Cinque musei italiani aprono virtualmente le loro collezioni all’arte buddhista per un’iniziativa che unisce la storia dell’arte, la spiritualità buddhista e il patrimonio culturale orientale conservato in Italia. È stato presentato nelle scorse ore Arte buddhista nei musei italiani, un progetto curato da Cultura UBI, l’area dell’Unione Buddhista Italiana dedicata alle attività culturali, artistiche e interdisciplinari legate al Buddhismo. L’obiettivo dell’iniziativa è favorire una più ampia conoscenza delle opere d’arte buddhista custodite nei musei italiani, attraverso un racconto che si sviluppa con l’apporto di storici dell’arte, curatori museali, studiosi e insegnanti di Dharma appartenenti a diverse tradizioni.
Il progetto si traduce in una serie di video-racconti disponibili online sul portale GATE, la piattaforma ufficiale dell’Unione Buddhista Italiana dedicata ai contenuti culturali, di approfondimento e spirituali. Ogni episodio è costruito attorno a un’opera specifica custodita in un museo italiano. A ciascuna di esse è dedicato un breve documentario in cui le voci di esperti si alternano per offrire, da prospettive differenti, una lettura dell’oggetto che unisce aspetti storici, iconografici, religiosi ed esperienziali.
I musei coinvolti in questo primo ciclo del progetto, come anticipato, sono cinque. Il Museo delle Civiltà di Roma, il Museo d’Arte Orientale “Edoardo Chiossone” di Genova, il Civico Museo Archeologico di Milano, il Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste e il MAO - Museo d’Arte Orientale di Torino. Ogni struttura ha partecipato alla selezione delle opere in collaborazione con i rispettivi direttori e conservatori, contribuendo alla costruzione di un racconto che va oltre la semplice descrizione artistica per toccare elementi di contesto culturale e religioso.
L’iniziativa si inserisce nel più ampio impegno di Cultura UBI volto a valorizzare la relazione tra Buddhismo e linguaggi estetici, favorendo l’incontro tra discipline, esperienze e visioni del mondo differenti. L’area culturale dell’Unione Buddhista Italiana si occupa infatti anche di promuovere mostre, progetti artistici, eventi musicali e teatrali, nonché attività legate al restauro e alla conservazione del patrimonio artistico.
Il primo episodio pubblicato riguarda un’opera di epoca himalayana, proveniente dal Nepal e risalente al XIX secolo. Si tratta di una thang-ka, un dipinto realizzato su stoffa, raffigurante il Bhavachakra, ovvero la “Ruota del divenire”, un’immagine altamente simbolica della tradizione buddhista che rappresenta il ciclo delle rinascite (samsara) governato dalla legge di causa-effetto (karma). L’opera è conservata nella collezione “Giuseppe Tucci” del Museo delle Civiltà di Roma, all’interno della sezione dedicata all’arte orientale.
Il racconto di questo primo episodio è affidato a tre figure: Massimiliano A. Polichetti, curatore delle collezioni tibetane e nepalesi del museo romano, Filippo Lunardo, ricercatore presso l’Istituto Italiano di Studi Orientali (ISO) dell’Università La Sapienza di Roma, e Geshe Dorje Wangchuck, maestro di Dharma dell’Istituto Samantabhadra di Roma. Le loro testimonianze offrono un percorso interpretativo che attraversa ambiti diversi: dalla descrizione formale e storica dell’opera, alla sua funzione religiosa e simbolica, fino alla trasmissione del significato attraverso l’esperienza personale e spirituale.
Il Bhavachakra raffigurato nella thang-ka è una rappresentazione tradizionale della visione buddhista del mondo condizionato, strutturato secondo una complessa psico-cosmografia. L’immagine, spesso collocata all’ingresso dei monasteri, è suddivisa in sezioni che illustrano i sei reami dell’esistenza ciclica, i dodici anelli della coproduzione condizionata e le tre radici dell’ignoranza, dell’avidità e dell’avversione. La presenza di tali elementi consente all’osservatore di riflettere sul meccanismo che genera la sofferenza e sulla possibilità della liberazione, due principi cardine del pensiero buddhista.
I successivi video, in uscita nei prossimi mesi, continueranno ad esplorare le collezioni di arte orientale presenti nei musei italiani, valorizzando un patrimonio spesso poco noto al grande pubblico. L’Unione Buddhista Italiana, attraverso Cultura UBI, intende così offrire un contributo alla divulgazione del Buddhismo in Italia anche attraverso il linguaggio dell’arte, coinvolgendo una pluralità di interlocutori che spaziano dal mondo accademico a quello della spiritualità, passando per l’ambito curatoriale e quello artistico.
Il progetto assume un particolare rilievo anche in considerazione del fatto che, in molti casi, le opere buddhiste presenti nei musei italiani sono giunte in Europa nel corso del XIX e XX secolo in contesti spesso legati a missioni esplorative, collezionismo privato o studi orientalisti. Riscoprire e raccontare oggi queste opere attraverso la voce di studiosi e praticanti buddhisti consente di riattivare un dialogo culturale che restituisce centralità al significato originario delle immagini, in una prospettiva di rispetto e consapevolezza.
“Il contenuto, lo stile, il valore d’uso e cerimoniale delle opere d’arte buddhista sono per molti di noi avvolti nel mistero; consegnati allo stupore e all’esotismo”, commenta Massimo Torrigiani, responsabile Cultura Unione Buddhista Italiana. “ Le storie che raccontano fanno invece parte di universi artistici e culturali sorprendentemente ricchi e complessi, tutti da scoprire. Insieme alle persone che le opere le studiano e ai luoghi e alle collezioni che le custodiscono. L’Italia ha un’eccezionale storia di relazioni con l’oriente, che la nostra trasmissione vuole contribuire a far conoscere, attraverso opere esemplari, voci autorevoli e prospettive inedite, restituendo alle opere e ai viaggi che le hanno portate fino a noi il loro significato più profondo”.