La recente comunicazione del Ministero della Cultura riguardo a 2.700 nuove assunzioni, con 550 unità da immettere in organico entro la fine dell’anno, ha generato non poche perplessità tra gli addetti ai lavori. Se da un lato il Ministero ha diffuso i numeri complessivi e ha già indicato i profili che saranno messi a concorso in autunno, dall’altro resta ancora un’incognita la destinazione dei 251 funzionari la cui assunzione è stata autorizzata dal DPCM del 7 agosto 2025 e che, secondo le norme, dovranno essere reclutati entro il 31 dicembre. A chiedere chiarezza è il CISDA, Comitato Idonei Storici dell’Arte, che in una lettera aperta al Ministero denuncia una situazione che rischia di escludere proprio quella categoria che rappresenta l’unica graduatoria ancora valida all’interno dell’amministrazione, relativa all’ultimo concorso del Ministero, il concorso MiC 518, in scadenza nel maggio 2026.
Il comitato, che riunisce i 251 idonei ancora in attesa di assunzione, sottolinea come negli ultimi mesi le risposte arrivate dai dirigenti del Ministero siano state univoche: le piante organiche risulterebbero sature. Tuttavia, come ricorda il CISDA, tali dotazioni risalgono al novembre 2022, periodo precedente alla pubblicazione del concorso. Nel frattempo sono intervenuti pensionamenti, mobilità, scorrimenti di altre graduatorie e, soprattutto, una riforma profonda introdotta con il DPCM 57/2024, che ha cambiato l’assetto del dicastero istituendo quattro nuovi dipartimenti, due nuove direzioni generali e ventitré musei autonomi di seconda fascia, oltre a riformare gli Uffici Esportazione.
Per comprendere meglio l’attuale stato del personale, il CISDA ha condotto una ricognizione dei funzionari storici dell’arte in servizio, evidenziando un “panorama desolante: “i numeri”, si legge nella lettera aperta, “sono impietosi e si coglie immediatamente quanto la figura professionale dello Storico dell’arte sia ormai sempre più marginale nella politica del MiC”. Nelle direzioni generali, che costituiscono il fulcro dell’attività amministrativa, erano previsti, nel 2022, 35 funzionari, ma oggi, secondo i rilevamenti del CISDA, ne risultano attivi soltanto 15, con una scopertura di 20 unità. Ancora più critica appare la situazione delle Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (Sabap) che avrebbero dovuto contare 162 funzionari e ne registrano 137, con una distribuzione geografica squilibrata e un deficit particolarmente marcato nel Mezzogiorno. “Da una rapida analisi”, si legge nella missiva, “osserviamo come il Sud del Paese registri una gravissima carenza di personale. In Calabria abbiamo 4 Funzionari Storici dell’arte, distribuiti su tre Sabap territoriali; la Puglia ne conta 5 a coprire le sue quattro sedi, con a carico un Ufficio Esportazioni, tutti colleghi assunti con il concorso in oggetto per sopperire a una gravissima carenza di personale, tale da non permettere nemmeno un adeguato passaggio di consegne tra i vecchi e i nuovi assunti. Al Centro la situazione non migliora, anche in considerazione delle criticità legate ai recenti sismi: l’Abruzzo, che vedeva assegnati da piante organiche del 2022, 10 Storici dell’arte, ne ha in organico solamente 5; nelle Marche, nonostante la previsione irrisoria di 4, ne sono in servizio solo 2, entrambi assunti con questo concorso, impegnati su due Sabap, con il carico aggiunto di un Ufficio Esportazioni in piena riforma. In Molise ne sono in servizio solo 2 su tutta la regione, compresa la Direzione Regionale Musei che ne è sprovvista; 3 in Umbria con 92 comuni e un Ufficio Esportazioni anch’esso in riforma. La Sardegna, una delle regioni più estese, ha invece in organico 4 funzionari, per due Sabap territoriali, di questi 1 solo copre tutto il centro nord dell’isola, con la presenza di un Ufficio Esportazione a Sassari. Al Nord, mancano all’appello 11 Storici dell’arte rispetto alla previsione della pianta organica del 2022. Una mancanza che colpisce in particolare il Piemonte, dove degli 11 Funzionari Storici dell’arte previsti sono in servizio soltanto 7 a coprire quattro Sabap”.
Il problema non riguarda solo la quantità, ma anche la qualità delle funzioni che gli storici dell’arte devono garantire. Sono infatti figure centrali per i procedimenti di tutela, dalla verifica e dichiarazione di interesse culturale alla catalogazione, dalla gestione dei vincoli alle autorizzazioni per gli interventi su beni vincolati, fino al controllo della circolazione internazionale delle opere attraverso gli uffici esportazione. Quest’ultimo settore, in particolare, appare oggi in difficoltà per carenza di personale e aumento del carico di lavoro, nonostante la recente riduzione dell’Iva sulle vendite di opere d’arte avesse come obiettivo il rilancio del mercato. Gli uffici esportazione, ricorda il CISDA, “svolgono numerose attività, tra cui le principali sono: autorizzazione all’esportazione, valutazione tecnico-scientifica, verifica dei progetti espositivi, collaborazione con altri organi –, coordinarsi con dogane, Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, Soprintendenze territoriali e altre istituzioni. Attualmente in Italia gli Uffici Esportazione sono quindici: Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Perugia, Roma, Sassari, Venezia, Verona, Torino, Trieste; la norma stabilisce che la commissione deve essere formata da Funzionari scientifici e tecnici, dunque Funzionari Storici dell’arte e in casi specifici Archeologici, mentre la direzione della commissione è prerogativa dello Storico dell’arte. La riforma in attuazione ha inoltre stabilito che gli Uffici Esportazione di Trieste, Perugia, Ancona, Bari e Sassari, fino a ora preposti alle pratiche inerenti all’arte contemporanea AAC, D50 e dunque privi di Commissione, dovranno a breve occuparsi di tutti i procedimenti afferenti a questo Ufficio, trovandosi di fatto senza personale. A tal proposito segnaliamo l’attuale inidoneità del personale responsabile di alcuni di questi Uffici, a confermare ancora una volta la mancanza di personale idoneo – Funzionari Storici dell’arte”.
A preoccupare il CISDA è anche la condizione dei musei statali. La riforma del 2024 ha portato addirittura a 67 gli istituti e parchi archeologici autonomi, richiedendo nuovo personale tecnico-scientifico. Eppure la dotazione di storici dell’arte resta insufficiente. Nei principali musei dirigenziali la presenza di funzionari raramente supera le cinque o sei unità. A fronte di questa scarsità, l’esempio ritenuto positivo delle Gallerie degli Uffizi, con 10 storici dell’arte, dimostra uno standard virtuoso ma comunque lontano dai modelli internazionali, con la Gemäldegalerie di Berlino citata a esempio di riferimento con 16 unità tra curatori, conservatori e ricercatori. Nei musei italiani la situazione è ben diversa: a Capodimonte ci sono i organico 5 funzionari storici dell’arte, alla Galleria Borghese 5, alla GNAM di Roma, 5 di cui 1 comandato da molti anni presso un’altra istituzione, alla Pinacoteca di Brera 5, alle Gallerie dell’Accademia di Venezia 6, al ViVe 2. “Nel conteggio”, specifica il CISDA, “ci sono sia unità entrate con l’immissione in oggetto, ma ci sono anche unità ormai alla soglia dell’età pensionabile, che in alcuni casi rimandano il giusto momento del riposo per non depauperare ulteriormente il personale dell’istituzione museale nella quale sono in carico”.
Secondo il comitato, la carenza di personale mette a rischio l’efficienza dell’amministrazione e la stessa tutela del patrimonio, aggravando i ritardi nei procedimenti e alimentando la sfiducia dell’opinione pubblica. Da qui la richiesta al Ministero di rendere note al più presto le professionalità cui saranno destinate le nuove assunzioni autorizzate dal DPCM di agosto e di procedere con lo scorrimento della graduatoria ancora attiva. “La graduatoria di 251 idonei Storici dell’arte (concorso MiC 518) è la risposta più immediata a quanto drammaticamente messo in luce dalla sopradetta analisi”, sostiene il CISDA. “Vogliamo ribadire in questa sede, con forza e con dignità, la nostra formazione e la nostra competenza ricordando, inoltre, come molti di noi già lavorino da precari all’interno del MiC. Un cortocircuito paradossale ben testimoniato dai tanti e differenti contratti in essere stipulati tra noi e il Ministero”.
Infine, il CISDA ritiene necessaria “la revisione della pianta organica per la figura dello Storico dell’arte con l’obiettivo di rendere più competitiva e performante l’azione della Pubblica Amministrazione, portando a compimento i Procedimenti Amministrativi nei tempi previsti dalla legge, ma anche e soprattutto con l’obiettivo di tutelare, valorizzare e far fruire, al pieno del suo potenziale, il Patrimonio Culturale italiano”.
“È arrivato il momento”, conclude il comitato, “di cambiare rotta e di far tornare la disciplina della Storia dell’arte al centro delle politiche di questo Ministero. Un investimento certo, che parla di futuro, che coinvolgerebbe professionisti dall’alto livello di formazione in grado di far tornare il nostro Paese a essere un punto di riferimento per la ricerca nel settore dei Beni Culturali, promuovendone lo sviluppo e la conoscenza”.
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