L’AGTA, Associazione Guide Turistiche Abilitate, ha espresso forte contrarietà nei confronti del programma ufficiale per l’esame di abilitazione alla professione pubblicato dal Ministero del Turismo. Il motivo della protesta riguarda in particolare l’impostazione contenutistica dell’esame, ritenuta nozionistica, dispersiva e soprattutto scollegata dalle reali esigenze della professione.
Secondo l’associazione, l’attuale programma rischia di trasformare l’esame in una prova mnemonica piuttosto che in un vero strumento per valutare le competenze necessarie a svolgere un ruolo chiave nell’accoglienza e nella valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Un’occasione mancata, che avrebbe potuto segnare un cambiamento positivo per il settore e che invece, a giudizio di AGTA, si configura come l’ennesimo esercizio burocratico privo di efficacia concreta.
Il Ministero del Turismo ha reso pubblico un programma suddiviso in tre sezioni (più una quarta sulla legislazione) per un totale di 537 siti in tutta Italia, la cui conoscenza viene richiesta a tutti i candidati a prescindere da dove eserciteranno la loro professione. Le prove scritta e orale saranno basate sui 455 luoghi elencati nelle prime due sezioni, mentre la prova tecnico-pratica – che simula una visita guidata – si concentrerà sugli 82 siti della terza sezione. L’impostazione, spiegano da AGTA, ignora completamente la realtà della professione, nella quale le guide, pur avendo un’abilitazione valida su tutto il territorio nazionale, operano nella quasi totalità dei casi in una sola regione, spesso in una singola città o provincia. Per questo, l’associazione sostiene che sia necessario puntare su una formazione di tipo specialistico e locale, che consenta a chi lavora sul campo di conoscere in profondità la propria area, non solo dal punto di vista storico-artistico ma anche pratico, tra orari, regolamenti, trasporti e logistica turistica.
“In Italia”, spiega AGYA, “c’è una netta distinzione tra le due figure professionali, l’accompagnatore, che ha compiti più pratici e spesso viaggia con il gruppo, e la guida, che illustra i monumenti. Come associazione, riteniamo che per fornire servizi di qualità la guida debba essere locale e specializzata sull’area in cui lavora, preparata non solo dal punto di vista culturale, ma anche sulle questioni pratiche di tutti i giorni (orari, biglietti e regole dei monumenti, trasporti, piano pullman, scioperi, ecc.), tutte cose che solo chi ci vive può sapere e che rendono la guida locale punto di riferimento anche per i tour operator”.
“Quando gli esami erano provinciali e regionali”, continua il sodalizio, “gli esami, almeno in varie parti erano di una difficoltà estrema e si doveva imparare ogni sito e opera d’arte, anche le meno significative, di tutto il territorio di competenza, ma almeno le guide avevano la magra consolazione di studiare la zona in cui poi avrebbero lavorato. Siccome ora l’abilitazione è nazionale, per molte ragioni il Ministero ha ritenuto non possibile inserire la specializzazione obbligatoria in sede di esame (avrebbe complicato enormemente la preparazione al Ministero e allungato i tempi dell’esame e avrebbe aperto le porte a ricorsi). D’altra parte sarebbe oggettivamente impossibile conoscere veramente le migliaia di siti di tutta Italia. Visto che l’esame ha lo scopo di abilitare guide di tutta Italia che poi eserciteranno ognuna in uno specifico territorio a loro scelta, a nostro avviso sarebbe stato fondamentale impostare l’esame su domande relative alle tre materie - storia, storia dell’arte e archeologia - che costituiscono la base comune della preparazione di ogni guida. A titolo di esempio, se si conosce a fondo Caravaggio, si è in grado di commentare un suo quadro sia che si trovi a Napoli o in Sicilia; se uno ha studiato le civiltà dell’Italia antica, avrà le basi per poi approfondire nel dettaglio le collezioni dei musei che andrà ad illustrare, che siano quelle di Villa Giulia o del Museo Archeologico di Cagliari; per non parlare della storia, che si intreccia in ogni regione ed è l’ossatura di ogni visita guidata”.
Per AGTA, dunque, l’attuale impostazione dell’esame non solo non premia la preparazione culturale, ma addirittura la ostacola. Piuttosto che fornire le fondamenta su cui costruire poi una specializzazione locale, si obbligano i candidati a memorizzare centinaia di informazioni su luoghi che probabilmente non visiteranno mai e che non hanno alcuna rilevanza nel loro futuro lavoro. L’associazione proponeva invece un’impostazione dell’esame incentrata sulle tre discipline che costituiscono la base imprescindibile della professione: storia, storia dell’arte e archeologia. Lo studio di queste materie permetterebbe di acquisire strumenti trasversali, spendibili in qualsiasi contesto.
“Inutile illudersi che questo esame sia un punto di arrivo e che faccia uscire persone già pronte per lavorare: la preparazione dell’esame dovrebbe fornire una base e gli strumenti per gli anni futuri; appena abilitati, dovranno correre a studiare o approfondire i siti della città/regione in cui lavoreranno”, sostiene l’AGTA. “Il programma d’esame presentato dal Ministero invece è basato su 537 luoghi di 20 regioni d’Italia, il 90% dei quali completamenti inutili per i candidati e che potranno essere cancellati dalla loro memoria subito dopo l’esame, perché relativi alle altre 19 regioni in cui non lavoreranno. Quindi inutilmente nozionistico, perché richiede loro di memorizzare informazioni su centinaia di luoghi dove non sono mai stati e dove non andranno mai, senza una logica e senza fornire dati e strumenti utili ai fini dello svolgimento della professione. Oltretutto, anche contro quanto previsto dalla legge, la fonte primaria, che per l’esame scritto e orale prevede chiaramente ‘materie’, non siti. Certo, ogni sito è un museo o un monumento, ecc., quindi permette di fare domande di archeologia, storia dell’arte, storia e geografia. È però negativo che le prove siano simili, tutte e tre basate su un elenco di siti”.
AGTA chiarisce poi che fin dall’inizio l’associazione ha apprezzato e lodato l’idea della terza prova, quella tecnico-pratica, mentre ha da dire sull’orale: “almeno in quella prova”, sostiene l’associazione, “sarebbe necessario verificare la preparazione del candidato appunto sulle materie fondamentali che una guida deve necessariamente conoscere: artisti, correnti artistiche, archeologia, storia. Non è vero che questo richiederebbe troppo tempo, perché se l’esaminatore è bravo ed esperto non ha bisogno di molto per verificare la preparazione; e comunque il candidato ha il diritto di poter avere varie domande a disposizione, diverse, perché dopo 10 anni non ci si può giocare tutto su un solo sito, tipo roulette russa”.
Tra gli elementi più gravi segnalati dall’associazione c’è poi l’elenco stesso. Alcuni dei siti indicati nel programma, infatti, risultano oggi inaccessibili alle guide turistiche abilitate. Possono essere visitati e illustrati soltanto da volontari, guide interne o membri di associazioni locali. Altri, invece, sono semplicemente chiusi al pubblico da anni: esempi emblematici sono i Mitrei di Santa Prisca e Barberini a Roma, da tempo non più aperti ai visitatori. Infine, moltissimi dei siti inseriti sono al di fuori dalle rotte turistiche, luoghi che non saranno mai oggetto di una visita guidata “se non forse di una associazione culturale se si è fortunati”. Questa, secondo l’AGTA, “pare che sia stata una scelta del Ministero, per dare un segnale e valorizzare i siti poco noti. Riconosciamo che il Ministero sta facendo molto per valorizzare i siti poco noti, ma per quanto ci riguarda suggeriamo di inserirli nei corsi di aggiornamento obbligatori per le guide già abilitate. Alle future guide sarebbe meglio far studiare prima i siti più importanti ed assicurarsi che sappiano illustrare quelli”.
“Dispiace”, conclude l’associazione, “che questo bando sia l’ennesimo esempio del sistema distorto applicato in Italia in ogni tipo di concorso e di selezione, che sia l’esame di guida turistica, il test di ammissione a una facoltà universitaria o un concorso pubblico per un posto di lavoro. Vorremmo però chiarire un’ultima cosa importante, soprattutto per i candidati: trattandosi di quiz a risposta multipla, la prova scritta sui siti non sarà necessariamente difficile né molto selettiva, anzi, potrebbe risultare anche molto facile. Dipende dal livello delle domande che la commissione deciderà di fare. Quello che però è certo, è che avere voluto basare tutte le prove, orale compreso, sui siti, è estremamente limitativo ed è una occasione persa, per i candidati e per il settore. Rischiamo di avere future guide che avranno imparato a memoria il Parco archeologico di Ocriticum e l’Orto Botanico di Padova (tanto per dare l’idea della vastità delle competenze richieste), ma che magari non sapranno il Gotico internazionale o la differenza tra originali greci e repliche romane, vale a dire le basi. Si è persa una grande occasione che il Ministero aveva detto di voler dare per qualificare il settore. Vince chi ha memoria e tanta fortuna. E passare l’esame non è garanzia di una solida preparazione, che è ciò di cui il mondo del turismo ha bisogno”.