Bronzino, vita e opere del grande ritrattista del Manierismo


Il Bronzino (Agnolo di Cosimo Tori) è stato uno dei più grandi artisti del Manierismo, noto per i suoi ritratti. La sua vita e le opere principali.

Il Bronzino (Agnolo di Cosimo Tori; Firenze, 1503 - 1572), così soprannominato forse per via del colore dei suoi capelli, è stato uno dei più grandi esponenti del Manierismo, che insieme al suo maestro, Jacopo Carucci detto il Pontormo (Pontorme di Empoli, 1494 – Firenze, 1557) contribuì a far vivere alla città dei Medici una grande stagione artistica. Il Bronzino realizzò dipinti a tema religioso, dipinti allegorici, mitologici, oltre a splendidi e celeberrimi ritratti che hanno dato fama e successo a uno straordinario pittore, che fu anche poeta e fine intellettuale.

La sua carriera si svolse per intero a Firenze: il Bronzino infatti si formò a Firenze, a Firenze cominciò a dipingere, ottenne i suoi lavori più prestigiosi, ottenne i suoi successi e terminò la sua carriera. Sempre a Firenze, nei musei della città, è conservato il nucleo più consistente dei suoi lavori. Il Bronzino son si mosse mai da Firenze fatta eccezione per un breve soggiorno a Pesaro, tra il 1530 e il 1532, quando lasciò la città per trasferirsi presso i Della Rovere: Pesaro infatti faceva parte del ducato di Urbino. A Pesaro si trovava la cosiddetta Villa Imperiale, un’importante residenza di villeggiatura dei Della Rovere, e il Bronzino era stato chiamato qui per partecipare alle decorazioni assieme a un altro grande pittore del tempo, Dosso Dossi. Comunque fatta eccezione per questo breve episodio, la carriera del Bronzino si svolse interamente a Firenze presso la corte dei Medici, dei quali diventò il pittore ufficiale.

Figlio di un macellaio, l’artista entrò giovanissimo nella bottega di Raffaellino del Garbo (San Lorenzo a Vigliano, 1466 – Firenze, 1524), raffinato pittore toscano attivo tra Quattrocento e Cinquecento, che seguiva la lezione di Filippo Lippi e del Ghirlandaio: abbiamo riscontro di questo apprendistato anche nella seconda edizione delle Vite di Giorgio Vasari. L’artista però lasciò presto la bottega di Raffaellino del Garbo e andò a lavorare con il Pontormo, che fu dapprima suo maestro, quindi in seguito i due diventarono amici e collaboratori. Con il soggiorno di Pesaro ebbe poi modo di entrare in contatto con i grandi artisti che lavorarono a Urbino, come Piero della Francesca e lo stesso Dosso Dossi, ma anche con artisti come Giovanni Bellini e Tiziano. I primi anni della sua carriera sono però segnati dalla sua vicinanza al Pontormo: il miglior viatico per una carriera che lo fece diventare uno dei pittori più apprezzati del suo tempo.

Bronzino, Allegoria del trionfo di Venere (1545 circa; olio su tavola, 146 x 116 cm; Londra, National Gallery)
Bronzino, Allegoria del trionfo di Venere (1545 circa; olio su tavola, 146 x 116 cm; Londra, National Gallery)

La vita del Bronzino

Agnolo (Angelo) Tori nasce a Firenze il 17 novembre del 1503: il padre, Cosimo, di mestiere fa il macellaio. Il soprannome “Bronzino” si deve probabilmente al fatto che aveva i capelli biondi. Negli anni Dieci compie la sua formazione dapprima sotto Raffaellino del Garbo quindi assieme al Pontormo (entrerà nella sua bottega intorno al 1517) di cui poi diventerà buon amico. Nel 1523 lavora insieme al Pontormo agli affreschi della Certosa del Galluzzo a Firenze: si tratta del primo incarico noto del Bronzino. Sempre col Pontormo, nel 1525 lavora nella chiesa di Santa Felicita a Firenze dove esegue i tondi con gli evangelisti Matteo, Luca e Marco. Attorno al 1529 dipinge il Compianto sul Cristo morto degli Uffizi. Nel 1530 soggiorna a Pesaro dove si reca a lavorare per i Della Rovere alle decorazioni di Villa Imperiale assieme a Dosso Dossi. Nel 1532 torna a Firenze, da dove non si sarebbe più mosso se non per brevi soggiorni. Aiuta di nuovo il Pontormo nella realizzazione degli affreschi della villa medicea di Poggio a Caiano. Nel 1538 pubblica il poemetto burlesco Del Pennello, mentre nel 1540, a trentasette anni, viene nominato pittore di corte a Firenze da parte di Cosimo I de’ Medici e attorno allo stesso anno lavora per la potente famiglia Panciatichi per la quale esegue alcune opere importanti tra le quali il Cristo Crocifisso attualmente conservato a Nizza. Diventa nel 1541 membro dell’Accademia Fiorentina fondata da Cosimo I.

All’incirca nel 1542 l’artista esegue il celeberrimo ritratto di Bia de’ Medici, mentre risale al 1545 un altro dei suoi capolavori più famosi, il ritratto di Eleonora di Toledo, moglie del duca Cosimo I, con il figlio Giovanni. Nello stesso anno gli viene affidata la decorazione della cappella privata di Eleonora. Attorno al 1545 esegue l’Allegoria della National Gallery di Londra, probabilmente il suo capolavoro più famoso. Intorno allo stesso anno dipinge il ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno. Compie un breve soggiorno a Roma nel 1548 e nello stesso anno viene espulso dall’Accademia Fiorentina per i suoi atteggiamenti irriverenti e anticonformisti. Soggiorna brevemente a Pisa nel 1550.

Nel 1557 il Pontormo muore e a Bronzino viene affidato l’incarico di portare a termine gli affreschi iniziati dall’amico nel coro della basilica di San Lorenzo. Nel 1558 inizia a scrivere i Saltarelli, una serie di componimenti burleschi. Diventa nel 1561 “riformatore” dell’Accademia del Disegno e nel 1564 collabora alla realizzazione degli apparati per le esequie di Michelangelo Buonarroti. Viene di nuovo ammesso all’Accademia Fiorentina nel 1566, diciott’anni dopo la sua espulsione. Nel 1568 vengono pubblicati alcuni componimenti del Bronzino che elogiano il Perseo di Benvenuto Cellini vengono pubblicati. Il 15 giugno del 1572 viene nominato console dell’Accademia del Disegno. Il 23 novembre dello stesso anno muore nella casa di Alessandro Allori, il suo allievo più fedele.

Bronzino, San Marco (1525; olio su tavola, diametro 70 cm; Firenze, Santa Felicita, Cappella Capponi)
Bronzino, San Marco (1525; olio su tavola, diametro 70 cm; Firenze, Santa Felicita, Cappella Capponi)


Bronzino, Compianto su Cristo morto o Pietà (1530 circa; olio su tavola, 105 x 100 cm; Firenze, Uffizi)
Bronzino, Compianto su Cristo morto o Pietà (1530 circa; olio su tavola, 105 x 100 cm; Firenze, Uffizi)


Bronzino, Ritratto di Bia de' Medici (1542 circa; olio su tavola, 64 x 48 cm; Firenze, Uffizi)
Bronzino, Ritratto di Bia de’ Medici (1542 circa; olio su tavola, 64 x 48 cm; Firenze, Uffizi)

Lo stile e le principali opere del Bronzino

Tra le prime opere del Bronzino, realizzate quando ancora era collaboratore del Pontormo, figurano i tondi della chiesa di Santa Felicita a Firenze. I tondi raffigurano i quattro evangelisti, e sono opere piuttosto problematiche, dal momento che, in questo periodo, lo stile del Bronzino somiglia moltissimo a quello del Pontormo, ed è stato quindi molto difficile capire chi, tra il maestro e l’allievo, abbia dipinto quali tondi. L’unico la cui attribuzione è certa è quello che raffigura san Giovanni, che è assegnato al Pontormo: infatti, lo stile tormentato e inquieto, evidenziato dalla figura molto allungata del santo, è quello proprio del Pontormo. Gli altri tre sono invece generalmente attribuiti al Bronzino, benché permangano dubbi circa le figure di san Luca e san Marco. Anche Vasari aveva parlato di queste opere, e ne aveva assegnati due soli al Bronzino, senza però specificare quali. I tondi della Cappella Capponi mostrano una forte aderenza ai modi del Pontormo: si notano sguardi intensi, colori brillanti, i panneggi avvolgenti e ampi che svolazzano in maniera irreale, i volti che presentano gli stessi tratti somatici di quelli realizzati dal Pontormo, un gusto per la posa bizzarra, coi santi che sporgono fuori dai limiti fisici del supporto per andare incontro all’osservatore, in una maniera tanto più coinvolgente se si osservano le loro pose artificiose, che costituirono un’importante novità per l’arte fiorentina. Il Bronzino cominciò ad affrancarsi dallo stile del maestro con le opere della fine degli anni Venti: tra queste figura un importante Compianto sul Cristo morto, noto anche, seppur erroneamente, come Pietà: la pur sottile differenza tra i due motivi iconografici, il primo di origine bizantina e il secondo di origine nordica, consiste nel fatto che nel Compianto, o Lamentatio, il corpo di Cristo è disteso e viene pianto dai personaggi che si dispongono attorno a lui, e che possono arrivare a sfiorarlo o a toccarlo con più o meno forza, mentre nella Pietà il corpo di Gesù è sorretto da un personaggio, tipicamente la madre, o un angelo.

Il Bronzino è noto per essere stato un grandissimo ritrattista. La sua abilità fu tale che gli consentì di diventare il ritrattista di corte dei Medici: per la famiglia dei governanti di Firenze l’artista eseguì diversi importanti capolavori. Sono soprattutto i ritratti dei bambini quelli che muovono a maggior stupore: i bambini sono molto spesso soggetto dei ritratti del Bronzino e vengono raffigurati con un elevatissimo grado di naturalismo, un naturalismo che fu molto ammirato anche da Giorgio Vasari, che nell’edizione giuntina delle Vite definì i ritratti del Bronzino “naturalissimi” e “fatti con incredibile diligenza che più non si può desiderare”. Tra i ritratti infantili si distingue quello di Bia, soprannome di Bianca de’ Medici, figlia illegittima di Cosimo I, nonché primogenita del duca: la bambina nacque nel 1537, prima del matrimonio di Cosimo con Eleonora di Toledo, e ancora oggi non sappiamo chi sia la madre. Tuttavia, Bia morì a soli cinque anni di età, e il dipinto, conservato agli Uffizi, dovrebbe risalire al 1542 circa, e secondo alcuni storici dell’arte il ritratto fu eseguito dopo la scomparsa della piccola, modellato con l’utilizzo della sua maschera funebre. Bia è vestita con un abito semplice ma al contempo molto elegante, di colore bianco, a ricordarci il suo nome. La bambina porta un filo di perle, una collana d’oro con un medaglione che reca il profilo di Cosimo I, e un’altra catena d’oro attorno alla vita: un osservatore che non dovesse conoscere l’identità della piccola riesce a comprendere, solo osservando il suo abbigliamento e i suoi monili, che si tratta di un’esponente di una famiglia molto importante. Il ritratto di Bia è uno dei più apprezzati del Bronzino, per la tenera ed eterea bellezza della bambina nonché per l’espressione molto delicata e dolce, con quel meraviglioso accenno di sorriso. Il Bronzino è stato uno dei più grandi ritrattisti del Cinquecento, e la principale caratteristica dei suoi ritratti è la capacità di creare raffigurazioni sorprendentemente aderenti al vero, ma che al contempo offrono la sensazione d’essere astratti e lontani, puri e distanti. Una sensazione accresciuta anche dall’utilizzo di materiali preziosi: lo sfondo del ritratto di Bia, per esempio, è realizzato per mezzo del lapislazzuli. In questo dipinto si ha dunque l’impressione di vedere una bambina, dolce e delicata, ma al contempo una figura fissa e quasi astratta, lontana nella sua freddezza quasi glaciale.

Il ritratto più celebre del Bronzino è però quello di Eleonora di Toledo: risale al 1545, quando la duchessa aveva ventitré anni, e da sei era diventata moglie del duca Cosimo I. La giovane si presenta con un sontuosissimo vestito assieme al figlio Giovanni. Fu raffigurata assieme al secondogenito invece che con il primo figlio maschio perché la famiglia, nei confronti di Giovanni, nutriva delle grandi aspettative dal momento che ci si augurava per lui un futuro da cardinale prima e da pontefice poi, pertanto non deve stupire se al bambino sono dedicati molti ritratti. La veste di Eleonora di Toledo, resa con incredibile realismo materico, è un grandissimo capolavoro, e alcuni storici dell’arte sono stati portati a dire che protagonista del dipinto non è tanto Eleonora, quanto il suo vestito: un vestito di broccato alla moda spagnola, con lo scollo quadrato, una fine rete sulle spalle e motivi vegetali color oro e nero che si ripetono su tutta la veste. I gioielli sono descritti con grandissima cura, e del resto è noto che il Bronzino nutrisse un particolare interesse per l’oreficeria, tanto che è possibile riscontrare connessioni con l’arte di Benvenuto Cellini in alcuni suoi dipinti: in tutto il Cinquecento non ci sono artisti che meglio del Bronzino riuscirono, in pittura, a descrivere i gioielli in maniera così raffinata e precisa.

Nel corso della sua carriera, il Bronzino eseguì diverse opere di carattere allegorico, ovvero intese per raffigurare un concetto mediante la personificazione dei suoi elementi: la più famosa, tuttavia, è sicuramente l’allegoria del trionfo di Venere, spettacolare capolavoro di erotismo realizzato all’incirca tra il 1540 e il 1545 come regalo per il re Francesco I di Francia, su commissione di Cosimo I. La dea dell’amore figura al centro della scena, completamente nuda, mentre il figlio Cupido le accarezza il seno con una mano e le bacia la bocca: un’opera di grande raffinatezza, la cui portata, tanto quella erotica quanto quella simbolica, poteva essere recepita solo dai colti circoli cui era destinata. Non sappiamo chi sia stato a suggerire il complesso soggetto del dipinto, che potrebbe esser letto come un’allegoria dell’amore, esaminato in tutti i suoi aspetti, da quelli più felici a quelli più tristi. Le nudità si fanno dunque simbolo della carnalità dell’amore sensuale, e i gesti compiuti da Cupido e da Venere, col primo che sta sfilando il diadema dal capo della madre e la seconda che invece ruba una freccia dalla faretra del dio dell’amore, simboleggiano la natura ingannevole di questo potente sentimento. L’inganno assume anche le vesti della bambina che vediamo in secondo piano: si tratta in realtà di una mostruosa creatura dal volto angelico ma dal corpo di serpente e dalle zampe di leone, che si presenta peraltro con le mani invertite, che portano un favo di miele e un aculeo di scorpione, simboli della gioia e dei dolori che l’amore può provocare. La gioia dell’amore è simboleggiata anche dal putto che sopraggiunge dietro i due protagonisti, che sta però per ferirsi con delle spine che l’artista ha posto a terra: un altro chiaro avvertimento circa la natura dell’amore. Non tutti gli studiosi sono stati però concordi con l’interpretare l’opera come allegoria dell’amore. Erwin Panofsky, uno dei più grandi storici dell’arte del Novecento, propose infatti di leggere il dipinto come un’allegoria della lussuria: particolari rivelatori sarebbero il cuscino di Cupido, simbolo di lascivia e di mollezza, nonché la figura del Tempo, visto come colui che smaschera gli inganni della lussuria. Si tratta di uno dei dipinti più complessi e raffinati del manierismo, e il fatto che non sia pervenuto alcun documento che possa aiutarci a identificare il significato dell’opera rende la questione molto complicata, ma al contempo anche decisamente affascinante.

Bronzino, Ritratto di Eleonora di Toledo (1544-1545 circa; olio su tavola, 115 x 96 cm; Firenze, Uffizi)
Bronzino, Ritratto di Eleonora di Toledo (1544-1545 circa; olio su tavola, 115 x 96 cm; Firenze, Uffizi)


Bronzino, Venere, Cupido e Invidia (1548-1550 circa; olio su tavola, 192 x 142 cm; Budapest, Museo di Belle Arti)
Bronzino, Venere, Cupido e Invidia (1548-1550 circa; olio su tavola, 192 x 142 cm; Budapest, Museo di Belle Arti)

Dove si possono vedere le opere del Bronzino

Un viaggio nell’arte del Bronzino può cominciare da Firenze, dove è concentrata la maggior parte della sua produzione. Dai tondi della Cappella Capponi agli affreschi della Cappella di Eleonora in Palazzo Vecchio, dai capolavori degli Uffizi (come i ritratti dei Medici, su tutti quello di Eleonora di Toledo, ma anche alcune opere mitologiche come Pigmalione e Galatea, religiose come la famosa Pietà e soggetti allegorici come l’Allegoria della Felicità Pubblica) alla basilica della Santissima Annunziata dove si trova la sua Resurrezione. E poi ancora, il Museo dell’Opera di Santa Croce (la Discesa al Limbo), la Galleria Palatina di Palazzo Pitti, la Galleria dell’Accademia (la Deposizione), la chiesa di Santa Maria Regina della Pace (l’Immacolata Concezione).

Sue opere si trovano inoltre in alcuni (pochi, a dire il vero) musei italiani, come la Pinacoteca di Palazzo Mansi a Lucca (dove si conserva il ritratto di Francesco I de’ Medici bambino), la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma (dove si trova il Ritratto di Stefano Colonna), la Galleria di Palazzo Colonna a Roma (Venere, Cupido e satiro), la Pinacoteca di Brera a Milano, dove si ammira il Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno. Molti invece i musei stranieri che conservano sue opere: il maggior capolavoro è di sicuro l’Allegoria del trionfo di Venere alla National Gallery di Londra, ma altre sue opere importanti sono conservate alla National Gallery di Washington (dove si trova il famoso ritratto di Dante Alighieri), al Museo di Belle Arti di Budapest (l’Adorazione dei pastori, Venere, Cupido e Invidia), al Museo Pushkin di Mosca, al Kunsthistorisches Museum (qui si trova la Sacra famiglia con sant’Anna e san Giovannino), al Metropolitan di New York, al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, al Getty Museum di Los Angeles, al Louvre, al Prado, alla Gemäldegalerie di Dresda, alla National Gallery of Canada di Ottawa.


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