Futurismo: origini, sviluppo e principali esponenti del movimento d'avanguardia


Il Futurismo è stato il principale movimento d'avanguardia italiano del primo Novecento. Origini, sviluppo, artisti principali.

Il Futurismo è stato un movimento artistico nato a Milano agli inizi del XX secolo, ed è considerato il più importante, se non l’unico, movimento d’avanguardia italiano del primo Novecento. Venne Ideato e fondato dallo scrittore e poeta Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 1876 – Bellagio, 1944), che individuò in una serie di dettami da seguire nella cultura, nell’arte e anche nella vita un modo per raggiungere il rinnovamento negli uomini e nella società, evitando e spesso rinnegando tutto ciò che era avvenuto nel passato (da cui il nome di un movimento inevitabilmente proiettato verso il futuro, secondo i suoi fautori). Il Futurismo partì dalla letteratura per diffondersi in svariati campi, ovvero arte, musica, architettura, teatro, danza, cinema e persino moda e gastronomia.

Il contesto in cui nacque era caratterizzato da grandi cambiamenti che stavano avvenendo nella società italiana. La modernizzazione tecnologica, con l’avvento delle macchine, della radio, dei primi aeroplani e delle cineprese, aveva infatti portato una ventata di novità, che affascinò il pubblico e generò il mito della velocità e del dinamismo. Il movimento riuscì ad intercettare questi cambiamenti e a farli propri, facendo leva proprio sulla rottura con il passato e sulla ricerca di inedite modalità di espressione. L’irruenza, sia nelle parole che nel modo di relazionarsi che nella pittura e scultura, è una delle caratteristiche principali delle opere e delle dichiarazioni degli esponenti della corrente, per far arrivare diretto e chiaro il messaggio di modernità.

Il Futurismo contribuì, peraltro, all’affermazione della cultura italiana nel mondo, diventando uno dei movimenti artistici italiani più diffusi e conosciuti all’estero. Fu fondamentale in questo l’impegno di Marinetti nel far conoscere gli artisti in tutto il mondo attraverso mostre, conferenze e distribuzione di manifesti.

Umberto Boccioni, Rissa in galleria (1910; olio su tela, 76 x 64 cm; Milano, Museo del Novecento)
Umberto Boccioni, Rissa in galleria (1910; olio su tela, 76 x 64 cm; Milano, Museo del Novecento)
Umberto Boccioni, La città che sale (1910; olio su tela, 199,3 x 301 cm; New York, Museum of Modern Art)
Umberto Boccioni, La città che sale (1910; olio su tela, 199,3 x 301 cm; New York, Museum of Modern Art)
Umberto Boccioni, La risata (1911; olio su tela, 100,2 x 145 cm; New York, Museum of Modern Art)
Umberto Boccioni, La risata (1911; olio su tela, 100,2 x 145 cm; New York, Museum of Modern Art)
Umberto Boccioni, Stati d’animo I: Gli addii (1911; olio su tela, 71 x 96 cm; Milano, Museo del Novecento)
Umberto Boccioni, Stati d’animo I: Gli addii (1911; olio su tela, 71 x 96 cm; Milano, Museo del Novecento)

Origini e sviluppo del Futurismo

La data che sancisce l’inizio del movimento è il 5 febbraio 1909, giorno in cui venne pubblicato sulla Gazzetta dell’Emilia il Manifesto del Futurismo, redatto da Filippo Tommaso Marinetti. Il manifesto sarebbe stato poi pubblicato anche in francese, su Le Figaro, quindici giorni dopo, il 20 febbraio 1909. Si ritiene che lo scrittore avesse tratto l’ispirazione a seguito di un incidente con la sua automobile avvenuto nel 1908. Cercando di evitare due ciclisti, sterzò bruscamente e a causa dell’alta velocità cadde in un fossato, riuscì a cavarsela e dopo esserne stato tirato fuori si sentì un uomo diverso, nuovo, desideroso di portare una rivoluzione nella cultura eliminandone tutti gli inutili orpelli.

Nello scritto vennero riportati tutti i principi fondanti del movimento, basati sull’esaltazione dell’audacia, del coraggio e della modernità, e sul netto rifiuto di guardare al passato, per concentrarsi piuttosto sul presente e sul futuro, definito “assoluto”. Tra i punti del manifesto si legge, inoltre, il boicottaggio dei luoghi preposti alla custodia delle opere d’arte e letterarie, ovvero musei e biblioteche, e l’esaltazione della “guerra come sola igiene del mondo”. In effetti, per i Futuristi anche la guerra era sinonimo di modernità e quasi tutti gli esponenti si arruolarono volontariamente per combattere durante la prima guerra mondiale. Il Futurismo ha sempre ricevuto critiche per questo aspetto.

Circa un anno dopo la pubblicazione del Manifesto del Futurismo, un gruppo di artisti formato da Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916), Carlo Carrà (Quargnento, 1881 – Milano, 1966), Luigi Russolo (Portogruaro, 1885 – Laveno-Mombello, 1947), Romolo Romani (Milano, 1884 – Brescia, 1916) e Aroldo Bonzagni (Cento, 1887 – Milano, 1918) firmarono il Manifesto dei pittori futuristi. Da questo episodio nacque la corrente artistica. Il testo del manifesto venne redatto concretamente da Boccioni, Carrà e Russolo, mentre Romani e Bonzagni lo firmarono solamente e poco dopo abbandonarono il movimento, sostituiti da Gino Severini (Cortona, 1883 – Parigi, 1966) e Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958).

Il manifesto venne letto pubblicamente l’8 marzo del 1910 durante una serata organizzata al teatro politeama Chiarella di Torino, ma vennero accolti dal pubblico con una sequela di fischi e proteste.

Poco dopo fu la volta del Manifesto tecnico della pittura futurista, in cui viene esplicitato il concetto del “complementarismo congenito” e introdotto il “dinamismo universale”. Il complementarismo congenito si basava sull’idea che gli oggetti e i piani non fossero da considerarsi come sezioni a parte, come finora era convenzione nell’arte, bensì come interconnessi e legati l’uno all’altro. Nel manifesto si leggeva: “I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali a loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano”. La scelta dei colori, delle forme e delle linee tiene conto di questo aspetto, che coinvolge tutti i sensi dello spettatore anche a livello emotivo, come fulcro dell’opera stessa e non come semplice osservatore. Inoltre, nel testo venivano lanciati strali contro tutte le accademie, che rappresentavano il passato da combattere con ogni mezzo.

Spesso i Futuristi si sono resi protagonisti di episodi irruenti che passarono alla storia, come la cosiddetta “spedizione punitiva” del 1911 a Firenze. In un articolo pubblicato nel 1911 su La Voce, lo scrittore ed artista Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno, 1879 – Vittoria Apuana, 1964) stroncò i loro lavori e si lasciò andare anche a giudizi piuttosto personali (“sciocche e laide smargiassate di poco scrupolosi messeri…”). Venuti a sapere delle parole di Soffici, Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà partirono alla volta di Firenze per rintracciarlo al Caffè Giubbe Rosse, dove erano soliti incontrarsi i redattori de La Voce. Una volta arrivati, iniziarono dei tafferugli causati da uno schiaffo che Marinetti diede a Soffici. Eppure, nonostante il rapporto tra loro fosse così travagliato, solo qualche anno dopo Soffici fu tra i fondatori della rivista futurista Lacerba. Fu peraltro grazie a Soffici che i futuristi iniziarono a conoscere il cubismo, avanguardia che si stava diffondendo a Parigi e che fu di grande ispirazione per alcuni esponenti. Molti assimilarono le novità proposte dalla corrente e le rielaborarono per infondere nuova spinta alla loro pittura. Diversi di loro ne rimasero tuttavia sempre a distanza, dopo aver maturato la convinzione che i cubisti scomponessero gli oggetti ignorando del tutto il movimento, e dunque fossero ancora fin troppo tradizionalisti. Così, iniziarono a sperimentare un tipo di rappresentazione sintetica in cui convergessero attimi, movimenti ed emozioni diversi.

Marinetti nel frattempo era arrivato alla conclusione che i tempi fossero maturi per far conoscere il movimento anche all’estero, pertanto organizzò alcune mostre a Parigi, Londra, Berlino e altre città europee. Nel 1914 si recò di persona in Russia per incontrare gli artisti locali che avevano aderito al movimento. Nello stesso anno, tuttavia, il rapporto tra Marinetti e Soffici si incrinò nuovamente fino alla rottura ufficiale, sancita con un editoriale pubblicato su Lacerba apertamente in polemica contro il fondatore del movimento. I futuristi iniziarono nuove sperimentazioni anche in ambito plastico, con l’utilizzo di diverse materie e l’unione di diverse discipline artistiche, sfidando ancora una volta le convenzioni. Venne pubblicato un nuovo manifesto dal titolo Ricostruzione futurista dell’Universo (1915) in cui si teorizzava la fusione delle arti in un’unica arte totale. Ma lo scoppio della prima guerra mondiale di lì a poco pose fine alla prima fase del Futurismo, con la morte di alcuni nomi importanti come Boccioni e l’abbandono da parte di altri artisti, che si cimentarono in altre avanguardie.

In seguito il Futurismo ebbe una nuova spinta nella città di Roma, precisamente nello studio di Giacomo Balla, che attirò a se un gruppo di nuove leve. Fu il critico Enrico Crispolti, alla fine degli anni Cinquanta, il primo a parlare esplicitamente di divisione tra “Primo futurismo eroico”, con i fondatori ed i primi esponenti, che si conclude con la Prima guerra mondiale, e “Secondo futurismo”. Non poche difficoltà condizionarono questa nuova fase romana, in quanto si stava diffondendo sempre maggiormente la tendenza al ritorno all’ordine, anche come risposta ai drammi vissuti a causa del conflitto. Il Futurismo venne percepito come un movimento appartenente al passato, e non a caso nel 1920 venne redatto un nuovo manifesto dall’emblematico titolo Contro tutti i ritorni in pittura, firmato da Leonardo Dudreville, Achille Funi, Luigi Russolo e Mario Sironi, per rafforzare le loro visioni. Per rilanciare la corrente, Marinetti ed altri iniziarono a sperimentare forme d’arte diverse e innovative come la moda futurista, i cui dettami vennero esplicitati nei manifesti Il vestito antineutrale (1914) e Manifesto della moda femminile futurista (1920), e l’arredamento futurista, così da far entrare la loro arte nella vita quotidiana. Nel 1930 Marinetti redasse anche un manifesto dedicato alla cucina, abolendo la pasta poiché rendeva l’uomo lento e appesantito, e dissertando sul senso del gusto, solitamente mai trattato nell’arte. Alcuni artisti del movimento iniziarono inoltre a dedicarsi anche alla grafica pubblicitaria, attratti dall’opportunità di far arrivare ad un numero vastissimo di persone le loro innovazioni: in questo ambito si distinse in particolare il trentino Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960), autore di grafiche utilizzate dalle aziende ancora oggi. Infine, l’ultimo filone del Futurismo riguardava l’aeropittura, ovvero opere che esaltavano il mondo dell’aeronautica. Altri settori di intervento furono la musica e le scenografie teatrali. Nel primo caso i principali protagonisti furono Francesco Balilla Petrella (Lugo, 1880 – Ravenna, 1955) e Luigi Russolo, che introdussero il concetto di rumore e crearono anche nuovi strumenti musicali, i cosiddetti “intonarumori””, mentre le scenografie furono curate in particolar modo da Enrico Prampolini (Modena, 1894 – Roma, 1956).

Infine, i Futuristi vennero attratti particolarmente dalla costruzione dei primi grattacieli, considerati un simbolo della conquista del cielo da parte dell’uomo moderno. Spesso nelle illustrazioni e nelle grafiche pubblicitarie ricorreva lo skyline di New York, costellato di questi edifici altissimi. Già nel 1914 l’architetto Antonio Sant’Elia (Como, 1888 – Monfalcone, 1916) aveva redatto il Manifesto dell’architettura futurista, delineando tutte le caratteristiche di una ideale “città futurista, simile ad un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile ad una macchina gigantesca”.

Giacomo Balla, Ragazza che corre sul balcone (1912; olio su tela, 125 x 125 cm; Milano, Museo del Novecento)
Giacomo Balla, Ragazza che corre sul balcone (1912; olio su tela, 125 x 125 cm; Milano, Museo del Novecento)
Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912; olio su tela, 91 x 110 cm; Buffalo, Albright Gallery)
Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912; olio su tela, 91 x 110 cm; Buffalo, Albright Gallery)
Giacomo Balla, La mano del violinista (1912; olio su tela, 56 x 78,3 cm; Londra, The Estorick Collection of Modern Italian Art)
Giacomo Balla, La mano del violinista (1912; olio su tela, 56 x 78,3 cm; Londra, The Estorick Collection of Modern Italian Art)
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n. 7 (1912; olio su tela, 77 x 76,7 cm; Torino, GAM)
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n. 7 (1912; olio su tela, 77 x 76,7 cm; Torino, GAM)

Le caratteristiche, le novità e i principali esponenti del Futurismo

I futuristi trovarono modi innovativi per l’utilizzo delle linee, che definirono “linee-forza”, ponendole in varie posizioni e rendendole funzionali nella composizione dell’opera, non più come semplice segmento. La tavolozza dei futuristi era accesa e roboante e si basava sull’accostamento in contrasto dei colori primari, senza sfumature. Inizialmente aderirono al divisionismo, tecnica di stesura del colore attraverso filamenti ravvicinati, che si prestava perfettamente sia ai colori forti che alla tendenza di infondere movimento alle loro opere.

Infatti, in linea con i precetti del Manifesto del Futurismo, il gruppo si dedicò inizialmente alle ricerche sul dinamismo, prendendo come riferimento scene urbane di vita quotidiana. Le prime opere conosciute del movimento sono Rissa in galleria (1910), La città che sale (1910) e La risata (1911), tutte realizzate da Umberto Boccioni. Nel giro di un solo anno, Boccioni aveva dimostrato una ricerca progressiva, che lo condusse a rendere efficacemente la sensazione di movimento e ad individuare le modalità più adeguate per la tanto ricercata compenetrazione dei piani. Successivamente ai primi esiti, Boccioni realizzò il trittico Stati d’animo - Gli addi, Quelli che vanno e Quelli che restano (1911), per dimostrare ufficialmente il suo punto di vista sulla simultaneità, che considerava come una condizione mentale in cui vengono uniti insieme il ricordo di avvenimenti particolari e la personale percezione emotiva.

Di diverso avviso era invece Giacomo Balla, artista più anziano degli altri esponenti del gruppo di circa dieci anni. Secondo Balla, il dinamismo risiedeva unicamente nella percezione ottica, pertanto si concentrò sul susseguirsi in sequenza della stessa immagine rappresentata in momenti diversi. Emblematiche furono le opere del 1912 Ragazza che corre sul balcone, Dinamismo di un cane al guinzaglio e La mano del violinista. Questi lavori erano per lo più figurativi, mentre a partire dal 1912 Balla approdava ad esiti maggiormente astratti, tra cui si ricordano le serie Compenetrazioni iridescenti (1912) e Velocità d’automobile (1913).

Carlo Carrà portò al movimento maggiore espressività, evidente nel Ritratto di Marinetti (1910-1911) e nel Funerale dell’anarchico Galli (1911). Fu inoltre il primo ad inserire, più tardi, parole nei dipinti e a introdurre la tecnica del collage, molto affine al cubismo. Dopo la prima guerra mondiale, Carrà si allontanò dal movimento per dedicarsi alla pittura metafisica. L’influsso del cubismo era inoltre evidentissimo in Gino Severini, che si trasferì a Parigi entrando in diretto contatto con le opere di questa corrente. Restò molto affine alla scomposizione delle forme, come si nota in Ballerina in blu (1912), abbinandovi scene di vita mondana parigina. Anch’egli approdò in seguito alla rappresentazione astratta con Ritmo plastico del 14 luglio (1913). Ma alla conclusione della prima fase del Futurismo, Severini si allontanò per concentrarsi esclusivamente sul cubismo.

Luigi Russolo oscillò spesso tra simbolismo e divisionismo, per poi giungere al suo primo vero dipinto sperimentale, La rivolta (1911), in cui attraverso le “linee-forza” disposte in forma di freccia, restituì l’idea dell’energia che si propaga durante una manifestazione tra le vie di una città. Si trovano nuovamente Le “linee-forza” anche in Dinamismo di un’automobile (1912-13), in cui rappresenta la vittoria della macchina sulla resistenza dell’aria. Russolo si dedicò a lungo alla musica futurista, pertanto la sua produzione pittorica fu meno corposa di altri.

Intanto, Boccioni proseguì negli anni la sua ricerca anche in ambito scultoreo. Realizzò nel 1913 la famosissima Forme uniche della continuità dello spazio, in cui il corpo dell’uomo che cammina è solo intuito, non viene circoscritto da linee precise e definite, bensì da curve e da una serie di pieni e di vuoti che creano giochi di luce ed ombre. Diede vita, così alla prima vera scultura dinamica, che si espande nello spazio in maniera fluida. La statua è presente sulle monete da 20 centesimi di euro circolanti in Italia.

Nel secondo periodo del Futurismo, entrarono diverse nuove leve, tra cui Fortunato Depero, originario di Rovereto e discepolo di Balla. In effetti, fu molto più vicino a lui che a Boccioni.

La caratteristica delle opere di Depero era l’utilizzo di sagome umane che somigliano molto ai burattini, a cui infondeva dinamismo tramite scorci in diagonale e linee audaci, curve, dritte o a zig zag. I burattini erano un chiaro richiamo al teatro, ed in effetti intorno al 1917 Depero era entrato in contatto con i celebri balletti russi ed aveva creato alcuni costumi, per poi approdare allo spettacolo Balli plastici, un’opera teatrale d’avanguardia. Da quel momento, la sagoma umana comparve dapprima negli “arazzi futuristi” e poi come elemento costante della sua arte, che diventò ben presto molto riconoscibile. Depero ha, inoltre, contribuito alla storia della grafica pubblicitaria, e molte sue creazioni sono utilizzate ancora oggi, basti pensare al suo contributo per la definizione dell’identità visiva della nota bevanda Campari. Inoltre, Depero era un forte sostenitore della necessità di portare il Futurismo nella quotidianità, e fu grazie a questa sua forte convinzione che vennero realizzate le prime “case d’arte futuriste” in diverse città d’Italia. Ne costruì anche una sua personale a Rovereto.

Con l’avvio della seconda fase romana del Futurismo, Balla diventò punto di riferimento delle giovani leve, che si arricchiscono, tra gli altri, di Gino Galli (Roma, 1893 – Firenze, 1954) e Julius Evola (Roma, 1898 – 1974), mentre emergeva sempre più Enrico Prampolini, fino a quel momento un po’ defilato. Egli, negli anni Venti, era stato uno dei più decisi promotori dell”arte meccanica”, rendendo omaggio alla bellezza della macchina e dei suoi bagliori metallici, insieme a Vinicio Paladini ed Ivo Pannaggi. Infine, Prampolini, Fillia (Luigi Colombo; Revello, 1904 – Torino, 1936), Benedetta (Benedetta Cappa; Roma, 1897 – Venezia, 1977), Gerardo Dottori (Perugia, 1884 – 1977), Nicolaj Diulgheroff (Kjustendil, 1901 – Torino, 1982), Tullio Crali (Igalo, 1910 – Milano, 2000), furono i nomi di punta dell’aeropittura, l’ultimo sviluppo del movimento prima della sua conclusione.

Carlo Carrà, I Funerali dell’anarchico Galli (1911; olio su tela, 198,7 x 259,1 cm; New York, Museum of Modern Art)
Carlo Carrà, I Funerali dell’anarchico Galli (1911; olio su tela, 198,7 x 259,1 cm; New York, Museum of Modern Art)
Gino Severini, Ballerina in blu (1912; olio su tela, 61 x 46 cm; Milano, Collezione Mattioli)
Gino Severini, Ballerina in blu (1912; olio su tela, 61 x 46 cm; Milano, Collezione Mattioli)
Gino Severini, Ritmo plastico del 14 luglio (1913; olio su tela; Roma, Collezione Nino e Gina Franchina)
Gino Severini, Ritmo plastico del 14 luglio (1913; olio su tela; Roma, Collezione Nino e Gina Franchina)
Luigi Russolo, La Rivolta (1911; olio su tela, 150,8 x 230,7 cm; L’Aia, Kunstmuseum)
Luigi Russolo, La Rivolta (1911; olio su tela, 150,8 x 230,7 cm; L’Aia, Kunstmuseum)
Luigi Russolo, Dinamismo di un’automobile (1912-1913; olio su tela, 139 x 184 cm; Parigi, Centre Pompidou)
Luigi Russolo, Dinamismo di un’automobile (1912-1913; olio su tela, 139 x 184 cm; Parigi, Centre Pompidou)

Eredità del Futurismo

A seguito dell’esperienza del Futurismo russo, si diffuse il raggismo di Michail Larionov e Natal’ja Goncarova , che si basava sullo studio dei fenomeni di rifrazione della luce. Vi sono diverse influenze ben rintracciabili del Futurismo in numerose avanguardie diffuse nel XX secolo, tra cui il dadaismo, il surrealismo, l’Arte povera, la performance art. Tuttavia, gli esponenti di queste nuove avanguardie non avrebbero mai ammesso questa paternità, in adesione con la tendenza di ogni avanguardia di rifiutare tutto ciò che è venuto prima.

Inoltre, Marcel Duchamp nelle sue prime opere riprende l’accostamento dinamico di momenti in successione, come nell’opera Nudo che scende le scale n.2 (1912). Spesso è stato accostato ai futuristi per questa caratteristica, tuttavia il contatto con il movimento fu sicuramente molto scarno, essendo trascorsi già diversi anni dalla sua diffusione.

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913, fusione in bronzo del 1931; bronzo, altezza 126,4 cm; Milano, Museo del Novecento)
Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913, fusione in bronzo del 1931; bronzo, altezza 126,4 cm; Milano, Museo del Novecento)
Fortunato Depero, Festa della sedia (1927; tarsia in panni, 259,5 x 340 cm; Rovereto, Mart - Museo d’Arte Moderna e Contemporanea)
Fortunato Depero, Festa della sedia (1927; tarsia in panni, 259,5 x 340 cm; Rovereto, Mart - Museo d’Arte Moderna e Contemporanea)
Fortunato Depero, la bottiglia del Campari
Fortunato Depero, la bottiglia del Campari
Gerardo Dottori, Incendio città (1926; olio su tela, 211 x 190 cm; Perugia, Museo Civico di Palazzo della Penna)
Gerardo Dottori, Incendio città (1926; olio su tela, 211 x 190 cm; Perugia, Museo Civico di Palazzo della Penna)
Tullio Crali, Incuneandosi nell’abitato (1934; olio su tela, 130 x 155 cm; Collezione privata)
Tullio Crali, Incuneandosi nell’abitato (1934; olio su tela, 130 x 155 cm; Collezione privata)

Dove vedere le opere dei Futuristi

I nuclei più consistenti di opere futuriste sono conservati in Italia tra Milano e Rovereto, e all’estero a New York, tutte città strettamente legate alla storia del movimento. A Milano, è possibile ammirare alla Pinacoteca di Brera Rissa in galleria (1910), nella Galleria d’arte moderna si trova Ragazza che corre sul balcone (1912) di Giacomo Balla, e infine, nel Museo del Novecento vi sono Forme uniche della continuità nello spazio (1913) di Boccioni, i suoi Stati d’animo e altre opere futuriste di Carlo Carrà.

A Rovereto è possibile visitare il museo dedicato all’opera di Fortunato Depero, in quella che era la sua casa d’arte, mentre sempre in Italia, altre opere dei Futuristi si trovano a Venezia, dove si può ammirare la Ballerina in blu (1912) di Severini e Manifestazione interventista (1914) dI Carrà nella collezione Gianni Mattioli presso il Peggy Guggenheim, e a Torino, nella Galleria civica dì’arte moderna, dove sono custodite alcune Compenetrazioni iridescenti di Balla datate 1912 e 1913. Altre opere dei futuristi fanno parte di collezioni private dislocate in tutta Italia.

All’estero, numerose sono le opere che si trovano nel MOMA - Museum of Modern Art di New York, e tra queste Lampada ad arco (1911) di Balla, La città che sale (1910-11), La risata (1911), una diversa versione di Stati d’animo: gli addii, Stati d’animo: quelli che vanno, Stati d’animo: quelli che restano (1911) e Dinamismo di un foot-baller (1913) di Boccioni, e Funerale dell’anarchico Galli (1911) di Carrà. Infine, nel Centre Georges Pompidous si può vedere Il pianeta Mercurio passa davanti al sole (1914) di Balla.


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