Dal 20 al 23 settembre 2025 Roma diventa il centro del collezionismo d’arte con la seconda edizione di Arte e Collezionismo, manifestazione ospitata a Palazzo Barberini. Tra gli espositori della rassegna figura la Galleria d’Arte Frediano Farsetti, che nello stand 26 presenterà una selezione di opere di alcuni tra i maggiori maestri italiani del Novecento. Il percorso espositivo della galleria, attiva dal 1999, proporrà al pubblico dipinti che segnano momenti fondamentali della pittura del secolo scorso, in un dialogo costante tra tradizione e innovazione, memoria e ricerca contemporanea.
La Galleria Frediano Farsetti ha costruito negli anni una solida reputazione grazie a un’attenta attività di valorizzazione del patrimonio artistico del Novecento italiano e internazionale. Fin dalle origini, la galleria ha promosso mostre monografiche e retrospettive dedicate a grandi artisti storici, contribuendo alla loro rilettura critica e alla diffusione presso un pubblico ampio e qualificato. Parallelamente, ha affiancato alla riscoperta delle avanguardie storiche una costante attenzione verso le voci più originali della scena contemporanea, creando un ponte tra epoche e linguaggi diversi. Non a caso, la galleria partecipa regolarmente alle principali fiere nazionali e internazionali e collabora con musei, fondazioni e archivi per la realizzazione di mostre e pubblicazioni di alto profilo. Negli ultimi anni, nell’ambito di questa sua attività, ha organizzato esposizioni come Vis a vis, arte antica e moderna a confronto nel 2015, Ottone Rosai ritratti e autoritratti, un dialogo con Bacon e Baselitz nel 2018, Gino Severini, geometrie e visioni nel 2021 e, più di recente, Volti Ritratti Italiani dal XVI al XX secolo nel 2024, realizzata in collaborazione con Cantore Galleria Antiquaria.
La partecipazione a Arte e Collezionismo a Roma rappresenta dunque una nuova occasione per presentare opere di qualità. Tra i protagonisti dello stand 26 spicca Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978), di cui sarà esposto Chevaux au bord de la mer, dipinto del 1926 a olio su tela. L’opera raffigura due cavalli su una spiaggia solitaria, davanti a un mare calmo e un paesaggio appena accennato sullo sfondo. L’atmosfera sospesa e irreale è tipica della sensibilità dell’artista, che in questo periodo si avvicina sempre più alla tradizione classica e al mito, distaccandosi progressivamente dalle atmosfere urbane e metafisiche che lo avevano reso celebre. La resa dei cavalli richiama direttamente la scultura greco-romana, confermando l’interesse di de Chirico per la cultura antica.
Accanto a questo lavoro sarà presentata una natura morta senza titolo del 1923, olio e tempera su tela, che appartiene alla fase definita dall’artista stesso come “romantica”. Qui de Chirico dispone grappoli d’uva e altra frutta con un ordine teatrale e silenzioso, capace di trasformare una semplice composizione in un enigma visivo. Anche in questo passaggio di linguaggio, de Chirico dimostra la capacità di trasfigurare la realtà quotidiana in mistero e poesia.
Un’altra figura di spicco è Renato Guttuso (Bagheria, 1912 – Roma, 1987), che sarà rappresentato con Forchetta, bicchiere e tenaglia, olio su tela del 1946. Tre oggetti comuni diventano simboli di un’intera epoca. Disposti su un tavolo coperto da un drappo rosso, assumono una teatralità che trascende la natura morta, diventando metafora della sopravvivenza, del lavoro, della fatica e della ricostruzione del dopoguerra. L’opera riflette la sensibilità di Guttuso per il realismo sociale e la capacità di attribuire forza narrativa a scene apparentemente semplici.
Lorenzo Viani (Viareggio, 1882 – Lido di Ostia, 1936) sarà in fiera con Le Parigine del 1908, olio su cartone che esprime il lato più drammatico e tormentato dell’artista viareggino. Le due figure femminili ritratte nella notte non rappresentano la mondanità parigina, ma popolane e prostitute, donne marginali ed emarginate, figure segnate dalla durezza della vita. Viani trasmette con intensità la propria inquietudine interiore attraverso un linguaggio pittorico aspro e diretto. Ottone Rosai (Firenze, 1895 – Ivrea, 1957) sarà presente con un Autoritratto del 1933, olio su cartone che restituisce l’immagine di un uomo semplice e al tempo stesso fermo nelle proprie convinzioni. In un contesto storico dominato dal regime fascista e dal gusto per l’arte monumentale, Rosai sceglie di mostrarsi con tratti decisi ma sobri, in giacca e cravatta modesta, lontano dalle celebrazioni ufficiali. L’opera riflette la sua volontà di mantenere un legame con la realtà quotidiana e popolare.
Un altro lavoro di grande suggestione è Natura morta con maschera di Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano, 1956), realizzato nel 1926 durante il soggiorno a Parigi. L’opera raffigura oggetti disposti in modo casuale su una tavola, osservati da una maschera che sembra affacciarsi sulla scena. La pittura leggera, dai toni polverosi e sfumati, conferisce un’atmosfera sospesa, tipica della sensibilità enigmatica di de Pisis. Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961) sarà rappresentato da Scultore e modella, monumentale olio su tela del 1929. In quest’opera, lo scultore al centro simboleggia il costruttore di un’umanità nuova, mentre la figura femminile, appena accennata, rappresenta il divenire. Le forme compatte e semplificate, unite ai toni terrosi e grigi, accentuano la staticità e la monumentalità della scena, riflettendo il linguaggio che Sironi sviluppò tra le due guerre.
Di Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma, 1958) sarà esposto un Autoritratto del 1940, dipinto su faesite e dedicato come augurio personale a un amico. L’opera, in cui l’artista si ritrae con il pennello e la scritta “Buon anno”, fonde ironia e leggerezza, restituendo la vitalità futurista e lo spirito giocoso che Balla mantenne anche negli anni maturi. Completa la selezione Felice Casorati (Novara, 1883 – Torino, 1963) con Le arance, dipinto a olio del 1956 circa. Gli agrumi disposti su una superficie quasi astratta diventano protagonisti di una composizione silenziosa e meditativa, in cui rigore formale e sensibilità poetica si fondono in perfetto equilibrio. L’opera è un esempio del realismo magico che caratterizza molta parte della produzione di Casorati.
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