Dalla formazione torinese agli anni del fervore informale fino alle visioni apocalittiche degli ultimi decenni, Mattia Moreni (Pavia, 1920 – Brisighella, 1999) è stato uno degli artisti più complessi e tormentati del secondo dopoguerra italiano. A ventisei anni dalla sua morte, la Romagna, terra d’adozione e rifugio creativo, gli dedica la più ampia antologica mai realizzata, un progetto diffuso che da settembre 2025 a maggio 2026 ne ripercorrerà l’intera parabola artistica.
Il ciclo di esposizioni, intitolato Mattia Moreni. Dalla formazione a “L’ultimo sussulto prima della grande mutazione”, è ideato e curato da Claudio Spadoni e coinvolge cinque città della regione: Bagnacavallo, Forlì, Santa Sofia, Bologna e Ravenna. Cinque luoghi chiave della vita dell’artista, cinque capitoli di un racconto che intreccia pittura, biografia e pensiero, nel tentativo di restituire la complessità di un maestro che ha saputo attraversare la storia dell’arte del Novecento senza mai farsi ingabbiare in una definizione.
Nato a Pavia nel 1920 e formatosi a Torino, Moreni trovò nella Romagna la sua patria elettiva. Qui si rifugiò più volte durante la guerra partigiana e qui decise di stabilirsi definitivamente negli anni Cinquanta, in quella casa di Palazzo San Giacomo, nel territorio di Russi, che divenne il suo laboratorio e il suo osservatorio sul mondo. Per lui la Romagna fu insieme rifugio e frontiera: un paesaggio dove l’esperienza umana e quella artistica si intrecciarono in un continuo processo di trasformazione.
Ad aprire il grande progetto è l’Ex Convento di San Francesco a Bagnacavallo, sede distaccata del Museo Civico delle Cappuccine, con la mostra Dagli esordi ai cartelli, a cura di Davide Caroli e Claudio Spadoni. Promossa dal Comune di Bagnacavallo e dall’Associazione “Mattia”, in collaborazione con il Museo Civico delle Cappuccine, l’esposizione ha aperto il 20 settembre 2025 e resta aperta al pubblico dal 21 settembre all’11 gennaio 2026.
Il percorso presenta oltre quaranta opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, molte delle quali raramente esposte, tra cui lavori che furono presentati alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Le opere coprono i primi vent’anni dell’attività di Moreni, un periodo di formazione e sperimentazione che lo vide confrontarsi con l’eredità dei pittori nordici, il Liberty e la lezione dei Ferraresi del Quattrocento. La mostra documenta un artista in piena effervescenza creativa, capace di reinventare continuamente il proprio linguaggio.
È il periodo in cui Moreni si muove da un linguaggio postcubista verso una pittura di tensione e di contrasti, oscillando tra figurazione e astrazione. La critica ne riconobbe presto la forza espressiva: nel 1946 un giovanissimo Italo Calvino lo descriveva come “spiritato, diabolico, lunatico, irrazionale, capriccioso, bizzarro, giovane pittore di sbrigliata fantasia e orgogliosi intenti”.
Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, l’artista partecipa alle principali rassegne italiane, raccogliendo consensi e premi. Nel 1952 Lionello Venturi lo invita a far parte del Gruppo degli Otto, insieme ad Afro, Birolli, Corpora, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova. Ma, come spesso accade nella sua carriera, Moreni rimane un irregolare, incapace di aderire pienamente a qualsiasi movimento. La sua pittura, anche quando si avvicina alle poetiche dell’astratto-concreto, conserva un’inquietudine figurativa e una forza gestuale che lo rendono inconfondibile.
Il decennio successivo segna l’incontro decisivo con l’informale europeo, soprattutto francese. Tra il 1956 e il 1966 Moreni vive tra Parigi e la Romagna, intensificando la sua presenza sulla scena internazionale. Espone regolarmente in Francia e Germania, partecipa a rassegne e mostre collettive che lo pongono accanto ai maggiori artisti della sua generazione. È in questi anni che la sua pittura si apre a una dimensione più materica e visionaria, in bilico tra esplosione e struttura.
La sezione conclusiva della mostra di Bagnacavallo introduce un passaggio cruciale: la serie dei “cartelli”, in cui la gestualità informale si traduce in segni narrativi e simbolici. Nei “cartelli” Moreni sembra voler fermare il linguaggio, usare la pittura come strumento di denuncia. Sono opere che raccontano un mondo sull’orlo della trasformazione, un paesaggio umano che l’artista percepisce come sull’orlo dell’estinzione. È la prima manifestazione di quella visione apocalittica che accompagnerà tutta la sua produzione successiva.
Dopo Bagnacavallo, il progetto fa tappa a Forlì, al Museo Civico San Domenico, dal 18 ottobre 2025 all’11 gennaio 2026, con Dalle Angurie alla fine dell’Umanesimo, a cura di Rocco Ronchi. Le celebri “Angurie” – oggetti quotidiani trasformati in forme quasi cosmiche – segnarono il passaggio da una pittura istintiva a una riflessione sulla crisi dell’uomo moderno. Il terzo appuntamento sarà a Santa Sofia, alla Galleria d’Arte Contemporanea Vero Stoppioni, dal 15 novembre 2025 all’11 gennaio 2026. Qui Denis Isaia curerà una rassegna dedicata agli Autoritratti e al nucleo di opere conservate nella collezione permanente, la più ampia raccolta pubblica di lavori di Moreni.
Nel 2026 il percorso approderà al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, dove, dal 30 gennaio al 17 maggio, Pasquale Fameli e Claudio Spadoni rievocano la storica personale del 1965 all’allora Galleria d’Arte Moderna, curata da Francesco Arcangeli. Quella mostra segnò l’ingresso ufficiale di Moreni nell’istituzione museale e la consacrazione di una poetica personale, capace di attraversare le avanguardie mantenendo una voce autonoma. Il ciclo si concluderà a Ravenna, al MAR – Museo d’Arte della città, dal 27 febbraio al 3 maggio 2026, con la sezione La regressione della specie e gli Umanoidi, a cura di Serena Simoni. Qui emerge il Moreni più visionario e profetico, quello degli ultimi anni, dominato da immagini di mutazione e declino. L’artista osserva con lucidità feroce l’evoluzione tecnologica e la perdita di umanità del mondo contemporaneo, anticipando riflessioni oggi di bruciante attualità.
L’iniziativa nasce anche grazie alla collaborazione con collezionisti privati e istituzioni, e con il sostegno di Manifattura Ceccarelli e Teikos Solutions. Il catalogo, pubblicato da Dario Cimorelli Editore, raccoglie immagini e schede di tutte le opere esposte, insieme a contributi critici e fotografie che documentano la complessità del progetto.
Moreni fu definito da Michel Tapié e Pierre Restany “uno dei pochi italiani davvero europei”, capace di misurarsi con la grande pittura internazionale senza rinunciare alla propria identità. La sua parabola attraversa i grandi nodi del Novecento – la guerra, l’industria, la crisi della modernità – e li trasforma in un linguaggio pittorico di energia e dolore.
Oggi, a più di vent’anni dalla sua scomparsa, la Romagna ne rinnova la memoria e ne riafferma la forza. L’antologica diffusa offre l’occasione di riscoprire un autore che, pur restando appartato e inclassificabile, ha saputo esprimere meglio di molti la tensione tragica e visionaria del secolo scorso. Il suo sguardo, irriverente e profetico, resta un monito e un’eredità viva.
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