Rubens nelle Fiandre, i quattro grandi capolavori della Cattedrale di Anversa


Nella Cattedrale di Nostra Signora di Anversa sono custoditi quattro grandi capolavori di Pieter Paul Rubens, genio del barocco.

Quando il grande scrittore scozzese Walter Scott (Edimburgo, 1771 – Abbotsford House, 1832) visitò la città di Anversa, nel 1815, subito dopo la disfatta di Napoleone nella battaglia di Waterloo, trovò la Cattedrale di Nostra Signora ancora spoglia dei suoi capolavori. L’autore dell’Ivanohe lamentò, in particolare, l’assenza delle splendide opere di Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 - Anversa, 1640) che pochi anni prima erano state razziate dagli occupanti francesi e condotte a Parigi, ma al contempo confidava nelle capacità diplomatiche del re Guglielmo I d’Olanda per far tornare le opere alla loro sede: “egli ha ultimamente promesso di usare tutta la sua influenza per recuperare i quadri che sono stati tolti dalle diverse chiese dei Paesi Bassi, e specialmente da Bruxelles e da Anversa”. La speranza era ben riposta, perché già nel 1816 tutti i capolavori di Rubens della Cattedrale di Anversa avevano fatto ritorno. Da allora, le opere del grande artista fiammingo non si sono più mosse.

Sono quattro i grandi capolavori di Rubens che si trovano nella Onze-Lieve-Vrouwekathedraal di Anversa, e sono tutte di grande formato e di primaria importanza per inquadrare lo stile dell’artista: sono state infatti eseguite poco dopo il ritorno di Rubens dall’Italia, dove si era trattenuto fino al novembre del 1608 (quando dovette rientrare ad Anversa per assistere la madre malata, che tuttavia scomparve mentre il pittore era in viaggio), e sono dunque pregne di cultura italiana. Rubens era tornato nelle Fiandre, la sua terra d’origine, in un periodo decisamente prospero sotto il punto di vista economico: questo clima, ha sottolineato lo storico dell’arte fiammingo Frans Baudouin, favorì un notevole slancio artistico, dal momento che le gilde, ovvero le associazioni di artigiani e commercianti, ma anche gli aristocratici e i borghesi più facoltosi, vollero dar dimostrazione della propria ricchezza commissionando numerose opere d’arte agli artisti più in vista del momento. Rubens fu dunque oberato di lavoro, anche perché nel 1609 era stato nominato pittore di corte dall’arciduca Alberto d’Asburgo, principe dei Paesi Bassi meridionali: si trattava dunque di un momento particolarmente felice per la carriera dell’artista, impegnato tanto in realizzazioni profane quanto in dipinti a tema sacro. Riguardo a questi ultimi, Rubens si dimostrò molto sensibile alle sollecitazioni teologiche del suo tempo: le sue opere mirano al coinvolgimento diretto del fedele, o facendolo partecipare con intensità al dramma di Cristo (dei quattro dipinti che si trovano nella Cattedrale, due raffigurano momenti della Passione), oppure portandolo a meditare sui misteri della fede cristiana. La scelta stessa dei soggetti principali delle opere riflette i principî della Controriforma, dal momento che i dipinti, piuttosto che esser centrati sui santi patroni dei committenti (ai quali nelle composizioni spetta un ruolo subalterno: sono per esempio inclusi nelle predelle, oppure compaiono ai lati della scena più importante), insistono sui diversi momenti della vita di Gesù oppure, come nel caso dell’Assunzione della Vergine, l’ultimo dipinto realizzato per la Cattedrale di Anversa, offrono all’osservatore scene spettacolari che, complici anche le enormi dimensioni (fatta eccezione per il trittico della Resurrezione, si tratta di opere sempre sopra ai tre metri d’altezza), lo catturano e lo rendono partecipe di quanto si dipana di fronte a lui.

L'Innalzamento di Pieter Paul Rubens, una delle sue opere nella Cattedrale di Anversa
L’Innalzamento della Croce di Pieter Paul Rubens, una delle sue opere nella Cattedrale di Anversa

Come anticipato, sono quattro le opere di Pieter Paul Rubens conservate nella Cattedrale di Anversa: il trittico dell’Innalzamento della croce, realizzato tra il 1610 e il 1611 (si tratta dell’unico dei quattro dipinti che non fu originariamente eseguito per la Cattedrale), il trittico della Resurrezione, cui Rubens attese tra il 1611 e il 1612, il trittico della Deposizione (dipinto tra il 1611 e il 1614) e infine la pala dell’Assunzione della Vergine, che l’artista terminò nel 1626. L’opera più antica delle quattro, l’Innalzamento della croce, fu originariamente concepita per la chiesa di Santa Valpurga ad Anversa, oggi non più esistente: fu infatti demolita agl’inizi del diciottesimo secolo, e fu in quell’occasione che si decise di trasferire il capolavoro di Rubens nella principale chiesa del capoluogo delle Fiandre. L’opera gli fu allogata nel giugno del 1610 dai parrocchiani di Santa Valpurga, desiderosi di decorare il nuovo altare maggiore con un dipinto significativo. Pittore e committenti si ritrovarono dunque quell’estate in un’osteria, il Klein Zeeland, per la firma del contratto, che fruttò all’artista la somma di 2.600 fiorini (una cifra notevole, se si considera che Rubens riceveva, come base salariale per il suo ruolo di pittore di corte, cinquecento fiorini all’anno, oltre a percepire comunque pagamenti ulteriori per le singole opere): tra i parrocchiani figurava il ricco e potente mercante di spezie Cornelis van der Geest (Anversa, 1577 - 1638), che era amico di Rubens e che ebbe un ruolo determinante per orientare la scelta dei parrocchiani di Santa Valpurga sul nome dell’artista che avrebbe dovuto occuparsi dell’opera. E la scelta non poté rivelarsi migliore, perché Rubens eseguì un qualcosa che non s’era mai visto prima d’allora nelle Fiandre: un’opera innovativa, rivoluzionaria, “che rivela”, ha scritto lo storico dell’arte Charles Scribner, “le prime aspirazioni barocche di Rubens, cariche dello spirito del Tintoretto e di quello di Michelangelo, oltre che del modello ellenistico dell’eroe sofferente, il Laocoonte”.

Il trittico dell’Innalzamento della Croce è sicuramente la più potente ed energica delle opere di Rubens nella Cattedrale di Anversa: nella scena principale, sullo sfondo di un paesaggio di rocce coperte da rigogliose fronde d’alberi, un muscoloso Gesù è appena stato inchiodato alla croce e solleva preoccupato lo sguardo verso l’alto, mentre i suoi altrettanto nerboruti aguzzini (se ne contano addirittura otto, di tutte le età), sforzandosi a torso nudo o tutt’al più vestiti di semplici tuniche o, nel caso del soldato a sinistra, d’una corazza lucente, tirano le funi e sostengono il legno per sollevare la croce. È una sorta di vortice di corpi, muscoli e fatica, disposto attorno alla diagonale creata dalla croce e nel quale pare di esser presenti in prima persona, anche perché tutte le direttrici dell’opera convogliano lo sguardo dell’osservatore verso il Cristo, che viene guardato con sgomento anche dai personaggi che affollano il pannello sinistro. La Madonna, slanciata, dal volto cereo, è nella parte alta della composizione, assiste con un’espressione intrisa di profonda malinconia meditando interiormente sul proprio dolore, ed è accompagnata da san Giovanni che cerca di tranquillizzarla accarezzandole le mani, mentre la Maddalena è visibilmente affranta e costituisce il vertice d’una piramide di personaggi formata da madri coi bambini che spandono lacrime di fronte alla terribile scena. Nel pannello di destra vediamo invece due centurioni romani che sopraggiungono a cavallo e ordinano agli sgherri di sollevare la croce, mentre ne scorgiamo altri, in secondo piano, impegnati a inchiodare con brutale forza i due ladroni che di lì a breve subiranno la stessa sorte di Gesù (uno di loro sta per essere violentemente scagliato a terra: lo vediamo che con un ginocchio è costretto a colpire il volto di quello che è già steso). Rubens introduce in questo Innalzamento della croce alcuni accorgimenti tesi a coinvolgere direttamente l’osservatore: l’assenza della folla che tipicamente veniva inclusa in scene omologhe, la riduzione della profondità dello spazio per far sì che la scena risulti ancora più vicina a chi la guarda, l’accentuazione dei chiaroscuri per dare una maggior impressione di tridimensionalità (il carnefice in basso, che abbranca la croce all’estremità inferiore del braccio verticale, ha una spalla che sembra quasi uscire dal dipinto).

Si trattava di un’opera che ricopriva anche un’importante funzione simbolica, nelle Fiandre cattoliche: la presenza fisica di Gesù dietro l’altare maggiore della chiesa di Santa Valpurga serviva per ricordare al fedele la validità della transustanziazione, il dogma cattolico, negato dai protestanti e affermato con forza dalla Chiesa della Controriforma (anche attraverso la produzione di diversi dipinti in cui l’ostia consacrata era protagonista assoluta), secondo il quale la sostanza del pane e del vino vengono trasformate dal sacerdote nella vera sostanza del corpo e del sangue di Cristo. Per un fedele degl’inizi del Seicento, vedere una scena del genere alle spalle dell’officiante equivaleva a osservare la sostanziale presenza di Gesù nel pane e nel vino che gli venivano offerti al momento dell’eucaristia. E per impegnarsi al meglio nell’impresa di creare un’opera tanto forte, Rubens ricorse ai pittori italiani o alle statue classiche in grado d’offrirgli gli esempi più drammatici e carichi di pathos. La muscolarità dei corpi è evidentemente debitrice nei confronti delle figure della volta della Cappella Sistina dipinta da Michelangelo, il vivido colorismo palesa reminiscenze tizianesche, l’idea dei carnefici che tirano le funi e sostengono coi corpi la croce deriva dalla Crocifissione di san Pietro di Caravaggio, la torsione del busto di Gesù è identica a quella del celeberrimo gruppo del Laocoonte, e ancora la Crocifissione dipinta dal Tintoretto per la Scuola Grande di San Rocco, oltre ad aver fornito spunti per l’accesa tensione e per il luminismo dotato di carattere narrativo, ha anche offerto suggerimenti per certi dettagli come il centurione che arriva a cavallo, lo sgherro che sostiene la croce di Gesù con le braccia poste in diagonale, il ladrone ancora a terra mentre viene inchiodato alla croce. L’attenzione ai dettagli, tipica dell’arte fiamminga, si riscontra soprattutto sul verso dei due pannelli laterali, che si vedono quando il trittico è chiuso: nel pannello di sinistra troviamo sant’Amando e santa Valpurga, mentre in quello di destra sant’Eligio e santa Caterina d’Alessandria.

Pieter Paul Rubens, Innalzamento della Croce
Pieter Paul Rubens, Innalzamento della Croce (1610-1611; olio su tavola, pannello centrale 460 x 340 cm, pannelli laterali 460 x 150 cm; Anversa, Cattedrale di Nostra Signora)


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione di san Pietro di Caravaggio
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione di san Pietro di Caravaggio


Confronto tra il dipinto di Rubens e il Laocoonte
Confronto tra il dipinto di Rubens e il Laocoonte


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione del Tintoretto
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione del Tintoretto


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione del Tintoretto
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Crocifissione del Tintoretto

Dobbiamo immaginare che l’Innalzamento della croce avesse suscitato grande scalpore in città e avesse portato i più aggiornati committenti di Anversa a rendersi conto della travolgente portata del barocco di Rubens, se già nel 1611, quando ancora l’artista doveva terminare l’opera, gli giunsero altre due richieste. La prima che accolse fu quella della gentildonna Martina Plantin, vedova dello stampatore Jan Moretus: la donna desiderava ricordare e omaggiare il marito con un’opera da destinare alla seconda cappella della Cattedrale, dove Moretus (che peraltro era amico di Rubens) giaceva sepolto. Il tema scelto per quella che sarebbe diventata la prima opera eseguita da Rubens per la Cattedrale di Anversa era la Resurrezione di Cristo, soggetto iconografico particolarmente appropriato e diffuso per un defunto. Anche in questo caso si optò per il formato del trittico, con la scena principale al centro e, nei pannelli laterali, i santi Giovanni Battista e Martina, gli eponimi dei due coniugi, inseriti in un paesaggio simile a quello che troviamo sullo sfondo dello scomparto principale, ma comunque scollegato rispetto alla scena principale. I due santi vengono rappresentati coi loro tipici attributi iconografici: Giovanni Battista con la tunica di peli di cammello, con la quale si sarebbe coperto durante la sua peregrinazione di penitenza nel deserto, il fiume Giordano (allusione al battesimo di Gesù), e la spada, che rimanda invece al suo martirio. Martina è rappresentata di fronte al tempio di Apollo in rovina: la leggenda vuole infatti che l’edificio sia crollato mentre lei faceva il segno della croce. L’esterno dei pannelli invece presenta degli angeli in grisaille.

La Resurrezione mostra una scena che s’inserisce nel solco della più tipica tradizione iconografica sul tema. Cristo è raffigurato sulla destra, nell’atto d’uscire dal sepolcro, imperioso come un comandante d’un esercito, con lo sguardo rivolto verso l’alto, la gamba destra che avanza e la mano sinistra che sorregge il vessillo, segno di vittoria, che allude simbolicamente al suo trionfo sulla morte. La sua apparizione è accompagnata da una forte irradiazione luminosa che con i suoi raggi abbaglia fin quasi ad accecare i soldati incaricati di sorvegliare l’ingresso al sepolcro, e che di fronte all’uscita di Gesù dalla tomba si fanno schermo con le mani, dimostrandosi tuttavia stupiti e increduli per quello che sta accadendo davanti a loro: anche questo è un tipico motivo iconografico del tema della resurrezione. Ancora, come avveniva nei dipinti precedenti, Rubens ha isolato la figura di Cristo facendo sì che l’occhio di chi guarda si concentri su di lui, mentre i soldati sono disposti attorno, lungo la diagonale che parte dall’angolo in basso a destra (dove troviamo un cane, e un cane peraltro era presente anche nell’Innalzamento della croce) e che si spinge fin quasi nell’angolo in alto a sinistra. In questo dipinto, la posa del Cristo appare speculare rispetto a quella del Gesù che compare nella Resurrezione di Tiziano della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, e l’incedere somiglia a quello di un altro Cristo risorto del pittore cadorino, ovvero quello che compare nel Polittico Averoldi: si tratta di figure che probabilmente Rubens dovette aver presenti quando si trovò a lavorare sulla sua Resurrezione, opera che risulta terminata nell’aprile del 1612.

Pieter Paul Rubens, Resurrezione
Pieter Paul Rubens, Resurrezione (1611-1612; olio su tavola, pannello centrale 138 x 98 cm, pannelli laterali 136 x 40 cm; Anversa, Cattedrale di Nostra Signora)


Confronto tra il Cristo risorto di Rubens e quelli di Tiziano nella Resurrezione della Galleria Nazionale delle Marche (al centro) e del Polittico Averoldi (a destra)
Confronto tra il Cristo risorto di Rubens e quelli di Tiziano nella Resurrezione della Galleria Nazionale delle Marche (al centro) e del Polittico Averoldi (a destra)

Il secondo incarico che Rubens ricevette mentre era impegnato con la Resurrezione gli fu affidato dalla gilda degli archibugieri (in lingua locale Kolveniers), che chiese al pittore, per la propria cappella nella Cattedrale, un dipinto avente per tema la Deposizione, altra opera da condursi secondo il formato del trittico. Anche in questo caso, per l’ottenimento della commissione, furono determinanti le amicizie di Rubens: il presidente della gilda era infatti Nicolaas Rockox (Anversa, 1560 - 1640), già sindaco di Anversa, nonché amico del pittore. Il 7 settembre del 1611 le parti firmarono il contratto, e lo scomparto centrale era pronto già un anno dopo, mentre per i laterali, raffiguranti rispettivamente la Visitazione e la Presentazione al Tempio (in quest’ultimo da notare la presenza di Rockox, che volle farsi raffigurare inginocchiato di fronte ai protagonisti), i committenti dovettero aspettare fino al 1614. Patrono della gilda degli archibugieri era san Cristoforo, e il tema della Deposizione fu scelto proprio per evocare il nome del santo (che in greco letteralmente significa “colui che porta Cristo”), dal momento che i personaggi del dipinto, su tutti san Giovanni, che vediamo in basso a destra, di fatto “portano” il corpo di Cristo dalla croce verso la sepoltura. In sostanza, era come se il dipinto fosse composto da tanti “Cristofori” (il santo è comunque presente sull’esterno dei pannelli).

Anche per questa composizione, Rubens ha optato per le linee diagonali. Fulcro dell’impianto compositivo è il corpo di Cristo, disposto lungo l’asse diagonale, e la cui presenza viene “allungata” dal grande sudario bianco nel quale verrà avvolto a breve, prefigurazione della sua deposizione nel sepolcro. I personaggi che stanno calando il suo corpo dalla croce gli si dispongono attorno sulle scale a pioli appoggiate al braccio orizzontale dello strumento di tortura. Due sono appollaiati in alto (il personaggio a destra addirittura regge con i denti il sudario), un altro sta scendendo per i gradini, mentre san Giovanni, a piedi nudi e coperto da una semplice veste rosso vermiglio, sta reggendo Gesù per le gambe, e una biondissima e giovanissima Maddalena si appresta a prendergli i piedi. Di grande impatto emotivo è la figura della Madonna, ancora caratterizzata dal colorito cereo: la vediamo che protende, impaziente, le braccia in avanti per abbracciare il corpo esanime del figlio. La scena ha luogo in un paesaggio cupo, su cui pende la minaccia dei cumuli scuri che occupano tutto il cielo, eccezion fatta per una piccola porzione in lontananza dalla quale già filtra la luce del tramonto. Nell’angolo in basso a destra, vediamo un crudo brano di natura morta, con un bacile colmo del sangue di Cristo, la corona di spine, e il cartiglio recante la scritta “INRI”, in tre lingue (ebraico, greco e latino), aggiunto alla croce per schernire Gesù.

La Deposizione, malgrado segua l’Innalzamento della croce di appena un paio d’anni, è già un’opera che affronta il tema con un approccio diverso: non più la violenza convulsa dell’opera dipinta per la chiesa di Santa Valpurga, ma un dipinto più misurato, che tende a interiorizzare il dolore, date anche le espressioni composte dei personaggi (da notare gli occhi delle donne, gonfi, arrossati, lacrimanti, mesti, ma capaci d’esprimere un dolore tanto profondo quanto pacato). Il tutto senza comunque rinunciare all’impatto emotivo che l’opera dev’essere in grado di suscitare. Per giungere a questi effetti, Rubens guardò, ancora una volta, alle sue esperienze italiane. Principale modello di riferimento sembra essere la Deposizione di Federico Barocci, non soltanto per gli accorgimenti formali, a cominciare dalla posa del Cristo che è molto simile, ma anche per via dello stesso tentativo di rendere delicata la tragedia: se Barocci aveva raffigurato una scena particolarmente convulsa (la più movimentata in assoluto della sua produzione), ma l’aveva ammorbidita utilizzando un colorismo diafano e quasi etereo, Rubens, senza rinunciare alla vivacità che contraddistingueva la sua tavolozza, sottopone i movimenti dei personaggi a un maggior controllo e decide di tralasciare il dettaglio, presente invece in Barocci, dello svenimento della Vergine, per offrire al riguardante un’immagine della Madonna e delle pie donne altrettanto straziante, ma meno teatrale. Difficile poi non pensare alla Deposizione del Rosso Fiorentino, da cui Rubens mutua il particolare di Nicodemo aggrappato alla sommità della croce, col braccio piegato ad angolo retto, o quello del Giuseppe d’Arimatea che si sporge dalla scala sbracciando verso il corpo di Cristo: dettagli che il pittore fiammingo ricorda dipingendo i due personaggi appesi al braccio orizzontale della croce, che si trovano a un livello superiore rispetto a Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, che invece sostengono il sudario più in basso. Altro illustre precedente è la Deposizione del Cigoli oggi conservata a Firenze, a Palazzo Pitti: l’impianto sviluppato in verticale e certi dettagli (la postura del san Giovanni, il capo riverso sulla spalla di Gesù, la Maddalena in ginocchio, di schiena, ai piedi della croce in fremente attesa, o il personaggio che cala Gesù dall’alto) potrebbero far pensare che Rubens abbia avuto modo di vedere l’opera del pittore toscano. Nel caso, Rubens potrebbe aver guardato al Cigoli anche per il senso di chiarezza che l’opera, contrariamente a quanto avveniva in Barocci e in Rosso Fiorentino, emana.

Pieter Paul Rubens, Deposizione
Pieter Paul Rubens, Deposizione (1611-1614; olio su tavola, pannello centrale 421 x 311 cm, pannelli laterali 421 x 153 cm; Anversa, Cattedrale di Nostra Signora)


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione di Federico Barocci
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione di Federico Barocci


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione del Rosso Fiorentino
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione del Rosso Fiorentino


Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione del Cigoli
Confronto tra il dipinto di Rubens e la Deposizione del Cigoli

L’ultimo dipinto che Rubens realizzò per la Cattedrale di Anversa è la pala dell’Assunzione, le cui origini risalgono a una commissione che l’artista vinse in un concorso bandito nel 1611 superando il suo stesso maestro, Otto van Veen (Leida, 1556/1558 - Bruxelles, 1629), che presentò un bozzetto ma nulla poté contro l’estro e l’energia del suo ex allievo. Rubens realizzò una prima Assunzione che, per ragioni ancora sconosciute, non finì mai nella Cattedrale e fu invece destinata alla chiesa dei gesuiti di Anversa, mentre oggi è conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Nel 1618 Rubens presentò quindi un nuovo modello, quello per l’opera che poi avrebbe effettivamente preso posto sull’altare maggiore della Cattedrale. L’anno successivo il decano della cattedrale, Johannes del Rio, si accollò tutte le spese per realizzare l’opera, in cambio di un monumento all’interno della chiesa: tuttavia la realizzazione andò per le lunghe, il decano scomparve nel 1624 senz’aver visto l’opera completa, e Rubens decise solo l’anno dopo di portare a termine il suo dipinto, che fu installato sull’altare maggiore della Cattedrale nel 1626.

Tra le opere realizzate per la Cattedrale, l’Assunzione è di gran lunga la più imponente: è alta quasi cinque metri. La Vergine, patrona della Cattedrale di Anversa, viene portata in cielo da un nutrito gruppo di putti che sorreggono la sua nuvola, mentre nel registro inferiore della composizione gli apostoli guardano esterrefatti la scena (uno di loro, incredulo, addirittura si sporge per osservare meglio l’interno del sepolcro). Tutt’intorno, alcuni angeli completano il turbinio d’aria e nubi che contribuisce a rendere il dipinto un compiuto esempio della più spettacolare pittura barocca. Qui, il modello di riferimento di Rubens è il Tiziano dell’Assunzione della Basilica dei Frari a Venezia, da cui riprende l’idea di suddividere in due registri la composizione (uno dedicato alla Vergine, l’altro agli apostoli), oltre ad alcuni elementi come la posa della Madonna, quella di san Giovanni, il disporsi degli apostoli attorno al sarcofago, i putti che sorreggono le nuvole. Tuttavia anche le differenze sono diverse e sostanziali: se Tiziano aveva voluto separare nettamente la sfera celeste da quella terrena, creando una sorta di divisione con la nuvola collocata lungo tutto l’asse orizzontale della pala, Rubens, al contrario, confonde in continuazione i due piani, specialmente laddove gli angeli s’appoggiano alle rocce del paesaggio (che peraltro nell’opera del pittore fiammingo è presente: c’era invece soltanto cielo nel dipinto tizianesco). Si tratta dunque di un’opera calata entro i dibattiti teologici del tempo: non soltanto si afferma l’importanza della figura di Maria, che i protestanti avevano ridimensionato, ma, in accordo con i dettami della Controriforma, lascia trapelare con grande chiarezza il ruolo della Madonna come mediatrice tra il mondo terreno e quello divino. Infine, c’è chi ha voluto scorgere un dettaglio romantico nella donna vestita in rosso in secondo piano, dietro al sepolcro. Potrebbe infatti trattarsi di un ritratto della moglie di Pieter Paul Rubens, Isabella Brant, che era scomparsa a soli trentaquattro anni proprio nel 1626, mentre il pittore s’accingeva a terminare l’opera: e in tal modo aveva forse desiderato omaggiare la sua sposa.

Pieter Paul Rubens, Assunzione
Pieter Paul Rubens, Assunzione (1618-1626; olio su tavola, 490 x 325 cm; Anversa, Cattedrale di Nostra Signora)


Confronto tra il dipinto di Rubens e l'Assunzione dei Frari di Tiziano
Confronto tra il dipinto di Rubens e l’Assunzione dei Frari di Tiziano

Pochi luoghi al mondo come la Cattedrale di Anversa vantano una così cospicua e significativa presenza di lavori eseguiti da un unico grande artista che ha siglato alcune tra le pagine più importanti della storia dell’arte di tutti i tempi. Percorrere le sue navate è dunque un modo per conoscere il grande genio fiammingo: oggi chi compie una visita alla chiesa intraprende, allo stesso tempo, un viaggio lungo quindici anni nella carriera del pittore barocco per eccellenza, scoprendone il vigore, le novità, le particolarità, le abilità tecniche, le fonti iconografiche. Un viaggio che ha affascinato viaggiatori d’ogni epoca, molti dei quali hanno riempito pagine sui capolavori di Rubens o hanno affidato ai loro biografi il racconto delle loro emozioni: da Alexandre Dumas allo stesso Walter Scott di cui s’è fatto cenno all’inizio, da Harriet Beecher Stowe a Eugène Delacroix. E che oggi non smette di esercitare lo stesso fascino.

Bibliografia di riferimento

  • Joost van der Auwera, Sabine van Sprang (a cura di), Rubens, l’atelier du génie. Autour des oeuvres du maître aux Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, catalogo della mostra (Bruxelles, Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, dal 14 settembre 2007 al 27 gennaio 2008), Uitgeverij Lannoo, 2007
  • Arnauld Brejon de Lavergnée (a cura di), Rubens, catalogo della mostra (Lille, Palais des Beaux-Arts, dal 6 marzo al 14 giugno 2004), RMN, 2004
  • Jay Richard Judson, Rubens: the passion of Christ, Brepols Publishers, 2000
  • Simon Schama, Gli occhi di Rembrandt, Mondadori, 2000
  • Irene Smets, The Cathedral of Our Lady in Antwerp, Ludion Editions, 1999
  • Caterina Limentani Virdis, Francesca Bottacin, Rubens dall’Italia all’Europa, Atti del convegno internazionale di studi (Padova, dal 24 al 27 maggio 1990), Neri Pozza, 1990
  • Charles Scribner, Rubens, Harry N. Abrams, 1989
  • Frans Baudouin, Rubens in Antwerp, Harry N. Abrams, 1977


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

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