Una nuova pagina si apre nella storia dell’arte rupestre australiana con l’identificazione di un inedito stile figurativo, denominato Linear Naturalistic Figures (LNF), documentato in 22 siti dell’area nord-orientale del Kimberley, in Australia occidentale. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Australian Archaeology, è frutto di sei anni di ricerca sul campo all’interno del progetto Kimberley Visions, ha portato alla luce quasi cento immagini rupestri raffiguranti esclusivamente animali, delineati da un tratto continuo, lineare, spesso privo di riempimento interno e di qualsiasi elemento antropomorfo. La scoperta segna quindi una svolta nella comprensione delle sequenze stilistiche e delle dinamiche sociali e ambientali che hanno attraversato l’area nel corso dell’Olocene medio e tardo. La ricerca non indigena sull’arte rupestre del Kimberley ha radici antiche. La prima documentazione conosciuta risale al 1838, a opera dell’esploratore George Grey. A questa seguirono, nel corso del XIX e XX secolo, le osservazioni di membri del clero e di etnografi che, insieme ad antropologi e archeologi, iniziarono a registrare la ricca diversità stilistica dell’area. Una delle prime proposte sistematiche di classificazione si deve a Leslie Maynard, che nel 1977 suggerì uno schema tripartito: incisioni Panaramitee, figure semplici (Simple Figurative) e figure complesse (Complex Figurative), includendo anche le pitture del Kimberley. Negli anni successivi, l’interesse per l’antichità delle espressioni grafiche portò alla definizione di due importanti sequenze stilistiche relative, elaborate da Grahame Walsh nel 1994 e da David Welch nel 1990. Entrambe si basano su criteri come la sovrapposizione delle pitture, il grado di erosione, l’uso del colore e altri attributi iconografici.
Il nuovo stile, elaborato dai ricercatori Ana Paula Motta, Sven Ouzman, Peter Veth e dalla Balanggarra Aboriginal Corporation, si distingue per una serie di caratteristiche formali: animali raffigurati in profilo o prospettive distorte, privi di decorazioni complesse, con un contorno netto e uniforme. Le figure, talvolta lunghe fino a due metri, sono concentrate nei bacini dei fiumi Drysdale e King George, su pareti verticali di ripari rocciosi facilmente visibili. Gli studiosi sottolineano che l’assenza di rappresentazioni umane e la prevalenza di fauna naturalistica rendono lo stile profondamente distinto da quelli precedenti e successivi. Il confronto con lo stile Irregular Infill Animal Period (IIAP), risalente al Pleistocene terminale e caratterizzato anch’esso da soggetti faunistici, ha mostrato che le LNF presentano una resa più semplificata, un uso cromatico ridotto (tonalità monocrome rosse o aranciate) e una minor varietà di posture corporee. I macropodi, canguri, wallaby e specie affini, dominano la scena, e sono spesso resi in posizioni statiche, con tratti essenziali e proporzioni realistiche. L’analisi morfologica ha permesso di individuare undici tipologie corporee, cinque delle quali appaiono uniche per le LNF e non riscontrabili nei motivi IIAP.
Le sequenze di sovrapposizione, elemento chiave per stabilire la cronologia relativa delle pitture, hanno mostrato che le figure LNF si collocano sempre sopra i motivi Gwion (noti anche come Bradshaw), Static Polychrome e IIAP, ma sotto le figure Wanjina, attribuite a epoche più recenti e ancora attive nelle pratiche rituali aborigene. La posizione intermedia delle LNF suggerisce una datazione al Medio e Tardo Olocene, in un periodo di grandi trasformazioni ambientali: la stabilizzazione dei livelli marini, l’introduzione del dingo e l’aumento della diversità linguistica sono alcuni dei fattori che avrebbero contribuito a ridefinire le relazioni simboliche tra comunità, territorio e fauna.
La centralità del soggetto animale in questo stile, dopo secoli di prevalenza antropomorfa nei Gwion e Static Polychrome, viene interpretata dai ricercatori come un ritorno concettuale alla figura animale come mezzo di espressione identitaria e relazionale. Secondo gli studiosi, le LNF potrebbero riflettere un rinnovato attaccamento al sistema totemico, in cui esseri umani e non umani condividono origini comuni e legami spirituali. Se in passato lo stile IIAP aveva spesso funzionato come contenitore vago per tutte le rappresentazioni naturalistiche con infill parziale, oggi grazie all’individuazione dei tratti distintivi delle LNF è possibile riconoscere una fase autonoma, coerente e replicabile. L’uso selettivo delle linee, la limitazione volontaria dell’infill e la scomparsa di elementi antropomorfi segnalano dunque un’intenzione estetica e simbolica precisa, non riconducibile a varianti incomplete di stili preesistenti.
Parallelamente, confronti con l’arte rupestre dell’Arnhem Land e dell’Indonesia orientale, dove sono stati datati motivi figurativi fino a 51.000 anni fa, hanno mostrato che sebbene esistano somiglianze formali, ogni contesto culturale sviluppa codici propri. Gli studiosi avvertono che senza criteri stilistici chiari e ripetibili, il rischio di proiezioni fuorvianti o generalizzazioni eccessive resta alto. In questo senso, le LNF presentano un esempio utile per comprendere come stili apparentemente simili possano in realtà rispondere a esigenze sociali e rituali radicalmente differenti. Il nuovo stile si aggiunge a una già articolata sequenza di almeno otto macro-stili documentati nel Kimberley: dai più antichi cupule alle figure Gwion, fino all’arte di contatto post-coloniale. Le LNF si inseriscono in questo panorama come una fase autonoma, collocata tra le rappresentazioni antropomorfe riccamente decorate e l’iconografia spirituale dei Wanjina. La sua emersione conferma l’ipotesi secondo cui i sistemi grafici aborigeni rispondono a un’evoluzione dinamica ricorsiva e situata, in cui tradizione e innovazione coesistono in equilibrio. Secondo gli autori, le pitture LNF possono essere interpretate come una forma di comunicazione finalizzata a rafforzare i legami sociali, trasmettere conoscenze ecologiche e riaffermare l’appartenenza a un territorio in continuo mutamento. In questa chiave, l’arte rupestre sarebbe un dispositivo attivo di rinegoziazione del presente.