“Amo il mare perché nato in una città di mare”. Il mare nella pittura di Giovanni Fattori


Il mare è uno degli elementi ricorrenti nell'arte di Giovanni Fattori, e osservando i dipinti sul tema marittimo è possibile ripercorrere tutta la sua carriera.

Quando a Firenze, nel 1925, venne organizzata la grande Mostra fattoriana per celebrare il centenario della nascita di Giovanni Fattori (Livorno, 1825 – Firenze, 1908), spettò alla critica Margherita Sarfatti (Venezia, 1880 – Cavallasca, 1961), figura di spicco dell’arte italiana nel primo Novecento, il compito di recensirla per Il Popolo d’Italia. Tra i passaggi salienti di quella recensione, occorre sicuramente sottolineare il confronto tra Fattori e Claude Monet sul tema del mare. In particolare, Margherita Sarfatti s’era concentrata sul Riposo in Maremma di Fattori, allora conservato nella collezione del pittore Giovanni Malesci (Vicchio, 1884 - Milano, 1969), e così ne parlava: “quella nota di mare nel sole, tutto movimento, mentre la terra è brulla e immota, è un capolavoro di stile italiano, poiché non è il mare di Claude Monet, con tutti gli analitici particolari del suo movimento, secondo l’ora, la stagione, il tempo. È il mare: riassunto nei caratteri atipici definitivi”. Certo: è necessario spogliare il brano appena riportato di tutta quella retorica, tipica del periodo, che intende implicitamente proiettare l’arte di Fattori in un’ottica di presunta superiorità nei confronti di quella di Monet, ma è interessante il fatto che proprio l’elemento del mare costituisca il terreno su cui Sarfatti avanza il suo paragone. Il mare è, infatti, uno dei motivi più ricorrenti nell’arte di Giovanni Fattori. E l’artista livornese ne era pienamente consapevole: nei suoi Scritti autobiografici, il pittore si definiva un “osservatore minuzioso del mare, in tutte le sue fasi, ché amo il mare perché nato in città di mare”.

Per Fattori e colleghi non era inusuale recarsi con tele, tavolozze e pennelli in riva al mare, per sedersi sugli scogli o sulla spiaggia e cominciare a dipingere, a catturare con i colori la luce calda del Tirreno e della costa toscana, in giornate di sole, o di tempo variabile, e talvolta anche col cielo coperto. Nel 1866, un Giovanni Fattori quarantunenne si recò al mare con un altro grande macchiaiolo, Silvestro Lega (Modigliana, 1826 - Firenze, 1895), e immortalò l’amico e collega mentre questi era impegnato a dipingere proprio sugli scogli. Conservato in una collezione privata, ma talvolta esposto in occasione di mostre temporanee, e un tempo appartenuto anch’esso al succitato Giovanni Malesci, il quadretto, un piccolo olio su tavola, è emblematico del rapporto tra Giovanni Fattori e il mare, per diverse ragioni. Intanto, perché evocativo d’un periodo importante della storia del movimento macchiaiolo, quello dei soggiorni a Castiglioncello, amena località costiera nei pressi di Livorno. Lì, il critico Diego Martelli (Firenze, 1839 - 1896) aveva ereditato una proprietà, e dal 1862 aveva cominciato a invitare nella sua tenuta diversi esponenti del movimento, da Giuseppe Abbati (Napoli, 1836 - Firenze, 1868), che risiedette anche nella tenuta di Martelli, a Raffaello Sernesi (Firenze, 1838 - Bolzano, 1866), a Odoardo Borrani (Pisa, 1833 - Firenze, 1905). I macchiaioli, soggiornando per lunghi periodi a Castiglioncello, ebbero la possibilità di studiare in maniera continuativa gli effetti delle diverse intensità della luce sul paesaggio, e scelsero di produrre opere di piccolo formato (come la tavoletta di Fattori che ritrae Lega) in quanto da un lato più adatte a catturare rapidamente un momento della giornata (benché le opere venissero sempre terminate in studio), dall’altro perché meglio rispondenti a uno stile che voleva essere essenziale. Lo stesso Fattori fu ospite di Martelli a Castiglioncello nel 1867, e in quell’occasione ritrasse l’amico mentre riposava su di una sdraio, nel mezzo di un’idilliaca pineta, con il mare sullo sfondo. E scelse sempre una tavola di piccolo formato.

Il ritratto di Silvestro Lega (ma si potrebbe dire lo stesso anche di quello di Diego Martelli) dà inoltre conto di uno dei momenti artisticamente più felici e prolifici della carriera di Fattori che al contrario, a livello personale, stava vivendo il dramma della malattia della moglie Settimia, poi scomparsa nel 1867: probabilmente l’arte rappresentò un tenace momento di rivalsa rispetto alle tragiche vicende familiari che lo avevano pesantemente provato. A quel tempo, il giovane livornese s’era già rivelato come un artista straordinariamente ricettivo che, sul finire degli anni Sessanta, a contatto con i pittori di quella che sarebbe poi passata alla storia dell’arte come la “Scuola di Castiglioncello”, ebbe modo di trarre spunti importanti per la sua pittura. Contatti che, tuttavia, Fattori ebbe modo d’avviare ben prima di prendere a frequentare il borgo rivierasco: per esempio, risale già ai primi anni Sessanta la sua amicizia con Giuseppe Abbati. Nel 1862 quest’ultimo espose alla Promotrice Fiorentina un Motivo presso Castiglioncello, oggi noto anche come Marina a Castiglioncello (anch’esso custodito in una collezione privata): raffigura una spiaggia nei pressi della cittadina con, sullo sfondo, la casa di Diego Martelli, isolata sopra un promontorio. È un dipinto rappresentativo anche del temperamento vagamente malinconico di Abbati, con la luce calda e rossastra, tipica delle giornate in cui soffiano i venti caldi, che ammanta tutto il placido paesaggio marittimo e che si rende testimone delle ricerche del pittore napoletano sugli effetti luministici che coinvolgono gli elementi naturali. Questo dipinto ebbe un’eco significativa su Fattori, che all’incirca nello stesso periodo dipinse un Arno alle Cascine (un motivo piuttosto frequente nella sua arte in quel periodo) che ha molti tratti in comune con l’opera di Abbati: l’atmosfera calma e quasi solenne, la veduta orizzontale tagliata in obliquo dalle diagonali (create dal fiume e dalle rive in Fattori, dal mare e dalla spiaggia in Abbati) che dànno vita a masse quasi uniformi, la gamma cromatica scarna e terrosa.

Giovanni Fattori, Autoritratto (1866; olio su tela, 59 x 47 cm; Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)
Giovanni Fattori, Autoritratto (1866; olio su tela, 59 x 47 cm; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti)


Giovanni Fattori, Riposo in Maremma (1875 circa; olio su tela, 35 x 72,5 cm; Collezione privata)
Giovanni Fattori, Riposo in Maremma (1875 circa; olio su tela, 35 x 72,5 cm; Collezione privata)


Giovanni Fattori, Silvestro Lega dipinge sugli scogli (1866; olio su tavola, 12,5 x 28 cm; Collezione privata)
Giovanni Fattori, Silvestro Lega dipinge sugli scogli (1866; olio su tavola, 12,5 x 28 cm; Collezione privata)


Giovanni Fattori, Diego Martelli a Castiglioncello (1867 circa; olio su tavola, 13 x 20 cm; Collezione privata)
Giovanni Fattori, Diego Martelli a Castiglioncello (1867 circa; olio su tavola, 13 x 20 cm; Collezione privata)


Giuseppe Abbati, Marina a Castiglioncello (1862-1863 circa; olio su tela, 50 x 70 cm; Firenze, Collezione Siceoli-Orsi Bertolini)
Giuseppe Abbati, Marina a Castiglioncello (1862-1863 circa; olio su tela, 50 x 70 cm; Firenze, Collezione Siceoli-Orsi Bertolini)


Giovanni Fattori, Arno alle Cascine (1862-1863 circa; olio su tavola, 6 x 33 cm; Collezione privata)
Giovanni Fattori, Arno alle Cascine (1862-1863 circa; olio su tavola, 6 x 33 cm; Collezione privata)

L’apice di quel momento così fecondo e creativo è rappresentato da uno dei più celebri dipinti della sua produzione, la Rotonda dei bagni Palmieri, realizzato nel 1866. Con questo dipinto e con quelli immediatamente successivi (tra i quali rientrano i ritratti di Lega e Martelli), ha scritto lo storico dell’arte Dario Durbè, “subentra nella produzione del pittore una vena nuova: tanto gioiosa, serena, scattante, quanto nel periodo immediatamente precedente avevano dominato il raccoglimento, la severità e la soave malinconia”. La Rotonda è un dipinto che immortala un momento di vita quotidiana della Livorno borghese post-unitaria, con un gruppo di signore che si ritrovano sulla rotonda dello stabilmento balneare Palmieri, sulla costa labronica, per due chiacchiere in riva al mare, sotto una grande tenda che fa ombra. Signore tutte vestite, ma non è un dettaglio significativo per dedurre la stagione: infatti anche in piena estate, all’epoca, si andava al mare abbigliati di tutto punto, dal momento che spogliarsi era considerato disdicevole. La Rotonda è considerata anche uno dei più importanti dipinti della pittura di macchia: la composizione è scandita da un orizzonte terso che divide la composizione sostanzialmente in quattro parti, rappresentate dalla tenda, dal profilo della costa, dal mare e dalla rotonda stessa, sulla quale prendono posto le signore, le cui figure, al pari del paesaggio, sono costruite con macchie di colore puro, che rispondono all’esigenza di catturare una veduta da lontano, che impedisce al riguardante di cogliere i dettagli della fisionomia delle donne: al più, se ne riconoscono le silhouette, capaci comunque d’essere fortemente espressive (osservandole, ci par quasi di sentire il loro chiacchiericcio mescolato allo sciabordio della risacca).

Lo stesso Durbè ipotizza che la svolta di Fattori verso una pittura più vivace, serena e innovativa originasse dal “contatto con il clima mondano dei bagni, prodottosi non sappiamo bene per quale precisa concomitanza di cose”: un contatto che “giunse ad operare nella sua psiche una fortunata trasmutazione, e a generare in lui una inconsueta disposizione dell’animo, dove senza che si attenui punto l’intensità di visione degli anni precedenti, tutto è avvertito con una sorta di palpitazione gioisa, della quale fino a questo momento non è dato avvertire il segno, se non forse, ma non con altrettanta ricchezza di motivi, nei primi esperimenti di «macchia» del ‘59”. La città natale di Fattori, del resto, era diventata proprio in quegli anni intenso luogo d’incontro e vita mondana, tanto da attirare anche un giovanissimo Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 - Parigi, 1931), allora poco più che ventenne, ma già forte d’una ben avviata attività da ritrattista e impegnatosi, nel suo soggiorno toscano, in alcune interessanti vedute, che probabilmente Fattori conobbe. E fu forse la vicinanza con un ambiente così vivo (malgrado Fattori avesse un carattere molto introverso e per giunta reso ancor più chiuso dalle vicissitudini personali) ad avere effetti benefici sull’arte del livornese che, in effetti, dal 1866 in poi, conobbe una stagione particolarmente intensa. Il ritratto di Silvestro Lega, come detto, esemplifica questa nuova pittura, votata alla semplicità, al nitore, all’immediatezza: l’amico è ritratto seduto su di uno scoglio, chissà quanto comodo, mentre poggia il supporto sul ginocchio e, riparato da un piccolo ombrellone che lo salva dalla calura (dato che non s’è neppure tolto la giacca e il cappello), dipinge concentrato. La luce avvolgente fa risaltare la ruvidezza degli scogli e colora il mare di svariate tonalità d’azzurro, mentre sottili velature oblique riescono quasi a suggerire l’idea della brezza che alita sulla costa.

Il mare, all’epoca, rappresenta probabilmente il motivo più ricorrente nella produzione di Giovanni Fattori, che con vedute marine, lunghe scogliere, raffigurazioni di barche che solcano il Tirreno, ritratti di bagnanti colti da lontano come nella Rotonda dei bagni Palmieri, in questi anni riempì diversi fogli: si sono conservati taccuini di disegni che indicano chiaramente come la produzione di Fattori, in questi anni, fosse fortemente votata alla rappresentazione del mare. Osservare questi disegni è quasi come seguire Giovanni Fattori in un’estate al mare, nelle sue passeggiate lungo alla costa alla ricerca d’un motivo ispiratore. Sono idee che poi sfociano anche in opere compiute, come nel caso della Punta del Romito, opera databile al 1866, dove la distesa del mare calmo, sul quale si stagliano le verdeggianti colline della costa dopo Livorno, è interrotta solo dal biancicare d’una vela che solca le acque. È, peraltro, la stessa visuale che s’apprezza dalla Rotonda dei bagni Palmieri. Il pittore ha cambiato soltanto la sua posizione in modo da non aver davanti a sé l’ingombro della rotonda.

Giovanni Fattori, La rotonda dei bagni Palmieri (1866; olio su tavola, 12 x 35 cm; Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)
Giovanni Fattori, La rotonda dei bagni Palmieri (1866; olio su tavola, 12 x 35 cm; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti)


Giovanni Fattori, Scogli (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,6 cm; Firenze, Collezione privata)
Giovanni Fattori, Scogli (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,6 cm; Firenze, Collezione privata)


Giovanni Fattori, Barche a vela (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,8 cm; Firenze, Collezione privata)
Giovanni Fattori, Barche a vela (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,8 cm; Firenze, Collezione privata)


Giovanni Fattori, La punta del Romito (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,6 cm; Firenze, Collezione privata)
Giovanni Fattori, La punta del Romito (1866; matita su carta avorio, 15,3 x 8,6 cm; Firenze, Collezione privata)


Giovanni Fattori, La punta del Romito (1866; olio su tela fissato su cartone, 18 x 55 cm; Collezione privata)
Giovanni Fattori, La punta del Romito (1866; olio su tela fissato su cartone, 18 x 55 cm; Collezione privata)

Benché gli anni Sessanta fossero uno dei momenti nei quali il mare tornò con maggior frequenza nell’arte di Fattori, il suo rapporto col tema marittimo punteggiò tutta la sua carriera marcandone le varie fasi. Anzi: proprio osservando i dipinti che hanno il mare per protagonista è possibile tracciare una storia delle modificazioni cui andò incontro la pittura di Giovanni Fattori. Se gli anni Settanta furono il decennio dei grandi successi internazionali, il decennio successivo s’aprì all’insegna dell’instabilità (economica, anzitutto) e l’arte di Fattori prese a perdere quell’aura di gioiosa poesia che l’aveva contraddistinta dopo la metà della settima decade dell’Ottocento, e cominciò viceversa a indagare gli aspetti più crudi e talora anche più drammatici della realtà. Tra i capolavori forse più adatti a descrivere questa svolta figura La libecciata, oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze: opera dal taglio orizzontale e costruita sulle linee orizzontali (si tratterà d’una costante, a partire dagli anni Ottanta), ci presenta un paesaggio marittimo, presumibilmente maremmano (Fattori si recò spesso in Maremma al tempo) scosso da una bufera: le tamerici sulla sinistra vengono violentemente piegate, il mare è increspato, gli arbusti si muovono, piccoli tocchi di colore distribuiti in obliquo sul terreno suggeriscono l’idea del vento che solleva la sabbia sulla riva. L’afflato emotivo che anima quest’opera, e che l’opera stessa riesce a suscitare, fu riconosciuto anche dai suoi contemporanei. In una relazione della commissione, formata da Ugo Ojetti, Angelo Orvieto e Domenico Trentacoste, che il Comune di Firenze riunì con l’intento di supportarlo nell’acquisto di diverse opere di Giovanni Fattori da Giovanni Malesci, leggiamo infatti che La libecciata è un paesaggio “dove anche con semplicissimi ma precisi mezzi, senza figure”, l’artista “ha dato a una breve linea di paese la stessa forza d’espressione che a un volto umano”: l’opera fu poi acquistata, assieme a un suo studio su tavola.

È una pittura che introduce verso le ricerche estreme di Giovanni Fattori, nelle quali sembrano quasi farsi largo quelle lunghe e sentite meditazioni sugli stati d’animo che connotarono gran parte della pittura di fine Ottocento. Nell’ultimo ventennio della sua attività, Giovanni Fattori si volge con certo insistente interesse a un’indagine sulla figura umana nel paesaggio. In Sulla Spiaggia, ad esempio, la nostra attenzione non è attratta tanto dalla barca che occupa metà dela composizione, o dai due pescatori che riposano senza preoccuparsi di trovare l’ombra dato che il cielo plumbeo fa già da schermo al sole, e magari neppure dal mare piatto: semmai, siamo portati a focalizzarci sul marinaio che s’avvia lento verso il mare, solitario, di spalle, contraddistinto dalle stesse cromie terrose del paesaggio, quasi che il colore diventi un mezzo per fondere assieme uomo e natura, in un dipinto che Raffaele de Grada definì “una delle opere più courbettiane di Fattori”. Queste sollecitudini divengono tanto più pressanti in uno degli ultimi capolavori, il Tramonto sul mare (noto anche come Tempesta sul mare), realizzato probabilmente a cavallo tra i due secoli. Sotto un cielo reso rossastro dal sole al tramonto, davanti a un mare restituito con tonalità brumose, un uomo di spalle contempla l’infinito davanti a lui. È un dipinto che rende bene quell’immagine dello “stato d’animo del pittore espresso attraverso le cose” di cui parlò Anna Maria Francini Ciaranfi nel 1944, è la “solitudine sconsolata di un tramonto vista dal vecchio artista con accorato cuore”, è un’opera che si fa carico di trasmettere all’osservatore la commozione del pittore di fronte al paesaggio, è un capolavoro di lirico sintentismo che dona una sorta d’alone elegiaco alla veduta ammantandola di toni malinconici e di riflessioni esistenziali. È una fase totalmente nuova nell’arte di Giovanni Fattori, una fase in cui le “perfettissime opere” che caratterizzarono la sua produzione fino agli anni Settanta appaiono superate, ha scritto Raffaele Monti, “in queste tele spesso aride come sabbia, in queste immagini involute, abrupte o contratte violentemente”, dove è il sentimento più puro a infondere ancora una straordinaria energia creativa all’ormai settantenne pittore toscano.

Giovanni Fattori, La libecciata (1880-1885 circa; olio su tavola, 28,5 x 68 cm; Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)
Giovanni Fattori, La libecciata (1880-1885 circa; olio su tavola, 28,5 x 68 cm; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti)


Giovanni Fattori, Studio per La libecciata (1880-1885 circa; olio su tavola, 19,2 x 32,2 cm; Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)
Giovanni Fattori, Studio per La libecciata (1880-1885 circa; olio su tavola, 19,2 x 32,2 cm; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti)


Giovanni Fattori, Sulla spiaggia (1893; olio su tela, 69 x 100 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori)
Giovanni Fattori, Sulla spiaggia (1893; olio su tela, 69 x 100 cm; Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori)


Giovanni Fattori, Tramonto sul mare (1895-1900 circa; olio su tavola, 19,1 x 32,2 cm; Firenze, Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti)
Giovanni Fattori, Tramonto sul mare (1895-1900 circa; olio su tavola, 19,1 x 32,2 cm; Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti)

E osservando questi dipinti ci pare di vederlo, Giovanni Fattori, mentre passeggia sul mare soffermandosi di tanto in tanto a pensare al suo passato, a mettere ordine tra i ricordi, a far tornare alla mente una giornata passata a dipingere davanti alle onde, in compagnia dei suoi affetti più cari. Il vecchio artista non avrebbe abbandonato l’abitudine di concedersi un poco di riposo davanti al mare di Livorno: e quando lo faceva, era come assalito da una sorta di carezzevole malinconia che lo faceva sentire come sollevato. Non si tratta di mere congetture: grazie ai carteggi dell’artista, possiamo ricostruire in maniera fedele e piuttosto profonda la sua disposizione d’animo negli ultimi anni della sua vita, entriamo nell’intimo delle sue abitudini private, abbiamo considerevoli elementi aggiuntivi per comprendere le ragioni per le quali nella fase estrema della sua carriera abbondino figure di vecchi solitari in contemplazione di qualcosa, che s’avviano mesti verso un orizzonte, che vivono nel loro triste silenzio una dimensione di commossa inquietudine.

Quando Fattori non affidava le proprie sensazioni a forme e colori, era la penna a fargli da compagna: e sulle lettere che inviava agli amici riversava i suoi pensieri, con una prosa semplice, immediata, marcata da accenti di profonda tenerezza e da sincere dimostrazioni d’affetto. Sarà dunque interessante riportare qui, per intero, una lettera che Giovanni Fattori inviò nell’estate del 1904 a un’amica di famiglia, Elisa Ciacchi, e che è alquanto esemplificativa del suo temperamento, del modo in cui scriveva e in cui si rivolgeva ai suoi cari, degli stati d’animo che provava in quegli anni. Ed eccolo quindi, Giovanni Fattori, che con la sua futura terza moglie Fanny passeggia sul lungomare di Livorno e ripensa agli anni trascorsi, mentre nelle nella sua mente si materializzano immagini che gli provocano qualche attimo di leggerezza: “Cara sig. Elisa, La sua letterina mi ha fatto piacere e vado a risponderle, non dico prontamente ma quasi. È contenta di essere a Firenze e molto lo sarà quando godrà il bel paese unita all’oggetto che ama, e che merita di essere amato. Io godo in buona e cara compagnia le aure marine, faccio una vita semplice e igienica. Mi alzo, fo colazione, prendo la mia cassettina, monto in tram e vado all’Ardenza in faccia al mare; sto facendo qualche macchietta e godo a vederlo arruffato, burrascoso il quale ci ha donato e ci dona qualche ora di fresco - verso sera con la Fanny andiamo sulla darsena a veder i grossi vapori che arrivano da lunghi viaggi, ed altri che partono - non mancano questi spettacoli del loro sentimentalismo, sono famiglie che si distaccano, sono lacrime che cadono e forse per non più rivederli... è triste ed a me fa un triste effetto perché mi sollevano dei tristi ricordi... lei che fa? Sono certo in mezzo alla buona famiglia Miniati, e sua, in mezzo alla allegria molto naturale dei bambini i giorni saranno lieti e pieni di dolci speranze. La risoluzione presa non poteva essere migliore e cercare con politica mantenere il pieno accordo nelle loro famiglie, segnatamente con i suoi fratelli che dopo tutto sono buoni e perfetti gentiluomini. Quando avrà occasione, li saluterà con tutta amicizia per me. Mi scriva pure e molto e ne avrò piacere e mi informi delle sue risoluzioni che io approvo già perché non possono uscire che buone. Il ricordarmi i miei canini non mi fa che piacere perché io amo tanto quelle bestiole, perché portano con sè una storia di felicità e di ricordi cari e tristi; ma anche tristi sono sempre cari. Quando passo in tram lungo mare, e rivedo una località dove festosi ci precedevano, io a dipingere e la povera mia Marianna andava a pescare... quello che sento lo può immaginare!! Eppure quello strazio mi è caro - ma l’amor che ho a quelle bestiole e sono grato tanto a’ Miniati e particolarmente a Ida che ne hanno cura. La incarico delle cose più affettuose a Miniati e Ida le farò due versi; con dirle le ritorno i baci a tutti e tutti, le raccomando e la ringrazio della cura che ha dei miei canini e la stringo con tutto l’affetto dell’amicizia le mani, come pure a Ubaldo. Non dimentichi a Orazio e a zio, a Emma, Carolina, Maria e i bimbi - baci a tutti - a lei tante cose con affezione. Suo sempre aff. amico, Fattori”.

Bibliografia di riferimento

  • Carlo Sisi, Giuliano Matteucci (a cura di), L’altra faccia dell’anima. Ritratti di Giovanni Fattori, catalogo della mostra (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, dal 28 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009), Sillabe, 2008
  • Anna Gallo Martucci, Giuliana Videtta, I luoghi di Giovanni Fattori nell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Passato e presente, Mauro Pagliai Editore, 2008
  • Carlo Sisi, Vanessa Gavioli, Silvestra Bietoletti (a cura di), La Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Storia e collezioni, Silvana Editoriale, 2005
  • Cosimo Ceccuti (a cura di), Da Courbet a Fattori. I princìpi del vero, catalogo della mostra (Castiglioncello, Centro per l’arte Diego Martelli - Castello Pasquini, dal 16 luglio al 1° novembre 2005), Skira, 2005
  • Silvestra Bietoletti, I Macchiaioli. La storia, gli artisti, le opere, Giunti, 2001
  • Dario Durbè, Vittorio Quercioli, I Macchiaioli. Nuovi contributi, Edizioni Pananti, 1997
  • Pietro Dini, Inediti di Giovanni Fattori: lettere, dipinti e disegni, Allemandi, 1987
  • Raffaele Monti, I macchiaioli, Giunti, 1987
  • Dario Durbè, Fattori e la scuola di Castiglioncello, De Luca, 1982
  • Raffaele De Grada, Giovanni Fattori (dalla collana I maestri del colore), Fabbri Editore, 1965


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo



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