Brescia, restaurati gli affreschi della cappella di San Giovanni Battista in San Salvatore


A Brescia è stato completato il restauro degli affreschi della cappella di San Giovanni Battista in San Salvatore, un unicum dell’arte bresciana del Trecento. 

A Brescia è stato completato il restauro degli affreschi della cappella di San Giovanni Battista in San Salvatore, la basilica longobarda annessa al monastero femminile di San Salvatore, patrimonio UNESCO di Brescia e, dal 2011, parte del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568 – 774 d.C.)”. Lo hanno annunciato il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei.

Quasi sconosciuta al grande pubblico, la cappella all’interno del complesso museale di Santa Giulia rappresenta un unicum dell’arte bresciana del Trecento. Probabilmente la prima ad essere annessa alla basilica nel 1375, durante la dominazione viscontea della città, fu voluta da Marcolo Petroni da Bernareggio, ricco milanese legato al monastero di Santa Giulia. La decorazione pittorica fu affidata al cosiddetto Maestro di Lentate, raffinato pittore oggi noto solo agli studiosi, autore, con la sua bottega, dei magnifici affreschi dell’Oratorio di Santo Stefano a Lentate, in Brianza.

Il restauro delle pitture murali, compiuto da Fondazione Brescia Musei e affidato allo Studio Abeni Guerra, in costante dialogo con la direzione museale e con il settore Collezioni e Ricerca, coordinato da Roberta D’Adda, è stato reso possibile grazie all’iniziativa dell’ingegnere Nicola Berlucchi, membro del comitato scientifico di Fondazione Brescia Musei e fautore, tramite lo strumento dell’ArtBonus, di una raccolta fondi volta a coprire il costo del restauro della cappella anche grazie alla donazione della progettazione e direzione dei lavori tramite il proprio Studio Berlucchi. 25mila euro, oltre alla progettazione, con cui Fondazione Brescia Musei ha potuto avviare questo importante percorso di valorizzazione del patrimonio post-longobardo di San Salvatore, un patrimonio di valore non inferiore a quello altomedievale e che include la cappella di Sant’Obizio, affrescata negli anni venti del Cinquecento da Romanino.

Gli interventi, iniziati nel gennaio 2025 e conclusi a maggio, hanno incluso indagini diagnostiche condotte da Vincenzo Gheroldi (docente di storia e tecnica del restauro all’Università di Bologna) con il supporto di Sara Marazzani, dalle quali è emerso quanto ricca dovesse essere la cappella, e hanno beneficiato della presenza come collaboratrice in Fondazione Brescia Musei della studiosa Roberta Castelnovo, specializzanda in Storia dell’Arte all’Università Cattolica del Sacro Cuore ed esperta del Maestro di Lentate, la quale ha condotto diverse ricerche negli archivi dei Musei Civici e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia. Nei dipinti murali conservati in San Salvatore emerge chiaramente il tratto dell’artista, che fonde il naturalismo tipicamente lombardo con la cultura portata a Milano nel Trecento, prima da Giotto e poi da Giusto de’ Menabuoi, con esiti di estrema preziosità. Le ricerche stanno vertendo inoltre sulla storia conservativa degli affreschi, oltre che sull’architettura della cappella e, più in generale, dell’intera basilica, grazie alla visione dei diari degli scavi del 1958 (conservati presso gli archivi dei Musei Civici) dai quali è emersa la presenza di tombe nel pavimento delle cappelle laterali.

Per approfondire il contesto storico e artistico del Trecento bresciano, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, in collaborazione con la Fondazione Brescia Musei, organizza il convegno Il Leone e la Vipera: le arti a Brescia nel Trecento. L’evento, curato dalla professoressa Stefania Buganza e aperto gratuitamente al pubblico, si terrà il 22 e 23 maggio 2025, con quattro sessioni distribuite tra l’Università e i Musei Civici. Due saranno ospitate nella sede dell’Università Cattolica di Brescia (la mattina di giovedì 22 e venerdì 23 maggio), due negli spazi dei Musei Civici: il pomeriggio di giovedì 22, nella Sala Conferenze del Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia, con visita, a seguire, agli affreschi del mastio visconteo del Castello di Brescia, e il pomeriggio di venerdì 23, direttamente all’interno della basilica di San Salvatore, dove sono previsti interventi dedicati alla cappella di San Giovanni e al relativo restauro. La mattina del 25 maggio sono invece previste visite guidate alla cappella e agli affreschi, condotte da Roberta Castelnovo, in tre turni (ore 10.15, 11 e 11.45). Gli atti del convegno saranno pubblicati nei Tipi di Fondazione Brescia Musei, all’interno della collana di studi curata dall’Istituzione museale cittadina.

A partire dal 25 maggio sarà inoltre distribuito gratuitamente un quaderno didattico, curato dai Servizi educativi di Fondazione Brescia Musei e coordinato da Federica Novali, che accompagnerà i visitatori alla scoperta dell’iconografia, degli usi e dei costumi del tempo, attraverso schede tematiche e immagini dettagliate degli affreschi.

Cantiere di restauro © Studio Abeni Guerra
Cantiere di restauro © Studio Abeni Guerra

La cappella di San Giovanni Battista in San Salvatore a Brescia

Tutto ciò che oggi conosciamo sulla cappella di San Giovanni Battista in San Salvatore si fonda sulle fondamentali ricerche condotte negli anni Sessanta da Gaetano Panazza, il quale fu il primo a ricollegare alla cappella un’epigrafe, all’epoca esposta nel Museo Cristiano. Proprio da questa iscrizione si apprende che la cappella fu dedicata nel 1375 a San Giovanni Battista per volontà del milanese Marcolo Petroni da Bernareggio.

Si sa poco di questo personaggio, forse imparentato con Beno Petroni, abate e promotore di rinnovamenti nella chiesa di San Vincenzo in Prato a Milano. È tuttavia certo però il suo radicamento a Brescia, tanto che la moglie Giovanna, ormai vedova, abitava ancora nella quadra di Santo Stefano (la Cittadella Vecchia) nel 1388. Doveva essere stato profondamente legato da motivi economici o amministrativi al Monastero di Santa Giulia, dal momento che riuscì a commissionare degli affreschi direttamente all’interno della basilica di San Salvatore e, probabilmente, anche a farsi seppellire all’interno della stessa.

Dell’epigrafe, che si riteneva perduta da quarant’anni, si è recentemente riscoperta l’ubicazione nei depositi dei Musei Civici. In previsione della valorizzazione dell’ambiente, sarà restaurata e nuovamente collocata nel percorso espositivo. Al tempo della realizzazione degli affreschi, l’ambiente della cappella era verosimilmente interamente decorato, comprese le volte (che oggi non sono quelle originarie) e la parete est, successivamente abbattuta tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo per fare spazio al coro delle monache. Restano tuttora visibili porzioni del finto velario lungo la zoccolatura, un frammento di scena nel registro superiore, elementi di cornice e un Santo cavaliere presso la parete d’ingresso.

L’identificazione dell’impianto architettonico della cappella resta complessa, poiché la basilica di San Salvatore ha subito vari interventi nel corso dei secoli. È ipotizzabile che la cappella fosse in origine isolata rispetto alle attuali cappelle adiacenti, realizzate successivamente.

Le pitture trecentesche, databili con certezza al 1375 grazie alla lapide dedicatoria, furono scoperte casualmente nel 1924 dal restauratore Aristide Malinverni, sotto uno spesso strato d’intonaco. Il descialbo fu eseguito in modo aggressivo, provocando la perdita di intere porzioni e volti, successivamente ritoccati dallo stesso Malinverni, su intervento correttivo del soprintendente Ettore Modigliani. Negli anni successivi si susseguirono nuovi interventi conservativi: tra il 1976 e il 1977 Battista Giovanni Simoni eseguì nuovi consolidamenti e lo strappo del velario nella zoccolatura della parete nord, oggi conservato nei depositi della Pinacoteca Tosio Martinengo; nel 1980 fu la volta di Pierpaolo Cristani, che intervenne nuovamente per arginare i problemi conservativi persistenti.

Il ciclo pittorico presenta un’iconografia complessa, articolata in due registri racchiusi entro cornici architettoniche. In basso si trova un finto velario con mensole aggettanti, mentre nella parete ovest si sviluppano, nel registro superiore, le Storie di San Giovanni Battista: a sinistra la Decollazione, a destra — in un’unica composizione — il Banchetto di Erode, la Danza di Salomè e la Consegna della testa ad Erodiade. Il registro mediano ospita una teoria di santi cari al committente: da sinistra Sant’Andrea, San Bartolomeo, Sant’Ambrogio, Santa Maria Maddalena e la Messa di santi, nella quale alcuni studiosi riconoscono San Faustino e Giovita. Nella lunetta nord si trova l’Annunciazione, divisa dalla monofora centrale, mentre nel registro inferiore compaiono San Pietro e San Paolo a sinistra e San Francesco riceve le stimmate a destra, oggi appena visibile.

Attribuiti in un primo momento a una maestranza lombarda, avvicinabile ai cicli degli oratori viscontei come Lentate, Mocchirolo e Albizzate, gli affreschi sono stati in seguito assegnati da Lavinia Galli al cosiddetto Maestro di Lentate e alla sua bottega. Questo raffinato artista fonde il naturalismo lombardo con la cultura portata a Milano nel Trecento prima da Giotto poi da Giusto de’ Menabuoi. Ne sono esempio i minuziosi dettagli della testa del Battista recisa, dipinta con straordinaria precisione nonostante l’altezza, e l’accuratezza della tavola imbandita nel Banchetto di Erode, dove si distinguono venature del legno, la tovaglia decorata, i fichi, le nocciole, i bicchieri pieni di vino e i bicchieri vuoti capovolti.

Il Maestro di Lentate prende nome dall’Oratorio di Santo Stefano a Lentate, dove lavorò con la propria bottega e altri collaboratori realizzando, tra le altre, la scena di San Giorgio e il drago, il ritratto del committente Stefano Porro con la sua famiglia e le Storie di Santo Stefano. La sua mano è stata identificata anche nella cappella Visconti in Sant’Eustorgio a Milano, dove riappare il tema di San Giorgio.

Il recente restauro, condotto dallo Studio Abeni Guerra e preceduto da approfondite indagini diagnostiche eseguite da Vincenzo Gheroldi, ha restituito nuova leggibilità al ciclo pittorico, evidenziandone l’originaria raffinatezza. Dalle analisi preliminari eseguite alle superfici è emersa infatti la grandiosa preziosità che doveva caratterizzare l’intera cappella di San Giovanni Battista e la tecnica stessa del Maestro di Lentate. Sono state individuate anche tracce di incisioni che documentano la presenza di lamine metalliche. La rimozione di micro-tracce dello scialbo, ancora presenti, e la pulitura delle superfici hanno permesso di valorizzare i brani di pittura rimasti e di comprendere quanto e cosa è stato perduto. Quanto rimane del ciclo è testimonianza di un’opera di altissimo livello qualitativo, che solo un committente prestigioso, come Marcolo Petroni, poteva commissionare a un artista strettamente legato all’élite viscontea come il Maestro di Lentate.

Cantiere di restauro © Studio Abeni Guerra
Cantiere di restauro © Studio Abeni Guerra
Maestro di Lentate, Banchetto di Erode © Fotostudio Rapuzzi
Maestro di Lentate, Banchetto di Erode © Fotostudio Rapuzzi
Maestro di Lentate, Banchetto di Erode, dettaglio © Studio Abeni Guerra
Maestro di Lentate, Banchetto di Erode, dettaglio © Studio Abeni Guerra


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