Gustav Klimt, la sua passione per le rose e il giardino della sua villa a Vienna


Il grande Gustav Klimt nutrì una forte passione per le rose: le troviamo in alcuni suoi importanti dipinti e oggi le troviamo ancora nel giardino della villa in cui passò gli ultimi anni della sua vita, oggi un museo visitabile dove è stato anche ricostruito il suo studio.

Per diversi anni, l’unica opera di Gustav Klimt (Vienna, 1862 - 1918) presente nelle collezioni pubbliche francesi è stata un quadro intitolato Rose sotto gli alberi, che il grande artista austriaco dipinse attorno al 1905, portando sulla tela la sua passione per il meraviglioso fiore primaverile. Le Rose sotto gli alberi sono un dipinto che racconta almeno due storie: la prima è quella delle sue tormentate vicissitudini storiche, la seconda è quella dell’amore che Klimt nutriva per le rose. Si tratta di un’opera che è salita nel 2021 agli onori delle cronache internazionali: nel mese di marzo, infatti, il governo francese ha deciso di restituire il dipinto, che si trovava esposto al Musée d’Orsay ai legittimi proprietari, gli eredi della collezionista austriaca Nora Stiasny, che a sua volta aveva ereditato il quadro dai collezionisti Viktor e Paula Zuckerkandl. Le Rose sotto gli alberi le erano state sottratte dai nazisti nell’agosto del 1938, a seguito dell’Anschluss (ovvero dell’annessione dell’Austria alla Germania) con un modus operandi tipico: agli ebrei erano state imposte tasse estremamente esose, e chi non poteva pagarle doveva cedere i propri beni. Fu così che i nazisti si impossessarono di un’ingente quantità di opere d’arte. Stiasny perse la vita nei campi di sterminio nel 1942, assieme alla madre, al marito e al figlio: nel 2001 la famiglia avanzò una formale richiesta di restituzione, e finalmente nel 2021, grazie a un’azione del Musée d’Orsay, del ministero francese della cultura, della Galerie Belvedere di Vienna e dei rappresentanti legali degli eredi di Nora Stiasny, è stato possibile restituire alla famiglia il quadro, che lo Stato francese aveva acquistato nel 1980 sul mercato.

Klimt aveva dipinto le sue Rose sotto gli alberi durante uno dei suoi soggiorni estivi a Litzlberg, verdeggiante località di villeggiatura sull’Attersee, lago non lontano da Salisburgo: l’artista porta il riguardante in un frutteto rigoglioso (tanto che per qualche tempo l’opera fu anche catalogata come Il melo), dove troviamo alcuni alberi di melo che occupano, con le loro chiome cariche di frutti, quasi tutta la composizione, e nel registro inferiore un candido roseto con tre arbusti di quella che sembra essere una rosa centifolia, specie particolarmente in voga tra fine Ottocento e inizio Novecento. Come spesso accade anche nei dipinti in cui Klimt porta sulla tela nient’altro che piante e fiori, l’idea è quella di evocare l’aspetto di un mosaico le cui tessere sono le foglie, i fiori, i frutti, i fili d’erba. In occasione della restituzione del 2021, l’opera è stata definita dal ministero della cultura francese come “una delle più spettacolari di Klimt” a causa del modo in cui l’artista tratta il soggetto, ovvero senza modellato e senza prospettiva: le essenze diventano quasi pura decorazione, si avvicinano all’arte astratta. Il decorativismo di Klimt affonda le radici nel neoimpressionismo (da cui riprende l’idea di distribuire il colore sulla tela attraverso semplici tocchi di pennello giustapposti) ma anche nei mosaici bizantini: nel 1903, l’artista della Secessione aveva compiuto un viaggio a Ravenna ed era rimasto affascinato dai capolavori che aveva potuto osservare in città.

Gustav Klimt, Rose sotto gli alberi (1905 circa; olio su tela, 110 x 110 cm; Collezione privata, già Parigi, Musée d'Orsay). Foto di Patrice Schmidt
Gustav Klimt, Rose sotto gli alberi (1905 circa; olio su tela, 110 x 110 cm; Collezione privata, già Parigi, Musée d’Orsay). Foto di Patrice Schmidt


Gustav Klimt, Il giardino delle rose (1911; olio su tela, 110 x 110 cm; Austria, Collezione privata)
Gustav Klimt, Il giardino delle rose (1911; olio su tela, 110 x 110 cm; Austria, Collezione privata). Foto Klimt Villa

È il trionfo dell’estetica viennese: i colori delle foglie s’incontrano e si scontrano con le tonalità tenui delle rose e con i gialli delle mele per far dissolvere tutti gli elementi del paesaggio (non distinguiamo altro che i tronchi degli alberi e un piccolo brano di cielo), in una composizione che non ammette il vuoto e che sancisce la priorità dell’ornamento su tutto il resto. Non è però l’unico dipinto di Klimt che ha per tema le rose: ce n’è uno, conservato in collezione privata, che è probabilmente ancora più affascinante di quello del Musée d’Orsay, per il fatto che è molto più intimo e racconta alcuni aspetti interessanti della vita dell’artista. Noto come Il giardino delle rose (Der Rosengarten), il dipinto fu eseguito da Klimt nel 1912: l’artista si era ispirato alle fioriture del suo giardino di Feldmühlgasse, a Vienna, nel quartiere suburbano di Unter Sankt Veit, situato nel distretto di Hietzing. È una delle zone più belle di Vienna, a pochi passi da Schönbrunn e dal Roter Berg, tra parchi e lunghi viali alberati.

L’artista si era trasferito qui dopo aver lasciato lo storico studio di Josefstädter Strasse 21, nell’ottavo distretto (era il luogo dove aveva dipinto il Bacio): aveva infatti trovato una villetta in Feldmühlgasse, che gli era stata affittata da un mobiliere, Joseph Herrmann, noto nell’ambiente artistico in quanto la figlia aveva sposato il pittore Felix Albrecht Harta, ed è probabile che grazie al tramite di quest’ultimo Klimt sia venuto a conoscenza della possibilità di prendere in affitto la casa. Ci avrebbe vissuto fino alla sua scomparsa, occorsa nel febbraio del 1918. Oggi, la villa di Klimt è un museo visitabile, chiamato proprio Villa Klimt, anche se l’aspetto dell’edificio non è esattamente identico a quello che il pittore aveva conosciuto. Dopo la scomparsa dell’artista, infatti, la famiglia Hermann ampliò l’edificio con un’importante ristrutturazione, che fu poi proseguita nel 1923 dai nuovi proprietari, la famiglia Klein, che aggiunse alla struttura un piano, un portico e una scala esterna. Le sale in cui lavorò Klimt, tuttavia, non furono modificate, e oggi è possibile visitarle. Anche la villa non ha avuto vita facile durante il nazismo: la famiglia Klein, ebrea, dovette infatti abbandonare l’Austria, e la villa fu sequestrata dai nazisti, benché i legittimi proprietari in questo caso non dovettero aspettare molto per rientrarne in possesso, dato che la casa fu loro restituita subito dopo la liberazione, nel 1945. La famiglia Klein si era però stabilmente trasferita altrove, così nel 1957 risolse di vendere la casa allo Stato austriaco.

La villa di Klimt. Foto Klimt Villa
La villa di Klimt. Foto Klimt Villa


La villa di Klimt. Foto Klimt Villa
La villa di Klimt. Foto Klimt Villa


La villa di Klimt. Foto Klimt Villa
La villa di Klimt. Foto Klimt Villa


La ricostruzione dello studio di Gustav Klimt. Foto Klimt Villa
La ricostruzione dello studio di Gustav Klimt. Foto Klimt Villa

Inizialmente, lo Stato adibì l’edificio prima a scuola e poi a magazzino, dopodiché la villa andò incontro a un lungo periodo di abbandono e rischiò addirittura di essere demolita. Per fortuna, in occasione dell’“Anno di Klimt” (il 2012, centocinquantesimo anniversario della nascita) le autorità austriache hanno deciso di dare nuova vita all’edificio, realizzando di procedere con un restauro completo della Villa, ricostruendo nel dettaglio lo studio di Klimt e la stanza in cui riceveva gli ospiti. Gestita da una fondazione privata, la Verein Gedenkstätte Gustav Klimt (la Società per la Memoria di Gustav Klimt), Villa Klimt ha ricevuto, nel 2014, l’European Heritage Award (il riconoscimento, assegnato ogni anno da Europa Nostra, che si configura come il più prestigioso premio europeo nell’ambito della conservazione e della tutela): “la Società per la Memoria di Klimt”, si legge nella motivazione, “ha condotto una campagna di quattordici anni per convincere il governo austriaco a preservare Villa Klimt e il suo giardino come uno spazio pubblico da aprire a tutti. I volontari della Società hanno condotto visite guidate e organizzato eventi culturali, e adesso, con lo status di Monumento Federale, l’ultimo studio di Klimt è stato fedelmente ricostruito dentro la villa interamente restaurata affinché possa diventare un pezzo unico del patrimonio culturale europeo”.

Anche il giardino, come detto, è parte integrante della villa. Lo spazio esterno e le stanze in cui Klimt lavorò si sono conservati perché nel 1918, dopo la scomparsa dell’artista, l’amico Egon Schiele (Tulln an der Donau, 1890 - Vienna, 1918), che era solito frequentare l’atelier di Klimt, chiese ai proprietari di non alterare gli spazi in cui aveva lavorato l’artista. Sappiamo del suo rapporto con Klimt grazie alle sue memorie, raccolte dal critico Arthur Roessler in un libro pubblicato nel 1948. “Non bisognerebbe rimuovere niente, perché tutto ciò che è legato alla casa di Klimt è un tutt’uno ed è un’opera d’arte di per sé, che non dev’essere distrutta”, diceva Schiele a proposito della villa pochi giorni dopo la morte dell’amico. “I quadri incompiuti, i pennelli, il suo tavolo da lavoro, la sua tavolozza non devono essere toccati e lo studio dovrebbe essere aperto come un Museo di Klimt per tutti coloro che apprezzano e amano l’arte”. È bello vedere come, quasi cento anni dopo, il desiderio di Schiele è stato esaudito.

Ed è proprio Schiele uno dei principali testimoni della passione di Klimt per le rose. Roessler, nel suo libro, ha pubblicata un memoria in cui il giovane artista descrive una visita alla villa di Klimt: il pittore, ricordava Schiele, “decorava il giardino attorno alla casa di Feldmühlgasse con aiuole fiorite ogni anno. Era un piacere visitarlo e ritrovarsi tra fiori e alberi antichi. Di fronte alla porta c’erano due affascinanti teste che Klimt aveva scolpito. Si entrava dapprima in un’anticamera con una porta sulla sinistra che portava alla sua sala da ricevimento. Nel mezzo c’era un tavolo quadrato, e tutto attorno c’erano stampe giapponesi raggruppate e due grandi quadri cinesi. Sul pavimento c’erano sculture africane, e nell’angolo dove la finestra c’era un’armatura giapponese rossa e nera. Questo ambiente portava ad altre due stanze da dove si poteva vedere il roseto [...]. Klimt mi ha fatto vedere i quadri su cui stava lavorando. A Hietzing aveva dipinto una serie di ritratti femminili e di quadri con figure [...]. In più, dipingeva diversi paesaggi dell’Attersee e del lago di Garda, che a Vienna ancora non erano conosciuti. E ancora, a Feldmühlgasse c’erano migliaia di suoi disegni, e nelle mostre si vedevano sempre quelli strani... ”. Le rose che si possono vedere nel quadro di collezione privata del 1912 sono rose di Damasco (rosa damascena), che erano state piantate nel giardino della villa già intorno al 1900. E che sono state ripiantate dopo che la villa è stata trasformata in un museo. Ma si conserva ancora l’arbusto noto come la “rosa di Klimt”: è il cespuglio di rose piantato all’epoca dell’artista, che durante i lavori di restauro è stato rinvigorito e ingrandito.

Gustav Klimt, Albero della vita, dettaglio (1910-1911; carta, matita colorata, oro, pastello, platino, argento e bronzo su cartone, 200 x 102 cm; Vienna, Museum für angewandte Kunst)
Gustav Klimt, Albero della vita, dettaglio (1910-1911; carta, matita colorata, oro, pastello, platino, argento e bronzo su cartone, 200 x 102 cm; Vienna, Museum für angewandte Kunst)


Gustav Klimt, Kuss der ganzen Welt, dettaglio del Beethovenfries (1902; caseina su stucco; Vienna, Palazzo della Secessione)
Gustav Klimt, Kuss der ganzen Welt, dettaglio del Beethovenfries (1902; caseina su stucco; Vienna, Palazzo della Secessione)


Gustav Klimt, Kuss der ganzen Welt, dettaglio del Beethovenfries (1902; caseina su stucco; Vienna, Palazzo della Secessione)
Gustav Klimt, Kuss der ganzen Welt, dettaglio del Beethovenfries (1902; caseina su stucco; Vienna, Palazzo della Secessione)

I dipinti di cui s’è detto non sono gli unici di Klimt in cui compaiono le rose: il fiore primaverile è un simbolo piuttosto ricorrente nella pittura di Klimt. Compare un cespuglio di rose, per esempio, nell’Albero della vita del Fregio Stoclet, conservato al Museum für angewandte Kunst di Vienna. Ancora, le rose fanno da sfondo al Kuss der ganzen Welt (il “Bacio al mondo intero”) del Beethovenfries conservato oggi al Palazzo della Secessione della capitale austriaca: la scena ha luogo in un rigoglioso roseto. Le rose compaiono poi, assieme ad altri fiori, in diversi ritratti (per esempio il terzo ritratto di Ria Munk, iniziato nel 1917 e non terminato, oggi conservato al Lentos Kunstmuseum di Linz: è uno dei ritratti più grandi delle ultime fasi della carriera dell’artista viennese).

Le rose, nell’arte di Klimt, ovviamente rimandano al loro significato universale, in quanto simbolo di amore e di passione. E quando Klimt espose, nel 1908, le sue Rose sotto gli alberi al Kunstschau di Vienna, il poeta Peter Altenberg (Vienna, 1859 - 1919) aveva visto i fiori di Klimt anche come un simbolo di sensualità, come allegoria della pienezza della vita, e scrisse un commento rivolgendosi proprio allo stesso artista: “Sei un vero, onesto amico della natura? Allora bevi questi dipinti coi tuoi occhi: il giardino della casa, il bosco di faggi, le rose, i girasoli, i papaveri in fiore. Tu tratti il paesaggio come tratteresti una donna: lo innalzi fino alle sue guglie più romantiche, gli rendi giustizia, lo trasfiguri e lo rendi visibile agli occhi cupi e senza gioia degli scettici! Gustav Klimt, sei uno strano miscuglio di forza primitiva e romanticismo storico, sia tuo il Premio!”. Ecco dunque cos’erano le rose, e i fiori in generale, per Klimt: erano anche gioia di vivere.

Per maggiori informazioni sulla Villa di Klimt e sul suo giardino, è possibile visitare il sito ufficiale austria.info.


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