La Reggia di Caserta accoglie nuovamente una delle opere più significative della pittura napoletana del Settecento grazie a un’acquisizione: L’Apoteosi della dinastia borbonica di Fedele Fischetti (Napoli, 1732 – 1792), capolavoro classicista e testimonianza emblematica della stagione artistica vanvitelliana, torna a far parte del patrimonio della Reggia grazie alla collaborazione tra la casa d’aste Lempertz, la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura e gli uffici del complesso monumentale.
L’acquisizione, annunciata ufficialmente quest’oggi, rappresenta una delle più importanti restituzioni recenti alle collezioni pubbliche italiane. L’opera è stata acquistata a Colonia tramite trattativa privata, con il finanziamento della Direzione Generale Musei, e successivamente sottoposta a restauro. Il dipinto sarà una delle protagoniste della mostra Tutto torna!, che inaugurerà il prossimo 22 ottobre negli spazi della Reggia di Caserta, con l’obiettivo di presentare al pubblico le nuove acquisizioni e le restituzioni più significative al patrimonio museale del complesso borbonico.
Il ritorno della tela segna un momento di rilievo nella storia del museo e nella più ampia politica di recupero delle opere legate alla decorazione originaria immaginata da Luigi Vanvitelli. L’Apoteosi della dinastia borbonica è infatti considerata una delle più complete e raffinate testimonianze del programma figurativo concepito dall’architetto per la Sala del Trono, cuore simbolico e rappresentativo della Reggia. L’opera, realizzata da Fedele Fischetti nel pieno della sua maturità artistica, rappresenta l’apogeo della sua produzione e un vertice della pittura classicista napoletana del secondo Settecento.
Fischetti, nato a Napoli nel 1732 e formatosi nell’ambiente colto e cosmopolita della corte borbonica, fu uno dei principali interpreti della pittura decorativa ispirata ai modelli vanvitelliani. Come ricorda lo storico dell’arte Nicola Spinosa, la sua opera costituì “il più appropriato e organico completamento pittorico e decorativo dell’architettura vanvitelliana”, capace di fondere rigore formale, simbolismo allegorico e equilibrio compositivo.
L’opera può essere considerata un bozzetto o una “macchia” preparatoria per un affresco che Vanvitelli aveva commissionato a Fischetti nel 1772 per il Salone Baciamano della Reggia. L’affresco, tuttavia, non venne mai realizzato, e il dipinto rimasto costituisce oggi l’unica testimonianza tangibile di quel progetto decorativo mai portato a compimento. Dal punto di vista iconografico, L’Apoteosi della dinastia borbonica rappresenta un complesso e articolato intreccio di allegorie morali e politiche. Fischetti immagina un grandioso scenario celeste nel quale la Virtù della Verità tiene a guinzaglio un leone, simbolo della forza domata dalla ragione, e sconfigge i Vizi dell’Invidia e della Maldicenza. Atena, emblema del Merito, porge lo scettro al sovrano, accompagnato alle spalle dalla Giustizia e dalla Fede, verso la quale il re volge lo sguardo seguendo l’indicazione della Sapienza Divina.
La composizione culmina nella raffigurazione degli angeli che innalzano in gloria lo stemma borbonico e incoronano con l’alloro i sovrani precedenti, in un trionfo visivo di continuità dinastica e legittimazione morale. L’insieme, dominato da una luce calda e vibrante, si colloca nella tradizione delle grandi apoteosi barocche, ma filtrata attraverso la misura classica e il gusto equilibrato del Neoclassicismo.
Particolarmente interessante è la figura del re, appena accennata nei tratti ma riconoscibile per analogia con l’iconografia di San Ferdinando. Secondo gli studiosi, Fischetti intendeva raffigurare il sovrano proprio nelle vesti dell’omonimo santo, in un parallelismo tra virtù regale e virtù cristiana che rievoca le apoteosi religiose dei cicli della Casa d’Austria, già affrontate dall’artista in precedenti lavori. La scena, dunque, unisce trionfo politico e riflessione morale, esprimendo quella “direzione classica” che rielabora in chiave moderna la tradizione più alta della pittura napoletana.
L’acquisizione dell’opera è stata resa possibile dal costante impegno della casa d’aste Lempertz, storica istituzione internazionale con sede a Colonia, che da anni intrattiene un dialogo costruttivo con le istituzioni museali italiane. In questa occasione, Lempertz ha collaborato con la Direzione Generale Musei e con gli uffici della Reggia di Caserta per garantire un intervento trasparente e tempestivo, consentendo di riportare in Italia un dipinto di eccezionale valore storico e simbolico.
“Durante un viaggio di lavoro ho visto appeso a una parete il modelletto del Fischetti che ho trovato straordinario”, sottolinea Carlotta Mascherpa, Old Master Specialist e Direttrice di Lempertz Italia. “Il proprietario aveva già le informazioni e ho capito subito che era un quadro che doveva assolutamente tornare in Italia. A volte capita che sul mercato riaffiorino opere sconosciute o disperse da secoli, e che solo tramite la loro immissione nel circuito di mercato possono trovare la collocazione più adeguata. Non è la prima volta che Lempertz collabora con le istituzioni e in Italia (la famiglia Einstein, proprietaria della casa d’aste, ha donato una croce trafugata dalla chiesa di San Pantalone a Venezia permettendone la ricollocazione nella posizione originaria. Inoltre, tramite una prelazione d’asta e successiva vendita privata il Museo Nazionale d’Abruzzo de L’Aquila ha potuto ha potuto riappropriarsi di quattro tavolette del Maestro di Campo di Giove, che lasciarono l’Italia in circostanze misteriose durante i primi del Novecento. Come cittadina italiana, sento la necessità deontologica di favorire il ritorno di opere eccezionali in collezioni pubbliche italiane, nonostante le difficoltà che la burocrazia comporta”.
La Direzione Generale Musei, attraverso il proprio finanziamento diretto, ha sostenuto l’operazione in quanto coerente con la missione di tutela, acquisizione e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale. L’acquisizione non è solo un atto di recupero materiale, ma anche una forma di ricomposizione del racconto iconografico e architettonico immaginato da Vanvitelli per il palazzo reale. Con L’Apoteosi della dinastia borbonica, la Reggia di Caserta recupera infatti non solo un capolavoro artistico, ma anche un tassello fondamentale della propria identità storica. Ed è anche la testimonianza di una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato.
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