Rosario Anzalone, direttore musei Lombardia: “con l'autonomia, per i musei regionali gestione più funzionale”


Intervista a Rosario Maria Anzalone, direttore della Direzione Regionale dei Musei Nazionali della Lombardia, sul tema dell’autonomia dei musei regionali: per Anzalone, il nuovo sistema di gestione sarà più funzionale a promuovere omogeneità di servizi nell’ambito della fisiologica diversità dei luoghi della cultura.

La rassegna dedicata alla nuove Direzioni regionali Musei nazionali dotate di autonomia finanziaria giunge alla sua ultima tappa in Lombardia, per cogliere ulteriori passaggi e ragioni che hanno presieduto a quest’ennesima riforma nel lungo processo di riorganizzazione del Ministero della Cultura. Un percorso contrassegnato da una sostanziale continuità dei ministri di destra, Alessandro Giuli e prima Gennaro Sangiuliano, con la “visione” dell’era Franceschini, il ministro della Cultura più longevo della storia della Repubblica italiana: i grandi attrattori museali autonomi sono più che triplicati nell’arco di un decennio dall’avvio nel 2014 al 2025. Alla guida della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia c’è un archeologo, Rosario Maria Anzalone, tra i più giovani dirigenti del MiC (42 anni), al suo primo incarico direttivo. Anzalone è d’accordo con i colleghi delle altre direzioni (sentiti nelle precedenti interviste) quando riconosce le ragioni che alle origini hanno “frenato lo slancio che il legislatore aveva forse immaginato” per gli allora “poli museali”: si tratta, in sostanza, degli argomenti che hanno accompagnato il dibattito nelle prime fasi della Riforma del 2014, dalle contese tra soprintendenze e musei in particolare per i materiali degli scavi archeologici alla lentezza nei passaggi di consegna tra istituti. Il direttore ricorda anche le carenze in organico di allora. Un problema, peraltro, ancora attuale.

Quanto, poi, alla nuova ennesima ridenominazione degli ex poli, da “regionali” a “nazionali”, oltre a chiarire un’ambiguità a livello di nomenclatura come abbiamo già visto (intervista ad Alessandra Guerrini), l’archeologo la spiega allacciandola all’ingresso delle Direzioni “in una nuova e più matura fase operativa, connessa al Sistema Museale Nazionale”. E in un’ottica ribaltata se le direzioni si assimilano sempre di più ai grandi musei autonomi, Anzalone osserva che alcuni tra questi ultimi, come la Pinacoteca di Brera o la Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello, si configurano a loro volta come sontuosi poli culturali urbani. Ciò che farà la differenza non è solo l’autonomia gestionale e contabile, che consente di pensare in termini di previsione e programmazione, ma la condivisione tra istituti di servizi con competenze trasversali (risorse umane, gare e acquisti, relazioni esterne, ecc.) e di figure tecniche.

I tredici tra musei, parchi archeologici e siti culturali della Direzione Lombardia sono: il Museo del Cenacolo a Milano, la Cappella Espiatoria di Monza, la Certosa di Pavia, il Museo Archeologico Nazionale della Lomellina a Vigevano, il Parco Archeologico ed Antiquarium di Castelseprio, Palazzo Besta a Teglio, la Villa Romana e l’Antiquarium a Desenzano del Garda, le Grotte di Catullo e il Museo Archeologico e il Castello Scaligero a Sirmione, il MUPRE – Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica a Capo di Ponte, il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri a Naquane, Capo di Ponte, il Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo e il Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno.

Rosario Maria Anzalone
Rosario Maria Anzalone

SM. Tra le novità introdotte nel 2014 dalla riforma Franceschini i “poli museali regionali” si sono rivelati da subito i punti deboli della riorganizzazione ministeriale. Secondo Lei quali sono state le criticità di quelle strutture?

RMA. Non direi “punti deboli”. La riforma Franceschini si inquadra a ben vedere nel più ampio contesto della riforma del Titolo V della Costituzione (2001), che ha distinto – beninteso, non scisso – tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, collocandole rispettivamente tra le materie di esclusiva potestà legislativa statale e tra quelle di legislazione concorrente. I Poli museali regionali nascono come attuatori delle politiche di valorizzazione sui territori di competenza, uffici orientati per vocazione e funzioni al dialogo interistituzionale e all’azione sinergica. Si tratta di realtà innovative e complesse, chiamate a gestire un patrimonio fisiologicamente eterogeneo con l’obiettivo di garantire livelli qualitativamente uniformi di servizio. Alcuni fattori hanno in qualche caso frenato lo slancio che il legislatore aveva forse immaginato per questi nuovi istituti, ad esempio i passaggi di consegne non sempre tempestivi o esaustivi, la mancata digitalizzazione e trasmissione della documentazione relativa ai luoghi della cultura conferiti ai poli museali, le competenze contese (in primis quelle sul materiale proveniente da scavi archeologici). C’è poi da considerare un assortimento organico non sempre adeguato alla complessità da gestire (archivisti e demoetnoantropologi sono a mio avviso figure indispensabili in uffici del genere) e il mantenimento del regime di contabilità ordinaria, che ha immediatamente approfondito il solco con i musei autonomi, i maggiori beneficiari del nuovo modello di governance.

È poi cambiato qualcosa nel 2019 con le “direzioni regionali musei”, oltre la nuova dicitura?

La nuova denominazione rende più evidente il fatto che si tratti di articolazioni periferiche della Direzione Generale Musei con competenze sul territorio regionale. Non è solo una questione di nomenclatura, ma un accorgimento verosimilmente rispondente al concreto avvio del Sistema Museale Nazionale (D.M. 113/2018), un’infrastruttura strategica promossa e coordinata dalla Direzione Generale Musei, che prevede il fattivo coinvolgimento delle sue articolazioni regionali nelle procedure di accreditamento alla nuova rete culturale. Se anche il DPCM 169/2019 ha sostanzialmente confermato per le Direzioni regionali le funzioni che il pre-vigente DPCM 171/2014 assegnava ai Poli museali, è indubbio che questi Uffici – ancorché talvolta ancora interessati da procedure di conferimento e passaggi di consegne – siano entrati in una nuova e più matura fase operativa, connessa per l’appunto al Sistema Museale Nazionale.

Palazzo Litta, Milano (© Gabriele Basilico per Ministero della Cultura, 2006)
Palazzo Litta, Milano (© Gabriele Basilico per Ministero della Cultura, 2006)
Museo archeologico nazionale della Valle Camonica (Cividate Camuno, BS) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Museo archeologico nazionale della Valle Camonica (Cividate Camuno, BS) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)

Qual è la ragione per cui è stata introdotta adesso una diversificazione tra direzioni coincidenti con una Regione e altre aggregate ad istituti autonomi? E in cosa consiste la differenza?

Se si confronta l’odierno palinsesto dei musei statali con quello vigente subito dopo l’entrata in vigore della cosiddetta riforma Franceschini, risalta il sensibile aumento degli istituti museali dotati di speciale autonomia, passati in un decennio da 20 (2014) a 67 (2025). Questa proliferazione è generalmente coincisa con l’elevazione al rango di museo autonomo di realtà precedentemente incardinate presso le Direzioni regionali, non di rado trainanti nel contesto dei musei coordinati dall’ufficio regionale. Esemplificative appaiono al proposito l’autonomia conferita alla Pinacoteca nazionale di Bologna, la nascita dei Musei nazionali di Ravenna e del complesso delle Residenze reali del Piemonte. Alcune Direzioni regionali sono uscite pertanto ridimensionate nel loro assetto amministrativo e nella loro dotazione organica, allontanandosi dalla tendenziale auto-portanza che si richiederebbe ora a un istituto dotato di autonomia speciale. Tale circostanza ha presumibilmente indotto il legislatore ad estendere quella previsione che – sin dagli esordi della cosiddetta riforma Franceschini – vedeva in alcune regioni la Direzione regionale musei accorpata a un istituto autonomo (per esempio Liguria, Friuli Venezia Giulia). Una decisione sulla quale avrà verosimilmente influito anche la dotazione organica complessiva del Ministero, nel ruolo dei dirigenti così come nell’ambito del personale non dirigenziale.

Le aggregazioni, poi, avvengono esclusivamente con musei o parchi di livello dirigenziale non generale. C’è una ragione per cui le DrMn non sono state abbinate agli istituti autonomi “più forti” di prima fascia?

Non spetta a me interpretare o valutare le ragioni che hanno indotto il legislatore ad accorpare le Direzioni regionali Musei nazionali agli istituti autonomi di II fascia anziché a quelli di livello generale. Ritengo in ogni caso che possa aver influito su questa scelta il numero complessivo di posizioni dirigenziali all’interno del Ministero. Rilevo inoltre come i grandi musei autonomi si configurino come sontuosi poli culturali urbani (per esempio Pinacoteca di Brera, Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello) ovvero con giurisdizione estesa a porzioni di territorio relativamente contenute e tendenzialmente coerenti sul piano tematico e del patrimonio culturale (e.g. Parco archeologico di Pompei). Parimenti, come direttore di una Direzione regionale, avverto che il potenziale di questo tipo di uffici possa esprimersi appieno nell’ambito di una dimensione effettivamente policentrica e diffusa, capace in sé di attivare e alimentare trame di relazioni che appaiono vitali per la crescita di realtà culturali sovente piuttosto distanti dal concesso di grande attrattore.

Gli accorpamenti saranno utili anche a generare economie di scala, con la condivisione di servizi, strumentazioni, competenze professionali?

Credo che i meccanismi di sussidiarietà e la condivisione di servizi e competenze costituiscano ingredienti essenziali nella vita delle Direzioni regionali, siano esse accorpate o meno a istituti autonomi. Presso l’ufficio che dirigo, le direttrici e i direttori dei luoghi della cultura non autonomi sono i primi a mettere la loro expertise al servizio degli obiettivi comuni, ricevendo a loro volta il supporto dei servizi con competenze trasversali (per esempio risorse umane, gare e acquisti, relazioni esterne) e di figure tecniche con compiti curatoriali rispetto a specifici segmenti di patrimonio. L’auspicio non è soltanto quello di generare economie di scala, ma di promuovere altresì un generale innalzamento del grado di operatività individuale (tecnica, amministrativa, gestionale) attraverso una proficua osmosi di esperienze e competenze.

Palazzo Besta (Teglio, SO) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Palazzo Besta (Teglio, SO) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Museo Archeologico Nazionale della Lomellina (Vigevano, PV) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Museo Archeologico Nazionale della Lomellina (Vigevano, PV) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Cappella Espiatoria (Monza, MB) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)
Cappella Espiatoria (Monza, MB) (© Maurizio Montagna per Ministero della Cultura)

In quest’ottica di rete (se effettiva) sono previsti momenti di scambio, come tavoli tecnici convocati con una certa regolarità, tra voi direttori per confrontare le diverse esperienze? Replicare quelle riuscite, risolvere problemi comuni o condividere modelli e progettualità?

Alcuni settori produttivi sottopongono le proprie iniziative a un tipo di analisi cosiddetta “post mortem”, volta a enucleare per ogni singola progettualità fattori vincenti di cui far tesoro in futuro e vulnera esiziali da non ripetere. L’esempio è senz’altro ardito, ma torna utile per chiarire come il confronto dialettico tra individui e uffici sia un essenziale fattore di crescita anche del nostro lavoro. Tale confronto può avere una dimensione verticale, nell’ambito della preziosa attività di coordinamento e indirizzo svolta dalla Direzione Generale Musei, ovvero orizzontale, tra uffici che operano nel medesimo contesto geografico così come tra colleghi. A quest’ultimo proposito non posso non accennare al lascito di coesione e condivisione che l’esperienza del corso-concorso per dirigenti tecnici del MiC ha lasciato in quanti di noi hanno condiviso un intenso e irripetibile percorso di crescita personale e professionale. Vi sono infine occasioni di confronto appositamente previste dalla normativa di settore, come la riunione secondo l’articolo 4, comma 2 del DM 270 del 5 settembre 2024. Presso la DRMN-Lombardia questa disposizione ha assunto la forma di una riunione periodica (ogni terzo mercoledì del mese), cui partecipano le direttrici e i direttori dei musei non autonomi afferenti all’Ufficio e i dirigenti degli istituti autonomi di livello non generale presenti sul territorio regionale, vale a dire il Museo Nazionale dell’Arte Digitale e il direttore del Palazzo Ducale di Mantova. Una soluzione che sta già dando i suoi frutti in termini di progettualità condivise e accordi tra istituti.

Cosa pensa che cambierà con la nuova autonomia rispetto al passato? In particolare, dal punto di vista finanziario.

Più che un cambiamento in sé, credo che l’autonomia finanziaria e contabile rappresenti la sua essenziale premessa, sintetizzabile in tre parole: previsione, prevedibilità, programmazione. La disponibilità di un bilancio di previsione con funzione autorizzatoria della spesa affrancherà le Direzioni regionali dal meccanismo dei trasferimenti, con tempistiche non sempre prevedibili o allineate alle contingenti esigenze operative. Ciò darà modo di lavorare con maggiore dimestichezza a una programmazione pluriennale – della spesa, dell’offerta, dei fabbisogni – offrendo migliori possibilità di passare dalla mera pianificazione all’effettiva implementazione di azioni. Redigere un bilancio e allocare delle poste – in entrata e in uscita – costituirà al contempo una ricorrente e utile occasione di analisi della capacità amministrativa e di spesa dell’Ufficio, oltreché della sua capienza operativa. Ritengo in ultima istanza che il nuovo sistema di gestione risulterà di gran lunga più funzionale a promuovere quell’omogeneità dei servizi nell’ambito della fisiologica diversità dei luoghi della cultura che – oltre a essere elemento costitutivo e statutario delle Direzioni regionali – rappresenta a ben vedere anche il loro punto di forza.


Se ti è piaciuto questo articolo abbonati a Finestre sull'Arte.
al prezzo di 12,00 euro all'anno avrai accesso illimitato agli articoli pubblicati sul sito di Finestre sull'Arte e ci aiuterai a crescere e a mantenere la nostra informazione libera e indipendente.
ABBONATI A
FINESTRE SULL'ARTE

Silvia Mazza

L'autrice di questo articolo: Silvia Mazza

Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e  dal compianto Folco Quilici  nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Come opinionista specializzata interviene spesso sulla stampa siciliana (“Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Sicilia”, “La Sicilia”, etc.). Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale (Carta del Rischio).



Commenta l'articolo che hai appena letto



Commenta come:      
Spunta questa casella se vuoi essere avvisato via mail di nuovi commenti







MAGAZINE
primo numero
NUMERO 1

SFOGLIA ONLINE

MAR-APR-MAG 2019
secondo numero
NUMERO 2

SFOGLIA ONLINE

GIU-LUG-AGO 2019
terzo numero
NUMERO 3

SFOGLIA ONLINE

SET-OTT-NOV 2019
quarto numero
NUMERO 4

SFOGLIA ONLINE

DIC-GEN-FEB 2019/2020
Finestre sull'Arte