Bambini addormentati nell'arte purista da Giovanni Dupré a Tito Sarrocchi


Il tema dei bambini addormentati è piuttosto frequente nell'arte purista: vediamo qui esempi di Giovanni Dupré, Tito Sarrocchi e Lorenzo Bartolini.

Quando Giovanni Dupré (Siena, 1817 - Firenze, 1882) espose per la prima volta il suo Sonno dell’innocenza, una scultura in marmo alla quale aveva iniziato a lavorare nel 1844, il successo che raccolse fu considerevole e unanime. La presentò in pubblico che non era ancora finita: nel febbraio del 1845, infatti, portò un modello in gesso alla mostra della Promotrice Fiorentina, la società che aveva l’obiettivo, comune a molte associazioni omologhe sorte a metà Ottocento, di promuovere (da cui il nome) le opere degli artisti contemporanei meritevoli. Dupré, all’epoca, era un giovane di talento, e con il Sonno dell’innocenza s’attirò ogni genere di lode. A cogliere le novità della sua proposta furono anche artisti delle generazioni precedenti, a cominciare da Francesco Nenci (Anghiari, 1782 – Siena, 1850) che, vista l’opera, non poté fare a meno d’apprezzare le capacità d’imitazione della natura da parte di Dupré. Era questo, del resto, il principale obiettivo degli artisti afferenti al purismo, movimento nel solco del quale è possibile includere anche l’arte di Giovanni Dupré.

Per avere un’idea di come la trovassero i contemporanei, è possibile leggere l’esauriente descrizione che ne diede Jean Duchesne nel suo mastodontico Museo di pittura e scultura, un’opera che intendeva raccogliere il meglio delle gallerie private e pubbliche d’Europa e che fu pubblicato in una quindicina di volumi tra il 1837 e il 1845 (in Italia, fu l’editore Paolo Fumagalli a farsi carico dell’incombenza). Nel libro, la descrizione accompagnava un disegno che riproduceva il modello in gesso dell’opera e che fu realizzato da Étienne Achille Réveil, a cui spettò il compito di illustrare le opere incluse nel Museo di pittura e scultura. Nel testo, Duchesne si rammaricava anche del fatto che l’illustrazione non rendesse giustizia all’opera: "in questo nostro Museo abbiamo già pubblicato parecchi lavori del giovine professore Duprè: ora diamo inciso questo putto dormiente, che il suo autore intitolava il Sonno dell’Innocenza, ci duole però di non poter dare d’esso che il concetto, dappoiché le mirabili bellezze dell’esecuzione, per le quali eccelle l’opera che qui pubblichiamo, spariscono in gran parte in un piccolo disegno, specialmente trattandosi di un’attitudine propria a vedersi di sopra in sotto, come vediamo un bambino in culla, e non già di fianco. Questo putto non presenta già un ideale, o una bellezza di convenzione; ma è un putto vero in tutta la estensione della parola: tutto è ritratto di natura con un’accuratezza e una precisione ch’è ben difficile di sorpassare: giurereste di vedere un bambino in culla".

Giovanni Dupré, Il sonno dell'innocenza
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza (1846; marmo, 60 x 110 cm; Siena, Museo dell’Opera Metropolitana). Ph. Credit Danae Project.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, vista frontale
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, vista frontale. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio delle gambe
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio delle gambe. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio delle mani
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio delle mani. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio del materasso
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio del materasso. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio dei piedi
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio dei piedi. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio delle pieghe della pelle
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio delle pieghe della pelle. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Giovanni Dupré, Sonno dell'innocenza, dettaglio del viso
Giovanni Dupré, Sonno dell’innocenza, dettaglio del viso. Ph. Credit Finestre sull’Arte.

Il committente dell’opera era un nobile senese, Alessandro Bichi Ruspoli, che la richiese a Giovanni Dupré, del quale era diventato amico, con una lettera del 29 settembre 1844, oggi conservata presso l’archivio di Villa Dupré a Fiesole. Il lavoro fu impegnativo: sappiamo dell’esistenza di un modello di diverse dimensioni, ridotte rispetto a quelle dell’opera in marmo oggi conservata presso il Museo dell’Opera Metropolitana di Siena (fu donato all’Opera da un’erede di Alessandro, Laudomia Bichi Ruspoli, nel 1953). È dunque ipotizzabile che l’artista intendesse realizzare altre repliche del soggetto, di minori dimensioni, ma non solo: un gesso doveva infatti esser destinato all’Accademia di Belle Arti di Perugia, dal momento che Bichi Ruspoli era membro del collegio accademico dell’istituto umbro. Il marmo fu finito nel 1846 e Dupré si occupò personalmente del trasporto a Siena dell’opera: il committente intendeva esporla al centro del salotto della sua abitazione, entro un divano circolare.

Invenzione e soggetto non erano tuttavia cosa nuova. Dupré aveva infatti guardato a un’opera omologa che Lorenzo Bartolini (Savignano di Prato, 1777 - Firenze, 1850), scultore capofila del purismo, aveva realizzato nel 1823. L’opera è indicata, in due carteggi manoscritti, come “statuina di un’Innocenza figlia che perdette il sig.r Malchoff. Spedita a Mosca” e “piccola statua giacente della figlia morta della famiglia Marchoff a Mosca” (non abbiamo informazioni più precise su questa famiglia Malkov, o Markov, con la quale Bartolini era in contatto nel 1823). Bartolini rappresentò la sua Innocenza teneramente, sotto le spoglie d’una bambina che non pare defunta, bensì semplicemente addormentata, con la veste che scende dolcemente dalle spalle scoprendo le braccia e il petto. Dell’opera conosciamo soltanto il modello in gesso, attualmente conservato a Prato, presso il locale Museo Civico.

Non fu tuttavia questa l’unica opera bartoliniana a cui si ispirò Dupré per il suo Sonno dell’Innocenza: alcuni motivi paiono infatti ripresi dalla Tavola degli Amori, scultura che Bartolini realizzò nel 1845 per il principe russo Anatolij Demidov, uno dei principali mecenati dello scultore pratese. Bartolini immaginò la sua Tavola degli Amori (nota anche come Tavola dei Geni) come un gruppo composto da tre figure, simboleggianti l’amore, il vizio e la virtù. Interessante notare la peculiarità del soggetto di quest’opera di Lorenzo Bartolini, che s’ispirava alle satire di Nicolas Boileau. L’opera in realtà non era riconducibile a passaggi precisi dell’opera del poeta francese, ma ne rifletteva il clima generale di condanna del vizio intellettuale e di esaltazione della semplicità: di conseguenza possiamo osservare come il vizio sensuale, simboleggiato dal Bacchino che, ubriaco, cade in un sonno profondo e privo di preoccupazioni, sia vegliato dall’Amore Divino (l’angelo che lo tiene tra le braccia), mentre la virtù (il putto che stringe tra le mani un compasso), tormentata dall’ambizione e oppressa dal destino, dorme un sonno agitato. Fine ultimo era quello d’illustrare, come si legge in un appunto dello scultore, vita e ricompensa “che ha nel mondo l’uomo da bene”.

Lorenzo Bartolini, Sonno dell'innocenza
Lorenzo Bartolini, Sonno dell’innocenza (1823; gesso, 49 x 105 x 40 cm; Prato, Museo Civico). Ph. Credit Polo Museale Fiorentino.


Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori
Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori (1845; marmo, 163,5 x 130,2 x 126,4 cm; New York, The Metropolitan Museum). Ph. Credit The Metropolitan Museum of Art.


Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori, Dettaglio dell'Amore divino e del Vizio sensuale
Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori, Dettaglio dell’Amore divino e del Vizio sensuale. Ph. Credit The Metropolitan Museum of Art.


Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori, Dettaglio della Virtù
Lorenzo Bartolini, Tavola degli Amori, Dettaglio della Virtù. Ph. Credit The Metropolitan Museum of Art.

Le differenze tra l’opera di Giovanni Dupré e quelle di Lorenzo Bartolini vanno ravvisate soprattutto nella maggior aderenza al vero da parte dello scultore senese: caratteristiche che rendono la sua opera particolarmente moderna e in certa misura anticipano la scultura realista per quel senso di stretta indagine sul dato naturale che negli artisti puristi è comunque ancora sottoposta a un certo grado di controllo. Nell’opera di Dupré non ci sono soltanto un corpo così realisticamente colto nell’abbandono del sonno e un viso così delicatamente e teneramente descritto: esaminando l’opera da vicino si possono notare passaggi degni di un grande virtuoso, a cominciare dalla decorazione damascata del materasso su cui dorme la bambina, per proseguire con le sottili e realistiche pieghe della pelle (da notare, per esempio, quelle sulle caviglie), i punti di luce creati dagli spazi tra una gamba e l’altra, i riccioli che si adagiano sul giaciglio. Scrive lo studioso Ettore Spalletti nel catalogo della mostra Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e Roma (a Carrara, Palazzo Cucchiari, dall’8 luglio al 22 ottobre 2017), tra le cui opere protagoniste figura proprio il Sonno dell’Innocenza: “mentre i nudini bartoliniani obbediscono ad un saldo controllo stilistico delle forme, quello di Dupré appare abbandonato in una dolce descrizione di un tenerissimo modellato che indugia in particolari di grande naturalezza”, ovvero i dettagli sopra descritti. Si tratta di “segnali questi che accennano all’oramai prossimo superamento di quella fase puristica del suo stile che vede il suo culmine nel monumento a Pio II per Siena”.

La stessa mostra di Palazzo Cucchiari ha fornito l’occasione per un primo e interessantissimo confronto tra il Sonno dell’Innocenza di Dupré e il Putto dormiente di Tito Sarrocchi (Siena, 1824 – Siena, 1900), che di Dupré è stato allievo. Poco si sa di questa scultura: viene citata per la prima volta nel 1963, quindi lo storico dell’arte Piero Torriti la indicava, nella sua guida Tutta Siena contrada per contrada, tra le opere che decorano l’anticappella di Palazzo Sansedoni a Siena. In occasione dell’esposizione carrarese, ancora Ettore Spalletti ha intanto suggerito un possibile anno d’esecuzione per un’opera che rimaneva di datazione incerta, proponendo di assegnarla a un periodo prossimo al 1874, in concomitanza con la realizzazione dell’Odalisca dormiente, data la vicinanza nel modellato delle forme dei due corpi nudi, e poi ha ipotizzato che la committenza fosse la stessa del Sonno dell’Innocenza di Dupré: nell’anticappella di Palazzo Sansedoni si registra infatti la presenza di un busto di Alessandro Bichi Ruspoli, scolpito dallo stesso Sarrocchi, e di un ulteriore busto (realizzato però da Giovanni Dupré), quello di Emilia Bichi Ruspoli, nata Chigi, moglie di Alessandro. Non apparirebbe dunque insensato pensare che anche il Putto dormiente sia stato commissionato da qualche membro della famiglia Bichi Ruspoli, magari dallo stesso Alessandro che era amico di Giovanni Dupré e che nel 1874 aveva raggiunto l’età di sessantasette anni.

Tito Sarrocchi, Putto dormiente
Tito Sarrocchi, Putto dormiente (1874 circa; marmo, lunghezza 80 cm; Siena, Collezione Banca Monte dei Paschi di Siena). Ph. Credit Danae Project.


Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio del volto
Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio del volto. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio del viso
Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio del viso. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio
Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio. Ph. Credit Finestre sull’Arte.


Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio delle mani
Tito Sarrocchi, Putto dormiente, dettaglio delle mani. Ph. Credit Finestre sull’Arte.

Sarrocchi decide di far dormire il suo putto su un fianco, adagiato sopra un materasso damascato simile a quello di Dupré e con la testa poggiata su di un guanciale delineato con virtuosismo: da notare le pieghe e le cuciture sui lati. Ma il grande naturalismo di questa scultura va oltre e si evince in particolar modo dall’espressione del putto, che nel sonno respira con la bocca socchiusa, attraverso la quale riusciamo a intravedere i dentini. Il corpo, trattato con una delicatezza simile a quella che contraddistingue il Sonno dell’Innocenza di Giovanni Dupré, ci appare delineato con la stessa morbidezza, benché forse più rigido rispetto a quello del maestro: è comunque tracciata la strada che avrebbe portato, di lì a poco, alla nascita della scultura realista.

Bibliografia di riferimento

  • Sergej Androsov, Massimo Bertozzi, Ettore Spalletti, Dopo Canova. Percorsi della scultura a Firenze e Roma, catalogo della mostra (Carrara, Palazzo Cucchiari, 8 luglio - 22 ottobre 2017), Fondazione Giorgio Conti, 2017
  • Fabio Gabbrielli, Il Palazzo Sansedoni, Protagon Editori Toscani, 2005
  • Ettore Spalletti, Giovanni Dupré, Electa, 2002
  • Silvestra Bietoletti, Michele Dantini, L’Ottocento italiano: la storia, gli artisti, le opere, Giunti, 2002
  • Marco Pierini (a cura di), Tito Sarrocchi 1824-1900, catalogo della mostra (Siena, Complesso Museale di Santa Maria della Scala 7 agosto - 3 ottobre 1999), Protagon, 1999
  • Lucia Tonini, I Demidoff a Firenze e in Toscana, Olschki, 1996
  • Carlo Sisi, Ettore Spalletti, Giuliano Catoni, La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, Monte dei Paschi di Siena, 1994
  • Piero Torriti, Tutta Siena contrada per contrada, Bonechi, 1988
  • Sandra Pinto, Ettore Spalletti, Lorenzo Bartolini: mostra delle attività di tutela, catalogo della mostra (Prato, Palazzo Pretorio, febbraio - maggio 1978), Centro Di, 1978


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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