anticipato, visitare la mostra “Impressionismo e avanguardie” significa comprendere come si sia formato negli anni il celebre Philadelphia Museum of Art, uno dei fiori all’occhiello degli Stati Uniti, e ripercorrere allo stesso tempo i più significativi movimenti artistici sviluppati tra l’Ottocento e il Novecento in Europa, mostrando le opere dei più grandi e famosi artisti di ciascuno di essi. Significa inoltre capire come il collezionismo sia stato di fondamentale importanza per la diffusione di capolavori di artisti europei in territorio statunitense. È proprio il caso di dire... quando l’arte chiama arte!


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Ilaria Baratta

L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta

Giornalista, sono co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. Sono nata a Carrara nel 1987 e mi sono laureata a Pisa. Sono responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.

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